
Capita molto spesso che alcuni dei più scettici si chiedano: “ma perché è stata realizzata la filiera delle carni di selvaggina in Regione Toscana?”. Dietro a una domanda all’apparenza così banale ci sono molte risposte, tutte quante meritevoli di approfondimento. Intanto occorre specificare che cosa si intende per “filiera delle carni di selvaggina selvatica”: tali definizioni sono presenti all’interno di tre regolamenti europei cardine sicurezza alimentare che per primi definiscono la filiera delle carni di selvaggina selvatica (Ovvero il Reg. CE 178/2002, il Reg. 852/2004 ed il Reg.CE 853/2004). La filiera è quell’insieme di azioni che portano un prodotto ad essere venduto, quindi dalla produzione primaria, in questo caso, alle tavole dei cittadini. Per carni di selvaggina selvatica invece si intendono le carcasse di animali selvatici da destinare alla produzione di carni…
Luca Mattioli, Vito Mazzarone, Marco Ferretti
Direzione Agricoltura e Sviluppo Rurale
Settore Attività Faunistico Venatoria, Pesca in Mare e Rapporti con i Gruppi Locali di Azione della Pesca (FLAGS). Pesca nelle acque interne – Regione Toscana

L’analisi si basa su un totale di 524 UDG (Distretti di gestione degli ATC, Aziende Faunistico Venatorie – AFV, Aziende Agrituristico Venatorie – AAV) che hanno avuto continuità di gestione nel periodo considerato. Alcune AFV-AAV con piani approvati ma che non hanno fatto gestione o la hanno interrotta sono state escluse dalle analisi. La superficie utile per la specie (AUS) delle 524 UDG è aumentata da 1.306.000 ha nel 2017 a 1.665.000 ha circa del 2024 con un incremento del + 27%. L’incremento maggiore è stato a carico dei distretti (+ 29%) rispetto agli istituti privati AFV-AAV (+11%). La superficie AUS del 2024 ripartita tra i 14 ATC (si esclude LI10 dove il capriolo è assente) è riportata nella tabella successiva. Come si vede anche dai grafici a torta il 90 % dell’AUS è gestito nella forma dei distretti (ATC). Tre quarti dell’AUS ricade in Area Vocata alla specie capriolo…
Luca Mattioli, Vito Mazzarone, Marco Ferretti: Direzione Agricoltura e Sviluppo Rurale – Settore Attività Faunistico Venatoria, Pesca in Mare e Rapporti con i Gruppi Locali di Azione della Pesca (FLAGS). Pesca nelle acque interne – Regione Toscana

In Italia vive sia il riccio europeo (Erinaceus europaeus, L.) che il riccio orientale (Erinaceus concolor Martin, 1838), animale benvoluto in particolare da chi possiede un orto o un giardino. Le leggende più diffuse che riguardano questo animale, trattano del tema della protezione: il riccio dovrebbe essere animale avverso a streghe e degli spiriti maligni. Si narra che il riccio, grazie ai suoi aculei affilati, sia in grado di respingere le forze oscure e di proteggere le abitazioni da influenze malefiche. Questa credenza ha contribuito a conferire al riccio un’aura di simbolismo protettivo e di buon auspicio. In alcune regioni italiane, il riccio è anche associato alla fortuna e alla prosperità. Si crede che avvistare un riccio durante una passeggiata porti fortuna e buoni auspici, soprattutto se il riccio è avvistato vicino a una casa o a un terreno agricolo. Questa convinzione riflette la percezione positiva che si ha nei confronti di questo animale.
Dott.ssa Francesca Capuano, direttore sanitario della struttura Clinica Veterinaria 3 archi di Osimo, si occupa di chirurgia generale, medicina interna ed ha un particolare interesse per la Medicina e la Chirurgia degli animali non convenzionali. Ha conseguito il titolo GPCert (General Practitioner Certificate) in Medicina e Chirurgia degli Animali Esotici.
Nicolò Passeri, Dottore Agronomo, libero professionista. Consulente per imprese agricole ed agroalimentari in ambito tecnico legale. Svolge analisi economico-estimative e di marketing dei processi produttivi. Supporta le imprese nella valorizzazione in filiera delle produzioni e nello sviluppo e dei sistemi di certificazione volontari e regolamentati. Docente presso ITS Academy Agroalimentare.

La passione per la fotografia naturalistica, mi porta a frequentare molto assiduamente i più disparati ambienti che caratterizzano il territorio della bassa Padana. Aree boschive, incolti e zone umide, possibilmente non antropizzate e poco frequentate, sono i luoghi ideali dove cercare l’incontro “ravvicinato” con l’animale selvatico. Amo in particolare l’avifauna in tutte le sue forme. Osservare dall’interno del mio piccolo capanno, la quotidianità degli uccelli con i loro comportamenti e le abitudini che variano da specie a specie, mi dà grande soddisfazione e mi rilassa. Il fine ultimo è riuscire a portare a casa qualche scatto, che mi ripaghi delle frequenti levatacce e delle lunghe camminate zaino in spalla, perchè il fotografo naturalista si deve portare appresso un gran quantità di attrezzatura, per poter far fronte ad ogni situazione…
Fabrizio Comizzoli – Gruppo Photonatura il Gerundo

Quando si parla di Fagiani, bisogna tenere a mente che ne esistono diverse varietà, sia ancestrali, sia ornamentali selezionati dall’uomo.
Il Fagiano comune (Phasianus colchicus – Linnaeus, 1758) è un uccello Galliforme della famiglia dei Fasianidi, sottofamiglia Fasianini. Il nome deriva dal latino phasianus, “fagiano” (* è scientificamente provato che il genere Phasianus si è diversificato dal genere Gallus circa 20 milioni di anni fa). Con il termine colchicus che significa “della Colchide” (* area identificabile con l’odierna Georgia), viene indicata la denominazione scientifica delle specie. Fu proprio in quel territorio attorno al Mar Nero, che gli europei incontrarono per la prima volta questi strani e affascinanti uccelli, che esportarono in buona parte del mondo, Italia compresa…
Federico Vinattieri, laureato in Scienze Zootecniche, allevatore, giudice, scrittore, titolare Allevamento di Fossombrone

Esatto, quel che è scritto nel titolo non è un errore… Non si tratta di un “arrivo”, ma di un “ritorno”. Questo perché il Castoro era già un abitante del nostro territorio nazionale. Questa creatura che sovente la nostra mente abbina alla lontana America, è invece un essere molto familiare per i nostri boschi. Un animale che ha fatto parte per millenni dei nostri eco-sistemi, e che la natura ha dovuto saggiamente rimpiazzare dopo che noi lo avevamo fatto estinguere. Ora è tornato. Erano ben 500 anni che il Castoro non si faceva vedere dalle nostre parti… L’ultimo lo aveva visto Leonardo Da Vinci, tanto per intendersi con i tempi… Adesso è saltata fuori una nuova piccola colonia in Toscana, nell’aretino. Ma la domanda che sorge spontanea è: – “Da dove salta fuori?” – “Come ha fatto a ricomparire?” … e soprattutto: – “Chi ce l’ha riportato?”. Tutt’oggi nessuno è riuscito a fornire delle risposte certe a queste domande… solo ipotesi.
Federico Vinattieri, laureato in Scienze Zootecniche, allevatore, giudice, scrittore, titolare Allevamento di Fossombrone