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di Federico Vinattieri

Renee dwyer cane
Renee dwyer, femmina di proprietà di Alessio Albanese – foto © S.R.Dioguardi

Dall’Olanda con furore“… potremmo iniziare così questo testo dedicato ad una razza particolare, emergente, ma ancora priva di quella notorietà che meriterebbe… quella fama riservata, per ora, solo ad altre razze affini.

Sto parlando del Cane da Pastore Olandese (*FCI Standard n.223), quel chimerico cane striato che da pochi anni ha fatto la sua comparsa nei ring italiani.

Come sempre succede quando ci si trova di fronte all’ignoto, è inevitabile la detonazione di aneddoti folcloristici e di luoghi comuni, che vengono divulgati per passaparola e poi dati per certi.

E fu così che questo cane è diventato per i più, il “Malinois zebrato”, “la pittoresca copia del Belga”, “il Pastore Iena”… e chi più ne ha più ne metta.

Vediamo quindi di far chiarezza, soprattutto sulla storia della razza e sulla sua inconfondibile estetica.

Disc dog cane
Disc dog, con Samuele Bertagna – foto © Simone Pileci

Si sa, nei Paesi Bassi son sempre stati bravi ad allevare… Da sempre gli olandesi si son distinti per qualità dei loro esemplari, non solo in cinofilia, ma anche in svariate altre branche del settore zootecnico: l’Olanda annovera tra i migliori allevatori di canarini, di uccelli esotici, di polli ornamentali, di colombi, di cavalli, di conigli, ecc…

Questo da cosa è dovuto? Forse da una predisposizione radicata nella tradizione di questo popolo, forse da particolari condizioni climatiche che hanno richiamato selezioni ancor più drastiche, oppure da esperienze tramandate di generazione in generazione, ereditate ed assimilate dai “nuovi” selezionatori, che hanno saputo far tesoro di tali cognizioni ed abilità.

Fatto sta che tutt’oggi l’Olanda ha un posto d’onore nel palcoscenico del grande settore zootecnico. In molti rami che interessano gli animali d’allevamento, all’allevatore olandese è abbinato oramai un proverbiale stereotipo di “abile selezionatore”.

Le razze canine olandesi sono un bell’esempio della loro destrezza nel riuscire a fissare singolari caratteri, che differenziano incomparabili forme, colori ed aspetti caratteriali.

Sono 9 le razze canine originarie dei Paesi Bassi, molto diverse tra loro per tipologia, morfologia, taglia, pelo, funzionalità/attitudini. Un repertorio ridotto quindi, ma direi completo.

Lo Schapendoes, il cui compito era quello di radunare il gregge durante lo spostamento; lo Stabyhoun, un cane da caccia di utilità generale, con eccellenti capacità di catturare talpe; il Kooikerhondje, cane che oggi è oramai da compagnia, ma che veniva molto usato per la caccia all’anatra; L’Epagneul Olandese di Drent, è un cane da ferma che lavora a una velocità relativamente bassa, in prossimità del suo proprietario; lo Smoushond olandese, un cane da compagnia, di casa, ma che veniva anche usato per stare in stalla con i cavalli; Il Cane Lupo di Saarloos, razza che non ha mai avuto una vera attitudine, a parte sporadiche funzioni di cane guida per ciechi, che adesso è un vero e proprio cane da compagnia; il Markiesje, piccolo cane da compagnia olandese, dalle nobili origini; il Wetterhoun, cane una volta utilizzato per la caccia alla lontra, adesso addestrato come cane da caccia da lavoro ed utilizzato come un retriever… ed infine, “last but not least”, L’Hollandse herdershond, come viene chiamato in lingua originale… Dutch shepherd dog, suo nome internazionale… Cane da Pastore Olandese, come lo chiamiamo noi.

Partiamo dallo sfatare subito la diceria che si tratta di una “nuova razza”, ossia di una razza di recentissima creazione; i dati di cui disponiamo ci dicono l’opposto.

La razza è stata riconosciuta ufficialmente a livello internazionale, quindi da parte della Fédération Cynologique Internationale (*F.C.I.), il giorno 11 maggio 1955.

Cucciolo di Cane da Pastore Olandese
Cucciolo di C. da Pastore Olandese – foto © Elisa Zaniboni

Se prendiamo questo dato, e lo paragoniamo alla data di registrazione di altre razze, ci accorgeremo subito che non è poi così giovane questa razza.

