Con­di­vi­di l'ar­ti­co­lo
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di Laura D’An­drea

 Illustrazione Aneto
Fi­gu­ra 1 – Una il­lu­stra­zio­ne del­l’a­ne­to (Ane­thum gra­veo­lens L.) (da https://​en.​wikipedia.​org/​wiki/​Dill)

1 – IN­TRO­DU­ZIO­NE
L’a­ne­to (Ane­thum gra­veo­lens L.), detto anche aneto odo­ro­so, ap­par­tie­ne alla fa­mi­glia delle Apia­ceae (Um­bel­li­fe­rae).
Il nome de­ri­va,

  • per “Ane­thum” dal greco “ane­thon” (anice), il quale de­ri­va a sua volta dal­l’an­ti­co egi­zio, che si­gni­fi­ca “al­lon­ta­na i ma­lo­ri” in ri­fe­ri­men­to alle pro­prie­tà me­di­ca­men­to­se;
  • per “gra­veo­lens” dal la­ti­no “gra­vis” (pe­san­te, forte) et “olens” (sen­to­re), in ri­fe­ri­men­to al suo odore forte e in­ten­so.

2 – CA­RAT­TE­RI­STI­CHE BO­TA­NI­CHE
L’a­ne­to è una pian­ta er­ba­cea an­nua­le, alta 40-100 cm e ar­ri­va a 150 cm con i fiori (Fi­gu­ra 1).
La ra­di­ce è fit­to­nan­te, lunga 10-30 cm.
I fusti sono sot­ti­li, ra­mi­fi­ca­ti al­l’a­pi­ce, cavi, stria­ti e gla­bri di co­lo­re verde chia­ro.
Le fo­glie, di co­lo­re ver­de-glau­co, sono al­ter­ne, con guai­ne che av­vol­go­no il fusto, 3-4 pen­na­to­set­te con seg­men­ti fi­li­for­mi.
I fiori sono pic­co­li e con 5 pe­ta­li gial­li (Fi­gu­ra 2), sono riu­ni­ti in om­brel­le del dia­me­tro di 15-20 cm. Cia­scu­na om­brel­la è co­sti­tui­ta di 20-40 raggi di­se­gua­li.
La fio­ri­tu­ra si ha da giu­gno a set­tem­bre.
Il frut­to, detto co­mu­ne­men­te “seme”, è un dia­che­nio (due ache­ni sal­da­ti lungo l’as­se cen­tra­le) di co­lo­re mar­ro­ne scuro e di forma el­lit­ti­co-ova­le, con un’a­la la­te­ra­le chia­ra, è li­scio, ap­piat­ti­to sul dorso, con coste dor­sa­li poco pro­mi­nen­ti. Ogni seme è lungo 5-6 mm, largo 3-4 mm e spes­so 0.5-1.0 mm (Fi­gu­ra 3). La ma­tu­ra­zio­ne dei frut­ti si ha tra ago­sto e set­tem­bre. Il peso di 1000 “semi” è di 1-2 g. La ca­pa­ci­tà ger­mi­na­ti­va si con­ser­va per 2-3 anni.

Fiori dell'Aneto
Fi­gu­ra 2 – I fiori gial­li di aneto riu­ni­ti in una om­brel­la co­sti­tui­ta di 20-40 raggi di­se­gua­li (Ane­thum gra­veo­lens L.), (da https://​de.​wikipedia.​org/​wiki/​Dill_(Pflan­ze))
Fi­gu­ra 3 – I “semi” di aneto (Ane­thum gra­veo­lens L.), (da https://​fr.​wikipedia.​org/​wiki/​Aneth)

3 – UTI­LIZ­ZA­ZIO­NE
Stan­dard di qua­li­tà
La droga di aneto può es­se­re co­sti­tui­ta

