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Di Giuliano Russini


Dopo i precedenti due articoli che trattavano di sensi, comportamento animale e meccanismi associati alla difesa e riproduzione delle specie terrestri o di ambiente aereo, vorrei spostare questo discorso nell’ambito delle specie marine o acquatiche in genere.
Ovviamente faremo solo un primo approccio generale, data la vastità della Biologia marina.
In questo articolo tratteremo più da vicino i pesci ossei. Successivamente ci occuperemo dei pesci cartilaginei, dei cefalopodi e di alcune specie fissili bentoniche, quindi delle specie di acque continentali (sia lentiche che lotiche) e di alcune aree ecosistemiche particolari, che rivelano una fauna e flora unica per quei biotopi, come le Mangrovie, gli estuari di fiume, le pozze d’ acqua alpine, laghi, le acque stagnanti ipogee (caverne e grotte) e le aree al confine tra il mare e la riva (zona litorale-mesolitorale) e le zone al limite della maree.
Vedremo come anche in tutti questi biotopi, ecosistemi-habitat, il legame sensi, comportamento, meccanismi di difesa, riproduzione (cicli vitali), ecologia alimentare, siano intimamente interconnessi e come tutto danzi su quella meravigliosa sinfonia a duetto che si genera tra ambiente e genetica che probabilmente diventa un terzetto, assumendo l’esistenza di una biologia del soma e una eredità somatica oltre che genetica, più direttamente e velocemente modificabile di quella genetica, da parte dell’ambiente e i suoi effetti.
L’ambiente marino, rappresentato dagli oceani e i diversi mari localizzati sul nostro globo terracqueo, costituisce più dei 2/3 della superficie terrestre e condiziona ovviamente in modo fondamentale la biosfera nella quale viviamo, in cooperazione con gli altri ecosistemi terrestri e aerei.
Il grande biologo e ingegnere francese, padre scientifico dell’esplorazione marina Jacques-Yves Cousteau, lo definì come il settimo continente, la cui esplorazione non è meno affascinante e complessa di quella dello spazio.


La vita nel mare


Il mare, l’immenso serbatoio oceanico, contiene una varietà di esseri viventi maggiore di qualsiasi altro habitat del pianeta.
Si trovano rappresentanti della classe dei mammiferi, ovviamente la classe dei pesci, ma anche uccelli marini, rettili e forme di ogni tipo di invertebrati, crostacei, molluschi, gasteropodi, cefalopodi e molti organismi invertebrati che sono unici di questo habitat, come i coralli, le anemoni, le meduse, gli idrozoi e così via, a cui bisogna aggiungere l’ ampia varietà di specie appartenenti al regno vegetale.
Milioni e milioni di specie, di cui i biologi ne hanno classificato, dopo circa 170 anni di ricerca più o meno sostenuta, solamente una piccolissima percentuale.
Tra le numerosissime forme di vita, troviamo i pesci, attualmente suddivisi in due Classi: la prima è quella degli Actinopterygii (in Italiano attinopterigi o attinotterigi) facenti parte dell’infraclasse dei Teleostei (pesci ossei veri e propri, vecchia denominazione Osteitti) i quali sappartengono al Clade dei Telostomi; si suddivide in più di 20.000 specie, numero che in costante aumento.
Una seconda classe è quella dei Sarcopterygii (in italiano Sarcopterigi), anch’essa confluente nel Clade dei Teleostomi, a cui appartengono due sottoclassi: la prima è quella dei Crossopterygii, a cui appartiene solo una specie marina vivente avente pinne carnose (non a raggi come negli attinopterigi), che è la Latimeria chalumnae, pesce di dimensioni notevoli (fino 90 kg) e carnivoro spietato delle acque profonde, scoperto per caso nel 1938 da alcuni pescatori africani che lo intrappolarono nelle loro reti, al largo delle coste del Madagascar.
La seconda sottoclasse è quella dei Dipnoi, di cui molti membri sono estinti e solo poche specie sono attualmente presenti; rappresentano i così detti pesci polmonati, che possono respirare O2 sia disciolto nell’acqua che atmosferico.
I Teleostei sono ovviamente presenti sia nel mare, che nelle acque dolci: una Trota, la Fario (Salmo trutta forma fario) è infatti un pesce osseo.
L’altro grande gruppo che tratteremo in un altro articolo, riguarda i pesci cartilaginei, Condroitti.
A questa classe appartengono gli squali, le razze, un gruppo che si è evoluto a partire da circa 350 milioni di anni fa (Carbonifero) e i cui rappresentanti sono rimasti pressoché immutati negli ultimi 70 milioni di anni.
Contrariamente a quanto spesso viene detto, non sono uno stadio evolutivo che precede quello dei pesci ossei: i più antichi fossili di Osteitti sono situati tra il Siluriano e il Devoniano, 100 milioni di anni prima.
I Condroitti sono caratterizzati da uno scheletro completamente cartilagineo che essendo meno pesante e rigido di quello osseo, agevola i movimenti e aiuta nel galleggiamento. Il tegumento rivestito solitamente da scaglie placoidi. Esse sono costituite da dentina, organizzate su una base inserita nel derma e un dentello con la punta rivolta verso la coda e ricoperto da smalto. Queste scaglie rendono la pelle estremamente abrasiva, tanto che una volta veniva adoperata come carta vetrata, denominata zigrino.
Ma, come dicevamo sopra, la maggioranza dei pesci marini ha scheletro osseo e è rappresentata da specie così diverse nel comportamento, nei sensi e nella riproduzione, come nelle dimensioni, nella ecologia alimentare, da essere un immenso campo di studio per il biologo.
La più importante catena alimentare nel mare ha il suo primo anello nei microscopici animali dello zooplancton che si nutrono di fitoplancton.
Lo zooplancton insieme al fitoplancton costituiscono il Plancton.
I krill, piccolissimi crostacei di cui sono ghiotti i cetacei afferenti all’ordine dei Mysticeta (le balene vere e proprie, aventi i fanoni al posto dei denti conici, come invece hanno i delfini, le orche e i capodogli, cetacei afferenti all’ordine degli Odontoceta) sono una terza componente della catena alimentare; a loro volta i krill si nutrono di alcuni animali mono e pluricellulari, appartenenti allo zooplancton.
Lo zooplancton è il cibo per alcuni piccoli pesci che, a loro volta, sono mangiati da altre specie più grandi, fino ad arrivare ai pesci di dimensioni maggiori, che sono preda di carnivori marini: come squali, orche, leoni marini, trichechi, elefanti marini e foche.


