Con­di­vi­di l'ar­ti­co­lo
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di Paolo Degli An­to­ni

A tren­t’an­ni di di­stan­za dal re­go­la­men­to co­mu­ni­ta­rio re­la­ti­vo al­l’im­bo­schi­men­to di se­mi­na­ti­vi ri­ti­ra­ti dalla pro­du­zio­ne, si può ten­ta­re una va­lu­ta­zio­ne della sua ef­fi­ca­cia.
I fini in­di­vi­dua­ti dal re­go­la­men­to erano:
– com­ple­ta­re le tra­sfor­ma­zio­ni pre­vi­ste nel­l’am­bi­to delle or­ga­niz­za­zio­ni co­mu­ni dei mer­ca­ti,
– con­tri­bui­re ad un mi­glio­ra­men­to nel tempo delle ri­sor­se della sil­vi­col­tu­ra,
– fa­vo­ri­re una ge­stio­ne dello spa­zio na­tu­ra­le più com­pa­ti­bi­le con l’e­qui­li­brio del­l’am­bien­te,
– lot­ta­re con­tro l’ef­fet­to serra e as­sor­bi­re l’a­ni­dri­de car­bo­ni­ca.

Il primo fine, orien­ta­to al con­te­ni­men­to delle ec­ce­den­ze ce­rea­li­co­le per evi­tar­ne il de­prez­za­men­to, è stato rag­giun­to, il nu­me­ro dei be­ne­fi­cia­ri, le su­per­fi­ci ri­ti­ra­te dalla col­ti­va­zio­ne e i fondi ero­ga­ti son stati no­te­vo­li, come di­mo­stra­to dal­l’or­ga­ni­smo pa­ga­to­re ART€A. I con­trol­li hanno tut­ta­via evi­den­zia­to al­cu­ni im­pian­ti ese­gui­ti su ter­re­ni privi dei re­qui­si­ti col­tu­ra­li ri­chie­sti, non più agri­co­li da tanti anni, con con­se­guen­te de­ca­den­za dal re­gi­me d’a­iu­ti.
Circa il se­con­do punto, si sono rag­giun­ti buoni ri­sul­ta­ti con la piop­pi­col­tu­ra da cel­lu­lo­sa nelle pia­nu­re al­lu­vio­na­li in im­pian­ti se­gui­ti da azien­de già esper­te. Per quan­to ri­guar­da gli im­pian­ti di ar­bo­ri­col­tu­ra da legno con la­ti­fo­glie miste pre­gia­te (noci, ci­lie­gi, far­nie, fras­si­ni, ecc.), l’au­spi­ca­to rag­giun­gi­men­to pre­co­ce del turno di uti­liz­za­zio­ne non si è ve­ri­fi­ca­to; anche gli im­pian­ti ac­cu­ra­ta­men­te col­ti­va­ti sono ben lon­ta­ni dal rag­giun­ge­re la ma­tu­ri­tà; in qual­che caso si è pra­ti­ca­to il di­ra­da­men­to in­ter­me­dio, che ha in­te­res­sa­to le spe­cie se­con­da­rie, so­prat­tut­to l’on­ta­no na­po­le­ta­no. Molti im­pian­ti ri­sul­ta­no radi, le nu­me­ro­se fal­lan­ze, che ma­ga­ri si è anche ten­ta­to di ri­sar­ci­re con scar­so suc­ces­so, sono con­se­guen­za di ini­do­nei­tà sta­zio­na­le non ade­gua­ta­men­te va­lu­ta­ta dai pro­get­ti­sti e in istrut­to­ria, di cure col­tu­ra­li di­scon­ti­nue, di ri­pe­tu­te sic­ci­tà (es. esta­ti 1998 e 1999 con po­chis­si­mi gior­ni pio­vo­si) e in qual­che caso ef­fet­to di in­cen­di bo­schi­vi.
La ge­stio­ne dello spa­zio na­tu­ra­le ot­te­nu­ta col set-asi­de im­bo­schi­men­to ra­ra­men­te ha dato ri­sul­ta­ti ot­ti­mi, più spes­so mo­de­sti. Gli agri­col­to­ri più ze­lan­ti hanno la­vo­ra­to ac­cu­ra­ta­men­te il ter­re­no ogni anno e l’han­no pe­rio­di­ca­men­te con­ci­ma­to, im­pe­den­do l’in­stau­rar­si di una flora er­ba­cea ru­de­ra­le di pre­gio; so­la­men­te quel­li meno in­ter­ven­ti­sti hanno per­mes­so la co­lo­niz­za­zio­ne di spe­cie in­di­ca­tri­ci, come le or­chi­dee, che mal sop­por­ta­no con­ci­ma­zio­ni chi­mi­che e la­vo­ra­zio­ni mec­ca­ni­che.

