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di Paolo Degli Antoni

Alla Villa Romana di Firenze, dal 13 maggio al 30 giugno 2016 sono state esposte fotografie di Yann Monel. Una mostra intitolata “Tiers paysage” come omaggio all’agronomo paesaggista Gilles Clément, riguardava in particolare la vegetazione che ha spontaneamente colonizzato una cava abbandonata a Nord di Parigi. L’altissima definizione delle immagini consente di riconoscere la prevalenza di specie aliene invasive, come acacia Robinia pseudoacacia, ailanto Ailanthus altissima, buddleia, Buddleja davidii, in un soprassuolo dove sono presenti specie indigene come acero e ciliegio. Le specie lianose sono quelle della flora locale, edera e vitalba, quest’ultima assai invasiva in un ambiente inaspettatamente favorevole.

La foresta climax dell’Ile de France è un querceto a farnia e rovere, con presenza di faggio, acero, frassino, tiglio e olmo, che si presenta frammentato e confinato essenzialmente nelle foreste demaniali retaggio dell’antico regime, dunque non particolarmente capace d’espandersi velocemente ed estesamente; per questo motivo, in assenza di interventi artificiali, non è facile prevedere l’evoluzione della flora secondaria.
Si osservi come le tre specie forestali aliene e invasive siano state introdotte nei secoli scorsi per collezionismo botanico, erboristico e per ornamento dei giardini, sfuggendo presto alla coltivazione nei climi favorevoli, in condizioni stazionali adatte, quali si ritrovano in terreni abbandonati.

paesaggio alberi foresta

L’acacia in particolare prende il nome dai botanici Jean e Vespasien Robin che la introdussero a Parigi; due esemplari risalenti al XVII secolo vivono ancora, uno in square René-Viviani (piantato nel 1601), l’altro al Jardin des plantes (piantato nel 1636). Anche l’introduzione dalla Cina in Europa dell’Ailanto si deve a un botanico francese, Bernard de Jussieu. L’appellativo specifico della buddleia è riferito al francese padre Armand David, che la trovò in Cina.

Spostiamo l’attenzione sulle aree estrattive abbandonate site nel Comune di Firenze, città che ha ospitato la mostra. Si riscontrano due tipi di cave: quelle di arenaria pietraforte, sulle colline meridionali,  coltivate con pareti verticali, e quelle di ghiaia nella pianura occidentale, coltivate come buche nel piano di campagna, al cui fondo compare uno specchio d’acqua emergente dalla falda freatica.
La più grande cava di pietraforte, a Monteripaldi, fu riconquistata dopo l’abbandono da cipressi e mandorli negli anfratti della parete, spettacolo mirabile al momento della fioritura; l’accumulo di inerti alla base era stato rimboschito nel XX secolo principalmente con cipresso comune. Nel primo decennio del XXI secolo l’area fu adibita a recettore delle terre di scavo della variante autostradale, previa messa in sicurezza della parete di scavo. Questo ha comportato la perdita di ogni vegetazione legnosa.
Altre due cave più piccole, poche centinaia di metri ad est, hanno la parete quasi priva di vegetazione arborea, tranne qualche pino e cipresso, sormontata da una striscia di macchia mediterranea (alaterno, erica arborea, lentaggine). L’accumulo basale è stato in parte imboschito con specie esotiche, come il cipresso dell’Arizona, in parte conquistato da flora aliena invasiva, come acacia e ailanto, e da arbusti decidui temperati.

Le cave di ghiaia dismesse sono state riconquistate da un bosco di pioppi e salici riconducibile allo habitat H027 del Repertorio Naturalistico Toscano, codice Natura2000 3280. Dove la copertura arborea e il canneto si sono chiusi rapidamente, le principali specie invasive non sono riuscite a insediarsi; negli spazi più aperti, insieme a pioppi bianco e nero e salice bianco, crescono invece acacie, ailanti e ligustri cinesi Ligustrum lucidum; il mantello è composto da rovi, biancospini, agazzino e sanguine; la vitalba appare meno invasiva rispetto al caso di studio parigino. Nella porzione non scavata dei lotti, si osservano anche  relitti delle colture legnose preesistenti, con viti, susini, aceri e olmi campestri; questi ultimi sono l’unica specie che, in fase giovanile, riesce a competere con le essenze invasive, reagendo altrettanto vigorosamente alle periodiche operazioni di manutenzione per la messa in sicurezza, emettendo numerosi polloni radicali. L’olmo campestre adulto è soggetto alla grafiosi; alcuni esemplari di primo insediamento risultano già seccati.

La foresta climax della piana fiorentina sarebbe verosimilmente un querceto a farnia, con ontano nero, frassino meridionale. Le specie componenti sono oggi assai rarefatte, spesso ridotte a singoli esemplari camporili non interfertili, perciò è impensabile che la successione secondaria progredisca spontaneamente, né il pioppeto-saliceto può durare a lungo, trattandosi di specie poco longeve ed eliofile. Occorrerebbe dunque una riflessione approfondita su cosa s’intende fare di queste aree abbandonate, introducendo artificialmente le specie definitive in caso di conferma della destinazione boschiva.
Nelle aree collinari a sud, la foresta climax sarebbe un querceto termofilo, caducifoglio (roverella) e sempreverde (leccio), con qualche possibilità di reintroduzione della sughera (presente sporadicamente sulle colline, da Bagno a Ripoli sino a Lastra a Signa), trattandosi di terreni arenacei; anche in questo caso la progressione successionale dovrebbe essere aiutata artificialmente, stante il modesto avanzamento frontale dei boschi quercini, a causa della pesantezza della ghianda.
Nel frattempo le specie invasive avanzano, aiutate dalla periodica ceduazione manutentiva ai fini della sicurezza dei luoghi.

paesaggio ambiente firenze colline
Foto: http://www.villaromana.org/front_content.php?idcat=69&idart=912&lang=3

Paolo Degli Antoni: Laurea in Scienze Forestali, conseguita presso la facoltà di Agraria dell’Università di Firenze. Abilitazione all’esercizio della professione di Agronomo-Forestale. Già funzionario C.F.S. e collaboratore della Regione Toscana, è socio corrispondente dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali, scrive contributi scientifici di ecologia del paesaggio, biodiversità, storia, arte e antropologia del bosco. Suo oggetto privilegiato di ricerca è la rinaturalizzazione spontanea dei terreni abbandonati, in campagna e in città.

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