  • dalle fo­glie e dalle som­mi­tà fio­ri­te fre­sche od es­sic­ca­te (“Ane­thi erba”).
  • dai semi es­sic­ca­ti, in­te­ri o ma­ci­na­ti (“Ane­thi fruc­tus”),

Uti­liz­za­zio­ne
La col­ti­va­zio­ne del­l’a­ne­to si ese­gue per la pro­du­zio­ne di semi e bio­mas­sa.
L’a­ne­to è uti­liz­za­to so­prat­tut­to nel set­to­re ali­men­ta­re per aro­ma­tiz­za­re i cibi, in se­con­do piano nel set­to­re co­sme­ti­co e in ul­ti­mo nel set­to­re er­bo­ri­sti­co-far­ma­ceu­ti­co.

Parti uti­liz­za­te nel set­to­re con­di­men­ta­rio
Nel set­to­re con­di­men­ta­rio, le parti uti­liz­za­te sono:

  • la pian­ta fre­sca o secca, che è im­pie­ga­ta in cu­ci­na, in mo­da­li­tà tri­ta­ta, ag­giun­ta a fine cot­tu­ra, per aro­ma­tiz­za­re zuppe, in­sa­la­te, piat­ti di pesce, uova, carni, ver­du­re, salse ecc.;
  • i semi in­te­ri o ma­ci­na­ti, che sono uti­liz­za­ti per aro­ma­tiz­za­re so­prat­tut­to i ce­trio­li sot­t’a­ce­to (spe­cial­men­te nella cu­ci­na te­de­sca), ma anche pasta, zuppe e salse. I semi di Aneto sono uti­liz­za­ti in tutta l’a­rea del Me­di­ter­ra­neo me­ri­dio­na­le, in par­ti­co­la­re in Gre­cia è uti­liz­za­to per la com­po­si­zio­ne del noto Tza­tzi­ki. Nel­l’E­st Eu­ro­peo sono molto usati in piat­ti a base di pesce, men­tre nel nord Eu­ro­pa sono spes­so uti­liz­za­ti per pani e sa­la­ti­ni.

Im­pie­go me­di­ci­na­le
La droga è im­pie­ga­ta nel set­to­re er­bo­ri­sti­co-far­ma­ceu­ti­co, per pre­pa­ra­re in­fu­si, tin­tu­re ed estrat­ti flui­di, gra­zie alle sue pro­prie­tà an­ti­spa­smo­di­che, an­ti-di­spep­ti­che, car­mi­na­ti­ve, diu­re­ti­che, sto­ma­chi­che, an­tin­fiam­ma­to­rie ed an­ti­fer­men­ta­ti­ve.

Co­sti­tuen­ti prin­ci­pa­li del­l’a­ne­to
I co­sti­tuen­ti prin­ci­pa­li del­l’a­ne­to sono: l’o­lio es­sen­zia­le, pro­tei­ne, fibre, acidi gras­si, car­boi­dra­ti, ma­croe­le­men­ti (Ca, K, Mg, P, Na), vi­ta­mi­ne (C, A, B1, B2, PP) e be­ta-ca­ro­te­ne.

L’e­stra­zio­ne del­l’o­lio es­sen­zia­le
L’o­lio es­sen­zia­le può es­se­re ot­te­nu­to:

  • dalla pian­ta in­te­ra fre­sca (som­mi­tà fio­ri­te con i semi im­ma­tu­ri), uti­liz­za­to lar­ga­men­te dalle in­du­strie ali­men­ta­ri per aro­ma­tiz­za­re sot­ta­ce­ti, con­di­men­ti, salse e pre­pa­ra­zio­ni ali­men­ta­ri a base di carne, pa­ta­te (chips), ma anche chewing-gum e ca­ra­mel­le. L’o­lio è usato anche per pre­pa­ra­re be­van­de al­co­li­che ed anal­co­li­che.
  • dai semi ma­tu­ri, è usato nel­l’in­du­stria co­sme­ti­ca per la pre­pa­ra­zio­ne di sa­po­ni e pro­fu­mi.