Ciliegi e noci
Ci­lie­gio e noce di tren­t’an­ni con ge­stio­ne trop­po ze­lan­te del sot­to­bo­sco

La re­gi­ma­zio­ne delle acque mi­glio­ra­ta e la mi­ti­ga­zio­ne degli ec­ces­si cli­ma­ti­ci sono ef­fet­ti pro­por­zio­na­li alla co­per­tu­ra ot­te­nu­ta, non sem­pre colma nem­me­no tren­t’an­ni dopo l’im­pian­to.
Si re­gi­stra qual­che caso di in­com­pa­ti­bi­li­tà con la rete eco­lo­gi­ca eu­ro­pea, im­pian­ti che non avreb­be­ro do­vu­to es­se­re rea­liz­za­ti in ha­bi­tat na­tu­ra­li di pre­gio, dan­neg­gia­ti dalla pian­ta­gio­ne, ep­pu­re ugual­men­te pro­po­sti dai pro­get­ti­sti e au­to­riz­za­ti in istrut­to­ria; a se­gui­to del con­trol­lo, que­ste si­tua­zio­ni sono an­da­te in­con­tro alla de­ca­den­za degli aiuti. Qual­che pro­prie­ta­rio pri­va­to, non agri­col­to­re, ha cer­ca­to di co­sti­tui­re so­pras­suo­li si­mi­li a quel­li na­tu­ra­li della zona, per esem­pio lec­ce­ta con su­ghe­ra, con ri­sul­ta­ti di so­li­to de­lu­den­ti, anche per­ché il ter­re­no agra­rio non sem­pre si pre­sta alla co­lo­niz­za­zio­ne di­ret­ta da parte della ve­ge­ta­zio­ne cli­max.
Dal punto di vista pae­sag­gi­sti­co, il Piano d’In­di­riz­zo ter­ri­to­ria­le della Re­gio­ne To­sca­na in­di­vi­dua am­bi­ti (es. piane pi­sa­na e luc­che­se) dove l’ar­bo­ri­col­tu­ra da legno è un ele­men­to qua­li­fi­can­te; in altri casi, in­ve­ce, gli im­pian­ti ri­du­co­no e ren­do­no meno ap­prez­za­bi­le la ca­rat­te­ri­sti­ca zo­na­zio­ne della col­li­na in­ter­na con se­mi­na­ti­vi di fondo valle, col­tu­re ar­bo­ree di ver­san­te e bo­schi som­mi­ta­li o su pen­dii ac­cli­vi.
Per quan­to ri­guar­da il se­que­stro di ani­dri­de car­bo­ni­ca, le ri­cer­che ese­gui­te già nel primo de­cen­nio d’ap­pli­ca­zio­ne hanno re­sti­tui­to un qua­dro meno ot­ti­mi­sti­co ri­spet­to alle pre­vi­sio­ni, evi­den­zia­to già nella con­fe­ren­za in­ter­na­zio­na­le “Al­be­ri e fo­re­ste nella pia­nu­ra” te­nu­ta­si a Mi­la­no nel­l’ot­to­bre 2013; seb­be­ne i gio­va­ni al­be­ri in at­ti­vo ac­cre­sci­men­to as­sor­ba­no molta CO2, que­sta viene se­que­stra­ta solo nel legno, dato che le pra­ti­che col­tu­ra­li pre­scrit­te, come le la­vo­ra­zio­ni del ter­re­no, im­pe­di­sco­no l’u­mi­fi­ca­zio­ne ti­pi­ca dei ter­re­ni fo­re­sta­li; anche la lu­mi­no­si­tà degli im­pian­ti fa­ci­li­ta la de­gra­da­zio­ne della let­tie­ra or­ga­ni­ca pro­dot­ta; i suoli si sono dun­que ar­ric­chi­ti poco o punto in so­stan­za or­ga­ni­ca.

