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di Velia Bartoli

Introduzione

L’orientamento del consumo di generi alimentari, assolutamente relazionato al livello socio-economico raggiunto dalla popolazione, ha subito negli ultimi decenni una netta inversione di tendenza. Se fino a qualche anno fa il consumatore era attento soprattutto all’aspetto, ricercando cioè un prodotto omogeneo, esente da difetti, di colore uniforme ritenendolo erroneamente di qualità superiore, attualmente ha rivolto maggiore attenzione alle caratteristiche igienico-sanitarie e nutrizionali: ciò anche causa dei numerosi scandali che hanno caratterizzato il settore alimentare negli ultimi anni.
L’agricoltura biologica non risulta più una moda, ma un preciso metodo di produzione agricola che consente di rispondere ad una domanda di alimenti privi di residui chimici, rispettando la biologia delle piante, degli animali e soprattutto la cura del terreno. Difatti, il termine “agricoltura biologica” indica un metodo di coltivazione e di allevamento che ammette solo l’impiego di prodotti naturali, presenti cioè in natura, escludendo l’utilizzo di sostanze di sintesi chimica, sviluppando un modello di produzione che eviti lo sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, in particolare del suolo, dell’acqua e dell’aria (1).
Dal punto di vista legislativo, il 20 luglio 2007 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il nuovo regolamento in materia di produzioni e di etichettatura dei prodotti biologici (Reg. CE 834/2007), approvato dalla Commissione Europea il 12 giugno precedente. Il nuovo testo, che abroga il Reg. 2092/91/CE, entrerà in vigore a partire dal 1 gennaio del 2009.
La revisione del regolamento 2082/91 è stata avviata nel 2004, quando, nel “piano d’azione per l’agricoltura biologica”, il Consiglio e il Parlamento Europeo invitavano la Commissione a rivedere il quadro normativo sull’agricoltura e sugli alimenti biologici, per renderlo più coerente, più semplice e più trasparente. Il recente regolamento ha di fatto fornito basi giuridiche di maggiore chiarezza, semplificando una materia divenuta particolarmente complessa a seguito dei numerosi provvedimenti di adeguamento succedutisi dal 1991.
La nuova disciplina reca un insieme di obiettivi, principi e norme fondamentali sulla produzione biologica, compreso un sistema di controllo più razionale. L’uso del marchio biologico UE è reso obbligatorio, ma può essere accompagnato da marchi nazionali o privati. Un’apposita indicazione informa i consumatori del luogo di provenienza dei prodotti. Resta vietato l’uso di organismi geneticamente modificati ed ora deve essere indicata espressamente la presenza accidentale di OGM in misura non superiore allo 0,9%.

Fonti informative sull’agricoltura biologica in Italia

La principale fonte di informazione statistica sul settore biologico in Italia è rappresentata dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MIPAAF) in qualità di autorità competente nazionale per le produzioni da agricoltura biologica. I dati utilizzati dal MIPAAF provengono dagli Organismi di controllo autorizzati, i quali forniscono semestralmente le informazioni riguardanti gli operatori controllati. Il SINAB (Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica) elabora annualmente il rapporto Bio in cifre con il quale il MIPAAF diffonde i dati ufficiali sull’agricoltura biologica in Italia al 31 dicembre dell’anno precedente.
Un’azienda agricola è biologica se è iscritta nell’apposito elenco regionale degli operatori dell’agricoltura biologica e coltiva nel rispetto delle normative correnti.
Altre fonti ufficiali di dati sono:
– il censimento generale dell’agricoltura;
– l’osservatorio biologico dell’ISMEA;
– l’Indagine dell’ISTAT sulla Struttura e Produzione delle Aziende Agricole.
Dal punto di vista economico, fonte ufficiale dei dati riguardanti il settore dell’agricoltura biologica in Italia è l’indagine ISTAT sui risultati economici delle aziende agricole, oltre alla rete di informazione contabile agricola (RICA) gestita dall’INEA.