Difesa contro i predatori negli Osteitti


Le colorazioni mimetiche di molti pesci ossei possono venire interpretate come meccanismi di difesa contro i predatori.
Le specie di alto mare, buone nuotatrici, come il tonno (Thunnus thynnus) e lo sgombro (Scomber scomber), sono dotate di striature blu o verde scuro sul dorso, che le rendono difficilmente visibili dall’alto e hanno il ventre biancastro che le rende poco individuabili dal basso.
Questi abili nuotatori possono evitare di essere raggiunti dagli assalitori fuggendo rapidamente.
Invece i pesci che vivono vicino al fondo, detti bentonici (i precedenti sono definiti pelagici) e che hanno movimenti lenti, a loro volta hanno sviluppato meccanismi protettivi di vario genere, tra cui l’abilità di cambiare colore rapidamente per mimetizzarsi col fondo, come fanno ad esempio, la Passera di mare (Pleuronectes platessa) e il Rombo chiodato (Psetta maxima), o per rendersi simili a specie velenose e di gusto sgradevole, anche qua ritorna il mimetismo Batesiano e Mullerano.
I pesci che vivono tra i coralli hanno il corpo ricoperto di macchie dai colori vivaci e da strisce che li confondono con l’ambiente circostante.


Il Tonno
Tonno – Thunnus thynnus (foto “l grande libro degli Animali” Selezione Digest)


Non sempre però il colore rappresenta un sistema di difesa, infatti alcune specie lo usano nelle parate nuziali e di corteggiamento, né risulta essere l’unico meccanismo di protezione.
Molti pesci che vivono negli abissi emettono lampi di luce, che si pensa possano servire per allontanare i predatori.
Alcuni pesci che si muovono lentamente hanno invece il corpo ricoperto da spine o da scaglie molto dure, che servono per proteggerli.
Una specie come l’Istrice marino (Diodon) si difende gonfiandosi come un pallone, allora le spine protettive si drizzano, diventando dure e pungenti.
L’Apode (Nemichthys scolopaceus) vive nelle acque marine profonde tropicali, compie agguati su alcune specie di pesci preda, che inghiotte sani, data la sua morfologia serpentiforme, con corpo estremamente elastico, che glielo permette.


