Condividi l'articolo
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  

di Donato Ferrucci

Agricoltura sostenibile

Introduzione
La verifica di rispondenza di una organizzazione a specifici requisiti è oramai un’attività professionale ampiamente diffusa. Situazione a cui non sfugge il settore agroalimentare, che vede interessati operatori ad ogni livello, con un numero sempre crescente di tecnici coinvolti.
L’attività di verifica è però un esercizio professionale che vede coinvolta non solo la componente tecnica ma anche, con notevole intensità, quella relazionale. In particolare, il tecnico è chiamato ad una valutazione – non giudicante – di requisiti, mediante un’attività di “scoperta” – non di indagine – dell’organizzazione messa in atto, al fine di rispondere alle aspettative della norma adottata.
Questo contributo vuole attenzionare il lettore sugli aspetti di natura strettamente relazionale, in quanto a parere di chi scrive, questi rappresentano la principale chiave di lettura e comprensione delle dinamiche tecniche dell’azienda oggetto di verifica. Fermarsi alla sola componente tecnica, per questa particolare attività professionale, che definiremo audit, significa non considerare gli strumenti di base indispensabili sia per la comprensione del contesto che per il raggiungimento dell’obiettivo.
La UNI EN ISO 19011:2018 – “Linee guida per audit di sistemi di gestione”, è il documento di riferimento per l’esecuzione degli audit. Questa definisce l’audit come “processo sistematico, indipendente e documentato per ottenere evidenze degli audit e valutarle con obiettività, al fine di stabilire in quale misura i criteri di audit sono stati soddisfatti”.
L’attività di audit, consiste in una valutazione (processo sistematico, indipendente e documentato) di uno standard adottato (criteri) da una specifica azienda.
Il termine è impiegato per identificare uno strumento professionale finalizzato a comprendere se, nelle varie aree ed attività di un “sistema aziendale”, vengono rispettati, gestiti e perseguiti specifici criteri. Lo scopo dell’azienda è quello di adempiere a obblighi normativi o standard di qualità, al fine di ottenere/mantenere una certificazione nel secondo caso.
Il termine Audit proviene dal latino “Auditus”, che significa “audizione, ascolto”. Questo già aiuta ad interpretare la funzione tecnica di base: l’ascolto mirato alla comprensione di un contesto.
La linea guida ISO 19011 dettagli tutti gli elementi TECNICI di organizzazione, gestione ed esecuzione di un audit; il SAPER ed il SAPER FARE. Non approfondisce però tutti gli aspetti di natura comportamentale e relazionale, il SAPER ESSERE, limitandosi ad uno sterile elenco degli aspetti caratteriali e dell’atteggiamento dell’auditor, senza nessuna indicazione su COME fare per adottare il modello relazionale previsto.

Comportamento degli auditor – Sezione Comportamento personale (Punto 7.2.2 ISO 19011)
Al punto appena richiamato della linea guida questa elenca una serie di comportamenti “virtuosi”, basati sui principi dell’attività di audit (punto 4, ISO 19011):

  • Integrità,
  • Presentazione imparziale,
  • Professionalità,
  • Riservatezza,
  • Indipendenza,
  • Approccio basato sull’evidenza.

Gli auditor dovrebbero assumere quindi un atteggiamento professionale che comprende, secondo la norma, l’essere:

  1. a) rispettosi dei principi etici, ossia equi, veritieri, sinceri, onesti e riservati;
  2. b) di mentalità aperta, ossia disposti a prendere in considerazione idee o punti di vista alternativi;
  3. c) diplomatici, ossia avere tatto nei rapporti con le persone;
  4. d) dotati di spirito di osservazione, ossia attivi osservatori delle attività e dell’ambiente circostante;
  5. e) perspicaci, ossia consapevoli delle situazioni e in grado di comprenderle;
  6. f) versatili, ossia in grado di adattarsi prontamente a diverse situazioni;
  7. g) tenaci, ossia perseveranti e focalizzati sul raggiungimento degli obiettivi;
  8. h) risoluti, ossia in grado di pervenire tempestivamente a conclusioni basate sull’analisi e su ragionamenti logici;
  9. i) sicuri di sé, ossia in grado di agire e comportarsi in modo indipendente e, contemporaneamente, di interagire efficacemente con gli altri;
  10. j) in grado di agire con fermezza, ossia in modo responsabile ed etico, anche se queste azioni possono risultare non sempre popolari e a volte possono dar luogo a disaccordi o scontri;
  11. k) aperti al miglioramento, ossia desiderosi di apprendere dalle situazioni;
  12. l) sensibili alle diversità culturali, ossia attenti e rispettosi nei confronti della cultura dell’organizzazione oggetto dell’audit;
  13. m) collaborativi, ossia in grado di interagire efficacemente con gli altri, compresi i membri del gruppo di audit e il personale dell’organizzazione oggetto dell’audit.