Caratteristiche strutturali delle aziende agricole biologiche in Italia

Dall’analisi dei dati contenuti nella tabella 1, risulta che gli operatori del settore biologico in Italia, sono 52.383, di cui il 79% circa produttori esclusivi, seguiti a grande distanza dai preparatori, che includono le aziende che effettuano attività di vendita al dettaglio (11,7%), dai preparatori misti, ossia anche produttori (8,54%) e in ultimo dagli importatori (0,49%).

Tabella 1 – Numero degli operatori per tipologia e regione. Anno 2013
Numero di operatori per tipologia

Rispetto ai dati riferiti al 2008 si rileva una crescita del numero di operatori del 5,50%: l’aumento in particolare, risulta consistente nel Nord (8,33%), mentre più limitato è l’incremento nel Sud e Isole (5,00%) e nel Centro (3,84%). I dati analizzati, mostrano che il biologico ha ben risposto alle evoluzioni non positive registrate nel settore primario in generale, rappresentando in molti casi una valida alternativa per le imprese agricole, probabilmente in funzione di un reddito aziendale più consistente che ha permesso una maggiore vitalità del settore (2).
L’analisi territoriale mette in evidenza come nel Sud e nelle Isole si concentri il maggior numero di aziende biologiche, in quanto, probabilmente, il clima e le caratteristiche del terreno risultano maggiormente adatti a questa modalità produttiva. Difatti, la distribuzione degli operatori sul territorio nazionale vede tra le regioni con la maggiore presenza di aziende agricole biologiche la Sicilia e la Calabria, conformemente agli anni precedenti, mentre la leadership per numero di imprese di trasformazione spetta all’Emilia-Romagna, seguita dalla Lombardia e dal Veneto.
In Italia la superfice agricola impiegata (tabella 2) per le produzioni biologiche risulta nel 2013 pari a 1.317.178 ettari, che corrisponde a circa il 6,1% della SAU totale (3), con un incremento rispetto al 2008 di circa il 31,40%. La distribuzione delle superfici biologiche sul territorio nazionale vede come negli anni passati, primeggiare il sud d’Italia. La SAU biologica più consistente è quella della Sicilia (280.448 ettari), seguono la Puglia (191.791) e la Sardegna (142.250).
Andando a leggere le variazioni temporali regionali delle superfici biologiche (tabella 2) si mota un comportamento non uniforme: a fronte di una forte crescita della Sardegna (+137,36 %), del Molise (+121,26%) e della Puglia (+102,24%), troviamo diverse regioni con superfice biologica in sensibile calo , come Marche (-15,39%) e Veneto (-1,89%), e altre in forte calo come Basilicata
(-54,99%) e Liguria (-22,94%).

Tabella 2 – Distribuzione regionale della superficie biologica
(valori in ettari)
Distribuzione regionale della superficie bio

Nel 2013 la media per azienda della superfice biologica raggiunge in Italia 25,15 ettari. Per quanto, negli ultimi anni tale indicatore si caratterizzi per un andamento essenzialmente stazionario, rispetto al censimento dell’agricoltura del 2000, la dimensione delle aziende biologiche in termini di SAU è cresciuta mediamente di 5 ettari (4): ciò indica una maggiore facilità per le aziende più grandi a rimanere nel settore rispetto ai piccoli produttori. L’analisi territoriale mette in evidenza come le aziende biologiche con le maggiori superfici si concentrino nel Centro-Sud e nelle Isole; tra queste emergono la Sardegna (63,85 ettari), la Basilicata (41,36) e la Puglia (30,67). Al Centro-Nord, al contrario, la SAU media delle aziende si riduce e quasi tutte le regioni presentano valori inferiori alla media nazionale, con le uniche eccezioni del Lazio, della Toscana e delle Marche.
Passando a considerare i principali orientamenti produttivi delle aziende biologiche in Italia (tabella 3), si evidenzia come la maggior parte della superficie interessata, in conversione o interamente convertita ad agricoltura biologica, sia dedicata alle coltivazioni di foraggi, prati, pascoli e di cereali, che nel loro insieme rappresentano circa il 70% della superficie coltivata biologicamente. Seguono in ordine di importanza le coltivazioni arboree (olivo, vite, frutta e agrumi).