Car­to­gra­fia e in­ven­ta­rio fo­re­sta­le

Gli im­pian­ti d’ar­bo­ri­col­tu­ra da legno rea­liz­za­ti col set-asi­de im­bo­schi­men­to e non ben riu­sci­ti non sono sem­pre ri­co­no­sci­bi­li con la ae­ro­fo­toin­ter­pre­ta­zio­ne.
Ecco un no­ce­to per­fet­ta­men­te riu­sci­to, di­ven­ta­to puro dopo l’e­li­mi­na­zio­ne del­l’on­ta­no na­po­le­ta­no ini­zial­men­te con­so­cia­to, clas­si­fi­ca­to ar­bo­ri­col­tu­ra 2221 dalla carta del­l’u­so del suolo, e uno così di­scon­ti­nuo per ri­pe­tu­te fal­lan­ze, che la carta del­l’u­so del suolo lo clas­si­fi­ca 231 prato sta­bi­le.

Impianti misti a confronto
Ecco un im­pian­to misto ben riu­sci­to e uno non riu­sci­to

Impianto di ciliegi dopo incendio
Ecco un im­pian­to puro di ci­lie­gio reso ir­ri­co­no­sci­bi­le dal pas­sag­gio di un in­cen­dio bo­schi­vo; la carta del­l’u­so del suolo lo clas­si­fi­ca frut­te­to 222, nel 2007 la foto aerea CGR lo ri­trae­va fio­ri­to.

Rappresentazione spaziale dell'arboricoltura da legno
L’in­ven­ta­rio fo­re­sta­le re­gio­na­le offre una rap­pre­sen­ta­zio­ne spa­zia­le del­l’ar­bo­ri­col­tu­ra da legno, con­cen­tra­ta in poche pro­vin­ce, so­prat­tut­to Lucca e Pisa.

Mappe arboricoltura da legno

Al­cu­ni degli im­pian­ti cen­si­ti non esi­sto­no più, altri sono stati rea­liz­za­ti suc­ces­si­va­men­te, con ciò mo­stran­do un certo di­na­mi­smo pae­sag­gi­sti­co.
Per quan­to ri­guar­da la Pro­vin­cia di Pisa, uno dei ter­ri­to­ri eu­ro­pei mag­gior­men­te in­te­res­sa­ti dal set-asi­de (30% dei se­mi­na­ti­vi messi a ri­po­so, de­cu­plo della media eu­ro­pea), uno stu­dio par­ti­co­la­reg­gia­to mette in evi­den­za al­cu­ne ca­rat­te­ri­sti­che della cam­pa­gna set-asi­de im­bo­schi­men­to.
So­la­men­te il 5% dei ter­re­ni ri­ti­ra­ti è stato de­sti­na­to al­l’ar­bo­ri­col­tu­ra da legno, con­sen­ti­ta in pia­nu­ra o su ver­san­ti con pen­den­za in­fe­rio­re al 20%; que­sti ter­re­ni si con­cen­tra­no nella piana del­l’Ar­no e del Ser­chio e sulle basse col­li­ne pi­sa­ne.