Inoltre, al punto 7.2.3.2 della ISO 19011 è richiesto all’auditor di saper comunicare efficacemente.

Insieme di modalità di certo auspicabili ma che devono trovare una chiave operativa per poter essere messe in atto. Non è sufficiente specificare come bisognerebbe essere ma occorre anche indicare come si può adottare un certo modo di essere: le tecniche relazionali e comportamentali.

Tecniche relazionali e audit
Un adeguato modello relazione tra soggetti interessati ad una crescita, è di certo rappresentato dal processo di coaching che, può essere adottato, salvo i dovuti adeguamenti, al processo di auditing. Partendo quindi da un rapporto professionale mirato alla crescita della consapevolezza è possibile definire una serie di tecniche relazionali applicabili all’attività di audit mutuando i principi del coaching.
Quindi, premesso che le attività di audit, intese come adesione a standard a disciplina volontaria, intervengono in un contesto che mira al miglioramento, al raggiungimento di standard di qualità. Queste non interessano contesti patologici (frodi e reati) e pertanto l’audit, non è una attività di indagine ma di valutazione di standard mirati alla crescita delle prestazioni aziendali.
L’auditor porta il processo, l’azienda il contenuto. Il processo è inteso come insieme di attività di verifica finalizzate ad uno scopo e basate su tecniche relazionali positive. L’auditor, per basare la propria attività su relazioni positive deve adottare un atteggiamento di fiducia, curiosità e non giudicante. Dovrà cercare di capire il contesto e le modalità adottate dall’azienda per raggiungere gli obiettivi dello standard.
Inoltre l’auditor ha anche la funzione di innescare il processo di miglioramento senza fornire suggerimenti ma attraverso domande aperte in grado di stimolare la consapevolezza.

Gli strumenti dell’auditor, ovvero la cassetta degli attrezzi relazionali sono:

  • Domande aperte;
  • Ascolto attivo;
  • Feedback.

Le domande aperte
Le domande aperte agevolano la comprensione del contesto e permettono di capire la realtà operativa, sono definite potenti quando “spingono l’azienda” verso una nuova consapevolezza. Le domande aperte hanno la caratteristica di:

  • Non consentire una risposta chiusa;
  • Aprire ad un approfondimento circa la tematica oggetto di analisi (si è evitata appositamente il termine “verifica” o peggio ancora “indagine”).

Le domande aperte sono quelle che iniziano con congiunzioni interrogative, come ad esempio: Come, Quando, Dove, Quale e Perché.
Le domande aperte possono essere suddivise in diverse categorie a seconda dell’obiettivo che si vuole raggiungere. Alcuni tipi comuni di domande aperte possono essere:

  • Es. “Descrivi la tua esperienza durante il lavoro”,
  • Es: “Che ne pensi circa questa situazione?”,
  • Sulle opinioni. Es.: “Qual è la tua opinione su questo argomento?”,
  • Sulle sensazioni. Es.: “Come ti senti riguardo a questa decisione?”,
  • Sulle motivazioni. Es: “Perché hai scelto di intraprendere questo percorso?”,
  • Sulle esperienze personali. Es.: “Puoi condividere un’esperienza personale che ti ha insegnato come gestire questo caso?”,
  • Sul processo decisionale. Es.: “Quali sono i fattori che hai considerato prima di prendere questa decisione?”,
  • Di comparazione. Es.: “In cosa pensi che questa soluzione sia diversa da altre che hai considerato?”,
  • Sulle preferenze. Es. “Quali sono le tue preferenze quando si tratta di svolgere questa attività?”.

Utilizzare una varietà di tipi di domande aperte può arricchire la conversazione ed incoraggiare una partecipazione più attiva e consentire alle persone di esprimere meglio le proprie idee e opinioni.
Le domande possono poi avere diverse funzioni:

  • Aggiuntiva – per ottenere un supplemento di informazioni;
  • Di precisione – per chiarire il pensiero dell’altro;
  • Di estensione, per allargare la discussione ad altri temi;
  • Di approfondimento (funnel), per approfondire ulteriormente una tematica.

Ascolto attivo
Impostato il corretto approccio, basato su genuina curiosità e fiducia nell’azienda, una volta applicate domande aperte e funzionali alla valutazione, si entra nella fase di “ascolto attivo”. L’auditor deve evitare il più possibile di raccontarsi e di intervenire ma, in coerenza con la propria professione, dovrebbe ascoltare con attenzione, in un ideale rapporto 30/70 tra ascolto/parlato. L’ascolto è un’attività relazionale basilare: stiamo dando il nostro interesse, il nostro tempo, la nostra energia per capire. L’ascolto attivo si realizza con domande ma anche con il corpo (linguaggio non verbale).
Una corretta impostazione di ascolto attivo si realizza con le seguenti, piccole attenzioni:

  • Con i sensi e le parole,
  • Senza pensare a cosa rispondere ma concentrati sulla comprensione,
  • Senza interrompere per dire la propria.

