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Il mercato dei prodotti biologici continua la sua crescita, e non soltanto in Europa. Il fatturato del settore biologico negli Stati Uniti sale a 44,3 miliardi di dollari, con un aumento dell’11% rispetto al 2014, che a sua volta aveva fattore registrare un altro record. Secondo i dati forniti dall’Organic Trade Association (OTA) l’ottimo stato di salute del bio negli States sta proprio nei numeri.
Il tasso di crescita del settore alimentare è stato nel 2015 del 3%, quindi 3,5 volte meno di quello del bio. Ormai il 5% di tutti gli alimenti venduti negli Usa è biologico.
Il Biologico cresce anche in Italia, in particolare nella grande distribuzione. Quasi tutti i grandi gruppi che operano sul mercato interno hanno una propria linea di prodotti bio ed il consumatore sembra apprezzare questa scelta: nel 2015 il Conad il biologico è cresciuto del 30%, e  sono ormai oltre 250 i prodotti Esselunga Bio, prima linea biologica in Italia creata nel 1999, presenti sugli scaffali dei supermercati di Caprotti.
L’agronomo indiano Sanjaya Rajaram, vincitore del World Food Prize 2014, sostiene che l’agricoltura biologica non sarà in grado di soddisfare la domanda globale di cereali e tuberi ma gli operatori sono convinti che, specialmente in alcuni settori (ortaggi e frutta), abbia ampi margini di crescita, come dimostrano i dati alla superficie occupata da aziende bio nel meridione d’Italia (in Calabria e Sicilia, nel 2014, la SAU biologica è pari rispettivamente al 22% e 29,7% della SAU totale).
L’opinione pubblica dimostra di essere sempre più sensibile verso le problematiche legate alla sostenibilità ambientale della zootecnia. Ad esempio, sono più insistenti le spinte verso un cambiamento del modello di allevamento dei bovini, attaccato su più fronti per le criticità collegate al cambiamento climatico, al consumo eccessivo di acqua e di mangimi a base di cereali altrimenti destinabili all’alimentazione umana. Uno spunto di cambiamento è il crescente interesse verso modelli di allevamento alternativi, come il grass fed, che anche in Italia comincia a reclutare simpatizzanti e a diffondersi tra i consumatori. E la zootecnia biologica è uno dei pochi settori che, dopo la crescita legata agli scandali che hanno coinvolto il settore carni negli anni Novanta (Mucca pazza, ecc.), ha sofferta nell’ultimo decennio.

Agricoltura biologica

L’agricoltura biologica è un metodo di produzione definito dal punto di vista legislativo a livello comunitario con un primo regolamento, il Regolamento CEE 2092/91, sostituito successivamente dai Reg. CE 834/07 e 889/08 e a livello nazionale con il D.M. 18354/09.
Il termine “agricoltura biologica” indica un metodo di coltivazione e di allevamento che ammette solo l’impiego di sostanze naturali, presenti cioè in natura, escludendo l’utilizzo di sostanze di sintesi chimica (concimi, diserbanti, insetticidi).

Agricoltura biologica significa sviluppare un modello di produzione che eviti lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in particolare del suolo, dell’acqua e dell’aria, utilizzando invece tali risorse all’interno di un modello di sviluppo che possa durare nel tempo.

Per salvaguardare la fertilità naturale di un terreno gli agricoltori biologici utilizzano materiale organico e, ricorrendo ad appropriate tecniche agricole, non lo sfruttano in modo intensivo.

Per quanto riguarda i sistemi di allevamento, si pone la massima attenzione al benessere degli animali, che si nutrono di alimenti biologici e non assumono antibiotici, ormoni o altre sostanze che stimolino artificialmente la crescita e la produzione di latte. Inoltre, nelle aziende agricole devono esserci ampi spazi perché gli animali possano muoversi e pascolare liberamente.

Logo biologico
Logo BIO europeo

Il  logo BIO europeo, anche conosciuto come “Euro-leaf”, è diventato obbligatorio a partire dal 1° luglio 2010.
Il legislatore nazionale ha disposto che i prodotti ottenuti in Italia debbano recare altre indicazioni aggiuntive. In particolare, il codice di controllo deve essere preceduto dalla dicitura “Organismo di controllo autorizzato dal MiPAAF“; deve essere inoltre indicato il numero di codice attribuito dall’OdC all’operatore “Operatore controllato n. xxxx“.

15/06/2016

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