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di Nicolò Passeri

Coltivatore diretto

Introduzione
Sulla definizione di diretto coltivatore, l’inquadramento normativo parte dal Codice Civile che ai sensi del Art. 2083 individua questa figura tra i Piccoli imprenditori:
Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.” 

A questa definizione si sono seguite numerose leggi che, proprio per la figura del coltivatore diretto, hanno inteso chiarire come poter attestare la qualifica. Insistono infatti sulla figura numerosi vantaggi tributari e gestionali cui attenzione si desta nel momento in cui questa qualifica diventa dirimente, ovvero imprescindibile per ottenere un beneficio o godere di un particolare privilegio.
Le Regioni, in via autonoma, hanno definito procedure per la certificazione del requisito di coltivatore diretto introducendo iter istruttori ad hoc. Queste ritualità amministrative raccolgono informazioni da varie fonti e spesso si dimenticano i principi e il quadro di derivazione statale ed europea in cui le informazioni raccolte per la produzione di un documento (il certificato) sono superate dalla gerarchia delle fonti, rispetto a quelle regionali.
Nei prossimi paragrafi sarà passata in rassegna la determinazione del possesso della qualifica di coltivatore diretto osservando il valore degli atti prodotti in agricoltura da INPS, AGEA e Camera di Commercio.

Il possesso del requisito di Coltivatore Diretto
È coltivatore diretto il soggetto che svolga abitualmente e manualmente la propria attività in agricoltura, sempre che con la forza lavoro propria e del nucleo famigliare e che sia in grado di fornire almeno un terzo della forza lavoro complessiva richiesta dalla normale conduzione dell’azienda agricola (si faccia riferimento alle Leggi nn.604/54, 454/61, 590/65, 203/82, Decreto Legislativo 228/2001).
Se si approfondisce, la Legge 454 del 1961, si trova univoca definizione:
Art. 48.
“Definizione di coltivatore diretto, di piccola e media azienda
Ai fini della presente legge e della legge 25 luglio 1952, n. 949, e relativo regolamento di esecuzione approvato con decreto del Presidente della Repubblica 17 ottobre 1952, n. 1317, sono da considerare:

  1. coltivatori diretti coloro che direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all’allevamento ed al governo del bestiame, sempre che la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità della coltivazione del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame;[…]

Nell’ambito della stessa definizione dell’Art.48, al secondo capoverso, si trova inoltre giusto riscontro rispetto al riconoscimento di qualifica:
Al riconoscimento delle qualifiche di coltivatore diretto, di piccola e media azienda di cui al comma precedente, provvede l’organo competente alla concessione delle provvidenze contributive e creditizie

Il possesso del requisito di Coltivatore Diretto secondo INPS
Le provvidenze contributive, rappresentano quei provvedimenti diretti a sopperire a particolari bisogni, in altri termini previdenziali, cui per la componente di istruttoria, erogazione dei contributi, qualifica e riconoscimento, l’organo competente è l’INPS. Se si osserva quanto riportato tramite sito (www.inps.it) si evince nella sezione “l’imprenditore” che:
“Per i CD (Coltivatore Diretto) gli accertamenti relativi all’attribuzione della qualifica sono svolti dall’I.N.P.S. (art. 18, L. 724/94);[…] l’Inps conserva tuttavia la facoltà di acquisire tutte le altre informazioni necessarie all’inquadramento aziendale ai fini dell’imposizione contributiva.”
Il possesso del requisito di Coltivatore Diretto è stabilito dall’ente preposto all’accertamento nell’ambito delle sue funzioni: l’INPS.

