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di Ezio Casali

Negli ultimi anni l’industria agroalimentare ha sempre più sviluppato ed approfondito l’utilizzo dell’analisi sensoriale, affiancandola alle più tradizionali e classiche analisi chimico-fisiche, quale strumento per valutare la qualità sia delle materie prime che del prodotto finito, per testare l’accettabilità di un prodotto già in vendita o in fase di sperimentazione da parte dei consumatori, per stimare la shelf-life (traducibile in italiano come “vita del prodotto sullo scaffale), per cercare insomma di descrivere le sensazioni che un alimento può trasmetterci quando lo assaporiamo e che nessuna macchina potrà mai raccontare non potendo, per fortuna, sostituirsi ai nostri sensi.
Se è vero che un’analisi strumentale può assicurarci sulla rispondenza di un alimento ai parametri igienico-sanitari e fisico-chimici richiesti dalla normativa, è altrettanto vero che poco o nulla può dirci sulla sua gradevolezza al palato, come è vero che due prodotti esattamente identici dal punto di vista fisico-chimico potrebbero rivelarsi, ad esempio, uno un grezzo ed anonimo vino di poco pregio e l’altro un grande vino capace di emozionarci con i suoi profumi ed i suoi aromi.
Per poter però approfondire il discorso bisogna fare alcune precisazioni per capire quali sono i termini che più spesso vengono utilizzati in questo settore:
– analisi sensoriale: è l’insieme delle tecniche e dei metodi che permettono di misurare, analizzare e valutare oggettivamente attraverso gli organi di senso (e quindi attraverso vista, olfatto, gusto, tatto e udito) le caratteristiche organolettiche di un prodotto. Va sottolineato il fatto che, in campo alimentare, i sensi più utilizzati sono ovviamente vista, olfatto e gusto, ma in certi casi anche tatto ed udito (classico è l’esempio del cioccolato) rivestono un’importanza fondamentale nell’effettuazione dell’analisi sensoriale; va poi ricordato che questo tipo di analisi viene applicato anche in altri campi, quali l’industria cosmetica, farmaceutica, tessile.
– panel test: è un test di analisi sensoriale che può essere condotto o da persone professionalmente preparate allo scopo (panel analitico) nel caso si desideri ottenere dei risultati ripetibili da utilizzare come base per lo sviluppo ad esempio di strategie di marketing, o da persone prive di competenze specifiche (consumer science) nel caso in cui si voglia solamente un giudizio di tipo edonistico del tipo mi piace – non mi piace.
– degustazione: si parla di degustazione quando l’assaggio non ha particolari finalità scientifiche, ma solo quella di valutare il livello di gradimento del cibo, magari in abbinamento con vino o birra, ed al limite cercando di approfondire il contesto ambientale e culturale che ruota attorno a quella preparazione culinaria o a quel prodotto tipico, che rappresentano spesso non solo “qualcosa da mangiare”, bensì un concentrato di tradizioni, usanze e saggezza popolare del territorio di cui sono espressione.
Le fasi dell’analisi organolettica si possono quindi identificare in:
– esame visivo
– esame olfattivo
– esame gustativo
– esame tattile
– esame uditivo

Taste-vin

Bicchiere da degustazione ISO
L’evoluzione degli strumenti di degustazione del vino: sopra l’immagine di un taste-vin tratta dal “dizionario enciclopedico dei generi alimentari e delle industrie connesse” pubblicato in francia nel 1904, sotto un bicchiere da degustazione secondo lo standard ISO (immagini da Wikimedia Commons)

L’ESAME VISIVO ci permette di valutare forma, dimensioni, consistenza e soprattutto il colore di un alimento, fattore questo che può in certi casi diventare discriminante e portare ad un rifiuto a continuare l’analisi sensoriale. Questo accade in quanto il colore ha un “valore psicologico” (mangereste tranquillamente un piatto di spaghetti azzurri o berreste volentieri un succo d’arancia viola?) e spesso alle variazioni di colore si accompagnano modificazioni di odore e gusto dovute ad alterazioni dell’alimento causate ad esempio a cattiva conservazione, fermentazioni anomale, ecc.
Non va poi dimenticato che la vista, insieme all’olfatto, rappresenta il primo approccio al cibo, in grado di predisporci in maniera positiva o negativa alle successive fasi dell’analisi.

L’ESAME OLFATTIVO ci permette di percepire:
– odore: se ne valuta la qualità e l’intensità annusando direttamente l’alimento; intendiamo come odore quanto viene percepito dai recettori presenti nella mucosa nasale e che vengono stimolati nel momento in cui avviciniamo il naso all’alimento per riconoscerne i profumi. Una particolarità del senso dell’olfatto è la sua tendenza all’adattamento, per cui una prolungata esposizione allo stesso odore ne alza la soglia di percezione; se questa particolarità in alcuni casi è un limite, in altri favorisce il riconoscimento di altri profumi, meno evidenti perchè costituiti da molecole meno volatili, che si manifestano solo quando il nostro naso si è assuefatto a quelli preponderanti.
– aroma: è il risultato dell’interazione tra il senso dell’olfatto e quello del gusto. Lo percepiamo quando deglutiamo l’alimento e rappresenta uno degli aspetti fondamentali dell’analisi sensoriale, in quanto in molti alimenti la cosiddetta corrispondenza naso – bocca, cioè l’evenienza di ritrovare sia all’olfatto in via diretta che indirettamente in via retroolfattiva le stesse sensazioni rappresenta una delle condizioni essenziali per giungere ad una buona valutazione del campione in esame (questo vale in modo particolare, ad esempio, per i vini).