Noi in Italia abbiamo due razze da pastore, classificate quindi nel medesimo gruppo d’appartenenza del Pastore Olandese, ossia il Cane da Pastore Maremmano-Abruzzese (*FCI Standard n.201), ed il Cane da Pastore Bergamasco (*FCI Standard n.194). Entrambe queste due razze, vanto della nostra cinofilia, sono state riconosciute nel 1956, ossia un anno dopo il Pastore Olandese. Uno dei più noti Pastori francesi, il Pastore della Beuce (*FCI Standard n.44) è  stato riconosciuto nel 1963, ben 8 anni dopo il Pastore Olandese. Perfino il Pastore Tedesco (*FCI Standard n.166) è stato riconosciuto a livello FCI nel ’55, stesso anno del P.Olandese. Il Bearded Collie (*FCI Standard n.271), per fornire un altro esempio, ha avuto il riconoscimento definitivo nel 1967, ben 12 anni dopo l’Olandese.
Se ciò non vi basta, possiamo affermare che lo stesso Cane da Pastore Belga (*FCI Standard n.15), nelle sue quattro varietà, è stato riconosciuto definitivamente nel 1956, anch’esso con un anno di ritardo rispetto al Dutch shepherd dog.
Significativi dunque questi dati, che vanno subito a chiarire che si tratta di una razza il cui iter selettivo iniziò ben prima dei due grandi conflitti mondiali.

Nei Paesi Bassi vi è sempre stato uno stretto legame con la terra e con la pastorizia, e di conseguenza vi è sempre stata l’esigenza di avere dei validi ausiliari per le più svariate funzioni legate ad essa. Il cane da pastore è nel DNA del lavoratore olandese, che da sempre lo affianca nella gestione delle greggi, nei vari spostamenti, nella loro protezione, nel tenere gli ovini al di fuori dei campi coltivati.

Il cane dunque, in quelle zone, è da sempre usato come cane da pastore o sorvegliante di avicoli, ma anche per altre attitudini, come bovaro ad esempio, quindi per radunare le vacche, o come cane da guardia, ed anche per il traino dei carretti del latte. Vi era dunque l’estrema necessità di selezionare un cane versatile, che potesse in qualche modo, ricoprire le più svariate funzioni. Iniziò la concreta selezione del Cane da Pastore Olandese.

Al principio, come sempre accade, fu ricercata la funzionalità più che l’omogeneità di tipo, pertanto arrivò presto il desiderio di uniformare tale selezione, con dei parametri che potessero fissare anche tratti estetici, oltre a quelli che predisponeva questi cani al lavoro.

Alcuni normali cittadini si riunirono nel 1898 e fondarono il “Dutch Shepherd Dog Club” (*Nederlandse Herdershonden Club), il secondo più antico club dei Paesi Bassi, con l’obiettivo di preservare questa razza come parte del loro patrimonio culturale nazionale.

Ed ecco che il giorno 12 giugno 1898, venne pubblicato un primo standard (*Per dare un termine di paragone a noi cinofili italiani: in Italia in quegli anni eravamo a gli albori della cinofilia, basti pensare che la nostra Ente Nazionale della Cinofilia Italiana fu fondata nel 1882, il primo soggetto iscritto è un bracco Italiano di nome “Falco” nato nel 1875, e nel 1897, ossia l’anno precedente alla pubblicazione del primo standard del Pastore Olandese, in Italia venne ratificato il primo statuto dell’E.N.C.I.).

Con l’avvento del nuovo secolo, e con il repentino avanzare dell’industria, in Olanda si arrivò a varcare l’inizio del XX° secolo con una notevole diminuzione della pastorizia, e la cultura arabile dell’olandese medio, si affievolì moltissimo.

Arrivò presto la questione di come poter utilizzare questo tipo di cane il cui standard era stato stabilito da pochi anni.

I cani dalla loro si mostravano duttili, si adeguavano con facilità e destrezza a qualunque tipo di lavoro, pertanto le idee su come poterli impiegare non tardarono a giungere. Cani poliziotto, cane da cerca e seguito, cane guida per i ciechi, queste le mansioni più quotate per l’epoca. La cosa che più li contraddistinse però fu il fatto che mai e poi mai venne meno la loro proverbile dimestichezza con le greggi, dote che mantennero inalterata.

Vi è una frase scritta di un appassionato cinofilo olandese, risalente al 1910, nella quale si afferma, cito testualmente: “met een grote gelijkenis met de wolf”…. ossia tradotto: “sono cani con una grande somiglianza con il lupo…” (*N.H.C., 2009).
Ovviamente questo era del tutto opinabile, ma è un altro aspetto che mostra che l’olandese aveva ancora mantenuto molte delle caratteristiche dei suoi antenati selvatici, soprattutto in merito alla sua facilità di apprendimento, astuzia e alla capacità di attribuire un conveniente significato pratico o concettuale ai vari momenti dell’esperienza e della contingenza.