Co­sti­tuen­ti prin­ci­pa­li del­l’o­lio es­sen­zia­le
L’o­lio es­sen­zia­le ot­te­nu­to

  • dai frut­ti ma­tu­ri è co­sti­tui­to prin­ci­pal­men­te da car­vo­ne (60-80%), li­mo­ne­ne (15-25%), a-fel­lan­dre­ne (mi­ni­me quan­ti­tà), che com­ples­si­va­men­te rag­giun­go­no il 90%. Il car­vo­ne è re­spon­sa­bi­le del forte aroma e del sa­po­re spe­zia­to, a volte acre, del­l’a­ne­to. Il li­mo­ne­ne ha un de­ci­so aroma agru­ma­to. L’al­fa-fel­lan­dre­ne ha un aroma leg­ger­men­te agru­ma­to, con un fondo di men­to­lo. Altri com­po­nen­ti im­por­tan­ti sono: dii­dro­car­vo­ne, eu­ge­no­lo, b-fel­lan­dre­ne, a-pi­ne­ne, ane­to­lo, mi­ri­sti­ci­na, b-ca­rio­fil­le­ne. Inol­tre, i frut­ti con­ten­go­no pro­tei­ne (16%) e gras­si (15%).
  • dalla pian­ta in­te­ra verde è co­sti­tui­to prin­ci­pal­men­te da a-fel­lan­dre­ne (60-70%), li­mo­ne­ne (10-15%) e car­vo­ne (mi­ni­me quan­ti­tà ri­spet­to ai semi). Altri com­po­nen­ti im­por­tan­ti sono: ter­pi­ne­ne, a-pi­ne­ne e mi­ri­sti­ci­na. Il fel­lan­dre­ne e li­mo­ne­ne sono pre­sen­ti prin­ci­pal­men­te nei fusti. La mi­ri­sti­ci­na ha azio­ne in­set­ti­ci­da.

Co­lo­re del­l’o­lio es­sen­zia­le
L’o­lio es­sen­zia­le ap­pe­na di­stil­la­to è un li­qui­do quasi in­co­lo­re.

Qua­li­tà sen­so­ria­li
L’a­ro­ma del­l’a­ne­to è molto forte, pun­gen­te, e si av­vi­ci­na molto a quel­lo del cu­mi­no. Il sa­po­re è pia­ce­vol­men­te pic­can­te.

4 – ORI­GI­NE E DIF­FU­SIO­NE
È pian­ta ori­gi­na­ria del Medio Orien­te (India e Per­sia) e poi na­tu­ra­liz­za­to nei paesi del Me­di­ter­ra­neo.
In Ita­lia si trova spes­so na­tu­ra­liz­za­ta negli in­col­ti su ter­re­ni leg­ge­ri da 0 a 1000 m s.l.m., ma si trova ra­ra­men­te come spon­ta­nea ad ec­ce­zio­ne del li­to­ra­le ve­ne­to e li­gu­re e nel­l’A­bruz­zo in­ter­no.
La spe­cie è col­ti­va­ta so­prat­tut­to in Orien­te, India e Pa­ki­stan, in Giap­po­ne, negli U.S.A., in Ca­na­da, in Mes­si­co ed in di­ver­si stati eu­ro­pei (Un­ghe­ria, Bul­ga­ria, Ger­ma­nia, Au­stria e Po­lo­nia).

