Con­di­vi­di l'ar­ti­co­lo
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di Do­na­to Fer­ruc­ci, Ni­co­lò Pas­se­ri

Filiera Corta

 

In­tro­du­zio­ne

Vo­len­do pa­ra­fra­sa­re, o me­glio “ru­ba­re” da un noto film, una frase ad ef­fet­to, e ren­der­la fun­zio­na­le a que­sto ar­ti­co­lo, po­trem­mo dire “La fi­lie­ra corta non è un luogo, ma un po­po­lo di agri­co­li”.
I si­ste­mi agri­co­li si sono evo­lu­ti, forse anche ar­ric­chi­ti, negli ul­ti­mi anni, sotto ogni aspet­to. Si è as­si­sti­to ad una mag­gio­re ar­ti­co­la­zio­ne di na­tu­ra tec­ni­ca, or­ga­niz­za­ti­va, ma anche re­la­zio­ni (con il mer­ca­to del con­su­mo in par­ti­co­la­re), ed in­fi­ne dal punto di vista etico, fo­ca­liz­zan­do l’at­ten­zio­ne sulla so­ste­ni­bi­li­tà am­bien­ta­le ed il be­nes­se­re degli ani­ma­li.
Quin­di, un si­ste­ma sem­pre più com­ples­so, con mag­gio­ri dif­fi­col­tà nella ge­stio­ne delle at­ti­vi­tà agri­co­le che sono chia­ma­te ad es­se­re sem­pre più or­ga­niz­za­te, so­ste­ni­bi­li e tra­spa­ren­ti. Vita non sem­pli­ce.
In tutto que­sto, tra le di­ver­se op­zio­ni (non vo­len­do più par­la­re di op­por­tu­ni­tà), forse ob­bli­ga­te, tro­via­mo il con­cet­to di “fi­lie­ra corta”. Ter­mi­ne con un pe­ri­me­tro spes­so non ben de­fi­ni­to o forse, non com­pre­so. Da que­sto la frase ad ef­fet­to di aper­tu­ra.
Da oltre 20 anni è av­ve­nu­ta una cre­sci­ta nella pro­get­ta­zio­ne e di “in­co­rag­gia­men­to” per le azien­de che in­ten­do­no ci­men­tar­si in un si­ste­ma di fi­lie­ra corta, nar­ran­do pregi e cri­ti­ci­tà. Ot­te­nen­do spes­so ri­sul­ta­ti in­co­rag­gian­ti ma, so­prat­tut­to, ope­ra­to­ri sod­di­sfat­ti di un si­ste­ma che ne va­lo­riz­za l’e­si­sten­za del­l’a­zien­da agri­co­la agli occhi del con­su­ma­to­re, che fi­nal­men­te vede, vive, os­ser­va e com­pren­de un si­ste­ma pro­dut­ti­vo in tutte le sue dif­fi­col­tà e bel­lez­ze.
In que­sto con­te­sto, al­cu­ni ope­ra­to­ri, do­ta­ti di una certa pro­pen­sio­ne “cul­tu­ra­le” al­l’in­no­va­zio­ne, hanno av­via­to un per­cor­so fi­na­liz­za­to a in­con­tra­re di­ret­ta­men­te il con­su­ma­to­re. Que­sto, al prez­zo di una pro­gres­si­va rior­ga­niz­za­zio­ne delle stra­te­gie pro­dut­ti­ve, com­mer­cia­li, di­stri­bu­ti­ve e co­mu­ni­ca­ti­ve.
Una prima forma di rior­ga­niz­za­zio­ne, già ab­ba­stan­za con­so­li­da­ta, si con­fi­gu­ra come di tipo “oriz­zon­ta­le”. È il prin­ci­pio del­l’a­zien­da mul­ti­fun­zio­na­le, nella quale la for­ni­tu­ra di nuovi ser­vi­zi, che in­te­gra­no (e ta­lo­ra mar­gi­na­liz­za­no) la pro­du­zio­ne pri­ma­ria, porta una va­lo­riz­za­zio­ne della vo­ca­zio­ne ru­ra­le in senso lato (ri­sto­ra­zio­ne, tu­ri­smo, cul­tu­ra).
Una se­con­da mo­da­li­tà di rior­ga­niz­za­zio­ne, è in­ve­ce de­fi­ni­ta di tipo “ver­ti­ca­le”, in quan­to si con­cen­tra sulla fase pro­dut­ti­va, con una evo­lu­zio­ne delle ma­te­rie verso la com­mer­cia­liz­za­zio­ne di­ret­ta. Ciò può av­ve­ni­re nel modo più sem­pli­ce, con la ven­di­ta di­ret­ta di pro­dot­ti agri­co­li in­dif­fe­ren­zia­ti, quali frut­ta ed or­tag­gi. Op­pu­re, con la rea­liz­za­zio­ne di pro­dot­ti tra­sfor­ma­ti che vanno dal tra­di­zio­na­le olio ex­tra­ver­gi­ne di oliva, ai for­mag­gi, fino alla pre­pa­ra­zio­ne di con­fet­tu­re/mar­mel­la­te, suc­chi di frut­ta e yo­gurt. Que­sta se­con­da mo­da­li­tà di eman­ci­pa­zio­ne/in­no­va­zio­ne che, a no­stro pa­re­re, me­glio ri­spon­de alla do­man­da di iden­ti­tà degli im­pren­di­to­ri agri­co­li, è og­get­to della suc­ces­si­va di­scus­sio­ne.

