Condividi l'articolo
  •  
  •  
  •  
  •  
  • 1
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
    1
    Share

di Ezio Casali

L’aspetto visivo di un alimento rappresenta il biglietto da visita del cibo che ci apprestiamo ad assaporare, e se riveste una grande importanza dal punto di vista edonistico, altrettanta importanza rivestono gli aspetti tecnici legati alle caratteristiche organolettiche che l’esame visivo può rivelare.

Nello specifico del vino, con l’esame visivo si vanno a valutare diversi aspetti:

  • limpidezza
  • fluidità (i famosi archetti o, secondo alcuni, lacrime)
  • caratteristiche delle bollicine (ovviamente solo nei fini frizzanti e spumanti)
  • colore.

Tra tutti, il colore è sicuramente la prima caratteristica che, per ovvi motivi, balza all’occhio e che può fornirci diverse indicazioni rispetto alle caratteristiche del vino che abbiamo nel bicchiere rispetto all’età, al tenore in acidità, a certe pratiche enologiche, ecc.
Innanzitutto dobbiamo definire una scala di tonalità entro i quali muoverci, ed a questo riguardo possiamo stabilire, a livello puramente indicativo, una scala formata da 11 colori che potremmo definire di base, dai quali partire per definire tutte le infinite sfumature che un vino può presentare:

VINI BIANCHI:

  • giallo verdolino
  • giallo paglierino
  • giallo dorato
  • giallo ambrato

VINI ROSATI:

  • rosa tenue
  • rosa cerasuolo
  • rosa chiaretto

VINI ROSSI:

  • rosso porpora
  • rosso rubino
  • rosso granato
  • rosso aranciato

Scala degli 11 colori di base
Scala degli 11 “colori di base” dei vini (opera propria)

Al fine di poter apprezzare le diverse sfumature, grande importanza rivestono le modalità di valutazione del colore: tale operazione va condotta inclinando il bicchiere di 45° sopra una superficie bianca per poi traguardare attraverso il punto di minimo spessore.
E’ proprio al punto di minimo spessore, quello che tecnicamente viene chiamato “unghia”, che riusciamo a percepire nel migliore dei modi ed a distinguere i diversi riflessi che caratterizzano i diversi vini, e sono proprio questi riflessi che ci permettono di “andare oltre” la classica (e banale) suddivisione in bianco e rosso e di poter valutare anche determinate caratteristiche intrinseche del vino.

Unghia in due calici di vino
“Unghia” in due calici di vino rosso (modificato da Wikimedia Commons)