5 – STO­RIA
L’a­ne­to è stato tro­va­to nella tomba del fa­rao­ne egi­zio Ame­n­ho­tep II, ri­sa­len­te a circa il 1400 a.C., in­fat­ti, gli Egizi ne ap­prez­za­va­no le virtù, ma come cal­man­te.
Fu poi ri­tro­va­to anche nella città greca di Samo, in­tor­no al VII se­co­lo a.C., e men­zio­na­to negli scrit­ti di Teo­fra­sto (371–287 a.C.).
Nella mi­to­lo­gia greca, l’a­ne­to era ori­gi­na­ria­men­te un gio­va­ne di nome Ane­thus che fu tra­sfor­ma­to nella pian­ta che noi oggi chia­mia­mo aneto.
Nel­l’an­ti­ca Gre­cia, si ri­te­ne­va che, strin­gen­do in mano un ra­met­to di aneto, si po­tes­se­ro pre­ve­ni­re e se­da­re gli at­tac­chi epi­let­ti­ci. Dio­sco­ri­de, me­di­co greco del primo se­co­lo, pre­scri­ve­va que­st’er­ba così fre­quen­te­men­te che essa fu a lungo nota come “erba di Dio­sco­ri­de”.
I Ro­ma­ni lo ma­sti­ca­va­no spes­so per­ché rin­fre­sca l’a­li­to ed essi ri­te­ne­va­no che aves­se la pro­prie­tà di au­men­ta­re la forza fi­si­ca, tanto che ve­ni­va usato per con­di­re so­prat­tut­to i cibi dei gla­dia­to­ri. I le­gio­na­ri se ne co­spar­ge­va­no le fe­ri­te con i semi bru­cia­ti allo scopo di fa­ci­li­ta­re la gua­ri­gio­ne.
L’a­ne­to è men­zio­na­to nella Bib­bia, pre­ci­sa­men­te i suoi semi erano usati come “mo­ne­ta” per il pa­ga­men­to delle tasse.
Nel Me­dioe­vo, al­l’a­ne­to ve­ni­va ri­co­no­sciu­ta la pro­prie­tà cal­man­te verso il sin­ghioz­zo. In­fat­ti, Carlo Magno, che non amava i sin­ghioz­zi e i ru­mo­ri di sto­ma­co, in­si­ste­va af­fin­ché le bot­ti­glie di olio di aneto fos­se­ro messe a di­spo­si­zio­ne dei suoi ospi­ti a cena. Inol­tre, nel Me­dioe­vo se ne sco­pri­ro­no gli ef­fet­ti be­ne­fi­ci sullo sto­ma­co e sul­l’in­te­sti­no e fu quin­di im­pie­ga­to come ri­me­dio per vari di­stur­bi di­ge­sti­vi, in in­fu­sio­ne, anche in as­so­cia­zio­ne ad altre pian­te.
Nel­l’A­me­ri­ca set­ten­trio­na­le, i gua­ri­to­ri po­po­la­ri ini­zia­ro­no a pro­dur­re con i semi un in­fu­so noto come “acqua di aneto” o “acqua del morso“, che ebbe a lungo molto suc­ces­so nel trat­ta­men­to dei di­stur­bi in­fan­ti­li come co­li­che, mal di sto­ma­co, tosse e per aiu­tar­li a dor­mi­re.
Nella tra­di­zio­ne po­po­la­re, l’a­ne­to è stato uti­liz­za­to come ri­me­dio na­tu­ra­le per cu­ra­re vari ma­lan­ni.

6 – TEC­NI­CA COL­TU­RA­LE
Am­bien­te pe­do-cli­ma­ti­co
La spe­cie è lon­gi­diur­na e ri­chie­de un am­bien­te caldo e so­leg­gia­to, ri­pa­ra­to dai forti venti. La tem­pe­ra­tu­ra de­si­de­ra­bi­le si ag­gi­ra fra 6 e 26 °C.
Pre­di­li­ge ter­re­ni pro­fon­di, ben dre­na­ti e fer­ti­li, sab­bio­si-li­mo­si, con il pH com­pre­so tra 5,3 e 7,8.