L’ESAME GUSTATIVO si basa sulla percezione dei cinque gusti fondamentali, legati a recettori specifici localizzati in zone precise della lingua, che rispondono a precisi stimoli di natura chimica
– salato: sulla parte laterale e apicale interna della lingua, la molecola di riferimento è il cloruro di sodio. Se aumenta la temperatura si percepisce maggiormente;
– acido: sulla parte laterale della lingua, la molecola di riferimento è l’acido citrico. Viene spesso confuso con l’astringenza e la sua percezione è minore in alimenti dolci o amari;
– dolce: sulla parte apicale esterna della lingua, la molecola di riferimento è il saccarosio. Attenua le sensazioni di acido e di amaro; l’aumento di temperatura aumenta la sensazione di dolce;

Diverse zone di percezione dei sapori fondamentali sulla lingua
Le diverse zone di percezione dei sapori fondamentali sulla lingua (modificato da Wikimedia Commons)

– amaro: sulla parte posteriore della lingua, la molecola di riferimento è la caffeina. La sua percezione diminuisce all’aumentare della temperatura; è attenuato dal dolce e accentuato dall’acido e dal salato;
– umami: posteriormente alla lingua, la molecola di riferimento è il glutammato monosodico. Una particolarità dell’umami è che questo “quinto gusto” non viene percepito istantaneamente ma ha bensì bisogno di un certo tempo per manifestarsi ed i suoi recettori vengono stimolati dalla masticazione e dai residui di saliva che rimangono in bocca dopo la deglutizione, per cui spesso riconosciuto, e descritto, come retrogusto;

e su sensazioni tattili legate a recettori aspecifici distribuiti in tutta la cavità orale
– piccante: è la tipica sensazione provocata ad esempio dalla capsaicina presente nel peperoncino;
– metallico: sensazione simile a quando si mette un cucchiaino in bocca;
– bruciante (o pseudocalorica): è dovuta alla disidratazione della mucosa orale causata dall’alcol etilico;
– pungente: causata ad esempio dall’acido acetico o dall’ammoniaca;
– astringente: dovuta ai tannini di un vino giovane o di una mela acerba. Come già detto viene a volte confuso con la sensazione di acido, potendo causare interferenza di non poco conto nel corso della valutazione sensoriale di un alimento; a tale scopo è importamte imparare a distinguere le due sensazioni che sono tra l’altro, come spiegato di seguito, di natura completamente diversa.
Durante l’esame gustativo, quindi, si affrontano anche quello olfattivo (corrispondenza naso – bocca) e quello tattile, in quanto le sensazioni che abbiamo appunto chiamato tattili, non vanno ascritte tra quelle gustative, dal momento che i recettori interessati non sono le papille gustative ma direttamente le terminazioni nervose.

L’ESAME UDITIVO ci permette di valutare il rumore che l’alimento produce o durante la sua manipolazione o durante la sua masticazione: la barretta di cioccolato fondente deve rompersi con il classico “snap” netto e preciso, una mela deve essere croccante e quando viene morsa deve “fare il rumore di croccante”, così come un biscotto o altri prodotti di tale consistenza.

L’ESAME TATTILE ci permette di valutare la durezza di un alimento, la sua deformabilità, la sua consistenza e spesso, negli alimenti liquidi o semisolidi, si accompagna all’esame visivo quale complemento nella valutazione di queste caratteristiche.
Al termine di tutte le fasi le diverse valutazioni di ogni singolo esame vengono raccolte in una scheda e, se lo scopo era quello di valutare la gradevolezza di una serie di campioni, portano all’espressione di un punteggio, normalmente esplicitato in centesimi, che rappresenta la sintesi di tutta l’analisi sensoriale; se al contrario lo scopo dell’analisi non era quello di “fare una classifica”, bensì di studiare particolari aspetti di un alimento, ci si concentrerà specificatamente su di essi al fine di poterli ponderare, confrontare ed utilizzare negli studi statistici, di marketing o di altra natura ai quali l’analisi sensoriale avrà dato il suo significativo ed importantissimo contributo.

Ezio Casali, iscritto all’Albo Provinciale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati di Cremona, insegna presso l’Istituto Tecnico Agrario Statale “Stanga” di Cremona. Si occupa di autocontrollo, soprattutto negli agriturismi, e di agricoltura multifunzionale. Curriculum vitae >>>

 

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