Apode
Apode – Nemichthys scolopaceus (foto “Il grande libro degli Animali” Selezione Digest)


Il Pesce volante (Exocoetus volitans, appartenente all’ordine dei Beloniformes), che è un pesce marino, per sfuggire a un predatore salta fuori l’acqua ed esegue un volo planato.
In presenza di un predatore, acquisisce velocità con vigorosi colpi di coda, emerge quindi dall’acqua, aprendo le pinne pettorali simili ad ali, planando a una certa altezza dalla superficie.
Quando la velocità diminuisce, batte nuovamente l’acqua con la coda.


Il pesce volante
Pesce volante – Exocoetus volitans (foto http://www.zipcodezoo.com/)


Il Pesce ragno (Trachinus vipera) si difende seppellendosi nella sabbia e utilizzando delle spine velenose, poste sulle pinne o sugli opercoli con cui si difende.
Il Pesce cofano (Lactophrys trigonus) si protegge con una corazza ossea formata da spesse piastre.
Impulsi elettrici, a scopo difensivo, vengono usati invece, tra i pesci ossei, solo da alcune specie della famiglia Uranoscopidi.
Le grosse specie carnivore d’ alto mare sono rappresentate da molti membri della famiglia dei pesci spada, Xifidi, e dei pesci vela (Istioforidi).
I primi, molto diffusi nei mari caldi, raggiungono i 5-6 m di lunghezza. La loro mascella superiore si prolunga in un’ arma a forma di spada con lama piatta, mentre quella dei pesci vela, in una lancia affilata e rotonda.
Sembra che questi animali usino tali armi durante la caccia, agitandole tra i membri di un banco, per stordirli e mutilarli per poi comodamente mangiarli.
Gli Istioforidi hanno pinne dorsali che possono essere ripiegate indietro e, alloggiate in appositi solchi, per diminuire la resistenza all’acqua e aumentare la velocità di nuoto; quando le pinne sono espanse servono a diminuire la stabilità e il rollio.
Altri grossi carnivori dei mari caldi sono i Barracuda (Sphyraena sphyraena), famiglia Sfiranidi (Sphyraenidae), ordine Perciformi (Perciformes), classe Attinopterigi (Actinopterygii) pesci feroci che arrivano a misurare fino a 2,5 m di lunghezza e pesare fino a 50 kg; voraci carnivori, che in passato (alcuni attacchi si sono registrati duranti gli anni ’30, ’60 e ’70) sono stati artefici di alcuni attacchi omicidi verso gli esseri umani.
Nei fondali esistono molti cacciatori mimetizzati: il pesce Hemitripterus americanus può cambiare colore mimetizzandosi con l’ambiente circostante che trova, sia per difendersi, che per agguantare una preda. Vive preferenzialmente sul fondo di acque fredde.
La Murena, un anguilliforme (Gymnothorax mordax), come tutte le specie di murene, si nasconde di giorno in buchi e anfrattuosità delle rocce e caccia di notte crostacei e pesci.
Vive per tale ragione a profondità entro le quali la luce solare è ancora in grado di penetrare, determinando una differenza tra la notte e il giorno, quindi entro i 200 m.
In tutti queste specie si avranno cicli vitali nei quali c’è una stretta correlazione tra riproduzione, costi energetici in termini ecologici (in relazione alla disponibilità trofica) per la specie e percentuale di perdita della prole, tale per cui le strategie riproduttive, si connoteranno, rispetto a quelle di molte specie di mammiferi terrestri, ma anche marini, di una produzione di uova numericamente più ampia e corposa. Bisogna considerare che il Potenziale biotico (Pb) di una specie non deve mai trascendere (cosa che accade spesso per numerosissime ragioni) le Risorse trofiche (Rt) disponibili già a livello di singolo biotopo, fino all’intero ecosistema. In caso contrario, subentrano fenomeni di competizione a natura Malthusiana, determinati da sovrapposizioni delle ecologie alimentari, per le varie specie, con una alterazione sia delle reti ecologiche, come delle reti adattative in termini evolutivi.
Basti pensare che una femmina di merluzzo dell’Atlantico, detto anche Nasello (Merluccius hubbsi), o una razza strettamente affine, Merlucius merlucius, può arrivare a deporre durante la stagione degli amori fino a 11.000.000 di uova ! Nel contempo, l’insieme di queste caratteristiche ne caratterizza anche i processi migratori, parte essenziale dei cicli riproduttivi. Per questo i biologi della pesca devono conoscere nei dettagli la biologia di una specie per poter costruire delle mirate “guidelines” a cui, sia i Governi che le agenzie di pesca, come i singoli pescatori, si devono attenere per garantire che l’equilibrio biologico di una specie non venga irreversibilmente rotto, portandola all’estinzione. Quindi, oltre che di una agricoltura ecosostenibile, i biologi parlano da almeno 50 anni, di una pesca ecosostenibile.


