di Ruggero Amato
Cosa si intende per “stress da caldo”?
Lo stress da caldo (SC) è la condizione per cui un animale, nel nostro caso un ruminante, raggiunge una temperatura corporea più elevata di quella ritenuta fisiologica. Il calore, nel caso dei mammiferi (ed in particolare dei ruminanti da latte) riconosce due origini: calore assorbito, ovverosia derivante da una fonte esterna di calore (sole, sistemi di riscaldamento, fenomeni fermentativi della lettiera) e calore prodotto (digestione, produzione di latte, movimento…). Dati questi presupposti apparirà chiaro che:
- Gli animali ad alte produzioni producono più calore (metabolismo più rapido)
- Al netto delle produzioni una grande differenza è legata all’ambiente (sia la stalla che il pascolo)
Volendo essere ancora più precisi esiste un altro fattore determinante nella valutazione dello stress da caldo, l’umidità. Ad oggi, infatti, lo SC viene valutato tenendo conto della temperatura dell’animale, dello stress respiratorio e dell’indice di umidità e temperatura (Temperature Humidity Index – THI, da intendersi come parametri ambientali).
Definito quindi lo SC cerchiamo di capire quali possono essere gli effetti sugli animali:
- Gli animali, in qualsiasi situazione di stress metabolico, diminuiscono l’ingestione di sostanza secca (SS), in particolare in una situazione di stress da caldo tendenzialmente preferiranno ingerire alimenti liquidi o umidi (chiaramente produrranno meno saliva e questo, insieme alla minor quantità di SS ingerita, potrebbe aumentare il rischio di acidosi)
- Aumentano l’indice di mortalità (soprattutto per gli animali giovani, che si disidratano più facilmente) e quello di laminiti (patologie dell’unghia, che sono genericamente legate a problemi di microcircolo, che ovviamente possono a loro volta derivare da uno stato acuto o cronico di disidratazione)
- Gestazioni più brevi e peso del neonato (vitello, agnello, capretto,…) inferiore, colostro di qualità più bassa
- Le proteine del sangue diminuiscono e quindi gli animali entrano in uno stato di malessere generalizzato, possibile formazione di edemi
- Il sistema immunitario diventa meno efficace e gli animali si difendono più difficilmente dalle patologie
- Il picco di lattazione viene raggiunto più lentamente e, in particolare nelle vacche da latte ad alte prestazioni, la produzione di latte delle prime 30 settimane è decisamente più bassa
Come si può riconoscere questa condizione clinica?
Ricordando sempre che qualsiasi situazione patologica o parafisiologica andrebbe valutata insieme ad un medico veterinario, esistono alcuni campanelli d’allarme che possono essere ricondotti allo SC.
In primis la respirazione: una frequenza respiratoria aumentata (non necessariamente si deve arrivare alla cosiddetta “fame d’aria”, per cui gli animali respirano a bocca aperta, nelle vacche il ritmo normale è di 40/60 rpm à respiri per minuto; negli ovini circa 20 rpm; nei caprini circa 30 rpm) puo’ essere segno di stress da caldo.
Le produzioni di latte (che si riescono a valutare più facilmente e più velocemente del body condition score) diminuite possono essere legate alle temperature troppo elevate.
La temperatura corporea, chiaramente, è un indice estremamente attendibile di stress da caldo, purchè sia valutata in condizioni normali (quindi non dopo l’attività fisica), la temperatura normale nei ruminanti è:
Bovini à 39 ⁰C
Ovini à 39,5/40 ⁰C
Caprini à 39,7 ⁰C
Come limitare gli effetti negativi dello stress da caldo?
Per quanto alcune soluzioni potrebbero sembrare banali, come spesso accade, è nelle piccole cose che si nasconde la soluzione a grandi problemi.
- Assicurare agli animali un riparo dai raggi solari è la prima soluzione a cui pensare, quando si hanno problemi legati a temperature eccessive. Bisogna fare molta attenzione però a non ridurre il tutto ad un semplice “nel pascolo ci sono degli alberi” o “i paddock degli animali sono coperti per il 50%”, perché il tutto va sempre commisurato all’effettivo carico di bestiame. Dei paddock con animali in sovrannumero, probabilmente, non consentiranno a tutti gli animali di proteggersi dal sole con il risultato finale che gli animali più deboli (o più giovani o che per qualche motivo occupano un gradino più basso nella scala gerarchica) resteranno più tempo esposti al sole (in effetti vale lo stesso per la pioggia ed il vento, ma ci saranno altri articoli per questi problemi!) e diventeranno sempre meno produttivi. Stesso dicasi per pascoli arborati, spesso capita di vedere greggi di pecore che cercano riparo sotto l’unico albero disponibile nella loro area di pascolo, che non sempre risulta sufficiente. Tettoie realizzate in legno e teloni (possibilmente di colori chiari e alti almeno 180/200cm), strutture in metallo spostabili, eventualmente dotate di ruote, combinazione di coperture e nebulizzazione di acqua (ne parleremo più avanti), sono tutte strategie poco costose, di facile realizzazione e che solitamente non necessitano di particolari permessi, ma che possono contribuire a mitigare sensibilmente l’effetto delle radiazioni solari sugli animali. Le tettoie in lamiera risultano spesso controproducenti, a causa dello scarsissimo isolamento termico che offrono.