Il possesso dei requisiti di tempo da lavoro e considerazione delle attività condotte secondo INPS
Per il proprio compito istituzionale, nell’ambito dell’accertamento della figura del Coltivatore Diretto, l’INPS chiarisce nella Circolare INPS n°227 del 28/10/1998, anche come viene compiuto l’accertamento del tempo dedicato al lavoro:
per l’accertamento della qualifica in argomento (Coltivatore Diretto) la legge 9 gennaio 1963, n.9 richiede taluni requisiti soggettivi ed oggettivi; sono infatti coltivatori diretti coloro che si dedicano abitualmente e direttamente alla manuale coltivazione dei fondi o all’allevamento ed alla custodia del bestiame, sempre che il fondo coltivato o l’attività svolta richieda un fabbisogno annuo di lavoro non inferiore a 104 giornate e che la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità aziendali”.
L’accertamento dei coltivatori diretti richiede, quindi, una valutazione del fabbisogno lavorativo dell’azienda, per la cui individuazione le sedi devono procedere ad un’attenta considerazione delle singole realtà aziendali, con riferimento alle colture praticate, alla tipologia delle operazioni effettuate, al grado di meccanizzazione ed all’ubicazione dei terreni”.
Infatti viene anche verificata la forza lavoro del coltivatore diretto e della sua famiglia che costituiscono almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo.

 

Il possesso del requisito di Coltivatore Diretto secondo i documenti AGEA
In questa fattispecie è opportuno evidenziare quale sia il ruolo rivestito da AGEA, per chiarire successivamente quale siano i documenti di cui dispone e sulla base dei quali attua le proprie iniziative, compresa quella di assegnazione ed erogazione di contributi pubblici:

  1. AGEA è chiamata a fornire “garanzie sufficienti in ordine alla legittimità, regolarità e corretta contabilizzazione dei pagamenti” 7 – Reg UE 2013/1306, in qualità di Organismo Pagatore;
  2. AGEA “promuovere l’applicazione armonizzata della normativa comunitaria” e verificare “la conformità e i tempi delle procedure istruttorie e di controllo seguite dagli organismi pagatori ed effettua il monitoraggio delle attività svolte dagli stessi”, Dlgs n. 165 del 27 Maggio 1999 , Art. 5 comma 1;
  3. “All’Agenzia (AGEA) compete […], in qualità di organismo pagatore, l’autorizzazione, l’esecuzione e la contabilizzazione dei pagamenti stessi 5 comma 5 Dlgs n. 165 del 27 Maggio 1999, successivamente ribadito dal Art. 2 comma 1 e dal successivo Art. 4 comma 1 a Dlgs 21 maggio 2018, n. 74;
  4. “Agea, svolge la funzione di autorità competente al coordinamento dei controlli, ai sensi dell’articolo 13, comma 4 del decreto legislativo n. 99 del 2004.” 12 Decreto n. 30125 del 22 dicembre 2009, ovvero anche al controllo sul Fascicolo Aziendale Elettronico, secondo quanto riportato nell’Art. 13, comma 1-2 del Dlgs n. 99 del 2004 e del successivo Art. 2 comma 2 Dlgs 21 maggio 2018, n. 74;
  5. “sono trasferiti all’ AGEA i compiti di coordinamento e di gestione per l’esercizio delle funzioni di cui all’articolo 15 della legge 4 giugno 1984 14 comma 9 Dlgs 29 marzo 2004, n. 99, ovvero necessità di acquisire e verificare tutti i dati relativi al settore agricolo nazionaleArt. 15 Legge 4 giugno 1984;
  6. avvalendosi delSistema informativo agricolo nazionale (SIAN) […] per l’esercizio delle funzioni e dei compiti 5 comma 4 Dlgs n. 165 del 27 Maggio 1999 e ss mm ii;
  7. Tramite il proprio dipartimento Area organismo di coordinamento AGEA assicura “la gestione del Registro nazionale dei titoli all’aiuto di cui al Reg. (CE) n. 1782/2003, e successive modificazioni, ai sensi dell’art. 3 del D.L. n. 182/2005, convertito dalla legge n. 231/2005 Articolo 10 comma 2 b, Statuto approvato il 17 Giugno 2014, nonché ribadito nel Art. 3 comma d, Dlgs 21 maggio 2018, n. 74;