La fi­lie­ra corta, tra fi­lo­so­fia, nor­ma­ti­va e tec­ni­ca

Con sem­pre mag­gior fre­quen­za si os­ser­va­no im­pre­se agri­co­le che, ab­ban­do­nan­do l’e­sclu­si­va rea­liz­za­zio­ne di pro­dot­ti “ano­ni­mi”, ten­do­no a orien­tar­si verso un mer­ca­to, quel­lo del con­su­mo fi­na­le, dove il prez­zo perde di ri­gi­di­tà gra­zie ad una po­si­zio­ne ne­go­zia­le più equi­li­bra­ta tra pro­dut­to­re e con­su­ma­to­re.
Non si trat­ta, come su­per­fi­cial­men­te si po­treb­be ri­te­ne­re, di un ri­tor­no alla pro­du­zio­ne agri­co­la le­ga­ta al com­mer­cio vi­ci­na­le, quan­to piut­to­sto di ap­proc­cio in­no­va­ti­vo alla ge­stio­ne di im­pre­sa che trova nella tec­no­lo­gia e nelle mo­da­li­tà di or­ga­niz­za­zio­ne delle forme al­ter­na­ti­ve di rea­liz­za­zio­ne, di co­mu­ni­ca­zio­ne e di com­mer­cia­liz­za­zio­ne dei pro­dot­ti.
In que­sto ap­proc­cio il con­su­ma­to­re, frui­to­re della sod­di­sfa­zio­ne del bi­so­gno ma­te­ria­le, e del­l’ap­pa­ga­men­to del de­si­de­rio im­ma­te­ria­le, deve es­se­re ascol­ta­to nelle sue ri­chie­ste e aspet­ta­ti­ve, in­for­ma­to e reso par­te­ci­pe dei si­gni­fi­ca­ti e dei va­lo­ri con­nes­si al mondo agri­co­lo e ru­ra­le.
Il clien­te è la prin­ci­pa­le ric­chez­za di un’im­pre­sa, e que­sto con­cet­to va as­si­mi­la­to anche dal si­ste­ma agri­co­lo. L’at­ten­zio­ne e la pre­fe­ren­za del con­su­ma­to­re de­vo­no es­se­re con­qui­sta­te, man­te­nu­te e uti­liz­za­te, per quan­to pos­si­bi­le, come stru­men­to in­di­ret­to della co­mu­ni­ca­zio­ne di mar­ke­ting del­l’im­pre­sa. Uno stru­men­to, che af­fian­ca, gra­zie alla spic­ca­ta con­no­ta­zio­ne in­ter­per­so­na­le, una ele­va­ta ef­fi­ca­cia.
Nel­l’at­tua­le mer­ca­to agroa­li­men­ta­re, com­pli­ce l’in­cre­men­to della di­stan­za (fi­si­ca e re­la­zio­na­le) tra pro­dut­to­re e con­su­ma­to­re, viene a per­der­si sia l’i­den­ti­fi­ca­zio­ne del luogo da cui pro­vie­ne il pro­dot­to che la co­no­scen­za del sog­get­to che lo rea­liz­za. Al­l’au­men­to della gamma e della di­spo­ni­bi­li­tà tem­po­ra­le dei pro­dot­ti ali­men­ta­ri si con­trap­po­ne una per­di­ta di con­tat­to tra pro­dut­to­re e con­su­ma­to­re che ge­ne­ra un’i­ne­vi­ta­bi­le per­di­ta di fi­du­cia. Il grado di fi­du­cia au­men­ta, quan­do è pos­si­bi­le sta­bi­li­re con ra­gio­ne­vo­le at­ten­di­bi­li­tà il luogo di ori­gi­ne delle ma­te­rie prime, os­ser­va­re il pro­ces­so di la­vo­ra­zio­ne, es­se­re in­for­ma­ti sulle mo­da­li­tà ope­ra­ti­ve che por­ta­no alla rea­liz­za­zio­ne del pro­dot­to e, so­prat­tut­to, co­no­sce­re per­so­nal­men­te chi ne ga­ran­ti­sce la qua­li­tà, nel senso più ampio del ter­mi­ne.

L’e­si­gen­za di tra­spa­ren­za, che trova piena forma di ga­ran­zia nel con­tat­to di­ret­to con il si­ste­ma pro­dut­ti­vo e le per­so­ne che ne sono i pro­ta­go­ni­sti, può avere una ri­spo­sta al­ter­na­ti­va, per quan­to par­zia­le, nei mar­chi e nei segni di qua­li­tà sup­por­ta­ti da si­ste­mi di cer­ti­fi­ca­zio­ne. Que­sti for­ni­sco­no alle im­pre­se agri­co­le uno stru­men­to per mo­stra­re la vo­lon­tà di sot­to­por­si a dei con­trol­li ester­ni che ne te­sti­mo­nia­no la tra­spa­ren­za, e rap­pre­sen­ta­no nel­l’im­ma­gi­na­rio, una sorta di de­le­ga da parte dei con­su­ma­to­ri che non hanno la pos­si­bi­li­tà di ve­ri­fi­ca­re in prima per­so­na la mo­da­li­tà di ge­stio­ne del si­ste­ma pro­dut­ti­vo, l’i­den­ti­tà e i va­lo­ri del­l’im­pre­sa e per­tan­to de­le­ga­no que­sto aspet­to a enti terzi di con­trol­lo.
Una do­man­da di pro­dot­ti in cui la fi­du­cia as­su­me un ruolo sem­pre più im­por­tan­te im­po­ne un’e­vo­lu­zio­ne del­l’of­fer­ta che, a sua volta, ri­chie­de uno svi­lup­po tec­ni­co ed im­pren­di­to­ria­le. La ne­ces­si­tà di que­sto cam­bia­men­to è stata colta, e in qual­che mi­su­ra an­ti­ci­pa­ta, dal le­gi­sla­to­re con la nor­ma­ti­va con­te­nu­ta nel De­cre­to le­gi­sla­ti­vo 228/2001 che, ri­de­fi­nen­do i con­te­nu­ti del­l’art.2135 del Co­di­ce Ci­vi­le, ha ri­di­se­gna­to la fi­gu­ra del­l’im­pren­di­to­re agri­co­lo e i suoi oriz­zon­ti ope­ra­ti­vi. Que­sta re­vi­sio­ne, di or­di­ne ci­vi­li­sti­co, ha in­te­res­sa­to a ca­sca­ta tutta una serie di altri aspet­ti, quali la fi­sca­li­tà, il si­ste­ma pre­vi­den­zia­le, l’i­gie­ne e sa­lu­bri­tà degli ali­men­ti, solo per ci­tar­ne al­cu­ni.
Ne de­ri­va una ri­con­fi­gu­ra­zio­ne del si­ste­ma agri­co­lo che offre delle op­por­tu­ni­tà ori­gi­na­li, da com­pren­de­re e at­tua­re nella piena con­sa­pe­vo­lez­za dei li­mi­ti e delle re­go­le. Non è suf­fi­cien­te sa­pe­re ciò che si può fare, ma è ne­ces­sa­rio ca­pi­re quali sono i re­qui­si­ti e i li­mi­ti entro cui po­ter­lo fare.
Una delle op­por­tu­ni­tà più in­te­res­san­ti è senza dub­bio la com­mer­cia­liz­za­zio­ne di­ret­ta di pro­dot­ti azien­da­li che, per avere suc­ces­so, deve fare ri­fe­ri­men­to ad ap­proc­ci alla ge­stio­ne d’im­pre­sa più evo­lu­ti, anche se non ne­ces­sa­ria­men­te più com­ples­si.
Que­sto cam­bia­men­to cul­tu­ra­le de­ter­mi­na un’in­ter­pre­ta­zio­ne in­no­va­ti­va della tra­di­zio­na­le at­ti­vi­tà agri­co­la. Non si trat­ta tanto di mo­di­fi­ca­re gli in­di­riz­zi pro­dut­ti­vi o le tec­ni­che di col­ti­va­zio­ne e al­le­va­men­to, quan­to di re­cu­pe­ra­re nella sto­ria e/o nella vo­ca­zio­ne del ter­ri­to­rio la base per rea­liz­za­re dei pro­dot­ti che, sot­to­po­sti a di­ver­si gradi di tra­sfor­ma­zio­ne e forme di con­fe­zio­na­men­to, pos­sa­no es­se­re di­ret­ta­men­te pro­po­sti al con­su­ma­to­re fi­na­le. Un ce­rea­le può es­se­re de­sti­na­to a mol­te­pli­ci scopi di­ve­nen­do un pro­dot­to plu­ri­mo (per scopo).
In que­sto pro­ces­so di in­no­va­zio­ne, gioca un ruolo fon­da­men­ta­le la ca­pa­ci­tà di tro­va­re delle pro­fes­sio­na­li­tà ar­ti­gia­ne, in grado di dare la mas­si­ma espres­sio­ne di ec­cel­len­za ai pro­dot­ti fi­ni­ti. Il ri­cor­so a que­sti part­ner ester­ni ap­pa­re fon­da­men­ta­le per ra­gio­ni tec­ni­che, prima fra tutte la com­pe­ten­za pro­fes­sio­na­le; eco­no­mi­che, come l’as­sen­za di in­ve­sti­men­ti azien­da­li e il mi­glio­ra­men­to del­l’ef­fi­cien­za pro­dut­ti­va; ed in­fi­ne com­mer­cia­li.

