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di Marco Gimmillaro

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La Tignola del pomodoro (Tuta absoluta) è un microlepidottero gelechide, una famiglia importante perchè vi appartengono diverse specie dannose in agricoltura, di recente introduzione in Italia.
La prima segnalazione è stata fatta nel 2008 in Calabria, ma è dalla fine del 2008 ed inizio del 2009 che in Sicilia si riportano le prime vere segnalazioni di importanti danni alle coltivazioni in serra del pomodoro da mensa; infatti interi trapianti furono distrutti da questo insetto.

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Grave danno da Tignola su frutto di Pomodoro.

Originaria del Sud America della regione delle Ande, come i suoi ospiti principali le solanacee, con gli intensi scambi commerciali è arrivata in Europa e continua la sua espansione verso est; oggi di fatto è presente in tutte le principali aree di coltivazione in Europa e nel bacino del Mediterraneo. Sin da subito ha rappresentato una vera e propria emergenza fitosanitaria, dato che si è adattata benissimo al nostro ambiente, specie nel sud Italia, sia in pieno campo che in serra; questo è dovuto al fatto che le sue infestazioni molto gravi sono costituite da diverse generazioni e non ci sono nemici naturali o molti principi attivi registrati o efficaci.
Il problema comunque è comune all’introduzione in un territorio di qualsiasi nuovo fitofago e ultimamente le emergenze sono sempre più frequenti; è la conseguenza della facilità con cui si spostano merci e persone da un continente all’altro e anche i più stringenti protocolli implementati per evitare l’introduzione di nuove malattie od agenti di danno chiaramente non riescono del tutto in questo scopo, specie poi quando l’insetto si è già insediato in Europa.
Per dinamiche naturali e per una sempre migliore conoscenza del problema solitamente si ha un riequilibrio della situazione e così anche per la Tuta la fase piu grave sembrava superata. Infatti dopo i primi anni in cui combatterla era veramente difficile e i danni erano stati ingenti (inizialmente anche interi trapianti distrutti o produzioni compromesse), erano seguiti circa 2/3 stagioni in in cui la pressione dell’insetto si è mantenuta molto bassa; oggi però si assiste ad una recrudescenza del problema dal momento in cui si è abbassata la guardia e sono sopraggiunti fenomeni di resistenza ad alcuni insetticidi.
Come già detto, in Italia trova maggiore diffusione nelle regioni del Sud Italia dove ci sono condizioni come un clima favorevole e una disponibilità alimentare praticamente illimitata, specie in Sicilia dove trova una superficie coltivata a pomodoro notevole e praticamente che copre tutto l’arco dell’anno. La specie, non presentando una fase inattiva, infatti se le condizioni lo permettono sviluppa numerose generazioni e gli adulti si spostano con molta facilità.

Morfologia e ciclo biologico

L’insetto presenta adulti lunghi circa 5-6 mm con colorazione grigia e sfumature beige, sulle parti apicali delle ali possono evidenziarsi delle strie scure disposte a raggera su fondo giallo, nella metà basale invece vi è presente un numero variabile di macule scure più o meno sfumate.
L’uovo molto caratteristico di forma ellittica presenta una colorazione che va dal bianco brillante al giallognolo alla deposizione al bruno a schiusura, lungo circa 0,35 mm e largo circa 0,25 mm non è di immediata identificazione, ma un occhio attento specie con alta pressione dell’infestazione riesce a individuarlo anche se solitamente viene deposto singolarmente sugli organi della pianta quali la foglia e i frutti.
La larva è la tipica larva dei lepidotteri e presenta una colorazione verdognola più o meno chiara tal volta tendente al gialliccio con sfumature sul dorso rosate più o meno evidenti; il capo giallo invece all’esterno è annerito con una placca posteriore bianca con bordo nero molto evidente. Le dimensioni variano da 0,6/1,5 mm della I età ai 7/8 mm della IV età, che è lo stadio che poi da vita alla formazione della crisalide, che presenta una colorazione inizialmente verde ma quasi immediatamente vira al castano.
La Tuta attacca esclusivamente le solanacee e ha come ospite principale il pomodoro, ma si possono avere danni anche su patata, melanzana e peperone, ma attacca chiaramente anche solanacee spontanee come l’Erba Morella o la Datura, quindi la loro presenza all’esterno delle aree coltivate può fungere da serbatoio per le infestazioni. Rari invece sono gli attacchi a specie non appartenenti alla famiglia delle solanacee.