Pro­spet­ti­ve fu­tu­re

Una fi­na­li­tà non espres­sa­men­te di­chia­ra­ta dal re­go­la­men­to, ma am­pia­men­te per­se­gui­ta, è stata la de­sti­na­zio­ne plu­ri­de­cen­na­le di ter­re­ni mar­gi­na­li per pro­dut­ti­vi­tà o per ca­rat­te­ri­sti­che fon­dia­rie; an­zia­ni pro­prie­ta­ri di pic­co­li ap­pez­za­men­ti, non più in grado di pro­se­gui­re l’or­di­na­men­to col­tu­ra­le pre­ce­den­te e privi di eredi in­te­res­sa­ti al­l’a­gri­col­tu­ra, hanno adem­piu­to più o meno esat­ta­men­te agli ob­bli­ghi re­go­la­men­ta­ri per al­me­no un ven­ten­nio, po­ten­do­si poi con­ser­va­re senza trop­po im­pe­gno i so­pras­suo­li ot­te­nu­ti fino a che il mer­ca­to del legno si in­te­res­se­rà ai pro­dot­ti, op­pu­re fino a che un vi­ci­no in­ten­zio­na­to a espan­de­re la pro­pria at­ti­vi­tà ac­qui­ste­rà i ter­re­ni, che non hanno un vin­co­lo di de­sti­na­zio­ne fo­re­sta­le e pos­so­no es­se­re ri­con­ver­ti­ti a col­tu­ra agra­ria a fine im­pe­gno. A que­sti pro­prie­ta­ri at­ten­di­sti con­ver­rà ri­dur­re le at­ti­vi­tà ma­nu­ten­ti­ve al mi­ni­mo nor­ma­ti­vo, li­mi­tan­do­si alla pre­ven­zio­ne degli in­cen­di bo­schi­vi e al­l’e­ven­tua­le lotta fi­to­sa­ni­ta­ria. Gli anni di ri­dot­to ac­ca­ni­men­to col­tu­ra­le con­dur­ran­no fa­cil­men­te a un ar­ric­chi­men­to della bio­di­v­er­si­tà, a be­ne­fi­cio della col­let­ti­vi­tà.
L’im­bo­schi­men­to dei ter­re­ni ri­ti­ra­ti dalla pro­du­zio­ne, dopo un boom nei primi anni d’ap­pli­ca­zio­ne, si è pro­gres­si­va­men­te ri­dot­to per esau­ri­men­to della do­man­da e per le mu­ta­ta po­li­ti­ca agri­co­la co­mu­ni­ta­ria e re­gio­na­le, che ha messo a di­spo­si­zio­ne ri­sor­se sem­pre mi­no­ri, di­rot­tan­do­le su mi­su­re di­ver­se. L’ef­fet­to sul mo­sai­co pae­sag­gi­sti­co si pro­trar­rà an­co­ra per qual­che de­cen­nio. È ipo­tiz­za­bi­le che al­cu­ni vec­chi im­pian­ti ab­ban­do­na­ti si ri­na­tu­ra­liz­zi­no, co­lo­niz­za­ti dalla flora spon­ta­nea, di­ven­tan­do a tutti gli ef­fet­ti bo­schi sog­get­ti al vin­co­lo fo­re­sta­le.

Paolo Degli An­to­ni: Lau­rea in Scien­ze Fo­re­sta­li, con­se­gui­ta pres­so la fa­col­tà di Agra­ria del­l’U­ni­ver­si­tà di Fi­ren­ze. Abi­li­ta­zio­ne al­l’e­ser­ci­zio della pro­fes­sio­ne di Agro­no­mo-Fo­re­sta­le. Già fun­zio­na­rio C.F.S. e col­la­bo­ra­to­re della Re­gio­ne To­sca­na, è socio cor­ri­spon­den­te del­l’Ac­ca­de­mia Ita­lia­na di Scien­ze Fo­re­sta­li, scri­ve con­tri­bu­ti scien­ti­fi­ci di eco­lo­gia del pae­sag­gio, bio­di­v­er­si­tà, sto­ria, arte e an­tro­po­lo­gia del bosco. Suo og­get­to pri­vi­le­gia­to di ri­cer­ca è la ri­na­tu­ra­liz­za­zio­ne.

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