Ri­guar­do que­sto ul­ti­mo aspet­to, il conto ter­zi­smo offre sia mag­gio­re fles­si­bi­li­tà nella rea­liz­za­zio­ne dei pro­dot­ti ri­spet­to alla do­man­da che l’op­por­tu­ni­tà di rea­liz­za­re pro­dot­ti di­ver­si dalla stes­sa ma­te­ria prima, av­va­len­do­si di di­stin­te im­pre­se ar­ti­gia­ne di tra­sfor­ma­zio­ne. A que­sto in­sie­me di van­tag­gi per l’im­pre­sa si af­fian­ca una ri­ca­du­ta po­si­ti­va di ca­rat­te­re so­cia­le che de­ri­va dalla op­por­tu­ni­tà of­fer­ta agli ar­ti­gia­ni, le cui im­pre­se sono ge­ne­ral­men­te lo­ca­liz­za­te in am­bi­to ru­ra­le, di am­plia­re la loro at­ti­vi­tà e di man­te­ne­re e va­lo­riz­za­re i loro sa­pe­ri e le loro pro­fes­sio­na­li­tà. Ov­via­men­te non vanno igno­ra­te le dif­fi­col­tà che de­ri­va­no da que­sto orien­ta­men­to del­l’of­fer­ta azien­da­le, prime fra tutte la di­pen­den­za da terzi nella ge­stio­ne delle pro­du­zio­ni e la lo­gi­sti­ca, in par­ti­co­la­re quan­do le im­pre­se a cui ci si ri­vol­ge sono lo­ca­liz­za­te a di­stan­ze si­gni­fi­ca­ti­ve dal­l’a­zien­da.

I prin­ci­pi etici della fi­lie­ra corta

La fi­lie­ra corta è, a no­stro pa­re­re, un si­ste­ma che prima di es­se­re ba­sa­to su norme le­gi­sla­ti­ve o tec­ni­che, deve tro­va­re fon­da­men­to su re­go­le di na­tu­ra etica.
La fi­lie­ra corta deve na­sce­re per vo­lon­tà del­l’a­gri­col­tu­ra, non come ope­ra­zio­ne di mar­ke­ting della gran­de di­stri­bu­zio­ne or­ga­niz­za­ta, che ha no­te­vo­le ri­le­van­za nella di­stri­bu­zio­ne ali­men­ta­re ed in grado di for­ni­re un con­tri­bu­to po­si­ti­vo sotto molti aspet­ti e per di­ver­se com­po­nen­ti, molti aspet­ti po­si­ti­vi, però non bi­so­gna con­sen­ti­re deve ap­pro­priar­si di que­sta area che è deve ri­ma­ne­re di to­ta­le ge­stio­ne e go­ver­no della pro­du­zio­ne agri­co­la.

I prin­ci­pi etici di una fi­lie­ra corta pos­so­no es­se­re rias­sun­ti in tre aspet­ti:

  • Tra­spa­ren­za verso il con­su­ma­to­re, nei fatti e nelle in­di­ca­zio­ni;
  • È un in­con­tro “di­ret­to” tra agri­col­to­re e con­su­ma­to­re, l’in­ter­me­dia­zio­ne (seb­be­ne ac­cet­ta­ta da al­cu­ni re­qui­si­ti le­gi­sla­ti­vi) deve es­se­re fun­zio­na­le solo alla di­stri­bu­zio­ne,
  • È l’a­gri­col­tu­ra che deve det­ta­re le re­go­le in ter­mi­ni di di­spo­ni­bi­li­tà, pro­du­zio­ni, ca­rat­te­ri­sti­che mer­ceo­lo­gi­che. Fatta salva le re­go­le di si­cu­rez­za, iden­ti­tà e leale co­mu­ni­ca­zio­ne.

I tre punti di vista

La fi­lie­ra può es­se­re og­get­to di at­ten­zio­ne da tre di­ver­si punti di os­ser­va­zio­ne: il con­su­ma­to­re, il le­gi­sla­to­re, il pro­dut­to­re.

Il Con­su­ma­to­re
Sono molti gli studi sul com­por­ta­men­to e le pre­fe­ren­ze, mo­ti­va­zio­ni, bi­so­gni le­ga­ti al con­su­mo di pro­dot­ti ali­men­ta­ri. Oltre i prin­ci­pi etici ed edo­ni­sti­ci che oggi gui­da­no il con­su­ma­to­re, resta un ele­men­to fon­da­men­ta­le per l’at­tua­zio­ne della scel­ta: la fi­du­cia. Un va­lo­re che iden­ti­fi­ca la co­mu­ni­ca­zio­ne alla cor­ri­spon­den­za esat­ta non solo dei fatti ma ad­di­rit­tu­ra delle aspet­ta­ti­ve. Que­ste ul­ti­me, pur­trop­po, a volte sono im­pli­ci­te, se non ad­di­rit­tu­ra esor­bi­tan­ti ri­spet­to al con­te­sto pro­dut­ti­vo. Il con­su­ma­to­re si sente trop­po spes­so de­frau­da­to, sog­get­to pas­si­vo e vit­ti­ma eco­no­mi­ca di un si­ste­ma che non con­trol­la e che pensa d co­no­sce­re. La ri­spo­sta, al di là di ogni teo­ria e qua­lun­qui­smo, non può che es­se­re la leal­tà, in­te­sa come tra­spa­ren­za del­l’a­zio­ne (scel­te, pro­du­zio­ni, op­zio­ni, sa­cri­fi­ci e sod­di­sfa­zio­ni).

Se man­gia­re è un fatto agri­co­lo (W. Berry, 2015), sce­glie­re cosa man­gia­re è un fatto po­li­ti­co, etico e so­cia­le.

Il le­gi­sla­to­re
L’at­ten­zio­ne del con­su­ma­to­re ge­ne­ra sem­pre l’at­ten­zio­ne del le­gi­sla­to­re, in­ten­to nella sua fun­zio­ne di tu­te­la e sal­va­guar­dia. Il primo prin­ci­pio è la de­fi­ni­zio­ne di un pe­ri­me­tro, una serie di re­go­le atte a de­fi­ni­re i ter­mi­ni.
I ten­ta­ti­vi sono di­ver­si, ci­tan­do­ne al­cu­ni, tro­via­mo in or­di­ne tem­po­ra­le i se­guen­ti atti le­gi­sla­ti­vi:

  • (UE) N. 1305/2013 sul so­ste­gno allo svi­lup­po ru­ra­le da parte del Fondo eu­ro­peo agri­co­lo per lo svi­lup­po ru­ra­le (FEASR) e che abro­ga il re­go­la­men­to (CE) n. 1698/2005 del Con­si­glio

Al­l’ar­ti­co­lo 2 (de­fi­ni­zio­ni) tro­via­mo una ti­mi­da, prima, mo­der­na de­fi­ni­zio­ne giu­ri­di­ca di fi­lie­ra corta. “Fi­lie­ra corta”: una fi­lie­ra di ap­prov­vi­gio­na­men­to for­ma­ta da un nu­me­ro li­mi­ta­to di ope­ra­to­ri eco­no­mi­ci che si im­pe­gna­no a pro­muo­ve­re la coo­pe­ra­zio­ne, lo svi­lup­po eco­no­mi­co lo­ca­le e stret­ti rap­por­ti so­cio-ter­ri­to­ria­li tra pro­dut­to­ri, tra­sfor­ma­to­ri e con­su­ma­to­ri.