In linea di massima possiamo affermare che i primi termini delle scale visti in precedenza (quindi verdolino e paglierino per i vini bianchi e porpora e rubino per i vini rossi) sono tipici di vini giovani con un buon livello di acidità, derivato spesso da una raccolta anticipata delle uve.
Per esempio, un vino bianco vinificato in bianco (senza contatto con le bucce) avrà riflessi verdolini, mentre un vino bianco vinificato in rosso (con macerazione delle bucce) tenderà ad assumere tonalità paglierine tanto più marcate quanto maggiore sarà stato il tempo di contatto con le bucce durante la vinificazione.
Nei vini rossi queste tonalità si accompagnano ad una certa “carica tannica”, ed a questo riguardo va ricordato che anche l’astringenza dovuta ai tannini è una prerogativa dei vini giovani, per cui sarà positivo il fatto di riscontrare entrambe queste caratteristiche nello stesso vino, soprattutto se associate a profumi di fiori rossi e frutta rossa fresca: la corrispondenza delle tre fasi dell’analisi organolettica, durante le quali troviamo conferma della giovinezza del vino in degustazione, è sinonimo della buona qualità della materia prima utilizzata, e quindi del fatto che la stessa non è stata “maltrattata” in cantina per sopperire e coprire gli eventuali problemi derivanti dall’utilizzo di uve problematiche.
Gli ultimi termini delle scale (quindi dorato e ambrato per i vini bianchi e granato e aranciato per i vini rossi) sono invece tipici di vini più evoluti e meno acidi, dove invece prevalgono le componenti legate alla morbidezza e cioè gli zuccheri, gli alcoli e i polialcoli (il più importante di questi ultimi è la glicerina).
Le tonalità ambrate sono tipiche dei vini passiti, alle quali si accompagnano spesso sentori di frutta matura (albicocca, mela, ecc.), miele, ecc., ma si possono ritrovare anche in vini bianchi ormai “passati” i quali hanno subito processi di ossidazione che ne hanno influenzato negativamente le qualità organolettiche nel suo insieme (e non solo il colore).
Questo processo, detto “maderizzazione” (in quanto i vini maderizzati, come il Marsala, vengono volutamente vinificati in presenza di ossigeno) si può riscontrare anche nei vini rossi, ed in tal caso anche vini giovani possono presentare tonalità granate o aranciate, le quali rivelano in maniera incontrovertibile il processo ossidativo al quale questi vini sono stati sottoposti.
Dobbiamo però fare una precisazione: il colore non ci dice l’età di un vino, bensì ci informa sul suo stato evolutivo, che sono concetti ben distinti uno dall’altro.
Vediamo di chiarire il concetto con un esempio: un Lambrusco, vino che notoriamente va bevuto giovane e male si presta all’invecchiamento, potrà presentare riflessi granati già a 15 – 18 mesi d’età, mentre un Barolo avrà riflessi rubino ancora 6 o 7 anni dopo la vendemmia, per assumere i tipici riflessi granati o aranciati magari dopo 10 o più anni.
Ovviamente le condizioni di conservazione incidono in maniera importantissima sull’evoluzione di un vino, per cui una bottiglia mal conservata al caldo e/o alla luce, accelererà i processi evolutivi del vino che contiene, ne altererà in tempi minori il colore e le altre caratteristiche organolettiche e lo renderà prima un vino “vecchio”.
Nei vini rosati, pur mantenendo comunque la sua validità, l’intensità del colore è più che altro legata ai tempi di macerazione, nel senso che una tonalità rosa tenue sarà tipica di un breve contatto mosto – bucce, mentre una rosa chiaretto deriverà da un prolungato contatto delle fasi solida e liquida in fermentazione; anche per i vini rosati però le sfumature all’unghia ci possono aiutare nella determinazione del loro stato evolutivo (dovremo ovviamente basarci sulla scala utilizzata per i vini rossi, tenendo conto del fatto che la gradualità di ciò che percepiremo sarà proporzionale all’intensità del rosa che stiamo valutando).
In quanto primo passo dell’analisi organolettica, l’esame visivo ci prepara alla stessa e ci dà delle indicazioni rispetto al vino che abbiamo nel bicchiere: è di fondamentale importanza che le impressioni derivanti dalla vista vengano poi confermate dall’olfatto e dal gusto, che vi sia corrispondenza tra le diverse fasi della degustazione.
Un vino rosso con riflessi violacei e sentori di ciliegia sotto spirito, o un vino bianco con riflessi ambrati e sentori di mela acerba denotano spesso un eccessivo impiego di tecnologia in cantina, una forzatura nelle lavorazioni che, nella maggior parte dei casi, vuole coprire l’utilizzo di uve di non eccelsa qualità con pratiche enologiche troppo invadenti della “naturalità” del vino.

Ezio Casali, iscritto all’Albo Provinciale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati di Cremona, insegna presso l’Istituto Tecnico Agrario Statale “Stanga” di Cremona. Si occupa di autocontrollo, soprattutto negli agriturismi, e di agricoltura multifunzionale. Curriculum vitae >>>

 

Il grande libro degli Alimenti

Come fare un buon vino
La vinificazione dalla vigna al bicchiere
Marino Felicioni – Edagricole

Vengono affrontati sinteticamente tutti i passaggi che dalla vite portano alla bottiglia…
Acquista online >>>

image_pdfimage_print

Condividi l'articolo
  •  
  •  
  •  
  •  
  • 1
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
    1
    Share