Da quanto riportato in elenco è opportuno spiegare di quali strumenti disponga per svolgere il proprio ruolo e quale valore essi abbiano.
L’AGEA utilizza quale strumento di giudizio per l’assegnazione ed erogazione dei contributi, un documento di regia che qualifica il potenziale beneficiario, il Fascicolo Aziendale. All’interno di questo documento sono riportate tutte quelle informazioni con valore probatorio utilizzate da AGEA.
È appena il caso di chiarire il valore di tale strumento, l’incensurabilità di tutte le informazioni ivi contenute e la valenza che esse assumono agli occhi della pubblica amministrazione.
Ai sensi del Decreto Ministeriale n.162 del 12 Gennaio 2015 – Semplificazione della gestione della PAC 2014-2020, si chiarisce:

Art. 3
Comma 1
Il fascicolo aziendale è l’insieme delle informazioni relative ai soggetti tenuti all’iscrizione all’Anagrafe, controllate e certificate dagli Organismi pagatori con le informazioni residenti nelle banche dati della Pubblica amministrazione e in particolare del SIAN anche ai sensi dell’articolo 25, comma 1, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni e integrazioni dall’articolo 1, comma 1, della legge 4 aprile 2012, n. 35, ivi comprese quelle del Sistema Integrato di Gestione e Controllo (SIGC), istituito ai sensi dell’articolo 67 del Reg. (UE) 1306/2013 con gli elementi di cui all’articolo 68 del medesimo Regolamento. Il fascicolo aziendale, facendo fede nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni come previsto dall’articolo 25, comma 2, del citato decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, è elemento essenziale del processo di semplificazione amministrativa per i procedimenti previsti dalla normativa dell’Unione europea, nazionale e regionale. […]
Comma 2
Il fascicolo contiene le informazioni certificate di cui al comma 1, ivi incluse le informazioni costituenti il patrimonio produttivo dell’azienda agricola reso in forma dichiarativa e sottoscritto dall’agricoltore, articolato e dettagliato nell’Allegato A, in particolare:

  1. a) Composizione strutturale;
  2. b) Piano di coltivazione;
  3. c) Composizione zootecnica;
  4. d) Composizione dei beni immateriali; e) Adesioni ad organismi associativi;
  5. f) Iscrizione ad altri registri ed elenchi compresi i sistemi volontari di controllo funzionali all’ottenimento delle certificazioni.

[…]
Comma 5
I dati personali contenuti nel Fascicolo Aziendale e integrati con i dati contenuti nell’Anagrafe delle aziende agricole, sono trattati in particolare per le seguenti finalità:

  1. a) svolgimento di attività connesse e strumentali alla gestione ed elaborazione delle informazioni relative all’azienda, per lo svolgimento dei compiti istituzionali della pubblica amministrazione, la gestione dei procedimenti relativi ad istanze per la richiesta aiuti, il controllo e l’erogazione di contributi e premi;
  2. b) accertamenti amministrativi, accertamenti in loco e gestione del contenzioso;
  3. c) adempimento di disposizioni comunitarie, nazionali e regionali anche attraverso l’incrocio con altre banche dati;
  4. d) obblighi di ogni altra natura comunque connessi alle finalità di cui ai precedenti punti, ivi incluse richieste di dati da parte di altre amministrazioni pubbliche ai sensi nella normativa vigente e per altre finalità istituzionali;
  5. e) gestione delle autorizzazioni all’accesso ai servizi del SIAN ed invio comunicazioni relative ai servizi istituzionali, anche mediante l’utilizzo di posta elettronica.