Un mondo non muto


Il mondo subacqueo, a differenza di quello che il senso comune potrebbe far credere, non è un ambiente silenzioso.
I pesci, come i mammiferi, emettono una infinità di suoni, mormorii, borbottii e rumori, che producono nei modi più differenti.
La maniera più semplice per creare un rumore è lo sfregamento di due parti del corpo, che genera un suono stridente.
Il pesce Luna (Mola mola) e altre specie digrignano i denti; altre ancora come il pesce Chirurgo (Acanthurus coeruleus) sfregano i raggi delle pinne.
Tecniche più elaborate sono utilizzate da membri della famiglia degli Scenidi che usano la vescica gassosa, come camera di risonanza, o, contraendo i muscoli, fanno vibrare le pareti della medesima, generando rumore.
Molti biologi ritengono che i suoni servano agli abitanti marini, che li sanno creare, pesci e mammiferi, per comunicare tra di loro, per allontanare i predatori, per scovare una preda, o per localizzare gli oggetti presenti lungo il loro percorso, mediante ecolocazione come nei delfini e negli altri cetacei e forse anche nei membri dei Pinnipedia.


Simbiosi, aiutiamoci a vicenda


Alcune specie di pesci si associano a specie diverse, per trarne reciproco vantaggio.
Ad esempio, alcuni individui di piccole dimensioni, appartenenti a differenti famiglie, si associano a pesci di grandi dimensioni, nutrendosi dei loro parassiti, un po’ come accade per le specie terrestri tra aironi guardabuoi, bufaghe con rinoceronti, zebre, elefanti, bufali cafri, ippopotami etc.
Questi piccoli pesci non vengono uccisi e mangiati dai loro ospiti nonostante che entrino spesso nelle loro bocche e abbiano dimensioni equivalenti alle loro prede; quindi l’ospite ha capacità discriminatorie. Un tipico esempio sono le Remore (Echeneis naucrates), che si associano a diverse specie di squali e ad altri grossi pesci carnivori-predatori.
Si attaccano al corpo dell’ospite per mezzo di un disco adesivo (che non è altro che una pinna dorsale modificata, con la quale si attaccano al corpo sia di squali, che ai carapaci delle tartarughe marine), posto alla sommità del capo, e si fanno trasportare da un luogo all’altro.
Normalmente si comportano come addetti alla pulizia (spazzini) nutrendosi dei parassiti, ma quando l’ospite uccide una preda, si staccano da lui, rimanendo nelle vicinanze per nutrirsi dei resti del banchetto.
Un altro esempio di spazzino, il piccolo pesce (Labroides dimidiatus), spesso si occupa di ripulire dai parassiti la testa di un Cernia (Epinephelus lanceolatus).
Il pesce Pilota (Naucrates ductor), che è lungo una ventina di centimetri, segue anche esso squali e razze, con lo stesso fine. Con le razze in particolare, si comporta da spazzino, ma con gli squali, non c’è apparentemente un reciproco scambio, poiché si nutre del resto delle sue prede, ma non lo ripulisce dei parassiti che lo infestano.
In sostanza, abbiamo visto che i diversi rappresentanti qui discussi delle circa 20.000 e più specie di attinopterigi oggi esistenti, presentano modalità di adattamento sensoriale in relazione all’ambiente, per mezzo dei quali adeguano la loro biologia, in termini di difesa, fuga, predazione, ecologia alimentare e riproduzione.


Giuliano Russini è laureato in Scienze Biologiche all’Università La Sapienza di Roma, con specializzazione in botanica e zoologia; successivamente ha conseguito in UK e Francia la specializzazione in etnobiogeografia. Lavora come curatore al Giardino Esotico di Hendaye, Francia. (e-mail: russinigiuliano@yahoo.it).







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