L’intelligenza di questi cani non passò di certo inosservata, per cui vennero adocchiati da coloro che si cimentavano in una disciplina che, per quei tempi, nei Paesi Bassi era una novità e stava divenendo sempre più popolare, ossia l’addestramento.

Nel frattempo nel 1914, data che conciderà con lo scoppio della prima grande guerra, fu deciso che questi cani, che annoveravano le più svariate colorazioni, in quanto lo standard non prevedeva nessun obbligo sul mantello, dovessero distinguersi una volta per tutte da razza che, allora, si mostravano similari, come il già popolare Pastore Tedesco, e soprattutto il vicino Pastore Belga. Allora si arrivò alla drastica decisione di ammettere alla selezione futura solo i soggetti con un mantello unico, inconfondibile, che avrebbe caratterizzato la razza nel presente e nell’avvenire e che mai più avrebbe potuto far cadere in errore: il mantello “tigrato“. Oltre al colore, per quanto riguarda la sua morfologia, la razza è rimasta quasi invariata per più di un secolo.

Arrivarono gli anni della seconda guerra mondiale, e la già precaria presenza del Cane da Pastore Olandese, notevolmente ridotta dall’avvento delle moderne tecniche di allevamento che non tenevano più conto della necessità di questa razza, subì una ulteriore drastica decrescita, che portò la razza quasi all’estinzione nel decennio tra il 1935 ed il 1945.

Vi sono testimonianze importanti su questo periodo. Per meglio comprendere la grande poliedricità dei Pastori Olandesi, desidero citare il caso emblematico di Casper Werson, noto giudice colombofilo olandese naturalizzato italiano, adesso molto anziano, il quale mi raccontò della sua personale esperienza con questi cani. Werson viveva a Wageningen-Hoog, un comune nella città di Wageningen, nei Paesi Bassi centrali, nella provincia di Gheldria; all’età di 4 anni, quindi nel 1941, in piena guerra, cadde in acqua e richiò di morire, ma fu tratto in salvo dal suo esemplare di Pastore Olandese, al quale era molto affezionato, che prontamente si gettò in suo soccorso e gli salvò la vita. Durante i bombardamenti, Werson da bambino, era solito stare sempre a contatto con il suo cane, il quale lo sorvegliava morbosamente, quando la madre si allontanava.

La guerra pose fine ad una miriade di razze in Europa, solo dopo decenni recuperate in estremis da piccole comunità di allevatori che non si son dati per vinti e ostinatamente ripristinarono razze quasi perdute (*vedi esempio significativo del nostro Mastino Napoletano, recuperato nel dopoguerra da Soldati, Scanziani ed altri gentiluomini napoletani). Le razze olandesi, ancor più di altre, subirono i postumi della guerra; migliaia di soggetti morti di fame o precettati e poi condotti dai tedeschi sul fronte o nei campi, come cani militari. Il risultato di tutto questo fu la totale perdita della stragrande maggioranza delle linee di sangue esistenti fino al 1938.

Passata finalmente la guerra, la vita ripartì ed alcuni allevatori si accorsero che vi erano dei superstiti di questa razza, soggetti sui quali si poteva ancora lavorare, con la speranza di un possibile ripristino di quel che era stato.

La variabilità genetica era ai minimi termini. Gioco forza, ci fu bisogno di inserire “nuovo sangue” per riattivare una possibile selezione. Entrò in gioco il Cane da Pastore Belga Malinois, che venne inserito e più volte impiegato per ristabilire una base selettiva con cui programmare le future combinazioni; ma questi incroci non perdurarono, poiché gli acquirenti di quei cuccioli non avevano gli stessi obiettivi del Dutch Breed Club, che intervenì e fece interrompere l’inserimento del Malinois ed anche l’inserimento di altri cani di origine tutt’oggi sconosciuta.

Renee dwyer cane femmina
Renee dwyer, femmina di proprietà di Alessio Albanese – foto © F.Vinattieri

Nel 1955 il Cane da Pastore Olandese venne dichiarata “razza” a livello internazionale, riconosciuta ufficialmente dalla F.C.I., ed inclusa nel primo gruppo (*cani da pastori e bovari).

Un anno da tenere in considerazione è il 1959, anno nel quale furono impiegati Pastori Belga Laekenois, per espandere la varietà “a pelo ruvido“, il tutto con speciale permesso del club di razza.

Ci sono voluti anni per far sì che la razza raggiungesse quella omogenità soddisfacente e soprattutto per arrivare ad un grado di popolarità accettabile.

Nel 1998 è stato pubblicato il libro del centenario del club “Allemaal Hollanders” (*Dutchies All), con informazioni sulla storia, il carattere e la selezione dei Pastori Olandesi, un testo completo dal quale si evince molto bene l’orgoglio dell’Olanda nei confronti di questa razza.