In sintesi in esso trovano definizione informazioni controllate e certificate, si attestano le informazioni ivi contenute nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni includendo le informazioni costituenti il patrimonio produttivo dell’azienda agricola reso in forma dichiarativa e sottoscritto dall’agricoltore, da utilizzare per finalità e svolgimento dei compiti istituzionali della pubblica amministrazione, ivi incluse richieste di dati da parte di altre amministrazioni pubbliche ai sensi nella normativa vigente e per altre finalità istituzionali.
In altri termini come richiamato da Prot. AGEA N. UMU/2015/749 del 30 aprile 2015:
Il fascicolo aziendale è unico ed univoco e contiene le informazioni strutturali e durevoli proprie di tutti i soggetti pubblici e privati, identificati dal CUAA, esercenti attività agricola, agroalimentare, forestale e della pesca; tali soggetti sono denominati “Aziende”.
La Costituzione del “Fascicolo Aziendale” è propedeutica alla presentazione di un qualsiasi Atto Dichiarativo volto al riconoscimento di un premio/contributo/diritto ed è sostanziato dalla raccolta dei necessari documenti presentati dall’imprenditore agricolo.
Questi stessi presupposti sono consolidati da giurisprudenza, si veda Corte Di Cassazione – Ordinanza 12 aprile 2019, n. 10306.

La definizione delle attività e del reddito secondo AGEAAll’interno del Fascicolo Aziendale sono richiamate ed iscritte alcune condizioni ineluttabili per la definizione del requisito in termini di reddito ed in subordine termini di tempo.
Nel fascicolo aziendale è definito un Orientamento Tecnico Economico (OTE), secondo le Istruzioni Operative N° 15
AGEA- 2020 Prot. 0020072, come segue:
“L’orientamento tecnico-economico (OTE) di un’azienda è determinato dall’incidenza percentuale della produzione standard delle diverse attività produttive dell’azienda rispetto alla sua produzione standard totale. Le classi di orientamento tecnico-economico generali e principali sono strutturate in modo da permettere la costituzione di gruppi omogenei di aziende con un grado maggiore o minore di aggregazione e il raffronto della situazione dei gruppi di aziende.
La dimensione economica dell’azienda viene definita in base alla produzione standard totale dell’azienda, equivalente alla somma dei valori ottenuti per ciascuna attività produttiva, moltiplicando le produzioni standard per unità per il numero di unità corrispondenti ed è espressa in euro.
L’importanza delle attività lucrative direttamente collegate all’azienda, ma diverse dalle sue attività agricole, è determinata sulla base della percentuale di dette altre attività lucrative nella produzione finale dell’azienda. Il rapporto è espresso sotto forma di fascia percentuale.
Per produzione standard si intende il valore normale della produzione lorda, ottenuta quale sommatoria del valore del prodotto principale e dei prodotti secondari; non comprende i pagamenti diretti, l’Imposta sul Valore Aggiunto e le tasse sulla produzione. La PS è determinata a livello regionale e per ciascuna attività produttiva vegetale e animale considerate dalla indagine sulla struttura delle aziende agricole.
Le produzioni standard sono basate su valori medi rilevati durante un periodo di riferimento quinquennale; esse, tuttavia, devono essere attualizzate periodicamente per tener conto dell’evoluzione economica, in modo che la tipologia conservi la sua validità.
Per la determinazione delle produzioni standard si utilizzano quali fonti informative le statistiche estimative per il calcolo delle rese produttive ed i conti economici nazionali, per i prezzi dei prodotti delle colture e degli allevamenti“.
La valutazione compiuta all’interno del Fascicolo aziendale certifica il valore dei redditi maturati nell’ambito delle attività condotte dall’azienda, considerando le prospettive di reddito delle singole attività,
È opportuno inoltre chiarire che nel fascicolo sono presenti i titoli di conduzione dei terreni, la data di inizio conduzione e di fine conduzione, per ciascun foglio e particella catastale.
Oltre a questo, il fascicolo aziendale consolida nel tempo l’informazione relativa alle colture in atto, rispetto alle quali si possono maturare dei contributi, e sulle quali vengono periodicamente effettuati controlli in merito alla consistenza ed allo stato delle colture, verificando se su di esse vengono condotte Buone Pratiche Agronomico Ambientali ed il rispetto dei Criteri di Gestione Obbligatori, di cui all’Allegato II del Reg. (UE) 2013/1306.
In altri termini è dichiarata dall’agricoltore, verificata dall’organismo pagatore, la consistenza e la natura dei terreni (anche per tramite di foto interpretazione). Tale presupposto permette l’erogazione dei contributi sul terreno effettivamente condotto e se ne verifica l’uso del suolo (ovvero le colture in atto) da parte dell’organismo preposto.
A questo si aggiunge la verifica di continuità nella conduzione ovvero, il controllo periodico da parte dell’organismo pagatore AGEA in fatto di titoli maturati e continuativi, rispetto alle colture messe in atto iscritte nel fascicolo aziendale. Basti a riguardo osservare registro pubblico dei titoli maturati in ambito di Politica Agricola Comunitaria (di libero accesso su www.sian.it). Questo dato a confronto con il fascicolo aziendale costituisce il consolidamento della posizione reddituale e l’accertamento nella conduzione dei terreni.
Stabilisce in altri termini il requisito di abitualità dell’attività di conduzione agricola (richiamato dal art. 31 legge n. 590/1965 in capo al coltivatore diretto), ovvero una dimostrazione in via autonoma della conduzione diretta dei terreni, di un’attività stabile e continua.
La qualifica di coltivatore diretto è legata al rapporto forza lavoro/terreno oltre che la sua abitualità; così divengono irrilevanti altri aspetti quali la portata del reddito agricolo nella complessiva economia dell’interessato, o l’intensità della sua dedizione all’agricoltura rispetto ad altri impegni di altro tipo (Estratto: Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 21 settembre 2018, n. 5490).

