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di Angelo Sarti

ticchiolatura melo resistenza malattie piante
Ticchiolatura del melo (Venturia inaequalis). In Emilia-Romagna uno dei primi casi di resistenza ai fungicidi fu segnalato su Ticchiolatura del melo a carico dei Benzimidazoli a metà anni ’70 (Foto Wikipedia, autore: Rasback)

La comparsa e la diffusione nelle popolazioni di organismi dannosi alle coltivazioni (insetti, funghi, acari, malerbe ecc.)  di individui capaci di resistere all’azione biocida dei fitofarmaci è nota da tempo. l fenomeno, conosciuto con il termine di “resistenza”, rappresenta, assieme all’impatto ambientale di questi prodotti, uno degli effetti collaterali più temuti dell’impiego dei fitofarmaci ed è stato ormai evidenziato e descritto in molti organismi.  Gli studi degli ultimi anni segnalano una preoccupante diffusione di questo aspetto collaterale dell’impiego dei fitofarmaci, soprattutto a discapito di determinati gruppi di prodotti.
La resistenza si estende a tutti quegli organismi dannosi all’uomo o agli animali domestici, come nella ben nota casistica di perdita di efficacia di alcune molecole insetticide nei confronti di mosche o zanzare.  Non a caso i primi studi sulla resistenza furono condotti su ditteri di interesse medico e veterinario (mosche e zanzare). Solo di recente l’analisi di questo fenomeno si è esteso agli organismi dannosi all’agricoltura (insetti, acari, funghi ecc.). In questo articolo si tratteranno unicamente gli aspetti della resistenza in agricoltura, avvalendosi di una esposizione necessariamente sintetica, data la vastità dell’argomento e la complessità delle conoscenze e competenze che la materia richiede a chi la maneggia.

Le ragioni per cui organismi dannosi all’agricoltura possano divenire insensibili alle sostanze chimiche utilizzate per il loro controllo possono essere diverse e in alcuni casi ancora oggi sono scarsamente conosciute. Possiamo comunque affermare con cognizione che l’instaurarsi delle resistenze sia legato essenzialmente alla presenza di geni capaci di attivare/controllare processi metabolici che, con vari meccanismi biochimici, “bloccano” l’azione tossica della molecola biocida.  Ed è propriamente grazie a queste basi genetiche che le resistenze possono trasmettersi attraverso le generazioni. Talvolta geni di resistenza compaiono nelle popolazioni grazie a mutazioni spontanee, ma più frequentemente questi risultavano preesistenti all’impiego dei mezzi chimici di controllo nelle popolazioni dei parassiti (resistenza pre-adattativa).  Se la comparsa di mutazioni geniche che inducono resistenza sembra essere tutto sommato piuttosto rara, la teoria del pre-adattamento è stata invece dimostrata in ceppi di mosca domestica resistenti al DDT.
Come un numero tutto sommato piuttosto esiguo di individui resistenti ai fitofarmaci possa affermarsi, finendo per sostituire gli individui sensibili, risulta facilmente spiegabile con la teoria della selezione. Sappiamo che le popolazioni di piante e animali sono tutt’altro che geneticamente uniformi, risultando costituite da diversi genotipi, soggetti in natura a una costante pressione selettiva volta a favorire quegli individui che meglio si adattano alle condizioni ambientali.
Allo stesso modo abbiamo visto come una popolazione di funghi patogeni e di insetti fitofagi, in virtù della sua variabilità genetica, può comprendere individui con caratteristiche genetiche capaci di resistere all’azione tossica espletata da fungicidi o insetticidi. L’impiego ripetuto nel tempo di un determinato fitofarmaco nei confronti dell’avversità consentirà la sopravvivenza dei soli individui resistenti, con la conseguenza che con il succedersi delle applicazioni dello stesso prodotto la popolazione risulterà via via costituita da un numero sempre minore di individui sensibili, mente aumenteranno progressivamente i resistenti all’azione del prodotto, con l’esito finale di compromettere l’efficacia del trattamento.