Tabella 3 – Superfici e colture in agricoltura biologica in Italia al 31/12/2013 (valori in ettari)
Superfici e colture in agricoltura bio

Conclusioni

L’analisi svolta, se pur non esaustiva, evidenzia una sua sostanziale solidità del settore con una crescita sia del numero degli operatori che della superficie utilizzata per le colture biologiche.
Quello biologico non solo è il comparto più in crescita (e meno intaccato dalla crisi finanziaria) dell’intero settore agroalimentare, ma ha anche in sé un grande potenziale di ulteriore sviluppo, infatti, rappresenta una delle più promettenti ed interessanti forme di differenziazione produttiva, in grado di offrire importanti alternative alla soluzione di alcune delle problematiche che affliggono il settore agricolo (5). Le tecniche di coltivazione biologiche nascono in risposta alle nuove esigenze dei consumatori, sempre più attenti ad un’alimentazione sana e naturale, offrendo loro un prodotto di alta qualità. Produrre in modo biologico significa più cura, più tempo di lavoro e, quindi, costi di produzione più alti.
I prodotti naturali utilizzati per i concimi hanno prezzi maggiori di quelli chimici; il raccolto è si di qualità migliore, ma è spesso inferiore in quantità; la lotta alle piante infestanti è condotta con interventi meccanici e manuali generalmente onerosi.
Tuttavia la differenza dei prezzi al consumo tra prodotti biologici e prodotti convenzionali sta diminuendo sensibilmente, grazie alla maggiore diffusione del biologico, al miglioramento delle tecniche di coltivazione e ad una migliore organizzazione della produzione e della distribuzione.
I principi della sostenibilità per il biologico devono diventare lo strumento per una crescita consapevole di cittadini informati. L’educazione, in primo luogo nel sistema scolastico, deve consentire al consumatore di compiere scelte responsabili per garantire un futuro alle nuove generazioni.
Affinché il sistema produttivo biologico possa svolgere un ruolo fondamentale nello sviluppo sostenibile delle aree rurali e del consumo consapevole, i governi nazionali e locali dovrebbero supportare le aziende biologiche con maggiori incentivi, in considerazione dei benefici ambientali e sociali che producono. Il sostegno deve garantire uno sviluppo duraturo del settore, agevolando soprattutto gli investimenti che migliorino la sostenibilità ambientale, economica e sociale.
E’ inoltre indispensabile contenere al massimo il carico burocratico per gli operatori che devono essere agevolati mediante strumenti di controllo snelli e coordinati.

Lavori citati
1- Cristiani E. (2004), “ La disciplina dell’agricoltura biologica fra tutela dell’ambiente e sicurezza alimentare”. Editore Giappichelli, Torino.
2- Bioreport (2013), “ l’agricoltura biologica in Italia”. Rete rurale nazionale 2007-2013.
3- Manzi C., Pallotti A., (2014), “- Le donne scelgono l’agricoltura biologica”. http://www.istat.it/
4- ISTAT, “6° Censimento Generale dell’Agricoltura”. http://www.istat.it/
5- Zanoli R. (2007),” La politica per l’agricoltura biologica in Italia: situazione nazionale e analisi di alcune esperienze regionali”. Convegno PRIN, Roma.
6- Pizzol E., Rondinelli V. (2005), “Multifunzionalita’ dell’agricoltura e agricoltura biologica: una analisi delle performance aziendali sulla base dei dati dell’indagine sui risultati economici delle aziende agricole
(rea) e del censimento dell’agricoltura”. Convegno Agri@stat , Firenze.

Velia Bartoli, laureata in Economia e Commercio, dal 2001 è ricercatore di Statistica (SECS/S01) presso il Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche della Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione dell’Università “La Sapienza” di Roma. Ha prestato la propria attività lavorativa presso il Servizio delle Statistiche Demografiche dell’Istituto Centrale di Statistica (ISTAT).
Nell’anno 2003-2004 è stata membro della Commissione giudicatrice degli Esami di Stato per l’abilitazione nelle Discipline Statistiche.
Dall’anno 2010 è membro del Collegio dei docenti del dottorato di ricerca in Statistica Economica.
E’ membro della “Società di Economia, Demografia e Statistica”, di “Agriregionieuropa” e di Agrimarcheuropa. E-mail: velia.bartoli@uniroma1.it

 

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