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di Pasquale D’Ancicco

Come tutti, anch’io sono cresciuto con l’immagine della mucca bianca e nera e rimasi sorpreso non poco nel sapere che le tante vacche presenti sul territorio in tale colorazione non erano autoctone campane (nemmeno italiche a dirla tutta); dopo le prime ricerche pensai che l’unico bovino campano fosse l’Agerolese (dalla quale si ottiene il Provolone del Monaco). In realtà in Campania, come riportano antichi testi, vi era una popolazione Bovina bianca che è poi finita nell’oblio.

Razza Indigena napoletana
Tratto da “Il bestiame bovino in Italia” – A.Poli, G.Magri, 1884

Successive ricerche, documenti storici e confronti tra foto di fine ‘800 ed inizio ‘900 hanno portato il delinearsi di due popolazioni diverse accomunate dal manto bianco, caratteristiche simili ma storia diversa.

Alifana
Venni a sapere dell’esistenza di tale vacca quando, agli inizi del 2015, mi recai insieme ai soci di R.A.C. presso l’agriturismo “Ape & Girasole” a Castel Campagnano (CE) per una cena a base di salumi e carne alla brace di maiale Casertano. Durante la cena il proprietario di tale agriturismo. Giuseppe Coscia, mi confidò l’esistenza di una razza locale di vacche a manto bianco; presi la notizia con scetticismo, abituato a pesare bene le parole delle persone nel campo dei recuperi delle razze antiche, visto che spesso viene spacciato ottone per oro. Nel frattempo mi documentai e con sorpresa le ricerche mi portarono alla conoscenza dell’Alifana, detta anche Vacca Bianca del Marchese, in quanto, pare, che una famiglia marchesale dell’epoca avesse una vera e propria stazione di monta di tale bovino in quel di Ruviano (CE). Con questi nomi veniva indicata dagli allevatori e dagli storici del luogo una popolazione di vacche presente nell’alto casertano, più precisamente dalle campagne che andavano da Alife a Caiazzo; vacca a triplice attitudine: da lavoro, da carne (i maschi raggiungono i 6\7 quintali, le femmine poco meno) e da latte (riescono a produrre anche 12\13 litri di latte al giorno); i vitelli hanno la caratteristica di esser già bianchi dalla nascita (a differenza dei vitellini di razza Podolica che presentano manto fromentino). Vi sono foto storiche che raffigurano tali vacche dall’inizio del ‘900, ma la collocazione storica dell’origine sarebbe ancora più remota, difatti pare vi siano descrizioni e di tali vacche in alcuni libri del 1600, custoditi nella biblioteca della Diocesi di Caiazzo.

Vacca Alifana
Vacca Alifana con vitellino

Vacche Alifane
Vacche Alifane – Primo Novecento

Contento della scoperta localizzai un agriturismo ove erano allevate: “La masseria dei Trianielli” a Ruviano (CE). Non mi feci scappare l’occasione e dopo poche settimane organizzai un pranzo di R.A.C. in tale agriturismo. Il proprietario, Luciano Di Meo, effettivamente allevava diversi capi di queste vacche bianche, e vedendo che eravamo anche noi appassionati di animali, cucina e tradizioni contadine, si sedette a tavolo con noi, raccontandoci la storia di quelle vacche, della sua famiglia che le allevava da generazioni e dei suoi trascorsi come collaboratore artistico del Festival di Sanremo. Diventammo amici e Luciano divenne un fornitore assiduo di squisiti salumi di maiale razza Casertana, ottima la “sasicci rù pzzent” (salsiccia del pezzente) preparata con le parti meno nobili del maiale ed “ù cas perut” (cacio andato a male\ammuffito), formaggio bovino\ovi-caprino preparato con caglio vegetale a base di fiore di cardo.

Affettati e formaggi
A sinistra, “a sasicci rù pezzent”, a destra, tra i tanti formaggi “ù cas perut”

Il buon Luciano allevò per diversi anni queste vacche, tuttavia quasi geloso non cedette mai nessuno dei suoi capi, e purtroppo nel marzo del 2020 ci lasciò dopo aver combattuto per anni contro un brutto male. Portò con sé diverse ricette e tradizioni contadine, comprese le sue amate vacche che vennero vendute all’asta a chissà a chi; eravamo nel pieno dell’appena scoppiata epidemia da covid-19, per cui non riuscì a seguire con la dovuta attenzione la vicenda e delle Alifane si persero le tracce lasciando in me un grande rammarico. In seguito mi capitò di avvistare capi che potevano esser ascritti al ceppo di Alifane mentre ero in perlustrazione all’interno del territorio del parco del Matese, ma le ricerche sono tuttora in fase embrionale e rintracciare un ceppo puro come quello del buon Luciano sarà arduo.