Le sostanze attive (S.A.) impiegate in fitoiatria sono in grado di svolgere la propria azione biocida a carico di una determinata avversità biotica andando a colpire / interferire su determinati meccanismi/siti specifici presenti nel patogeno. Con l’acronimo MoA (Mode of Action – Modalità d’azione) viene identificata la modalità d’azione nei confronti di una determinata avversità. La conoscenza del MoA in un fungicida o un insetticida diviene determinate ai fini della valutazione di quelli che possono essere i rischi di insorgenza di meccanismi di resistenza nel confronto della sostanza attiva, ma anche della messa a punto di strategie atte a ridurre i rischi dell’insorgenza di questi fenomeni.
La resistenza può essere specifica nei confronti di una determinata molecola insetticida, tuttavia non è infrequente osservare la così detta resistenza incrociata, la capacità di resistere, o di svilupparne rapidamente resistenza, a insetticidi con lo stesso MoA.  Un esempio è quello delle popolazioni di mosca domestica che negli anni ’50 dello scorso secolo svilupparono resistenza al DDT. Queste mostrarono resistenza anche nei confronti dei piretroidi, insetticidi che, sebbene sviluppati e impiegati molti anni dopo, presentano lo stesso MoA del DDT. Si parla di resistenza multipla nei casi in cui la resistenza si manifesti nei confronti di S.A. con differenti MoA. Ciò accade quando popolazioni divenute resistenti ad una determinata S.A. vengono trattate con una nuova molecola, nei confronti della quale sviluppano una nuova resistenza. Sebbene sia meno diffusa della resistenza incrociata, la resistenza multipla potenzialmente è molto più pericolosa, perché rivolta a insetticidi con diverso MoA.
Un fenomeno apparentemente simile alla resistenza è la tolleranza in cui l’insensibilità al prodotto non è dovuto a cause di natura genetica e il fenomeno tende a scomparire rapidamente in assenza della pressione selettiva del fitofarmaco. Concettualmente diversa dalla resistenza è invece la resistenza naturale, in cui la mancata efficacia del fitofarmaco è dovuto a ragioni per lo più fisiologiche. Le larve di alcune specie che si trovano in fase avanzata di sviluppo, ad esempio, possono risultare meno sensibili a un data S.A. per via dello spessore dell’esoscheletro (scheletro esterno che riveste gli insetti), della maggiore capacità di metabolizzare la sostanza tossica, ecc.

Resistenza a fungicidi

La conoscenza a livello biochimico – fisiologico dei meccanismi adottati dai funghi che consente loro di resistere all’azione tossica dei fungicidi non sempre è intrinsecamente nota a livello biochimico.  Le strategie utilizzate possono essere diverse. In particolare elenchiamo le seguenti:

  • Sviluppo di una via metabolica alternativa a quella bloccata dal fungicida;
  • Alterazione del sito bersaglio del fungicida in modo tale che questo non sia più riconoscibile dal fitofarmaco. In molti casi la molecola fungicida è in grado di agire su specifici siti (recettori) presenti nella cellula fungina. E’ solo legandosi a questi recettori che la S.A. può svolgere la propria azione fungitossica. In alcuni casi si è visto che possono essere sufficienti leggere modifiche di questo target (es. modifiche accidentali causate da mutazioni) perché il fungicida perda la capacità di “riconoscere” il recettore. Molti esperti ritengono che questo sia il meccanismo di resistenza di gran lunga più comune;
  • Degradazione metabolica del fungicida: il fungo sarebbe in grado di “demolire” la molecola rendendola inefficace;
  • Esclusione o espulsione del fungicida. La molecola fungicida può essere espulsa dalle cellule fungine attraverso sistemi attivi di trasporto, oppure possono essere messi in atto meccanismi che riducono l’assorbimento della molecola, ad esempio riducendo la permeabilità della membrana a questi tossici.