Le domande sono uno strumento potente per comprendere quanto serve ai fini dell’audit. Inatti le domande:

  1. Stimolano la riflessione,
  2. Favoriscono la comprensione,
  3. Promuovono la crescita,
  4. Rafforzano le relazioni.

Un bravo auditor deve ricordarsi che è molto più prezioso saper porre le giuste domande che fornire delle risposte.

Feedback
Consiste in una restituzione volta a valorizzare le affermazioni dell’interlocutore e chiedere conferma dell’esatta comprensione di quanto ascoltato. Il feedback, o restituzione, permette di chiarire eventuali dubbi e stimola ulteriori riflessioni. Il feedback dovrebbe essere sempre:

  • Specifico (funzionale all’obiettivo),
  • Oggettivo,
  • Fattuale,

Non va impostato, in termini comunicativi, come una critica ma deve stimolare alla riflessione condivisa. Anche il feedback ha i suoi strumenti che sono:

  • Linguaggio,
  • Ascolto,
  • Tempestivo.

Cosa dovrebbe evitare un auditor

Dal punto di vista relazionale, a parere di chi scrive, ogni auditor dovrebbe mantenere un approccio positivo e di fiducia verso la realtà oggetto di audit. In particolare, è possibile enumerare una serie di modalità a cui prestare attenzione al fine di instaurare un clima aperto e reciproca collaborazione:

  • Evitare di parlare troppo delle proprie competenze tecniche;
  • Evitare di valutare la situazione in base alle proprie competenze o esperienze (si cade nell’errore della valutazione basata su opinioni e non su fatti);
  • Evitare ogni atteggiamento di sufficienza;
  • Mantenere il contatto visivo con gli interlocutori;
  • Evitare di interrompere o “parlare sopra”;
  • Ascoltare per capire e non per rispondere;
  • La check list è lo strumento, l’obiettivo è il miglioramento, le persone sono il focus;
  • E’ importante l’attenzione ai dettagli ma vanno comunicati attribuendo peso e significato coerente (attenti ma non minuziosi o peggio, pedanti).

Per quest’ultimo aspetto, è opportuno richiamare un passaggio della ISO 19011, in particolare nell’ appendice “A” – guida aggiuntiva per gli auditor per la pianificazione e la conduzione. Al punto A3 si specifica che:
“Gli auditor dovrebbero applicare il proprio giudizio professionale nel corso del processo di audit ed evitare di focalizzarsi sui requisiti specifici di ciascun punto della norma, a spese del conseguimento dell’esito atteso del sistema di gestione. Alcuni punti delle norme ISO di sistemi di gestione non si prestano facilmente ad essere sottoposti ad audit in termini di confronto tra un insieme di criteri e il contenuto di una procedura o di un’istruzione operativa. In queste situazioni, gli auditor dovrebbero utilizzare il proprio giudizio professionale per determinare se l’intento espresso dal punto è stato soddisfatto.”
Si tratta di un invito a guardare il soddisfacimento dei requisiti non come mero dettaglio ma come insieme delle attività funzionali ad un obiettivo.

Occorre ricordare che l’audit:

  • NON è formazione, non offre nozioni,
  • NON è consulenza, non offre soluzioni,

Conclusioni
L’auditor deve essere orientato all’obiettivo ma anche alle persone. La capacità di interlocuzione con gli attori del sistema può portare ad una crescita e soddisfazione reciproca nel rispetto dei ruoli. L’auditing è un processo che consiste in una valutazione professionale mirata al campo di applicazione di una specifica norma e con l’obiettivo di valutare la rispondenza dell’azione alle regole. Valutazione che dovrebbe essere il più possibile basata su fatti e non sulle opinioni, queste influenzate da preconcetti, intesi come situazioni note o vissute dall’auditor.

Bibliografia
Lucilla Rizzini. Prima viene il mindset. Ellebooks. 2022
Antonio Sanna. Il venditore Coach. Guerini next edizioni. 2023
Robert Dilts. Il manuale del coach. Unicomunicazione.it. 2009
John Whitmore. Coaching. Unicomunicazione.it. 2011
UNI EN ISO 19011: 2018. Linee guida per audit di sistemi di gestione

Donato Ferrucci (Torino 1964), Docente sistemi qualità e certificazione dei prodotti alimentari ITS Agroalimentare Roma/Viterbo. Agronomo, pubblicista, e Master in Diritto Alimentare. Responsabile Bioagricert srl per l’area Lazio/Abruzzo/Umbria/Marche. Per info: Google “Donato Ferrucci Agronomo”.

image_pdfimage_print

Condividi l'articolo
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •