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di Donato Ferrucci

biologico

Il metodo di produzione biologico rappresenta il primo esercizio di sistema, in cui si definisce uno standard di qualità, normato a livello legislativo, quindi garantito dalle istituzioni e che persegue un obiettivo particolare: la tutela ambientale (1).

Altro elemento innovativo è stato quello di associare un simbolo che diventa nel contempo bene pubblico e sintesi dei significati tecnici. Siamo di fronte ad uno strumento molto sofisticato e profondamente innovativo che, dopo oltre 25 anni di storia, contrasti, lotte e discussioni, tuttora in atto, continua ad attrarre interesse e, nonostante le diverse accuse, fiducia.

A fronte di questa situazione è opportuna una riflessione circa il significato, le motivazioni e la corretta lettura di una metodica troppo spesso fraintesa a livello del consumatore, dei media e, purtroppo, a volte, anche degli addetti ai lavori.

Voliamo alto: i principi ispiratori

In Europa, tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900, le prime correnti ecologiche prendono vita, soprattutto nei Paesi più industrializzati, come Inghilterra e Germania.

Negli anni ’30, alcuni studiosi, come Lady Balfour, contribuirono nella ricerca di tecniche agricole, che miravano, in primo luogo, al mantenimento della risorsa suolo mediante creazione delle sostanze umiche, componenti del terreno alla base del fattore fertilità e biodiversità. Al medesimo periodo, risalgono le prime pubblicazioni su studi ed esperimenti che mettevano in relazione cibo e salute umana. Lady Balfour, nel 1945, insieme ad altri 60 soci, istituì la “Soil Association”, nata per raccogliere e divulgare informazioni di tutto il mondo, riguardanti i metodi di coltivazione biologica, creando, negli anni ‘70, anche un marchio con il quale gli agricoltori, utilizzatori di queste tecniche, potessero certificare un lavoro coerente con i canoni tecnici previsti. La Soil Association rappresenta il primo tentativo di certificazione del metodo di agricoltura biologica. Ancora oggi Soil Association è un Organismo di Certificazione attivo nel mondo delle produzioni biologiche.

L’espressione “Agricoltura biologica” è stata menzionata per la prima volta da Sir Albert Howard, nel libro “An agricultural testament” (1940), che enfatizzò l’importanza della fertilità del suolo e l’inadeguatezza dei fertilizzanti chimici.

Negli anni ‘50 del secolo scorso, Hans Muller definì il termine “Agricoltura Organico -Biologica” basandosi su studi sulla fertilità e sulla conoscenza dei cicli biologici del suolo. L’approccio di Muller, in realtà, aveva anche un profondo accento sociale, politico ed economico in quanto, oltre a definire delle modalità di produzione agricola, propugnava l’autosufficienza dei contadini e delle fattorie e un più stretto contatto tra le fasi di produzione e di consumo. Un antesignano della filiera corta.

Declinazioni sistemiche e tecniche dell’agricoltura biologica si trovano anche in Italia, dove, Alfonso Draghetti nel testo scientifico, “Fisiologia dell’azienda agraria” edito nel 1948, espone la sua concezione “organica” dell’azienda agricola come corpo (oggi sistema). Draghetti sosteneva che l’obiettivo di una corretta gestione agronomica è la “perennazione” (sostenibilità nel tempo) dell’azienda agricola.

Negli anni ’70 in concomitanza a Soil Association, in Europa nacque l’IFOAM (International Federation of Organic Agricolture Movements), un’associazione no-profit destinata alla divulgazione e alla ricerca di tecniche agricole biologiche e alla creazione di standard etico-filosofici per costruire un pensiero univoco per gli agricoltori di tutto il mondo.