Un pe­ri­me­tro non molto det­ta­glia­to ma che pone una prima luce sul con­cet­to. In­tro­du­ce il nu­me­ro li­mi­ta­to di ope­ra­to­ri eco­no­mi­ci in­te­res­sa­ti allo svi­lup­po delle re­la­zio­ni tra pro­du­zio­ne e con­su­mo

  • R. 07 No­vem­bre 2016, n. 14, Di­spo­si­zio­ni per va­lo­riz­za­re e so­ste­ne­re il con­su­mo dei pro­dot­ti agri­co­li e ali­men­ta­ri di qua­li­tà pro­ve­nien­ti da fi­lie­ra corta.

Una legge re­gio­na­le (tra le di­ver­se) che, nel Lazio, tenta una ri­spo­sta alle esi­gen­ze di chia­rez­za. Nello spe­ci­fi­co la fi­lie­ra corta trova de­fi­ni­zio­ne in due re­qui­si­ti, uno di na­tu­ra stret­ta­men­te am­bien­ta­le e forte di un tec­ni­ci­smo non im­me­dia­to ed uno di le­ga­to alle co­sid­det­te pro­du­zio­ni di qua­li­tà nor­ma­ta.
Per­tan­to, sulla base di quan­to di­spo­sto dal­l’art. 2 della norma, sono con­si­de­ra­ti, “pro­dot­ti pro­ve­nien­ti da fi­lie­ra corta”:

  1. i pro­dot­ti agri­co­li e agroa­li­men­ta­ri de­sti­na­ti al­l’a­li­men­ta­zio­ne umana per il cui tra­spor­to dal luogo di pro­du­zio­ne al luogo pre­vi­sto per il con­su­mo si pro­du­co­no meno di 25 chi­lo­gram­mi di ani­dri­de car­bo­ni­ca equi­va­len­te per ton­nel­la­ta e,
  2. che rien­tra­no in una o più delle se­guen­ti ca­te­go­rie:
    1. i pro­dot­ti tra­di­zio­na­li di cui al­l’ar­ti­co­lo 8 del de­cre­to le­gi­sla­ti­vo 30 apri­le 1998, n. 173;
    2. i pro­dot­ti sta­gio­na­li, come de­fi­ni­ti dal ca­len­da­rio in­di­vi­dua­to con de­li­be­ra­zio­ne della Giun­ta re­gio­na­le;
    3. i pro­dot­ti di com­pro­va­ta so­ste­ni­bi­li­tà am­bien­ta­le cal­co­la­ta e cer­ti­fi­ca­ta da parte terza, se­con­do le mo­da­li­tà di cal­co­lo del­l’in­di­ce di so­ste­ni­bi­li­tà am­bien­ta­le in base alla me­to­do­lo­gia Life Cycle As­sess­ment (LCA) o me­to­do in­ter­na­zio­na­le ri­co­no­sciu­to equi­va­len­te;
    4. i pro­dot­ti di qua­li­tà, in­te­si come i pro­dot­ti che be­ne­fi­cia­no di una de­no­mi­na­zio­ne o di una in­di­ca­zio­ne di ori­gi­ne (DOP/IGP, vini DOC/DOCG), le spe­cia­li­tà tra­di­zio­na­li ga­ran­ti­te (STG) ed i pro­dot­ti rea­liz­za­ti con me­to­di di pro­du­zio­ne bio­lo­g­i­ca;
    5. i pro­dot­ti che be­ne­fi­cia­no del­l’u­so del nome e del­l’em­ble­ma di un’a­rea na­tu­ra­le pro­tet­ta ai sensi del­l’ar­ti­co­lo 14, comma 4, della legge 6 di­cem­bre 1991, n. 394 (Legge qua­dro sulle aree pro­tet­te);
    6. i pro­dot­ti ot­te­nu­ti at­tra­ver­so l’uso delle ri­sor­se ge­ne­ti­che au­toc­to­ne di in­te­res­se agra­rio (legge 6 apri­le 2004, n. 101);
    7. g) i pro­dot­ti agri­co­li e agroa­li­men­ta­ri che be­ne­fi­cia­no del­l’u­so del mar­chio col­let­ti­vo di cui al­l’ar­ti­co­lo 11 del de­cre­to le­gi­sla­ti­vo 10 feb­bra­io 2005, n. 30 (Co­di­ce della pro­prie­tà in­du­stria­le, a norma del­l’ar­ti­co­lo 15 della legge 12 di­cem­bre 2002, n. 273) e suc­ces­si­ve mo­di­fi­che;
    8. h) i pro­dot­ti it­ti­ci “a mi­glio zero” ov­ve­ro i pro­dot­ti fre­schi pe­sca­ti in acque in­ter­ne, in aree di pesca lo­ca­li ov­ve­ro nei set­to­ri ma­rit­ti­mi cor­ri­spon­den­ti ai siti di sbar­co e ven­du­ti dalle im­pre­se it­ti­che o dalle coo­pe­ra­ti­ve di pe­sca­to­ri nei porti di re­si­den­za;
    9. i) i pro­dot­ti ot­te­nu­ti dalla la­vo­ra­zio­ne delle carni di sel­va­ti­ci cat­tu­ra­ti.

Ci tro­via­mo di fron­te ad una no­te­vo­le pos­si­bi­li­tà in ter­mi­ni di op­zio­ni ma ad una og­get­ti­va dif­fi­col­tà in ter­mi­ni di cal­co­lo dei 25 kg CO2/ton di pro­dot­to ali­men­ta­re tra­spor­ta­to.
Circa il re­go­la­men­to at­tua­ti­vo, di di­sci­pli­na della fase co­mu­ni­ca­ti­va e di ge­stio­ne, atto a iden­ti­fi­ca­re gli stru­men­ti re­la­ti­vi alla trac­cia­bi­li­tà, al­l’e­ti­chet­ta­tu­ra e alla pub­bli­ci­tà dei pro­dot­ti agri­co­li e agroa­li­men­ta­ri pro­ve­nien­ti da fi­lie­ra corta, nulla ri­sul­ta di chia­ra de­fi­ni­zio­ne. Pro­ba­bil­men­te, si è op­ta­to per af­fi­dar­si alle suc­ces­si­ve emis­sio­ni nor­ma­ti­ve a li­vel­lo na­zio­na­le che hanno tro­va­to luce nel corso del 2022.

  • Legge n. 30/2022, “Norme per la va­lo­riz­za­zio­ne delle pic­co­le pro­du­zio­ni agroa­li­men­ta­ri di ori­gi­ne lo­ca­le” (“PPL”)

La norma ha come scopo pro­muo­ve­re e va­lo­riz­za­re la pro­du­zio­ne, tra­sfor­ma­zio­ne e ven­di­ta, degli im­pren­di­to­ri agri­co­li.
Le PPL sono de­fi­ni­te come i pro­dot­ti agri­co­li pri­ma­ri o tra­sfor­ma­ti de­ri­van­ti da col­ti­va­zio­ne o al­le­va­men­to svol­ti esclu­si­va­men­te sui ter­re­ni di per­ti­nen­za del­l’a­zien­da, de­sti­na­ti al­l’a­li­men­ta­zio­ne umana, ot­te­nu­ti pres­so un’a­zien­da agri­co­la o it­ti­ca, de­sti­na­ti, in li­mi­ta­te quan­ti­tà in ter­mi­ni as­so­lu­ti, al con­su­mo im­me­dia­to e alla ven­di­ta di­ret­ta al con­su­ma­to­re fi­na­le nel­l’am­bi­to della pro­vin­cia in cui si trova la sede di pro­du­zio­ne e delle pro­vin­ce con­ter­mi­ni.
La com­mer­cia­liz­za­zio­ne, e da qui l’in­te­ra­zio­ne con il con­cet­to di fi­lie­ra corta, può av­ve­ni­re:

  1. a) pres­so la pro­pria azien­da e pres­so eser­ci­zi di ven­di­ta a que­sta fun­zio­nal­men­te con­nes­si, pur­ché ge­sti­ti dal me­de­si­mo im­pren­di­to­re agri­co­lo o it­ti­co;
  2. b) nel­l’am­bi­to di mer­ca­ti, fiere e altri even­ti o ma­ni­fe­sta­zio­ni, da parte del me­de­si­mo im­pren­di­to­re agri­co­lo o it­ti­co;
  3. c) negli eser­ci­zi di com­mer­cio al det­ta­glio o di som­mi­ni­stra­zio­ne in am­bi­to lo­ca­le che ri­for­ni­sco­no di­ret­ta- mente il con­su­ma­to­re fi­na­le.