Il possesso del requisito di Coltivatore Diretto secondo la Camera di Commercio
Il registro delle imprese è, innanzi tutto, uno strumento di informazione del mercato e costituisce un onere ed un obbligo (e v. gli artt. 2194 e 2630 c.c.) per le imprese. Tale strumento assume una primaria funzione informativa, alla quale si allude comunemente discorrendo di ‘pubblicità-notizia’, la pubblicità delle imprese svolge ulteriori funzioni che si colgono osservando gli specifici effetti – dichiarativi, costitutivi, sananti – di volta in volta ricollegati ai vari adempimenti pubblicitari.
L’art. 2193 c.c. – norma generale regolatrice degli effetti della pubblicità nel sistema del registro delle imprese – stabilisce che, in assenza di norme di legge che dispongano diversamente, gli atti soggetti a iscrizione, se iscritti, sono opponibili ai terzi; se non iscritti, non sono opponibili da colui che è tenuto all’iscrizione se non provando la loro effettiva conoscenza da parte dei terzi.
È così evidenziata la funzione del registro quale strumento di opponibilità, al servizio dunque di interessi degli imprenditori, la cui realizzazione peraltro è ‘tecnicamente’ subordinata alla soddisfazione dell’interesse generale all’informazione del mercato, dal momento che, per ottenere il risultato dell’opponibilità, occorre rendere conoscibili (id est: accessibili ai terzi mediante consultazione dello strumento pubblicitario) gli atti o fatti che si ha interesse ad opporre.
L’iscrizione al registro delle imprese ha la funzione di pubblicità dichiarativa di cui all’art. 2188 cc tra l’altro per i coltivatori diretti (art. 2 D. Lgs. 18 maggio 2001 n. 228), con espresso richiamo dell’efficacia tipica prevista dall’art. 2193 cc.
In recenti casi giurisprudenziali, tale assunto appare dirimente per l’esercizio del diritto di prelazione agraria, ed in particolare con l’ordinanza n. 6302 del 05.03.2019 la Corte di Cassazione ha affermato un nuovo principio relativamente alla prova della sussistenza della qualifica di coltivatore diretto: nella fattispecie il ricorso la Corte di Cassazione ha statuito che la norma di cui all’art. 2, comma 3, D.Lgs n. 99/2004 ha portata derogatoria rispetto alla disciplina codicistica di cui all’art. 2193 c.c., con la conseguenza che l’omessa indicazione della qualifica di coltivatore diretto nella sezione speciale del registro delle imprese sia ostativa all’accoglimento della domanda di prelazione o riscatto agrario di una società agricola di persone.
Alla luce di questi assunti diventa allora fondato ritenere che la pubblicità dichiarativa operata per tramite del registro delle imprese, nel caso di coltivatori diretti, assuma un ruolo dirimente nei confronti di terzi: tale interpretazione è fondata sul chiaro ed univoco tenore letterale della norma, che richiede espressamente l’iscrizione e non prevede in alcun modo la possibilità di dimostrare aliunde il possesso del requisito della qualifica di coltivatore diretto e permette una più immediata e certa conoscenza della qualifica di coltivatore diretto.