La conoscenza del meccanismo d’azione del fungicida ci può consentire di quantificare il rischio di insorgenza insorgenza di fenomeni di resistenza. A tal fine le SA. possono distinguersi in:

  • fungicidi “multisito”: capaci di agire contemporaneamente su più siti nella cellula fungina (es. rameici, zolfo, ditiocarbammati ecc.); sono considerati a basso rischio di insorgenza di resistenza.
  • fungicidi “monosito”: possiedono una azione specifica su un determinato sito (es. Inibitori della biosintesi degli steroli, strobilurine, fenilammidi ecc); sono generalmente considerati a rischio resistenza medio-alto.

Nel 1982 è stato istituito il FRAC (Fungicide Resistance Action Committee; http://www.frac.info/  ), un gruppo di lavoro costituito da tecnici specializzati facenti parte delle strutture di ricerca e sviluppo di diverse società multinazionali operanti nel settore dell’agrochimica.
Lo scopo è quello di occuparsi di problemi -reali e potenzial- di resistenza ai fungicidi, fornendo linee guida per prevenire lo sviluppo del fenomeno, anche attraverso una corretta gestione delle modalità di impiego dei fungicidi. E’ sulla base del MoA che il FRAC ha impostato una propria classificazione dei fungicidi attualmente in commercio. Come si avrà modo di vedere, criteri analoghi sono stati adottati dall’IRAC (Insecticide   Resistance   Action) per gli insetticidi e dall’ HRAC (Herbicide Resistance Action Committee) per gli erbicidi. Per una più approfondita disamina dei meccanismi d’azione dei fitofarmaci si rinvia ai siti delle agenzie sopra elencate.

Tab.1 Alcuni casi   accertati di resistenza ai fungicidi segnalati in Italia  con maggiori ricadute pratiche
Fonte: Brunelli e Collina – Convegno AIPP, Roma 2012, www.aipp.it (modificato)

Gruppo fungicidi/fungicidi Sito bersaglio Anno di introduzione in Italia Patogeno – malattia Comparsa di resistenza/perdita di efficacia
Benzimidazolici Mitosi e divisione cellulare Fine anni ‘60/ inizio anni’70 Cercospora beticola (Cercosporiosi della bietola) Primi casi segnalati nel 1973 e 1974 in Emilia-Romagna. Resistenza poi confermata negli anni successivi
Botrytis cinerea (Botrite – colture varie) Riscontrata nei primi anni ’80, su vite in Puglia e Piemonte, pomodoro in coltura protetta in Liguria e Sicilia,  su ornamentali protetti in Puglia.
Penicillium expansum (Muffa verde – azzurra) Segnalata nei primi anni ’80 su pomacee e agrumi
Dicarbossimidi Trasduzione di segnale Primi anni ‘80 Penicillium expansum (Muffa verde – azzurra Riscontrata più o meno diffusamente nei primi anni ’80 su pomodoro in coltura protetta in Liguria, orticole e floricole in coltura protetta in Puglia, vite in Puglia (uva da tavola protetta) e in Piemonte.
Stemphilyum vesicarium (Maculatura bruna del pero) Ridotta efficacia di Procimidone  a inizio anni ’90 in Emilia-Romagna, con diffusione successiva.
QoI Inibitori della respirazione mitocondriale Fine anni ’90 /inizio anni 2000 Plasmopara viticola (Peronospora della vite) Difficoltà di controllo del patogeno nella prov. di Ravenna nel  2000 con Azoxystrobin, con successiva diffusione nelle regioni nord-orientali (anche per Famoxadone), con riduzione di impiego dei QoI
Venturia inaequalis (Ticchiolatura del melo) Riscontrata difficolta di contenimento della malattia a inizio anni 2000 in regioni del Nord (Emilia-Romagna, Trentino, Lombardia ecc.). Tendenza a ridurne l’impiego
Stemphilyum vesicarium (Maculatura bruna del pero) Nel 2006 nella Provincia di Ravenna segnalati i primi casi di difficoltà di controllo della malattia.