Larva di Tuta absoluta
Larva di Tuta absoluta.

Come già indicato il ciclo non presenta stati di diapausa ma la lunghezza varia esclusivamente dalle condizioni climatiche, che se favorevoli quindi permettono uno sviluppo continuo delle larve; questa è la causa dei numerosi e continui cicli che portano ad avere infestazioni, specie in serra, anche nei periodi freddi.
Chiaramente però è più attiva nel periodo primaverile estivo, mentre in inverno si trova specie come crisalide, ma in serra si possono avere anche individui attivi.
Il numero di generazioni, che possono essere anche sovrapposte, varia in base agli ambienti e può variare da 6 a oltre 9, con una lunghezza che nei periodi freddi arriva anche a 60 giorni mentre nei periodi caldi scende a circa 30, ma può essere anche più veloce.
La larva a maturità si incrisalida in un bozzo sericeo generalmente dopo che si è lasciata cadere al terreno; infatti può ricoprirsi di particelle terrose, ma anche incrisalidarsi sulla pianta, tra le foglie accartocciate o esternamente al frutto nella corona dove si ricopre di fili sericei. Può anche incrisalidarsi dentro mine o frutti e in questo caso senza formare un bozzo.
Completato lo sviluppo si ha lo sfarfallamento, con l’adulto che fuoriesce dalla crisalide; l’adulto generalmente ha abitudini crepuscolari o notturne mentre durante il giorno sta sotto le foglie.
Anche per l’adulto l’alimentazione e le temperature influiscono sulla longevità che può andare da circa un mese e mezzo fino a pochi giorni.
Generalmente la notte successiva allo sfarfallamento si ha l’accoppiamento che avviene con gli individui attaccati per le estemità addominali e il corpo in direzione opposta tra i due. Dopo circa un giorno inizia l’ovodeposizione, che avviene generalmente la notte e si protrae per circa una settimana.
Le uova sono generalmente deposte singolarmente e in ordine sparso su tutte le parti verdi, dall’apice alle foglie mentre sui frutti generalmente vengono deposte nella zona del calice; il numero di uova deposte è generalmente molto alto e può arrivare anche ad oltre 200 uova per femmina. In 4/5 giorni nelle condizioni migliori, ma fino a 10 giorni, si ha l’incubazione che porta alla nascita della larva, che generalmente dopo la schiusa vaga anche diversi minuti prima di iniziare l’attività trofica e quindi lo scavo della mina, infatti si allontana generalmente dall’uovo, specie in presenza di altri individui, ha comunque sempre abitudini endofitiche cioè tende a stare dentro gli organi colpiti.

Danni

Sulle foglie si ciba del solo parenchima e praticamente inizia a scavare una mina che inizialmente è microscopica e tortuosa, caratteristica che inizialmente alla sua introduzione ha fatto pensare ad attacchi di ditteri del genere Liriomyza, ma successivamente forma un unica camera vescicolare e digiforme in cui all’estremità si intravede l’accumulo nerastro degli escrementi.
Se presenti più individui sulle foglie le mine possono fondersi e generalmente si ha il disseccamento delle foglie colpite. Sui frutti generalmente l’attacco avviene dalla corona, dove vengono deposte le uova, ma larve erranti possono attaccare il frutto anche da altre parti, abbiamo visto specie se a contatto con le foglie. Se l’attacco avviene dalla corona inizialmente non si vede, infatti si possono avere ingenti danni perchè quando si manifesta la produzione è già compromessa. Successivamente la parte attaccata inzia a virare, se verde, quindi si intravedono i detriti della rosura; il frutto cosi colpito non è commercializzabile, se piccolo arresta lo sviluppo e generalmente marcisce, portando la larva a colpire altre bacche.
Quindi i danni economici sono sempre ingenti, sia in infestazioni precoci dove si può avere la perdita dell’intera piantina, perchè viene compromesso lo sviluppo del germoglio principale, sia in infestazioni in fase produttiva dove si ha la perdita del raccolto.
Su altre solanacee invece generalmente colpisce solo le foglie e non sempre l’attacco e’ cosi grave come sul pomodoro.