Scel­ta va­rie­ta­le
In com­mer­cio esi­sto­no i semi di aneto pro­ve­nien­ti dal Medio Orien­te, che sono ric­chi di ca­ro­te­noi­di, men­tre i semi eu­ro­pei ed orien­ta­li sono ric­chi di acido ascor­bi­co.
È stata anche ten­ta­ta una clas­si­fi­ca­zio­ne dei di­ver­si tipi di aneto in base al con­te­nu­to in car­vo­ne.
Le va­rie­tà col­ti­va­te di aneto sono nu­me­ro­se e di dif­fe­ren­te ori­gi­ne ad esem­pio: Dukat, Long Island Mam­mo­th (Stati Uniti d’A­me­ri­ca), Diwa (Olan­da), Tetra, Ele­fant, Vier­ling e Blat­trei­cher (Ger­ma­nia), K300 (Sve­zia), Amat, Am­bro­z­ja, Her­ku­les, Kre­zus, Kro­nos, Lu­kul­lus, Ska­ner, Sz­ma­ragd, Sprin­ter e Bou­quet (Po­lo­nia).

Pre­pa­ra­zio­ne del ter­re­no
Si ese­gue un’a­ra­tu­ra au­tun­na­le, se­gui­ta da la­vo­ra­zio­ni di am­mi­nu­ta­men­to del ter­re­no in pri­ma­ve­ra. Il letto di se­mi­na deve es­se­re com­pat­ta­to prima e dopo la se­mi­na con un rullo.

Con­ci­ma­zio­ne
È dif­fe­ren­te a se­con­da del pro­dot­to fi­na­le, per

  • la pian­ta in­te­ra fre­sca (som­mi­tà fio­ri­te con i semi im­ma­tu­ri), la con­ci­ma­zio­ne è la se­guen­te:
  • 80 – 90 kg/ha di N;
  • 50 – 70 kg/ha di P2O5;
  • 50 – 70 kg/ha di K2
  • Dopo la prima rac­col­ta è bene ag­giun­ge­re altri 40 kg/ha di N per fa­vo­ri­re il ri­cac­cio e poter ese­gui­re un altro sfal­cio.
  • i semi ma­tu­ri, la con­ci­ma­zio­ne è la se­guen­te:
  • 60 – 70 kg/ha di N;
  • 100 – 120 kg/ha di P2O5;
  • 90 – 100 kg/ha di K2

Im­pian­to
È dif­fe­ren­te a se­con­da del pro­dot­to fi­na­le, per

  • la pian­ta in­te­ra fre­sca:
  • si pos­so­no ese­gui­re più se­mi­ne sca­la­ri dalla pri­ma­ve­ra al­l’e­sta­te, in modo da ot­te­ne­re un re­go­la­re ap­prov­vi­gio­na­men­to di fo­glie fre­sche;
  • a file di­stan­ti 12-15 cm;
  • im­pie­gan­do circa 18-20 kg/ha di se­men­te;
  • la den­si­tà ot­ti­ma­le si ag­gi­ra sulle 30 pian­te/m2.
  • i semi ma­tu­ri:
  • la se­mi­na si ese­gue in mar­zo-apri­le per dare alle pian­te il tempo di svi­lup­par­si;
  • a file di­stan­ti 30-40 cm,
  • im­pie­gan­do circa 8-12 kg/ha di se­men­te;
  • la den­si­tà ot­ti­ma­le si ag­gi­ra sulle 15 pian­te/m2.

Si ese­gue la se­mi­na di­ret­ta, po­nen­do il seme a 1.5-3 cm di pro­fon­di­tà.
La col­ti­va­zio­ne di aneto o di altre om­brel­li­fe­re non do­vreb­be ri­tor­na­re sullo stes­so ap­pez­za­men­to se non dopo pa­rec­chi anni.
Inol­tre, se viene col­ti­va­to per il seme, non deve es­se­re se­mi­na­to vi­ci­no al fi­noc­chio per­ché le due spe­cie sono in­ter­fer­ti­li e si pos­so­no ibri­da­re.