Vitellino Alifano
Il compianto Luciano con vitellino Alifano

Podolica Campana
Una mattina dei primi di giugno del 2020 venni a sapere di aver la giornata lavorativa libera, decisi di far un giro sui monti del Taburno Camposauro: appennino sannita denominato anche Dormiente del Sannio per via della sua conformazione che all’orizzonte lo fa assomigliare ad una donna che riposa.

 
Dormiente del Sannio – Santuario della Madonna del Roseto (XII sec.), Solopaca (BN)

Dopo aver visitato il Santuario della Madonna del Roseto (Solopaca, BN), decisi di non percorrere le solite strade principali frequentate da turisti, ma vie più boschive e di pascolo approfittando del mio fuoristrada, oltre che per diletto per un motivo ben chiaro: mesi prima ero già stato sul Taburno in pieno inverno e distrattamente avevo avvistato delle vacche bianche che pascolavano insieme alle classiche podoliche grigie diffuse in tutto il sud-Italia. Allora pensai fossero Marchigiane o incroci da carne commerciali, ma dopo alcuni studi ed approfondimenti fu chiaro che sbagliavo: gli animali che avvistammo erano soggetti ascrivibili alla Podolica di ceppo campano, ritenuta estinta.

Podolica campana
Podolica Campana

Soggetti al brado
Soggetti avvistati in inverno sul Taburno

Podolica del ceppo campano
Foto degli inizi del ‘900 raffigurante Podolica di ceppo Campano (collezione privata L.Rillo)

Occorreva però trovar più esemplari per poter affermare che il ceppo fosse sopravvissuto e soprattutto verificare se i vitellini avessero colorazione fromentina alla nascita (caratteristica della razza Podolica). Transitando per tali tragitti, tra vie strette e sterrate, percorsi poco agevoli, boschi incontaminati ed aria pura, ci apparvero i primi esemplari di Podoliche bianche che sfidando la forza di gravità pascolavano beate su terrazzamenti e strapiombi incuriositi dalla nostra presenza, giunti quasi in cima al monte ci ritrovammo di fronte una mandria di tali vacche con al seguito numerosi vitellini in colorazione fromentina: la Podolica Campana non era estinta, era viva e vegeta e pascolare beata sui monti del Taburno.

Podolica campana
Podolica Campana: i vitelli sono caratterizzati da manto fromentino alla nascita

Quali sono le differenze che intercorrono tra le due popolazioni bovine? Ad un occhio poco allenato possono apparire uguali in quanto entrambe hanno mantello bianco seppur di tonalità differenti, così come è possibile confondere una Livornese nera con una Nera del Fortore o una Valdarno. Le differenze ce le descrive minuziosamente il Manetti nella sua opera “Geografia zootecnica italiana” (1925):

Alifana
“I bovini di questa razza sono di elevata taglia, hanno piccole corna, mantello bianco argentino, arti sottili, collo breve e robusto, giogaia non troppo pendente, l’anteriore è più sviluppato del posteriore, il petto è ampio, il costato alto, sono molto atti al lavoro, ed hanno un andatura svelta, le vacche sono discrete lattifere; non sono molto facili ad ingrassare.”

Podolica Campana
“Hanno una testa media, un po’ lunga, corna lunghe, collo sottile, poca giogaia, petto largo, costato rotondo ed ampio, ventre voluminoso, dorso largo, groppa stretta e cadente, coda attaccata in basso, membra forti e muscolose, pelo ruvido, lungo, mantello biancastro, grigio o grigiastro, taglia media. Sono molto atti e resistenti al lavoro, le vacche sono discrete produttrici di latte; è più difficile della prima ad esser ingrassata.”
Da documenti, testimonianze e foto storiche pare evidente come la razza ancestrale (il bovino indigeno napoletano bianco) doveva esser la popolazione che poi ha acquisito il nominativo di Alifana a voler sottolineare i luoghi ove era (è?) ancora presente, quest’ultima è andata poi meticciandosi con la razza Podolica dando vita al ceppo di Podolica bianca Campana.
Ad oggi, questo è quanto si sa di queste due popolazioni bovine, ma sarebbe fondamentale che enti ed allevatori collaborassero al fine di verificare l’esistenza di ceppi di ambedue le popolazioni, che altrimenti rischiano di ripiombare nell’oblio portandosi con loro parte delle radici della pastorizia della nostra area geografica.

Festa del grano di inizio secolo scorso
Foto della prima metà del ‘900 raffigurante la Festa del grano che ancora oggi si tiene il giorno di San Rocco (16 agosto) a Foglianise (BN)

 

Pasquale D’Ancicco, presidente Razze Autoctone Campane e consigliere AIFAO.

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