Tab.2 Alcuni casi   accertati di resistenza ai fungicidi in Italia  con minori ricadute pratiche
Fonte: Brunelli e Collina – Convegno AIPP, Roma 2012, www.aipp.it (modificato)

Gruppo fungicidi/fungicidi Sito bersaglio Anno di introduzione in Italia Patogeno – malattia Comparsa di resistenza/perdita di efficacia
Dodina Non conosciuto Fine anni ‘60 Venturia inaequalis (Ticchiolatura del melo) Le prime difficoltà di contenimento della malattia sono state segnalate in Emilia-Romagna nei primi anni ‘80
Cymoxanil Non conosciuto 1980 Plasmopara viticola (Peronospora della vite) A metà anni ’90 si sono segnalati in diverse località dell’Italia Settentrionale ceppi a ridotta sensibilità al fungicida.
IBS Biosintesi degli steroli nelle membrane Fine anni ‘70/inizio anni ‘80 Venturia inaequalis (Ticchiolatura del melo) Prime segnalazioni nelle regioni nord-orientali intorno al 1985.
Cercospora beticola (Cercosporiosi della bietola) Segnalati cali di attività nell’Italia Nord-Orientale nella seconda metà degli annni ‘90

 

Resistenza agli insetticidi e acaricidi

Mentre il problema della resistenza ai fungicidi si è manifestata in maniera evidente a partire dagli inizi degli anni ’70 del secolo scorso, risalgono agli inizi del Novecento le prime segnalazioni di scarsa attività del polisolfuro di calcio nei confronti della Cocciniglia di S. Josè negli USA e nel l 1947 la resistenza al DDT fu confermata nelle mosche. Da allora si sono succedute diverse molecole insetticide e acaricide di sintesi appartenenti a diverse classi chimiche, ma casi di resistenza sono stati segnalati da 2 a 20 anni dall’introduzione delle nuove S.A. in diversi parassiti chiave delle colture.
I meccanismi di resistenza a insetticidi e acaricidi più comunemente descritti in bibliografia sono diversi,  alcuni dei quali possono agire contemporaneamente:

  • Resistenza comportamentale: l’insetto può “riconoscere il pericolo” mutando il proprio comportamento, ad esempio smettendo di nutrissi dopo il trattamento della vegetazione, anche spostandosi su piante o parti di vegetazione non trattata. Altre volte può vomitare la vegetazione trattata che ha ingerito.
  • Resistenza alla penetrazione: gli insetti possono resistere ad una data molecola per il fatto che l’assorbimento attraverso l’esoscheletro è notevolmente rallentata negli individui resistenti. Frequentemente questa forma di resistenza si abbina e supporta altri meccanismi di resistenza.
  • Resistenza metabolica: è la forma più diffusa. Dovuta per lo più alla capacità dell’organismo di metabolizzare o detossificare la molecola biocida, rendendola innocua. Classico il caso delle popolazioni di mosca domestica divenute resistenti al DDT per la capacità di convertirlo nel meno tossico DDE.
  • Resistenza per alterazione del sito-bersaglio: l’insetto o l’acaro resistono all’azione biocida alla S.A. poiché il sito-bersaglio a cui dovrebbe legarsi il biocida risulta essere modificato, non consentendo alla S.A. di poter espletare l’azione tossica. Anche questo meccanismo di resistenza è piuttosto diffuso

L’IRAC  (Insecticide Resistence Action Committee – www.irac-online.org)  è l’agenzia internazionale istituita nel 1984 che si occupa della gestione, prevenzione e conoscenza dei meccanismi che stanno alla base dell’insorgenza dei fenomeni di resistenza agli insetticidi.  Essa fornisce una classificazione degli insetticidi  in relazione al meccanismo d’azione (MoA).