Mine di differenti grandezze ed adulto che ovidepone
Mine fogliari ed adulto di Tignola in ovideposizione.

Difesa

Con l’arrivo dell’insetto purtroppo non è arrivato nessuno degli antagonisti naturali presenti nei paesi di origine, sia parassitoidi che predatori, ma fortunatamente diversi predatori presenti nei nostri ambienti a seguito dei frequenti lanci di insetti utili hanno manifestato una attività soprattutto sulle uova, tal volta specie in basse infestazione in serra la loro azione può contenere l’attacco.
I più attivi sono i Miridi appartenenti ai generi Macrolophus e Nesidiocoris attivi predatori di mosche bianche ma che possono predare le uova e le larve appena schiuse nella fase errante; unico problema che ne limita il lancio è che in assenza di prede possono danneggiare la coltura, infatti si cibano dei germogli della coltura provocando dei danni che in alcuni casi se la presenza è massiccia possono interferire sulla crescita della pianta. Il problema può essere ridotto inserendo all’interno della serra alcune piante di zucca lagenaria, molto più appetibile delle solanacee, che può essere anche usata da serbatoio per favorire la presenza di questi predatori in serra.
Altri predatori sempre di uova o larve al primo stadio sono l’Orius, il Nabis e gli acari predatori del genere Amblyseius.

Oltre agli insetti utili molto importanti sono tutte le pratiche agronomiche e di lotta integrata che mirano a ridurre l’infestazione e che permettono di avere un contenimento molto più efficace della lotta chimica, che comunque nelle zone di maggior infestazione rimane la soluzione più importante.
Prima di tutto è importante evitare di lasciare fuori dalle serre o il campo le erbe infestanti specie se presenti solanacee spontanee ed importante risulta non lasciare la coltura a fine ciclo abbandonata o anche se estirpata va adeguatamente smaltita immediatamente, questo vale anche per tutti i residui colturali derivanti dalle potature verdi o della raccolta, lasciarli al margine delle coltivazioni vuol dire lasciare un serbatoio continuo specie se in azienda abbiamo trapianti successivi e ancora in produzione. Se presenti infestazioni in atto specie sui frutti questi vanno allontanati e non lasciati sulla pianta o sul terreno.
La paccimatura o la lavorazione superficiale permette di contrastare le crisalidi presenti nel terreno, per questo anche una adeguata solarizzazione è utile a questo scopo.
Oltre ai mezzi agronomici in ambiente protetto importanti sono i mezzi fisici con la chiusura di tutta le aperture con reti antinsetto a maglie adeguate e la presenza di doppie porte, perche’ l’insetto con il suo movimento frenetico tende a trovare un varco facilmente se la rete è danneggiata o non posizionata correttamente.
Altro accorgimento importante è l’utilizzo delle trappole a feromone che servono ad attirare i maschi e che può essere usato sia per il monitoraggio che per la cattura massale degli individui adulti.

Per il monitoraggio va bene la normale trappola a delta con fondo appiccicoso mentre per le trappole per la cattura massale molto efficaci sono le trappole a bagno d’olio, dove nel fondo è presente una soluzione di acqua e un olio vegetale che riduce l’evaporazione e la fuga degli adulti che finiscono nella soluzione perchè attratti da un feromone posto poco sopra la superficie; per avere una riduzione sostanziale si devono posizionare tra 15 e 30 trappole per ettaro. Per il monitoraggio bastano poche trappole in serra ma per la Tuta non esiste una soglia di intervento o meglio è difficile dare una correlazione tra il numero di adulti catturati e il danno, specie se in presenza di alta pressione dell’insetto, quindi è utile solo per vedere se l’insetto è presente o meno; solitamente dalle prime catture in meno di una settimana si ha la comparsa delle prime mine.
Oltre queste tipologie di trappole nell’ultimo periodo si stanno diffondendo le trappole cromotropiche di colore nero che se poste ad altezza della fascia di deposizione delle uova hanno una certa efficacia.
Le trappole sono utili sia all’interno della coltivazione che poste all’esterno specie in ambiente protetto.
All’inizio si erano diffuse anche trappole luminose ma oggi trovano poco impiego perchè poco selettive catturando anche gli insetti utili.

trappola tignola pomodoro cattura massale
Trappola a cattura massale a bagno d’olio.