- Assicurare una buona ventilazione nella stalla (questo accorgimento chiaramente riguarda poco gli animali al pascolo). Oltre ad essere un requisito fondamentale ai fini della valutazione sufficiente secondo il sistema Classyfarm/SQNBA la ventilazione nella stalla è un parametro fondamentale per permettere agli animali di non soffrire il caldo ma anche di ridurre la concentrazione di gas nocivi (che spesso aumentano all’aumentare delle temperature), che concorrono insieme alla temperatura a pregiudicare lo stato di salute degli animali, in particolare dei giovani (sia per una maggiore sensibilità legata all’età sia perché essendo più bassi sono più esposti ad esalazioni ed a ristagno di gas). È molto importante, se si ha a che fare con una stalla già esistente, valutare quanto l’areazione sia efficace. Questa valutazione puo’ essere effettuata facilmente con del fumo, prodotto con carta o paglia (l’importante è che il fumo sia denso e ben visibile!): osservando come il fumo si sposta nella stalla sarà possibile capire che flusso ha l’aria ed operare di conseguenza (inserendo ad esempio ventilatori “positivi”, ovverosia che pompano aria all’interno della struttura o “negativi”, che sono più efficaci e aspirano aria dall’interno della struttura verso l’esterno. Vale la pena ricordare ancora una volta che il ristagno di aria causa maggiore umidità che influisce sul THI e sulla carica batterica (in particolare su infezioni gastrointestinali/broncopolmonari dei giovani) della stalla. Per stalle di nuova costruzione ci sono invece varie valutazioni da fare, relative anche alle condizioni climatiche della zona in questione. Generalmente si preferisce orientare le stalle in direzione Est-Ovest (ovverosia con i lati corti esposti a Nord e a Sud), in effetti questa scelta è “classica” ma dipende dal tipo di stalla (totalmente aperta, chiusa su 1, 2, 3 o 4 lati e così via) e dal luogo (presenza di barriere naturali/artificiali, ad esempio) nonché dall’effettiva ventosità della zona (il vento eccessivo può essere pericoloso come il caldo eccessivo).
- Rinfrescare gli animali con l’acqua rappresenta da alcuni anni, negli allevamenti più o meno intensivi, un’ottima soluzione al problema delle alte temperature. I metodi di raffrescamento sono sostanzialmente 2: diretto e indiretto. Nel primo caso l’acqua viene nebulizzata direttamente sugli animali (spesso in corsia di alimentazione, per quanto possa essere una strategia poco efficace: nel caso in cui la ventilazione della stalla non sia controllata si corre il rischio che gli animali rimangano asciutti, meglio in un’area di sgambamento. Da evitare anche la zona delle cuccette, a causa del rischio di ristagni d’acqua con conseguente aumento di proliferazione batterica e relativo aumento delle mastiti); nel secondo l’acqua viene nebulizzata, con goccioline più piccole, nell’ambiente e rinfresca quindi l’aria. In entrambi i casi comunque bisogna dare il tempo all’acqua di evaporare (quindi i nebulizzatori non devono essere sempre accesi!) e bisogna fare attenzione a non eccedere con la quantità di acqua nebulizzata per frazione di tempo, onde evitare i ristagni di cui sopra e l’umidità eccessiva, che causerebbe un aumento del THI (bisogna in un certo senso simulare una sudorazione legata all’attività fisica).
Il fumo segue l’andamento dell’aria e degli altri gas, foto da Irish Farmers Journal
Tabella riepilogativa dei livelli di THI (in particolare, riferiti alle vacche da latte), al di sopra di 68 lo stress diventa più pericoloso negli animali in lattazione. Foto da University of Maryland Extension
L’importanza dell’ombra appare piuttosto evidente da questa immagine, pecore al riparo nell’ombra di una turbina eolica Riparo mobile del tipo “slitta”, foto da Kerr Center for Sustainable Agriculture
Riparo mobile, simile a quelli usati in permacoltura per l’allevamento degli avicoli. In questo caso il riparo è piuttosto basso e la temperatura potrebbe essere troppo alta per gli ovini. Foto da Tree Farm Design
Shade Haven, un’azienda specializzata in soluzioni ombreggianti, propone questa struttura mobile (trainabile con un quad). Foto da Shade Haven
Nebulizzazione diretta su vacche da latte, in questo caso l’acqua viene nebulizzata in un’area di sgambamento. Foto da Trouv nutrition
Nebulizzazione indiretta, l’acqua viene nebulizzata per rinfrescare l’aria della stalla e non direttamente gli animali, le cuccette sono dunque al sicuro da eccessi di acqua. Foto da Ikeuchi USA Inc.
Sitografia
https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1751731124001988?via%3Dihub
https://extension.umn.edu/dairy-milking-cows/heat-stress-dairy-cattle#:~:text=Quick%20facts,may%20start%20feeling%20heat%20stressed
Ruggero Amato, Medico veterinario. è specialista in nutrizione ed esperto in benessere e biosicurezza nelle aziende zootecniche di tipo estensivo. Allevatore professionale, collabora con l’Università degli Studi di Napoli Federico II su tematiche inerenti l’utilizzo di alternative naturali ai farmaci di sintesi (alimenti funzionali e derivati della canapa).