Tab.3 Alcuni esempi di resistenza a insetticidi e acaricidi segnalati in Italia

Gruppo Sito bersaglio Insetti/Acari Coltura Anno Resistenza
Confermata Presunta
Fosforganici Inibitori dell’enzima acetilcolinesterasi Psilla del pero  (Cacopsilla piri) pero 1975 x
Tignoletta della vite (Lobesia botrana) vite Primi anni ‘90 x
Carpocapsa (Cydia pomonella) Melo

Pero

1999 x
Afide verde del pesco (Myzus persicae) Pesco Primi anni ‘90 x
Dorifora della patata

(Leptinotarsa decemlineata)

Patata ? x
Piretroidi Modulatori del canale del sodio Nottua del cotone ((Heliotis armigera) Ortive 2002 x
Dorifora della patata

(Leptinotarsa decemlineata)

Patata 2001 x
Afide verde del pesco (Myzus persicae) Pesco 2003 x
Neonicotinoidi Acetilcolinomimetico

(antagonisti del recettore nicotinico dell’acetilcolina)

 

Afide verde del pesco (Myzus persicae) Pesco 2010

2011

x
Acaricidi (regolatori della crescita) Inibitore della crescita degli acari Ragnetto rosso (Panonicus ulmi) Fruttiferi

Vite

2000 x
Indoxacarb Blocco dei canali del sodio Tignoletta della vite (Lobesia botrana) Vite 2008 x
Virus della granulosi Il virus attacca le cellule dell’intestino medio (prima fase) e altri organi (seconda fase) Carpocapsa (Cydia pomonella) Melo

Pero

2006 x

Fonte: Mazzoni et al. – Convegno AIPP “La resistenza ai prodotti fitosanitari: una sfida per la moderna protezione integrata delle colture”, Roma 2012 www.aipp.it (modificato)

Resistenza agli erbicidi

A Livello internazionale da tempo sono stati istituiti gruppi di lavoro formati da esperti di diversa provenienza – ricercatori delle società agrochimiche, dell’assistenza tecnica, enti di ricerca e mondo accademico – che si occupano delle problematiche inerenti la resistenza agli erbicidi:  GIRE (Gruppo Italiano Resistenza Erbicidi www.resistenzaerbicidi.it ) , HRAC (Herbicide Resistance Action Committee www.hracglobal.com ) e EWRS (European Weed Research Society www.ewrs.org  ).
Anche per le molecole erbicide è stata stilata una classificazione – a cura dell’HRAC – basata sul meccanismo d’azione, con lo scopo di agevolare la scelta dell’erbicida in funzione di una corretta strategia anti-resistenza. A tal proposito è necessario rammentare che, il più delle volte, le infestanti frequentemente manifestano resistenza incrociata nei confronti di molecole che, sebbene non siano mai state impiegate, presentino il medesimo MoA.  Le problematiche divengono poi particolarmente complesse nell’evenienza  in cui si abbia contemporanea resistenza a erbicidi con differenti MoA (resistenza multipla).
I meccanismi che portano all’acquisizione della resistenza sono essenzialmente due:

  • Modificazione nella pianta del sito bersaglio dell’erbicida (target-site) a causa di mutazioni spontanee. Questo meccanismo, particolarmente insidioso, si instaura in tempi relativamente brevi, genera alti livelli di resistenza e frequentemente porta ad avere resistenza incrociata.
  • Aumento della capacità di metabolizzare l’erbicida in molecole non dannose (resistenza metabolica). La base genetica di questa resistenza è più complessa, ragion per cui solitamente per potersi sviluppare richiede tempi più lunghi della precedente, ma spesso questo meccanismo conferisce resistenza multipla.

Molte specie infestanti possiedono naturalmente la capacità di resistere all’azione tossica di determinati erbicidi. In questo caso non si è avuto alcun meccanismo di selezione ed è improprio parlare di resistenza, trattandosi di tolleranza all’erbicida.