Ir­ri­ga­zio­ne
La pian­ta di aneto è sen­si­bi­le allo stress idri­co, so­prat­tut­to du­ran­te le fasi di an­te­si e ma­tu­ra­zio­ne dei semi, per cui è ne­ces­sa­ria l’ir­ri­ga­zio­ne du­ran­te i pe­rio­di più caldi, quan­do le tem­pe­ra­tu­re sono più alte.

Ma­ler­be
Il con­trol­lo delle ma­ler­be si ef­fet­tua con la­vo­ra­zio­ni mec­ca­ni­che (sar­chia­tu­re o zap­pet­ta­tu­re) tra le file e ma­nua­li sulla fila.
Inol­tre, anche se in Ita­lia non sono re­gi­stra­ti, in let­te­ra­tu­ra sono ri­por­ta­ti i se­guen­ti di­ser­ban­ti:

  • in pre-emer­gen­za, pen­di­me­tha­lin (1.2 kg/ha), li­nu­ron (0.8 kg/ha) e pro­me­trin (1.5-2.0 kg/ha);
  • in po­st-emer­gen­za, li­nu­ron (0.6-1.5 kg/ha).

Ma­lat­tie
Tra le av­ver­si­tà pa­to­lo­gi­che sono da se­gna­la­re:

  • Py­thium , che dan­neg­gia l’ap­pa­ra­to ra­di­ca­le nei primi stadi di svi­lup­po;
  • Fu­si­cla­dium de­pres­sum (Berk et Br.) , agen­te della tic­chio­la­tu­ra, che at­tac­ca le fo­glie;
  • He­te­ro­sphae­ria pa­tel­la (Tode) Grev., che at­tac­ca il fusto e le om­brel­le;
  • Puc­ci­nia pe­tro­se­li­ni (DC.) Lindr. e bul­la­ta (Pers.) Wint. che at­tac­ca­no fusti e fo­glie.

Per com­bat­te­re la tic­chio­la­tu­ra sono ef­fi­ca­ci trat­ta­men­ti a base di do­di­ne (0.8 kg/ha), men­tre per altre ma­lat­tie fun­gi­ne sono va­li­di trat­ta­men­ti a base di be­no­myl (0.5 kg/ha).
Si con­si­glia inol­tre di di­sin­fet­ta­re i semi con Thi­ram in quan­ti­tà di 2-4 g per 1 Kg di se­men­te.

Pa­ras­si­ti
Tra i pa­ras­si­ti sono da se­gna­la­re:

  • le larve di un le­pi­dot­te­ro (Pa­pi­lio ma­chaon ), che si nu­tro­no delle por­zio­ni epi­gee;
  • at­tac­chi di afidi su tutta la pian­ta;
  • at­tac­chi di lu­ma­che su pian­ti­ne gio­va­ni, che pos­so­no es­se­re con­trol­la­ti con pro­dot­ti a base di Me­tal­dei­de.

7 – RAC­COL­TA
Epoca e tec­ni­ca di rac­col­ta
È dif­fe­ren­te a se­con­da del pro­dot­to fi­na­le, per

  • seme: la rac­col­ta si ese­gue quan­do il 50% delle pian­te tende al gial­lo ed i frut­ti sono ma­tu­ri (di so­li­to tra set­tem­bre ed ot­to­bre), con una mie­ti­treb­bia;
  • pian­ta in­te­ra fre­sca: si ese­gue un primo ta­glio in pre-fio­ri­tu­ra (tra lu­glio e ago­sto) e un se­con­do ta­glio dopo 50-60 gior­ni dal primo (tra set­tem­bre ed ot­to­bre), uti­liz­zan­do una fal­cia-ca­ri­ca­tri­ce;
  • olio es­sen­zia­le: le pian­te sono fal­cia­te alla ma­tu­ra­zio­ne “lat­tea” dei frut­ti, poco prima che i semi si co­lo­ri­no di rosso, per ot­te­ne­re una mag­gio­re quan­ti­tà di car­vo­ne nel­l’o­lio.