Que­sti pro­dot­ti po­tran­no in­di­ca­re nel­l’e­ti­chet­ta (art. 3), in ma­nie­ra chia­ra e leg­gi­bi­le, la di­ci­tu­ra «PPL – pic­co­le pro­du­zio­ni lo­ca­li» se­gui­ta dal nome del co­mu­ne o della pro­vin­cia di pro­du­zio­ne e dal nu­me­ro di re­gi­stra­zio­ne del­l’at­ti­vi­tà (se­con­do mo­da­li­tà da de­fi­ni­re).
Al Mi­PAAF il com­pi­to di adot­ta­re, nei tre mesi dal­l’en­tra­ta in vi­go­re della norma, un re­go­la­men­to con­te­nen­te i cri­te­ri e le linee guida sulla base dei quali do­vran­no es­se­re de­fi­ni­ti:

  1. a) il “pa­nie­re PPL”, vale a dire l’e­len­co delle ti­po­lo­gie di pro­dot­ti agri­co­li e it­ti­ci, anche tra­sfor­ma­ti, con l’in­di­ca­zio­ne dei re­la­ti­vi li­mi­ta­ti quan­ti­ta­ti­vi in ter­mi­ni as­so­lu­ti, che rien­tra­no nella di­sci­pli­na dei pro­dot­ti PPL;
  2. b) le mo­da­li­tà per l’am­mis­sio­ne alle “pro­ce­du­re sem­pli­fi­ca­te”’ per i pro­dot­ti PPL;
  3. c) le mi­su­re da ap­pli­ca­re e i con­trol­li-igie­ni­co sa­ni­ta­ri da ef­fet­tua­re sui pro­dot­ti PPL;
  4. d) le mo­da­li­tà di uti­liz­zo del­l’e­ti­chet­ta­tu­ra e del logo PPL e i re­la­ti­vi con­trol­li.

Per il logo è pre­vi­sto, entro 6 mesi dal­l’en­tra­ta in vi­go­re della legge, che sia in­det­to da parte del MI­PAAF un “con­cor­so di idee” per la rea­liz­za­zio­ne della gra­fi­ca del logo per i pro­dot­ti PPL.

  • Legge n. 61/2022, “Norme per la va­lo­riz­za­zio­ne e la pro­mo­zio­ne dei pro­dot­ti agri­co­li e ali­men­ta­ri a chi­lo­me­tro zero e di quel­li pro­ve­nien­ti da fi­lie­ra corta”.

La norma è piut­to­sto sin­te­ti­ca, otto ar­ti­co­li che mi­ra­no a va­lo­riz­za­re la do­man­da e pro­muo­ve­re l’of­fer­ta dei pro­dot­ti agri­co­li e ali­men­ta­ri de­fi­ni­ti:

  • A chi­lo­me­tro zero,
  • Fi­lie­ra Corta.

Obiet­ti­vo è fa­vo­ri­re il con­su­mo, la com­mer­cia­liz­za­zio­ne e, nel con­tem­po, ga­ran­ti­re ai con­su­ma­to­ri un’a­de­gua­ta in­for­ma­zio­ne sulla ori­gi­ne e spe­ci­fi­ci­tà di tali pro­dot­ti.
Per pro­dot­ti a chi­lo­me­tro zero si in­ten­do­no i pro­dot­ti agri­co­li e ali­men­ta­ri pro­ve­nien­ti da luo­ghi di pro­du­zio­ne e di tra­sfor­ma­zio­ne della/e ma­te­ria/e prima/e si­tua­ti a una di­stan­za non su­pe­rio­re a 70 chi­lo­me­tri di rag­gio dal luogo di ven­di­ta, o co­mun­que pro­ve­nien­ti dalla stes­sa pro­vin­cia del luogo di ven­di­ta.
Per pro­dot­ti a fi­lie­ra corta, si in­ten­do­no i pro­dot­ti la cui fi­lie­ra pro­dut­ti­va ri­sul­ti ca­rat­te­riz­za­ta dal­l’as­sen­za di in­ter­me­dia­ri com­mer­cia­li ov­ve­ro è com­po­sta da un solo in­ter­me­dia­rio tra il pro­dut­to­re, sin­go­lo o as­so­cia­to in di­ver­se forme di ag­gre­ga­zio­ne, e il con­su­ma­to­re fi­na­le. Il com­pi­to di adot­ta­re le ini­zia­ti­ve per as­si­cu­ra­re la va­lo­riz­za­zio­ne e la pro­mo­zio­ne di tali pro­dot­ti viene af­fi­da­to alle Re­gio­ni e agli Enti lo­ca­li.
Entro 90 gior­ni dal­l’en­tra­ta in vi­go­re della norma, è pre­vi­sta la de­fi­ni­zio­ne del logo per le men­zio­ni “chi­lo­me­tro zero» e «fi­lie­ra corta», le cui con­di­zio­ni e mo­da­li­tà di at­tri­bu­zio­ne sa­ran­no sta­bi­li­te e di­sci­pli­na­te da un ap­po­si­to de­cre­to in­ter­mi­ni­ste­ria­le.
È op­por­tu­no evi­den­zia­re che i loghi – di­ver­sa­men­te da quel­li per i pro­dot­ti PPL – non po­tran­no es­se­re ap­po­sti sulle con­fe­zio­ni e sugli im­bal­lag­gi dei pro­dot­ti uti­liz­za­ti per la ven­di­ta (art. 5), ma sa­ran­no uni­ca­men­te espo­sti nei luo­ghi di di­stri­bu­zio­ne e uti­liz­zo.
Una ul­te­rio­re op­por­tu­ni­tà è data dalle norme tec­ni­che di cer­ti­fi­ca­zio­ne ap­par­se negli ul­ti­mi anni a col­ma­re il vuoto le­gi­sla­ti­vo. Di­ver­si ten­ta­ti­vi pro­dot­ti da enti di cer­ti­fi­ca­zio­ne, as­so­cia­zio­ni di rap­pre­sen­tan­za del mondo agri­co­lo e so­cie­tà di vario ti­to­lo. Espe­rien­ze che alla fine non hanno mai tro­va­to un ri­scon­tro si­gni­fi­ca­ti­vo ma sono spes­so ri­ma­ste degli epi­so­di tec­ni­ci con scar­sa dif­fu­sio­ne. Tra i di­ver­si di­spo­ni­bi­li pos­sia­mo tro­va­re:

  • La ISO 22005, sulla trac­cia­bi­li­tà dei pro­dot­ti ali­men­ta­ri. E’ uno stru­men­to tec­ni­co al ser­vi­zio di uno o più obiet­ti­vi. Non è spe­ci­fi­co per la fi­lie­ra corta ma può tor­na­re utile per dare evi­den­za di re­qui­si­ti le­ga­ti al­l’ap­prov­vi­gio­na­men­to o ori­gi­ne delle ma­te­rie prime. Di certo lo stru­men­to ad oggi più ti­to­la­to e dif­fu­so;
  • Linee Guida della Fi­lie­ra corta di Fe­der­Bio, del 2009, le­ga­ta ai pro­dot­ti bio­lo­g­i­ci;
  • https://​www.​chi​lome​troz​ero.​net, una tra le di­ver­se.