Tab.4 Resistenze a erbicidi segnalati nelle principali colture della Regione Emilia-Romagna (situazione aggiornata al 2013)

Coltura Infestante MoA verso i quali si segnala resistenza
Cereali autunno-vernini Papavero ALS (gruppo B) Inibitori Acetolattato Sintasi
Lolium ACCasi (gruppo A) Inibitori Acetil-CoA Carbossilasi
Avena ACCasi (gruppo A) Inibitori Acetil-CoA Carbossilasi
Mais Giavone ALS (gruppo B) Inibitori Acetolattato Sintasi
Riso Giavone ALS (gruppo B) Inibitori Acetolattato Sintasi
ACCasi (gruppo A) Inibitori Acetil-CoA Carbossilasi
Multipla B+A Inibitori acetolattato sintasi  + Inibitori Acetil-CoA Carbossilasi
Cyperus difformis (Zigolo delle risaie) ALS (gruppo B) Inibitori Acetolattato Sintasi

Fonte: Sattin M. , Galassi T. (modificato)

Gestione del rischio resistenza nei prodotti fitosanitari (fungicidi, insetticidi, acaricidi ed erbicidi)

Il rischio derivante dallo sviluppo di resistenze si traduce in maggiori costi per l’agricoltore (maggiori difficoltà nel contenimento delle avversità e maggiori perdite economiche), per l’industria agrochimica (necessità di sostituire le vecchie molecole divenute inefficaci con maggior sforzi nella ricerca e nello sviluppo) e per la collettività (maggiori rischi di natura ambientale).
La collaborazione tra agricoltori, ricercatori, tecnici e industria agrochimica è dunque fondamentale nella messa a punto di strategie anti-resistenza e nella loro corretta attuazione. Solo in tempi relativamente recenti ci si è però mossi in questa direzione e molto ancora rimane da fare.
La stima del rischio dello sviluppo di resistenze deve tener conto sia del “rischio intrinseco”, legato all’impiego di una data molecola, sia del “rischio complessivo”, che valuta altri aspetti non direttamente legati al fitofarmaco impiegato.
Le strategie per contrastare l’insorgenza di questo fenomeno vertono prevalentemente su misure di carattere preventivo. Fra queste dobbiamo principalmente menzionare:

Corretta gestione della difesa. L’impiego di adeguate strategie di difesa integrata contribuiscono a razionalizzare l’uso dei mezzi chimici di difesa, limitandone l’impiego ai soli momenti in cui si concretizza un ragionevole rischio di danno  alle colture. Le tecniche che rientrano in questa misura son diverse: la  lotta guidata (monitoraggio delle popolazioni di insetti con trappole e impiego di soglie di intervento), l’impiego di modelli previsionali (particolarmente per la difesa nei confronti di funghi patogeni), l’utilizzo della confusione sessuale e di tecniche che favoriscono l’azione degli ausiliari (parassitoidi e predatori), avvicendamenti e rotazioni (particolarmente efficaci nei confronti di insetti, malattie e malerbe), ecc.

Corretto impiego degli agrofarmaci. In questo contesto ciò significa porre particolare attenzione su diversi aspetti inerenti alla scelta e l’impiego dei prodotti fitosanitari.
Da quanto abbiamo riportato sino a qui dovrebbe risultare chiaro che  i prodotti fitosanitari (indistintamente si tratti di fungicidi, insetticidi, erbicidi ecc.)con uno specifico MoA (“monosito”) sono in genere soggetti a un rischio resistenza maggiore rispetto ai “multisito”. Per questi ultimi risultano minori anche i rischi di resistenza incrociata, aspetto invece da non sottovalutare nei prodotti “monosito”.  E’ infatti molto probabile (ma non è certo) che se è presente la resistenza nei confronti di una molecola appartenente a un dato gruppo, dotato di uno specifico MoA,  la resistenza incrociata può presentarsi nei confronti di altre S.A. appartenenti al medesimo gruppo. Il FRAC ha definito che per un dato binomio coltura/malattia sono richieste non meno di 3 diversi MoA – 5 nel caso di colture per le quali è richiesto un alto numero di trattamenti (es. patata e vite) – per garantire una efficace gestione del patogeno e della resistenza. Teniamo presente che sull’etichetta del fitofarmaco molto spesso viene riportato il MoA del principio attivo.
Soprattutto per le malattie fungine, è raccomandato l’impiego di miscele di prodotti con principi attivi con diverso MoA (es. abbinando un  prodotto di copertura multisito a un fungicida sistemico monosito).