L’efficacia dichiarativa
Quando, come di regola, produce l’effetto dell’opponibilità, l’iscrizione nel registro delle imprese è idonea a «comporre una lite tra imprenditore e terzo il cui esito dipenderebbe dalla conoscenza nel terzo di un fatto da iscriversi, rimpiazzando la conoscenza con una formalità» e rendendo così irrilevante l’eventuale, concreta ignoranza del fatto iscritto (Rescio, G., La pubblicità della cessione d’azienda: modalità di attuazione ed effetti, in Riv. notar., 1995, 180 ss.; Spada, P., Consenso e indici di circolazione, in Riv. dir. civ., 2014, 399).
Va ancora ricordato che, secondo quanto testualmente previsto dall’art. 2193, gli atti iscritti sono opponibili «dal momento in cui l’iscrizione è avvenuta», senza alcun periodo di vacatio. È infine da sottolineare che l’iscrizione, in quanto (semplicemente) dichiarativa, consente di opporre un determinato fatto solo se effettivamente esistente, ossia nei limiti in cui ciò che è stato dichiarato e iscritto trovi corrispondenza nella realtà.
È altresì singolare e doveroso dover citare in merito la Circolare INPS n°34 del 07/02/2002 che in merito chiarisce che:
“3. Iscrizione al registro delle imprese – Art. 2 D.Lgs. n. 228/2001
La disposizione in esame nel modificare la norma ex lege n.580/1993 sulla efficacia dell’iscrizione presso le sezioni speciali del registro delle imprese degli imprenditori agricoli a titolo principale, statuisce che, oltre al valore di certificazione anagrafica, l’iscrizione esplica anche la funzione specifica, di cui all’articolo 2193 del c.c., “pubblicità dichiarativa”.
Nella fattispecie l’imprenditore, per provare la qualifica di titolare di un nucleo diretto coltivatore o di imprenditore agricolo a titolo principale, non dovrà richiedere la relativa certificazione di iscrizione all’INPS (ad es. richiesta motivata dall’esercizio del diritto di prelazione).”

La Corte di Giustizia Europea si è recentemente pronunciata come segue su questi temi (pronuncia della Corte di giustizia 9 marzo 2017, C398/15)
” Ci si può, dunque, limitare a ricordare come la pubblicità giuridica, caratteristica del contemporaneo stato di diritto e fondamento di civiltà, risponda all’interesse generale della conoscibilità a chiunque di determinati fatti giuridici, mediante registri, albi, elenchi, pubblicazioni periodiche ufficiali: che, accessibili a chiunque, e tenuti da un ufficio pubblico, producono “sicurezza giuridica”, in quanto danno certezza di fatti giuridicamente rilevanti, favorendo i rapporti economici e sociali.
È forse necessario evidenziare che la certezza del diritto non è un bene come gli altri, in quanto portato della stessa statualità: la prima come proiezione in termini giuridici della sicurezza fisica garantita dalla seconda.
Nell’ambito di tali strumenti spicca – in ragione della obbligatorietà e non facoltatività (salvo rare eccezioni) delle iscrizioni, presidiata dal meccanismo delle iscrizioni d’ufficio ex art. 2190 c.c., in perfetta analogia con l’anagrafe delle persone nei registri dello stato civile – il registro delle imprese, che mira a predisporre un organico regime di pubblicità degli imprenditori individuali e collettivi, a base soggettiva, contenendo un elenco di imprenditori e delle loro vicende.
Istituito nel 1942, nell’ambito (come si osservò all’epoca) di un sistema economico che si avviava al ricorso sistematico al credito, già nei progetti (OMISSIS) si pensò di affidarne la tenuta alle camere di commercio, allo scopo “di rendere quanto più è possibile il registro accessibile, quasi familiare ai commercianti, collocandolo in una sede, come la camera di commercio, con la quale i commercianti hanno quotidiani rapporti”. Le regole previste nella L. 29 dicembre 1993, n. 580 (art. 8, comma 6) che ha attuato il registro miravano ad assicurare la tempestiva informazione su tutto il territorio nazionale, mediante gli stessi mezzi realizzati già da tempo dalle camere di commercio e che avevano propiziato la particolare funzionalità del registro delle ditte.