Da ul­ti­mo vale la pena ram­men­ta­re come nella cer­ti­fi­ca­zio­ne del bio­lo­g­i­co, una im­por­tan­te rap­pre­sen­tan­za di azien­de agri­co­le è in­te­res­sa­ta dalla tra­sfor­ma­zio­ne di pro­dot­ti azien­da­li (ope­ra­to­ri clas­si­fi­ca­ti come pro­dut­to­ri/Pre­pa­ra­to­ri) che rap­pre­sen­ta­no 12.500 ope­ra­to­ri circa (dati SINAB 2020), pari a circa il 15% del to­ta­le della po­po­la­zio­ne in­te­res­sa­ta dallo sche­ma. Que­sta ten­den­za ha de­ter­mi­na­to che nel­l’ul­ti­ma pro­du­zio­ne le­gi­sla­ti­va, il Reg. (UE) 2018/848, la pro­mo­zio­ne delle fi­lie­re corte e delle pro­du­zio­ni lo­ca­li sia en­tra­ta a far parte degli obiet­ti­vi della norma (Art. 4 Reg. (UE) 2018/848).

Il pro­dut­to­re
Chi pro­du­ce è di si­cu­ro in un mo­men­to di gran­de con­fu­sio­ne. Di­ver­se norme, nes­sun segno iden­ti­fi­ca­ti­vo an­co­ra di­spo­ni­bi­le, un co­stan­te ti­mo­re di un con­te­sto le­gi­sla­ti­vo quan­to mai ar­ti­co­la­to.
Per gli im­pren­di­to­ri agri­co­li che ve­do­no pe­na­liz­za­te la loro vo­ca­zio­ne e le loro com­pe­ten­ze dalla pro­gres­si­va per­di­ta della fun­zio­ne pro­dut­ti­va del­l’a­gri­col­tu­ra a fron­te della mag­gio­re im­por­tan­za at­tri­bui­ta dalla po­li­ti­ca e dal­l’o­pi­nio­ne pub­bli­ca alle altre fun­zio­ni ac­ces­so­rie, una delle (poche) stra­te­gie pos­si­bi­li ap­pa­re quel­la della ge­stio­ne di­ret­ta della fase di tra­sfor­ma­zio­ne e com­mer­cia­liz­za­zio­ne dei pro­dot­ti.
Non è que­sto un com­pi­to fa­ci­le, ma di­ver­se espe­rien­ze di suc­ces­so di­mo­stra­no come esi­sta una do­man­da at­ten­ta e sen­si­bi­le a que­sta pro­po­sta che punta su pro­dot­ti e forme di ven­di­ta molto lon­ta­ne dalle lo­gi­che di­stri­bu­ti­ve do­mi­nan­ti.
Si trat­ta co­mun­que di una scel­ta prima cul­tu­ra­le, poi im­pren­di­to­ria­le, ba­sa­ta quin­di su un’ac­cu­ra­ta ana­li­si costi/be­ne­fi­ci.

In que­sta fase è fon­da­men­ta­le se­gui­re un per­cor­so ba­sa­to su ri­fles­sio­ni di na­tu­ra tec­ni­ca. Una ipo­te­si di per­cor­so po­treb­be es­se­re il se­guen­te:

  1. for­ma­liz­za­zio­ne di un piano di mar­ke­ting che in­clu­da una ana­li­si di con­te­sto, una pic­co­la in­da­gi­ne/ri­fles­sio­ne sul mer­ca­to, ana­li­si SWOT (di que­sta ul­ti­ma se ne ri­por­ta una esem­pli­fi­ca­zio­ne a fine di que­sto pa­ra­gra­fo.

Il tutto si tra­du­ce, guar­dan­do ad una real­tà azien­da­le agri­co­la di tipo fa­mi­lia­re, in un con­fron­to ri­fles­si­vo verso il mer­ca­to a cui ci si ri­vol­ge e/o su cui si vuole en­tra­re.

  1. Una ana­li­si costi/be­ne­fi­ci.

Ri­cor­dia­mo al­cu­ni aspet­ti di det­ta­glio nei cal­co­li:
I costi si di­vi­do­no in Fissi e Va­ria­bi­li. I primi sono in­di­pen­den­ti dalle quan­ti­tà pro­dot­te (es. Am­mor­ta­men­ti, Ca­no­ni, Sti­pen­di di per­so­na­le a tempo de­ter­mi­na­to). I se­con­di sono pro­por­zio­na­li alle quan­ti­tà pro­dot­te (ma­te­ria­li con­fe­zio­na­men­to, ma­te­rie prime, mezzi tec­ni­ci per la col­ti­va­zio­ne, ecc.). La­vo­ran­do pres­so terzi le pro­prie ma­te­rie prime, non si ge­ne­ra­no costi fissi o co­mun­que si ri­du­co­no al mi­ni­mo. Di con­tro, es­sen­do a ca­ri­co del ter­zi­sta si avrà una mag­gior com­po­nen­te di costi va­ria­bi­li, det­ta­ta dal con­te­sto. Que­sto per ri­cor­da­re che può ap­pa­ri­re ele­va­to il costo di un pro­dot­to rea­liz­za­to pres­so terzi, ma non bi­so­gna di­men­ti­ca­re che stia­mo de­le­gan­do anche i costi di strut­tu­ra, com­pe­ten­za e am­mi­ni­stra­ti­vi ad un sog­get­to che è chia­ma­to con ade­gua­ta pro­fes­sio­na­li­tà, a ge­stir­li.
Nel­l’a­na­li­si eco­no­mi­ca il va­lo­re delle ma­te­rie prime deve es­se­re cal­co­la­to al costo di pro­du­zio­ne e non al prez­zo di mer­ca­to (en­tran­do in un pro­ces­so azien­da­le di­ver­so da quel­lo delle ma­te­rie prime de­sti­na­te alla ven­di­ta)
Segue poi un elen­co di punti di con­trol­lo e de­fi­ni­zio­ni degli im­pe­gni, ne­ces­sa­ri per por­ta­re a ter­mi­ne un pro­dot­to agri­co­lo tra­sfor­ma­to con di­ver­so grado di com­ples­si­tà e pron­to per es­se­re im­mes­so sul mer­ca­to:

  1. pre­di­spo­si­zio­ne, in pro­prio o pres­so terzi, di un lo­ca­le ed im­pian­ti ido­nei ad ospi­ta­re e la­vo­ra­re il pro­dot­to, nel ri­spet­to del re­go­la­men­to (CE) n. 852/2004. È con­si­glia­bi­le ed op­por­tu­no av­va­ler­si di in­for­ma­zio­ni pres­so la ASL di com­pe­ten­za ter­ri­to­ria­le;
  2. il punto pre­ce­den­te im­pli­ca la ve­ri­fi­ca della de­sti­na­zio­ne d’uso del­l’im­mo­bi­le, della con­for­mi­tà della strut­tu­ra in ter­mi­ni di re­qui­si­ti ca­ta­sta­li, agi­bi­li­tà, ap­prov­vi­gio­na­men­to idri­co e smal­ti­men­to delle acque re­flue, della con­for­mi­tà degli im­pian­ti;
  3. pre­di­spo­si­zio­ne di un piano per l’au­to­con­trol­lo dei ri­schi igie­ni­co sa­ni­ta­ri (in pro­prio o va­lu­tan­do quel­lo di terzi);
  4. pre­di­spo­si­zio­ne di una pro­ce­du­ra per la rin­trac­cia­bi­li­tà, con­for­me ai re­qui­si­ti espres­si dal Reg. (CE) n. 178/2002;
  5. pre­sen­ta­zio­ne di “Se­gna­la­zio­ne cer­ti­fi­ca­ta di ini­zio at­ti­vi­tà” pres­so il co­mu­ne di com­pe­ten­za, per le ope­ra­zio­ni nello spe­ci­fi­co ef­fet­tua­te, ai fini del­l’ot­tem­pe­ran­za alle re­go­le igie­ni­co sa­ni­ta­rie. La se­gna­la­zio­ne (SCIA) va pre­sen­ta­ta su mo­du­li­sti­ca re­gio­na­le pres­so lo spor­tel­lo at­ti­vi­tà pro­dut­ti­ve del co­mu­ne (SUAP). La SCIA va cor­re­da­ta con do­cu­men­ti e re­la­zio­ni, di so­li­to:
    1. una re­la­zio­ne spe­ci­fi­ca delle ca­rat­te­ri­sti­che degli im­pian­ti, del pro­ces­so di pro­du­zio­ne, dei pro­dot­ti fi­na­li,
    2. una di­chia­ra­zio­ne che la strut­tu­ra pos­sie­de i re­qui­si­ti mi­ni­mi pre­vi­sti dalla norma in fun­zio­ne del­l’at­ti­vi­tà svol­ta, con par­ti­co­la­re ri­fe­ri­men­to allo smal­ti­men­to dei re­flui ed al­l’ap­prov­vi­gio­na­men­to idri­co,
  6. co­mu­ni­ca­zio­ne di ini­zio at­ti­vi­tà al co­mu­ne ai fini della ven­di­ta di­ret­ta dei pro­dot­ti (se eser­ci­ta­ta in lo­ca­le chiu­so);
  7. pre­di­spo­si­zio­ne di una eti­chet­ta da ap­por­re sul pro­dot­to ali­men­ta­re, che tenga conto del­l’or­ga­niz­za­zio­ne del pro­ces­so, in ter­mi­ni di ma­te­rie e siti di pro­du­zio­ne.

Esem­pio di ap­proc­cio con ana­li­si SWOT
L’a­na­li­si SWOT è una tec­ni­ca fi­na­liz­za­ta al sup­por­to alla de­fi­ni­zio­ne di stra­te­gie azien­da­li. Oggi viene uti­liz­za­ta cor­ren­te­men­te nel­l’a­na­li­si e nella va­lu­ta­zio­ne delle at­ti­vi­tà e degli in­ter­ven­ti e delle al­ter­na­ti­ve per rea­liz­zar­li (vedi fi­gu­ra).
Que­sto me­to­do per­met­te ai par­te­ci­pan­ti di rea­liz­za­re una ri­fles­sio­ne sui punti forti (streng­ths), sui punti de­bo­li (wea­k­nes­ses), sulle op­por­tu­ni­tà (op­por­tu­ni­ties) e sui pe­ri­co­li/ri­schi (th­rea­ts), re­la­ti­vi a un in­ter­ven­to/at­ti­vi­tà.
Il me­to­do è sem­pli­ce, ma nella rac­col­ta delle ri­fles­sio­ni bi­so­gna pre­sta­re at­ten­zio­ne al fatto che i punti forti e de­bo­li si ri­fe­ri­sco­no alle at­ti­vi­tà del­l’a­zien­da, men­tre pe­ri­co­li e op­por­tu­ni­tà at­ten­go­no al con­te­sto al­l’in­ter­no del quale que­sta si trova. In tal senso è utile con­si­de­ra­re che:

  • I punti forti e i punti de­bo­li sono le­ga­ti alle at­ti­vi­tà azien­da­li, quin­di fa­cil­men­te mo­di­fi­ca­bi­li
  • Per le op­por­tu­ni­tà e i pe­ri­co­li bi­so­gna agire al­l’e­ster­no, sul con­te­sto, con i grup­pi di in­te­res­se, at­tra­ver­so la lea­der­ship o i de­ci­so­ri quin­di, meno fa­cil­men­te mo­di­fi­ca­bi­li

Punti forti e deboli dell'analisi

Da un punto di vista pra­ti­co è stato rias­sun­to nella se­guen­te ta­bel­la in forma di lista pun­ta­ta i 4 aspet­ti del­l’at­ti­vi­tà, ri­cor­dan­do alla fine della ri­fles­sio­ne di rias­su­me­re le rac­co­man­da­zio­ni sul tema o aspet­to va­lu­ta­to.
L’a­rea og­get­to di ana­li­si, tra­mi­te SWOT, è la se­guen­te:

  • Con­di­vi­sio­ne e adat­ta­bi­li­tà dei pro­dot­ti e dei ser­vi­zi alle esi­gen­ze del mer­ca­to.

Va­lu­ta­zio­ne

  • È pos­si­bi­le con­di­vi­de­re e per­so­na­liz­za­re i pro­dot­ti e i ser­vi­zi adat­tan­do­li al mer­ca­to?

Ipo­te­si: La­vo­ra­zio­ne di pro­dot­to pres­so terzi (es. Tra­sfor­ma­zio­ne olive in olio)