Riguardo le dosi e le concentrazioni di utilizzo dei prodotti fitosanitari è qui il caso di rammentare che per Legge i prodotti fitosanitari devono essere obbligatoriamente impiegati alle dosi ad ettaro e alle concentrazioni (g/hl o ml/hl) riportate in etichetta. Sono assolutamente da evitare sia i sotto dosaggi che l’impiego di dosaggi superiori a quelle consentite in etichetta. Diversamente, oltre che commettere un illecito, si favorirebbero i meccanismi di resistenza.

Il momento di impiego del prodotto può frequentemente interferire con i meccanismi di resistenza. Per i fungicidi è ampiamente riportato in bibliografia che un loro utilizzo in funzione curativa e/o eradicante su infezioni già ampiamente diffuse espone a maggiori rischi di resistenza rispetto a un loro impiego in fase preventiva (prima che si instauri l’infezione o nelle primissime fasi). In questo caso vengono in aiuto i diversi modelli previsionali che consentono di posizionare correttamente il momento di impiego.
Nel passato si è osservato che manifestazioni di resistenza si sono avute soprattutto a carico di prodotti dotati di lunga persistenza nell’ambiente dopo l’applicazione.

Nell’ etichetta dei prodotti fitosanitari  viene riportato anche  il numero massimo di trattamenti per stagione consentiti,  misura che ha anche lo scopo  di limitare i rischi di comparsa delle resistenze.  Anche nei confronti di popolazioni di fitofagi e infestazioni di malerbe è sempre consigliabile trattare prima che queste si sviluppino eccessivamente. Sulle etichette dei prodotti fungicidi, insetticidi, erbicidi ecc. vengono riportati i MoA. Per tanto se si devono ripetere i trattamenti si è agevolati nella scelta di molecole con differente MoA, riducendo ulteriormente i rischi di resistenza. Le macchine per la distribuzione dei prodotti fitosanitari (irroratrici) devono essere sempre accuratamente controllate e tarate per consentire una uniforme copertura della vegetazione (riducendo nel contempo fenomeni di deriva) e la corretta distribuzione della quantità di soluzione per unità di superficie (kg/ha – l/ha).

Caratteristiche del patogeno. Diversi aspetti inerenti la biologia dei fitofagi e dei funghi possono agevolare o meno lo sviluppo di resistenze. In particolare possiamo menzionare il numero di cicli svolti per ciascuna singola stagione, la variabilità genetica presente nella popolazione, la fitness dei ceppi resistenti, la capacità di sviluppare resistenza incrociata ecc. .
La sospensione di impiego di una molecola fungicida che ha determinato lo sviluppo di resistenza può, in alcuni casi, determinare un parziale ritorno alla sensibilità del fungo. Questo fenomeno si spiega con il fatto che i ceppi resistenti sono dotati, in questo caso, di una minore fitness (intesa come capacità di adattamento dell’organismo all’ambiente) rispetto gli individui sensibili. Conseguentemente la sospensione di impiego del prodotto agevola gli individui maggiormente adattabili all’ambiente (nel caso quelli sensibili al fitofarmaco) non più ostacolati dal fungicida.
Qualora l’agricoltore o il tecnico ritengano di avere a che fare con un caso di resistenza è necessario che sia immediatamente informato il Servizio fitosanitario regionale affinché possa verificare la segnalazione e fornire tutte le  indicazioni tecniche per la corretta gestione del caso. Sicuramente sono sconsigliabili soluzioni “fai da te”, quali ripetere gli interventi con molecole aventi lo stesso MoA , aumentare le dosi di impiego del prodotto, oppure – ancor peggio –  ricorrere a prodotti fitosanitari non registrati per quella specifica coltura.