IFOAM stabilisce i quattro principi base dell’agricoltura biologica:

  • Principio della salute e del benessere del suolo, degli animali, delle piante e degli esseri umani. L’agricoltura biologica dovrà sostenere e favorire il benessere del suolo, delle piante, degli animali, degli esseri umani e del pianeta, come un insieme unico ed indivisibile.
  • Principio dell’ecologia. Consiste nel rispetto dei cicli negli ecosistemi, lavorando con essi, sostenendoli attraverso un modello emulativo e non coercitivo. Ogni agroecosistema è differente e, per questo motivo, l’agricoltura biologica deve essere adattata alle condizioni naturali offerte: diminuzione degli input, ammettendo il riciclo e diminuendo al massimo gli sprechi; mantenimento degli habitat, dei paesaggi, del clima, della biodiversità, dell’acqua e dell’aria.
  • Principio dell’equità. Questo principio sottolinea che coloro che sono impegnati nell’agricoltura biologica dovranno intrattenere e coltivare delle relazioni umane in modo tale da assicurare giustizia sociale a tutti i livelli e a tutte le parti interessate, vale a dire: agricoltori, lavoratori, trasformatori, distributori, commercianti e consumatori.
    Questo principio insiste anche sul fatto che gli animali devono essere allevati in condizioni di vita che siano conformi alla loro fisiologia, comportamento naturale e benessere.
    Le risorse naturali ed ambientali che sono usate per la produzione ed il consumo dovranno essere gestite in modo socialmente ed ecologicamente giusto e in considerazione del rispetto per le generazioni future. L’equità richiede che i sistemi di produzione, di distribuzione e di mercato siano trasparenti, giusti e che tengano in conto i reali costi ambientali e sociali.
  • Principio della precauzione. Inteso come quotidiana prudenza, nell’inserimento di nuove tecniche e tecnologie che incrementino la produttività. Esse devono mantenere la salubrità degli ambienti interni ed esterni dell’azienda agricola. Ciò non distoglie la crescita scientifica ma la perfeziona, inglobandola nella pratica tradizionale quotidiana.

Ancora in alto: il profilo degli obiettivi perseguiti dal Reg. (CE) n. 834/2007

Il 1° considerando del regolamento presenta una visione innovativa e di sistema che guarda ad una nuova e moderna concezione della produzione biologica. Infatti esordisce con questa definizione:

L’agricoltura biologica è……..«un sistema globale di gestione dell’azienda agricola e di produzione agroalimentare basato sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali, un alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse naturali, l’applicazione di criteri rigorosi in materia di benessere degli animali e una produzione confacente alle preferenze di taluni consumatori per prodotti ottenuti con sostanze e procedimenti naturali. Il metodo di produzione biologico esplica pertanto una duplice funzione sociale, provvedendo da un lato a un mercato specifico che risponde alla domanda di prodotti biologici dei consumatori e, dall’altro, fornendo beni pubblici che contribuiscono alla tutela dell’ambiente, al benessere degli animali e allo sviluppo rurale».

Si delinea quindi una duplice funzione di sistema:

  1. Tutelare l’ambiente.
  2. Soddisfare un mercato specifico.

Immediatamente ci accorgiamo che l’obiettivo perseguito è di profilo chiaramente ambientale. Si cerca quindi, con gli strumenti applicativi, di definire un metodo produttivo finalizzato a salvaguardare l’ambiente. Non pretende di essere il metodo a basso impatto ambientale ma esprime una delle possibilità tecniche, degno come altri di rispetto da non demonizzare né deridere.

Salvaguardare l’ambiente nel contesto delle attività agricole….. possiamo non condividere un obiettivo di tale profilo? Non credo che nessuno possa nutrire dubbi in proposito. Perché quindi, viene da chiedersi, questa avversione e questa insistente, continua denigrazione del metodo e dei soggetti coinvolti?

L’agricoltura biologica cerca di creare un equilibrio nell’ambito del rapporto uomo, ambiente ed agricoltura, delineato in maniera elegante ed impeccabile negli scritti del prof. Caporali come “Agroecosistema”, con una visione dell’ambiente come bene unitario, complesso e soprattutto collettivo (2). Ambiente che può essere gestito, per fertilità dei suoli e biodiversità, anche attraverso la pratica agricola, purché applicata in modo “sostenibile”.

Obiettivi male interpretati

Definito quindi l’obiettivo reale, frutto di una lettura disincantata della norma, possiamo passare a quelli che non sono gli obiettivi ma che, ingiustamente, vengono spesso attribuiti all’agricoltura biologica e per i quali è inadempiente proprio perché non ricercati né perseguiti.

Parafrasando un gigante del pensiero: se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi lui passerà tutta la sua vita a credersi stupido (Albert Einstein).