Rese
La resa è dif­fe­ren­te a se­con­da del pro­dot­to fi­na­le:

  • dei frut­ti oscil­la tra 0.6 e 1.8 t/ha. La pro­du­zio­ne di frut­ti è for­te­men­te con­di­zio­na­ta dal fatto che essi ten­do­no a stac­car­si dal pe­dun­co­lo ap­pe­na rag­giun­go­no la com­ple­ta ma­tu­ra­zio­ne.
  • delle fo­glie fre­sche si ag­gi­ra sulle 5 t/ha e con l’es­sic­ca­zio­ne si ri­du­ce a circa il 1 t/ha.
  • delle pian­te in­te­re fre­sche oscil­la da 9 a 15 t/ha nella fase di ma­tu­ra­zio­ne lat­tea dei frut­ti.
  • del­l’o­lio es­sen­zia­le del frut­to è pari a 20 – 40 Kg/ha.

8 – TRAT­TA­MEN­TI
I semi ma­tu­ri e sec­chi e le pian­te in­te­re e fre­sche pos­so­no es­se­re sot­to­po­sti alla di­stil­la­zio­ne in cor­ren­te di va­po­re per estrar­re l’o­lio es­sen­zia­le.
La resa in olio es­sen­zia­le

  • nelle pian­te in­te­re fre­sche, varia da 0.4% a 1.6%,
  • nei frut­ti ma­tu­ri, varia da 2% a 5%.

9 – CON­SER­VA­ZIO­NE
I semi, asciut­ti ed in­te­ri, si con­ser­va­no in re­ci­pien­ti chiu­si er­me­ti­ca­men­te.
Le fo­glie es­sic­ca­te si con­ser­va­no, in re­ci­pien­ti chiu­si, quel­le fre­sche nel con­ge­la­to­re.

10 – FONTI BI­BLIO­GRA­FI­CHE

  • Ca­ti­zo­ne P., Ma­rot­ti M., To­de­ri G., Té­té­ny P., 1986. Col­ti­va­zio­ne delle pian­te me­di­ci­na­li e aro­ma­ti­che. Pa­tron Edi­to­re, Bo­lo­gna.
  • Da­chler M., Pel­z­man H., 1999. Arz­nei-und Gewürz­p­flan­zen. Agrar­ver­lag Wien.
  • Hor­nok L., 1992. Cul­ti­va­tion and Pro­ces­sing of Me­di­ci­nal Plan­ts. John Wiley & Sons.
  • https://​de.​wikipedia.​org/​wiki/​Dill_(Pflan­ze)
  • https://​en.​wikipedia.​org/​wiki/​Dill
  • https://​fr.​wikipedia.​org/​wiki/​Aneth
  • Ma­gha­mi P., 1979. Cul­tu­re et cueil­let­te des plan­tes mé­di­ci­na­les. Ha­chet­te Paris Cedex.
  • Pi­gnat­ti S., 1982. Flora d’I­ta­lia. Eda­gri­co­le, Bo­lo­gna.
  • Small E., 1977. Cu­li­na­ry Herbs. NCR Re­sear­ch Press Ot­ta­wa.

Laura D’An­drea è primo ri­cer­ca­to­re del CREA (Con­si­glio per la Ri­cer­ca in agri­col­tu­ra e l’a­na­li­si del­l’E­co­no­mia Agra­ria), in ser­vi­zio pres­so il Cen­tro di Ri­cer­ca Agri­col­tu­ra e Am­bien­te (AA), sede di Bari. È lau­rea­ta in Scien­ze agra­rie pres­so l’U­ni­ver­si­tà degli Studi di Bari. Ha con­se­gui­to il Dot­to­ra­to di Ri­cer­ca in Agro­no­mia Me­di­ter­ra­nea. La sua at­ti­vi­tà di ri­cer­ca si basa sullo stu­dio dei si­ste­mi col­tu­ra­li.

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