Il registro delle imprese – come, in precedenza, il registro tenuto presso le cancellerie dei tribunali ai sensi dell’art. 101 disp. att. c.c. e L. Fall., art. 262 – svolge un ruolo essenziale nella regolamentazione dei rapporti d’impresa, rientrando l’attuazione della pubblicità commerciale nei compiti primari della pubblica amministrazione e fra i doveri inderogabili dello stesso imprenditore. I profili strutturali e funzionali del registro delle imprese sono delineati dall’art. 2188 c.c. e della L. n. 580 del 1993, art. 8, in una con il regolamento di cui al D.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581. Sono previsti, in particolare, i procedimenti d’iscrizione e di cancellazione d’ufficio (artt. 2190-2191 c.c., D.P.R. n. 581 del 1995, artt. 16-17): quest’ultima (da non confondere con la cd. cancellazione della società, che, invece, è una nuova iscrizione) è legittima ed, anzi, doverosa, per i soli casi in cui siano avvenute senza il concorso delle “condizioni richieste dalla legge per l’iscrizione” (art. 2189 c.c., comma 2 e art. 2191 c.c.).
Ed allora trova riscontro anche quanto riportato nella sentenza Cass. civ. n. 19761/2017:
“eventi essenziali nella vita dell’imprenditore individuale (come l’inizio e la cessazione dell’impresa…) vengono dunque obbligatoriamente iscritti nel registro delle imprese nei termini di legge, decorrendo dall’iscrizione particolari effetti. In sostanza, non vi è evento significativo della vita dell’imprenditore individuale e collettivo (…), dal suo esordio alla sua liquidazione e cessazione, che non sia soggetto a deposito od iscrizione nel registro delle imprese”.
Ovvero che per gli effetti
“dell’art. 4 del Decreto del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato 23 maggio 2001, n. 278 che disponeva espressamente che: “fermo restando quanto disposto dagli articoli 2 e 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, le certificazioni e le attestazioni rilasciate ai sensi dell’articolo 8, comma 8, lettera b), della legge 29 dicembre 1993, n. 580 (disposizione, quest’ultima, in vigore all’epoca dei fatti e non più contenuta nel nuovo testo dell’art. 8, introdotto dall’art. 1, comma 10 D.Lgs. 15 febbraio 2010, n. 23) ed ogni altra risultanza tratta dal registro delle imprese e dal REA relativa ad ogni stato, fatto e qualità riguardante l’esercente attività agricola sono sostitutive di ogni altra dichiarazione o attestazione riguardante i medesimi stati, fatti e qualità dell’esercente attività agricola”.
(Estratto: Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 21 settembre 2018, n. 5490)

Anche questa pubblicità dichiarativa, disposta nel registro delle imprese, assume una funzione prova di qualifica di diretto coltivatore, nell’ambito dei suoi specifici utilizzi.

Nicolò Passeri, Dottore Agronomo, libero professionista. Dottore di ricerca in “Economia e Territorio” presso l’Università degli Studi della Tuscia. Consulente per la certificazione prodotti biologici e analisi tecnico economiche dei processi produttivi. Collabora con l’Università degli Studi della Tuscia a progetti di ricerca su studi relativi alla valutazione della sostenibilità ambientale dei processi produttivi agricoli.

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