Riferimenti bibliografici e sitografia

  • Brent k.J., Hollomon D.W.(2007) Fungicide resistance in crop pathogens: How can it be managed? Published by the Fungicide Resistance Action Committee 2007. FRAC monograph No.1 (second revised edition)
  • Bugiani R., Galassi T. Resistenza ai Fungicidi, in: E-R Agricoltura e pesca – Avversità e difesa delle piante – Manuale dei metodi e delle tecniche a basso impatto – Parte 4: La razionalizzazione dell’impiego dei prodotti fitosanitari – Cap.15 Criteri di scelta dei prodotti fitosanitari //agricoltura.regione.emilia-romagna.it/fitosanitario/doc/prodotti-fitosanitari/Manuale-basso-impatto/ (visitato il 2019-01-09)
  • Bugiani R., Bariselli M. (2017) Resistenza a fungicidi e insetticidi, evoluzione sul campo. Terra e Vita n. 22/2017 – Edagicole (BO).
  • Butturini A. Resistenza a insetticidi e acaricidi. in: E-R Agricoltura e pesca – Avversità e difesa delle piante – Manuale dei metodi e delle tecniche a basso impatto – Parte 4: La razionalizzazione dell’impiego dei prodotti fitosanitari – Cap.15 Criteri di scelta dei prodotti fitosanitari regione.emilia-romagna.it/fitosanitario/doc/prodotti-fitosanitari/Manuale-basso-impatto/ (visitato il 2019-01-09)
  • Foschi S., Brunelli A., Ponti I. Terapia vegetale. Edagricole (BO).  1° edizione maggio 1985
  • GIRE®. Gruppo Italiano di lavoro sulla Resistenza agli Erbicidi, 2018. Banca dati sulla resistenza agli erbicidi in Italia. Disponibile in rete: resistenzaerbicidi.it (visitato il: 2018-12-31 09:10:14)
  • Heap, I. The International Survey of Herbicide Resistant Weeds.  Disponibile in rete:  weedscience.com (visitato il 2018-12-31 ).
  • Mazzoni E.,Collina M., Panini M., Brunelli A. La resistenza agli insetticidi e ai fungicidi e la difesa delle colture. In: Difesa sostenibile delle colture, a cura di P. Battilani. Collana Edagricole Università & Formazione. Direttore scientifico M. Pisante – Edagricole . 1°edizione marzo 2016
  • Pesticide Environmental Stewardship (PES) pesticidestewardship.org (visitato il 2018-12-31 )
  • Sattin M., Galassi T. La resistenza ai diserbanti. E-R Agricoltura e pesca – Avversità e difesa delle piante – Manuale dei metodi e delle tecniche a basso impatto – Parte 4: La razionalizzazione dell’impiego dei prodotti fitosanitari – Cap.15 Criteri di scelta dei prodotti fitosanitari //agricoltura.regione.emilia-romagna.it/fitosanitario/doc/prodotti-fitosanitari/Manuale-basso-impatto/ (visitato il 2019-01-09)
  • Sierotzki H. (2016). Resistenze ai fungicidi: conoscerle per gestirle. L’Informatore Agrario n. 10 Supplemento Difesa della vite – Gestione della peronospora, pag. 7 – 8.

Angelo Sarti è laureato in Scienze agrarie all’Università degli Studi di Bologna. Per diversi anni ha lavorato come sperimentatore, occupandosi principalmente di colture erbacee. Attualmente lavora come libero professionista. E-mail: angelosarti1965@gmail.com

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