Tutti queste pratiche chiaramente hanno molto più efficacia nelle moderne serre metalliche rispetto alle vecchie serre in legno basse che poco si prestano a molti degli accorgimenti sopra citati; nelle strutture moderne specie in aziende di grandi dimensioni si puo’ applicare anche il metodo della confusione sessuale mediante il posizionamento di diffusori, circa 800/1000 per ha, che vanno posti sui sostegni qualche giorno prima del trapianto e mantengono l’efficacia per più di 3 mesi. In caso di basse pressioni la confusione è risolutiva mentre in caso di alte infestazioni a volte è necessario, all’inizio dell’infestazione, abbassare la popolazione intervenendo con un insetticida specifico.

La lotta chimica chiaramente riveste un ruolo importante ma va integrata a tutti quei sistemi sopra indicati, perchè essendo pochi i principi attivi autorizzati e veramente efficaci e visto che gli interventi per ciclo colturale possono essere numerosi è difficile affidare al solo mezzo chimico la lotta senza un adeguata strategia antiresistenza, dato che questa aumenta la pressione selettiva sugli individui resistenti.
Ed infatti già si sono visti sensibili cali di efficacia dovuti all’insorgere di resistenze ad alcune famiglie con meccanismi di azione specifici che inizialmente si erano mostrati risolutivi, ma l’esposizione a questi principi attivi in pochi anni è avvenuta su numerose generazioni quindi era anche prevedibile, specie se non si è applicata una giusta rotazione, come raccomanda anche l’IRAC il comitato di azione sulle resistenze agli insetticidi; nei paesi di origine infatti è nota la diffusione di resistenze incrociate a più meccanismi di azione, ecco perchè man mano che si diffonde l’insetto e si impiega un nuovo principio attivo è importante anche valutarne l’efficacia prima di inserirli nei programmi di lotta integrata.
Comunque un aspetto importante è quello di arrivare alla lotta chimica solo quando effettivamente necessaria e all’inizio delle infestazioni, quando gli altri sistemi non sono in grado di contenere la diffusione; una strategia fondamentale è quella di non esporre due generazioni consecutive allo stesso meccanismo di azione, traducendosi con la strategia di alternare i differenti meccanismi di azione secondo le finestre di intervento.
Questa strategia diventa fondamentale specialmente per quei cicli colturali molto lunghi, come il pomodoro in serra invernale con trapianti in Sicilia a fine estate e che possono durare anche 8/9 mesi.
Secondo l’IRAC con questo sistema all’applicazione con uno specifico meccanismo di azione in una finestra di 30 giorni praticamente ne segue un periodo di 60 giorni dove non viene più applicato un principio attivo della stessa famiglia, in modo da ridurre la selezione di individui portatori di geni resistenti; durante una finestra è conveniente fare uno o al massimo due applicazioni dello stesso meccanismo di azione.
Oggi ci sono diversi principi attivi autorizzati contro la Tuta, rispetto al passato, appartenenti a diverse famiglie chimiche e che mostrano una buona efficacia e che permettono di attuare diverse strategie ma rimane fondamentale per il futuro seguire un adeguato piano di difesa integrata per il contenimento di questo fitofago chiave delle solanacee.

Bibliografia

Edizioni l’Informatore Agrario, Tuta absoluta, Guida alla conoscenza e recenti acquisizioni per una corretta difesa, a cura di L. Sannino e B. Espinosa.

Tutte le foto di proprietà dell’autore

 

» Articolo tratto dalla Rivista TerrAmica – num. 8 Gennaio 2018 «

Marco Gimmillaro ha conseguito la laurea magistrale in Scienze e Tecnologie agrarie Vecchio Ordinamento presso la Facoltà di Agraria di Catania. Abilitato all’esercizio della libera professione di Dottore Agronomo, da sempre é impegnato nel settore Ricerca e Sviluppo sui fitofarmaci. Curriculum vitae >>>

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