La produzione biologica, quindi, non ha i seguenti obiettivi:

  • Risolvere il problema alimentare nel mondo che è lasciato a strumenti sistemici complessi, con politiche che operano al fine di migliorare la gestione del prodotto alimentare in termini di distribuzione, spreco, e anche produzione.
  • Realizzare prodotti senza residui di fitofarmaci. Questa è una conseguenza del metodo ma non l’obiettivo. Nel caso malaugurato di una contaminazione del prodotto, seppur realizzato nel pieno rispetto delle regole, non potrà essere immesso sul mercato. La soglia di contaminazione oltre la quale il prodotto non può più essere venduto come biologico è di 0.01 ppm (parti per milione). Il quantitativo equivale ad un grammo di contaminante ogni tonnellata di alimento (3).
  • Realizzare prodotti speciali per caratteristiche intrinseche. Il prodotto è speciale e di qualità perché realizzato con specifiche tecniche produttive, che potrebbero, spesso dimostrato con studi, avere migliori caratteristiche nutrizionali o minor impatto sulla salute (4). Ma non è certezza né obiettivo. L’agricoltura biologica non mira a realizzare prodotti “speciali” ma a creare un ambiente, se vogliamo, “speciale”, nel senso di “pulito”.

Il nuovo regolamento comunitario, Reg. (UE) 2018/848, comunque affronta il tema delle “aspettative del consumatore” per quanto attiene la qualità dei prodotti biologici. Ciò al fine di non disattendere comunque una richiesta legata anche alle specificità del prodotto, quantomeno per l’assenza di residui di prodotti fitosanitari. E lascia quindi spazio e tempo per una definizione di soglie di certificabilità.

Principi distorti

Definito l’obiettivo, si torna a ripetere fino alla noia, ambientale, anche alcuni preconcetti applicativi perdono senso. In particolare l’idea che non si possa applicare l’agricoltura biologica:

  • In generale, perché tutto il mondo è contaminato e quindi anche i prodotti biologici lo saranno;
  • Nello specifico, perché se intorno ci sono aziende convenzionali queste, comunque, saranno fonte di inquinamento.

In entrambi i casi, appena leggiamo il biologico, nell’ottica di metodo di produzione a scopo ambientale, ci accorgiamo di quanto le perplessità siano inutili. L’obiettivo non è realizzare prodotti senza residualità di fitofarmaci, cosa realizzabile anche con altre modalità produttive, ma migliorare l’ambiente, se i prodotti fossero contaminati:

  • Per cause di inquinamento ambientale, i prodotti non potrebbero essere venduti comunque. Ma questo vale per qualsiasi prodotto alimentare secondo il principio di sicurezza degli alimenti sancito dal Reg. (CE) 178/2002.
  • Per cause di deriva da prodotti fitosanitari distribuiti da operatori convenzionali. Il prodotto non potrebbe essere venduto come biologico ma questo non annulla il beneficio ambientale della coltivazione.

Trasparenza, garanzia, valore aggiunto: in concreto

Il sistema di produzione biologico è basato su un forte grado di trasparenza e garanzia. Fermo restando le difettosità che, sempre grazie ai controlli, si sono rese evidenti, ed alle quali istituzioni ed operatori coinvolti hanno reagito cercando di migliorarne la tenuta a garanzia del consumatore.

Le garanzie:

  • Vigilanza dell’autorità pubblica, mediante controlli campionari sugli operatori ed esaustivi sugli Organismi di Controllo;
  • Controlli da parte di Organismi privati,
    • autorizzati e con vigilanza dell’autorità pubblica, per quanto attiene le attività effettuate, il personale coinvolto, la professionalità erogata;
    • esaustivo su gli operatori mediante visite annunciate e non annunciate, in campo e sulle strutture (sempre). Visite che prevedono prelievi campione e controllo (anche) dei documenti.
  • Il personale ispettivo viene formato e selezionato dagli Organismi privati ma abilitato, previa valutazione delle competenze e degli elementi di compatibilità, dall’autorità pubblica;
  • In caso di individuazione di prodotti non conformi a livello comunitario, è prevista una procedura di allarme che interessa i diversi stati membri coinvolti, la notifica OFIS (ORGANIC FARMING INFORMATION SYSTEM)

La trasparenza:

  • Gli operatori sono elencati in un albo pubblico a libero accesso sul sito istituzionale sinab.it;
  • I prodotti certificati e destinati al consumatore devono riportare il logo comunitario, il codice dell’Organismo di controllo ed il codice dell’operatore che ha effettuato l’ultima operazione sul prodotto

Il valore aggiunto

  • Un prodotto di qualità legale a valenza ambientale, garantita dalle istituzioni;
  • L’indicazione obbligatoria, riportata sotto il logo comunitario, dell’origine delle materie prime. Elemento che è oggi una bandiera del sistema produttivo agroalimentare e che si vorrebbe rendere obbligatorio per tutti gli alimenti. Ebbene, questo aspetto è, per i prodotti biologici, obbligatorio dal 2007.

Concludendo

La produzione biologica esprime un tentativo tecnico di declinare l’agricoltura secondo una valenza ambientale. È un intento positivo e quindi meritevole di sostegno.

Non è la soluzione a tutti i problemi ambientali, a tutte le criticità del mondo agricolo. Si andrebbe a caricare il metodo di una responsabilità enorme, che è ovvio non potrà mai soddisfare.

Non è un sistema perfetto e privo di criticità; ma ha notevoli elementi positivi e, soprattutto, è diventato nel tempo uno modello di garanzia produttiva per nuove e alternative esperienze tecniche che hanno oggi un debito di ispirazione importante nei confronti dell’agricoltura biologica. Esempio quindi per altri schemi che ricercano una valenza a carattere ambientale.

Vedere l’agricoltura biologica come “contro” gli altri modelli non è corretto e non rende merito agli obiettivi che l’intero comparto agricolo è chiamato a realizzare.

L’esercizio dell’agricoltura è uno, le interpretazioni sono molteplici. L’agricoltura biologica resta un modello pilota e fonte di ispirazione, non è possibile caricare sulle sue spalle la responsabilità del mondo o la risoluzione di ogni problema. Questo è un compito di nostra responsabilità, ognuno utilizzando gli strumenti che più sente rispondenti al proprio animo.

Note

(1) Le esperienze precedenti erano state riservate ai vini, specificità alimentari della cultura europea, oggetto di tutela e garanzia però di una qualità declinata in termini di origine e gusto

(2) Caporali F. (2003), Agricoltura e Salute: la sfida dell’agricoltura biologica, Editeam. e Caporali F., Campiglia E., Mancinelli R. (2014), Agroecologia. Teoria e pratica degli agroecosistemi, Città Studi Edizioni..

(3) DM 309/2011. Contaminazioni accidentali e tecnicamente inevitabili di prodotti fitosanitari in agricoltura biologica.

La presenza del contaminante, deve essere stata accidentale e per cause tecnicamente inevitabili. IN questo caso la sanzione è oggettiva, ovvero interessa solo il prodotto. Nel caso di condotta irregolare del produttore, la sanzione sarà oggettiva e soggettiva, andando a colpire sia il produttore che il prodotto.

(4) a titolo di esempio:

Barański M, Srednicka-Tober D, Volakakis N, Seal C, Sanderson R, Stewart GB, Benbrook C, Biavati B, Markellou E, Giotis C, Gromadzka-Ostrowska J, Rembiałkowska E, Skwarło-Sońta K, Tahvonen R, Janovská D, Niggli U, Nicot P, Leifert C. (2014) Higher antioxidant and lower cadmium concentrations and lower incidence of pesticide residues in organically grown crops: a systematic literature review and meta-analyses.

Elena Viganò, Sofia Papa, Paolino Ninfali. Agriregionieuropa anno 13 n°50, Set 2017. Gli effetti sulla salute dell’alimentazione biologica: sintesi di uno studio del Parlamento europeo.

Julia Baudry, PhD; Karen E. Assmann, PhD; Mathilde Touvier, PhD; et al. JAMA Intern Med. Published online October 22, 2018. Association of Frequency of Organic Food Consumption With Cancer Risk

Donato Ferrucci, Dottore agronomo libero professionista, riveste attualmente l’incarico di Responsabile di Bioagricert Lazio e di Cultore della materia presso la cattedra di Gestione e Comunicazione d’Impresa” – Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università degli Studi della Tuscia. E-mail: donatoferrucci@alice.it

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