Esempio di lavorazione conto terzi

Per con­clu­de­re
At­tra­ver­so il pro­ces­so de­scrit­to può avere svi­lup­po una fi­lie­ra corta (con le op­por­tu­ni­tà del­l’per­cor­so “ad anel­lo”, cir­co­la­re e corta de­fi­ni­to in altri ar­ti­co­li), nella quale le ma­te­rie prime sono rea­liz­za­te dal­l’a­zien­da, tra­sfor­ma­te e con­fe­zio­na­te da im­pre­se ester­ne, pre­fe­ri­bil­men­te lo­ca­liz­za­te nel ter­ri­to­rio ru­ra­le lo­ca­le, e com­mer­cia­liz­za­te dal­l’a­zien­da stes­sa in ma­nie­ra pre­va­len­te at­tra­ver­so forme di ven­di­ta di­ret­ta.
L’i­dea è ba­sa­ta sul su­pe­ra­men­to del­l’e­goi­smo pro­dut­ti­vo a van­tag­gio della qua­li­tà del pro­dot­to fi­ni­to e di una ri­par­ti­zio­ne equa del va­lo­re ag­giun­to fra le (due) im­pre­se della fi­lie­ra. Il prin­ci­pio della fi­lie­ra corta è pra­ti­ca­bi­le in qual­sia­si con­te­sto ter­ri­to­ria­le nel quale si rea­liz­za­no ec­cel­len­ze agri­co­le (non più ma­te­rie prime) che di­ven­go­no, gra­zie al­l’o­pe­ra di ar­ti­gia­ni abili e com­pe­ten­ti, delle ec­cel­len­ze ali­men­ta­ri.
Af­fin­ché que­sta nuova lo­gi­ca di fi­lie­ra sia pra­ti­ca­bi­le e so­ste­ni­bi­le è in­di­spen­sa­bi­le che l’im­pre­sa de­fi­ni­sca una stra­te­gia di mar­ke­ting atta a va­lo­riz­za­re i suoi pro­dot­ti. In par­ti­co­la­re, nel­l’in­di­vi­dua­re le forme di co­mu­ni­ca­zio­ne, l’im­pre­sa deve porsi come al­ter­na­ti­va alle lo­gi­che adot­ta­te dalla gran­de di­stri­bu­zio­ne, in quan­to al­ter­na­ti­vi sono i mes­sag­gi e i va­lo­ri che in­ten­de tra­smet­te­re. In que­sto pro­ces­so co­mu­ni­ca­ti­vo deve es­se­re pri­vi­le­gia­to un ap­proc­cio bi­di­re­zio­na­le nel quale il con­su­ma­to­re di­ven­ta in­ter­lo­cu­to­re delle pro­po­ste pro­dut­ti­ve e com­par­te­ci­pan­te nella de­fi­ni­zio­ne stes­sa del con­cet­to di qua­li­tà.
Non è da sot­to­va­lu­ta­re come dal­l’in­con­tro del si­ste­ma ru­ra­le con quel­lo ar­ti­gia­na­le, pub­bli­ci­ta­rio, com­mer­cia­le e del con­su­mo può na­sce­re un mo­men­to crea­ti­vo av­vin­cen­te per il con­tri­bu­to di ogni set­to­re in ter­mi­ni di mi­glio­ra­men­to del ri­sul­ta­to fi­na­le.

Una delle pos­si­bi­li chia­vi di ri­na­sci­ta del­l’a­gri­col­tu­ra è da ri­cer­ca­re nella va­lo­riz­za­zio­ne cul­tu­ra­le del pro­dot­to, quale bene tan­gi­bi­le che vei­co­la si­gni­fi­ca­ti im­ma­te­ria­li le­ga­ti ai luo­ghi, alle tra­di­zio­ni, e ai sa­pe­ri e va­lo­ri degli uo­mi­ni. La sin­go­la im­pre­sa ha il com­pi­to di va­lo­riz­za­zio­ne il fa­sci­no evo­ca­ti­vo del ter­ri­to­rio e del­l’am­bien­te, ve­tri­na ed eti­chet­ta dei pro­pri pro­dot­ti.
At­tra­ver­so i sim­bo­li della ci­vil­tà ru­ra­le, i va­lo­ri azien­da­li pos­so­no es­se­re tra­smes­si a per­so­ne sen­si­bi­li verso pro­dot­ti fon­da­ti sulla tra­di­zio­ne, coe­ren­ti con il con­te­sto cul­tu­ra­le, ar­ric­chi­ti da un mes­sag­gio forte sulla cura posta nella loro rea­liz­za­zio­ne.
È op­por­tu­no quin­di va­lo­riz­za­re que­sto mo­men­to di in­con­tro con la cul­tu­ra del­l’a­li­men­to “col­ti­va­to” ed ela­bo­ra­to sul ter­ri­to­rio nel ri­spet­to della tra­di­zio­ne. So­prat­tut­to al mo­men­to at­tua­le, il rap­por­to tra cibo e iden­ti­tà di­vie­ne sem­pre più pro­ble­ma­ti­co per la di­stan­za sia spa­zia­le quan­to tem­po­ra­le che se­pa­ra il con­su­ma­to­re dal pro­dot­to. L’a­zien­da agri­co­la può sfrut­ta­re a pro­prio van­tag­gio l’e­si­gen­za del con­su­ma­to­re di ac­cor­cia­re que­sta di­stan­za ed av­vi­ci­nar­si alla co­no­scen­za dei me­to­di di pro­du­zio­ne con una con­se­guen­te ri­let­tu­ra cul­tu­ra­le del­l’a­li­men­to.
L’in­te­ra­zio­ne emo­zio­na­le tra pro­dot­to ed azien­da va esal­ta­ta in ogni sua pro­spet­ti­va. Il rap­por­to tra il sog­get­to e l’og­get­to del si­ste­ma pro­dut­ti­vo deve es­se­re va­lo­riz­za­to per quan­to con­cer­ne sia la con­sa­pe­vo­lez­za del primo nella rea­liz­za­zio­ne che la con­se­guen­te in­ti­mi­tà tra i due. È un si­ste­ma vin­cen­te se rie­sce a crea­re e poi con­se­gna­re al mer­ca­to un pro­dot­to av­vol­to da una mol­ti­tu­di­ne di “sfac­cet­ta­tu­re emo­ti­ve”, per­ce­pi­bi­li da chi le ri­ce­ve con mo­da­li­tà e in­ten­si­tà di­ver­se, ma co­mun­que ori­gi­na­li.
I pro­dot­ti che de­ri­va­no da tale im­po­sta­zio­ne de­vo­no es­se­re fon­da­ti sulla tra­di­zio­ne, negli in­gre­dien­ti e nelle mo­da­li­tà ope­ra­ti­ve. Coe­ren­ti con il con­te­sto cul­tu­ra­le, rea­liz­za­ti in con­for­mi­tà alle re­go­le det­ta­te dalla nor­ma­ti­va, ar­ric­chi­ti da un chia­ro e de­ci­so mes­sag­gio al con­su­ma­to­re circa la ge­nui­ni­tà e la cura nella rea­liz­za­zio­ne.
È il mo­men­to di un’im­pre­sa agro-ali­men­ta­re in cui la fase agri­co­la, della tra­sfor­ma­zio­ne, della com­mer­cia­liz­za­zio­ne e della co­mu­ni­ca­zio­ne sono go­ver­na­te da un unico sog­get­to, ed in cui l’o­ri­gi­ne, l’i­den­ti­tà, i va­lo­ri e le evo­ca­zio­ni si af­fer­ma­no come prin­ci­pi e mo­del­li di vita.

Ni­co­lò Pas­se­ri, Dot­to­re Agro­no­mo, li­be­ro pro­fes­sio­ni­sta. Dot­to­re di ri­cer­ca in “Eco­no­mia e Ter­ri­to­rio” pres­so l’U­ni­ver­si­tà degli Studi della Tu­scia. Con­su­len­te per la cer­ti­fi­ca­zio­ne pro­dot­ti bio­lo­g­i­ci e ana­li­si tec­ni­co eco­no­mi­che dei pro­ces­si pro­dut­ti­vi. Col­la­bo­ra con l’U­ni­ver­si­tà degli Studi della Tu­scia a pro­get­ti di ri­cer­ca su studi re­la­ti­vi alla va­lu­ta­zio­ne della so­ste­ni­bi­li­tà am­bien­ta­le dei pro­ces­si pro­dut­ti­vi agri­co­li.

Do­na­to Fer­ruc­ci (To­ri­no 1964), Do­cen­te si­ste­mi qua­li­tà e cer­ti­fi­ca­zio­ne dei pro­dot­ti ali­men­ta­ri ITS Agroa­li­men­ta­re Roma/Vi­ter­bo. Agro­no­mo, pub­bli­ci­sta, e Ma­ster in Di­rit­to Ali­men­ta­re. Re­spon­sa­bi­le Bioa­gr­i­cert srl per l’a­rea Lazio/Abruz­zo/Um­bria/Mar­che. Per info: Goo­gle “Do­na­to Fer­ruc­ci Agro­no­mo”.

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