Oggi il “Dutch Breed Club” (*affiliato alla Raad van Beheer op Kynologisch Gebied in Nederland) incoraggia tutti i proprietari che soddisfano gli standard minimi di conformazione ad allevarli e vengono stabilite delle linee guida, in modo da aumentare il loro numero e diversificare il pool genetico, preservando la salute della razza.

Lo standard è stato più volte revisionato. L’ultimo tradotto in italiano è la versione risalente al 28 luglio 2009, ed entrato in vigore il 21 ottobre dello stesso anno. Lo standard poi è stato recentemente ripubblicato dalla F.C.I. il 21 dicembre 2019.

Nonostante il suo passato tubolento ed incerto, lo status quo della razza oggi è rassicurante; sicuramente questo cane è in evidente espansione, sempre più ricercato ed apprezzato, soprattutto per sport cinofili, per prove di lavoro, addestramento, ma anche per esposizioni di bellezza, è stato importato nella maggior parte dei Paesi europei, compresa l’Italia, dove la sue selezione ha raggiunto ottimi livelli, benché i centri di selezioni si contino ancora sulle dita di una mano.

Il primo soggetto ad essere stato importato in Italia fu una femmina fulvo tigrata a pelo corto, di nome “Eclipse-E’Aubade Des Fonds De Gueule“, nata in Francia il 18 gennaio 2009 (*LOF1B.HOL.2338 – LOI122933), allevata dal Sig. Jimmy Cazalas, poi ceduta alla Sig.ra Paola Bellei (*attuale proprietario Gina Ferrari).

La prima cucciolata su suolo italiano è stata registrata nel mese di maggio del 2011.

In Italia è ancora considerata razza “rara”, e pertanto è stata inclusa giustamente nell’elenco delle “razze poco rappresentate“, insieme anche ad altre di origine olandese, come il Saarloos wolfhond ad esempio (*che più o meno conta gli stessi numeri di nascite annue).
Basti considerare i numeri degli ultimi anni per capire che il C.P.O. in Italia è ancora una piccolissima realtà; siamo sull’ordine delle 50-60 nascite/registrazioni annuali in Italia (*17 nel 2011; 11 nel 2021; 21 nel 2013; 26 nel 2014; 35 nel 2015; 30 nel 2016; 39 nel 2017; 62 nel 2018; 63 nel 2019), praticamente niente, a paragone di razze come il Pastore Belga, che è sull’ordine delle 1000 nascite annue (*1046 nel 2019), o del re indiscusso delle razze canine, il Pastore Tedesco, che in Italia raggiunge e supera ampiamente le 10.000 nascite annuali (*11070 nel 2019).

Nessuna delle razze olandesi raggiunge numeri elevati nel nostro Paese, considerate “razze di nicchia”, forse oscurate da altre più conosciute e più pubblicizzate. Ad ogni modo il Cane da Pastore Olandese attrae sempre più appassionati e questo crescente interesse ha dato l’input alla richiesta di affiliazione all’E.N.C.I. da parte della Società Italiana Cane da Pastore Olandese (S.I.P.O.), approvata ufficialmente in data 12 gennaio 2022, e divenuta dunque l’unica Associazione Specializzata ufficiale di questa razza in Italia.

Dopo questa sorta di stringato racconto della storia, dalla fine del XIX° secolo fino al presente, abbiamo chiarito quale sia stata la condizione che ha portato l’inserimento di altre razze nella selezione del Dutch shepherd dog. Non è stata pertanto una volontà o l’irrefrenabile frenesia di sperimentare il “cosa può venir fuori”, ma fu quasi una scelta obbligata per il recupero di questa tipologia di cane, recupero che poi fortunatamente ha avuto successo. Ovviamente mi riferisco a scelte storiche, non alla selezione di oggi, in cui, a quanto pare, vi sono ancora ahimè sporadiche immissioni di altre razze in alcune linee di sangue (*gli addetti ai lavori sapranno! Lascio a loro la parola su tale argomento…).

Per la sua storia, per i suoi tratti anatomici, per la sua colorazione, nessuno può affermare che la razza non abbia la sua unicità.

Diversi anni fa, Giuliano Passignani, noto giudice di ornitologia e personaggio di spicco in quel settore, mi disse questa frase che ha senza dubbio valenza anche in ambito cinofilo: – “Una razza, quando è veramente degna di definirsi tale, la si può riconoscere anche a cento metri di distanza!”.
Per il Cane da Pastore Olandese questo è tangibile.

Però, in virtù del fatto che sempre più dilagano le voci che vogliono far passare l’Olandese come “fotocopia tigrata” del Belga, vale la pena soffermarsi a verificarne analogie e differenze.
Prendendo in esame i due standard e mettendoli a confronto, saltano subito all’occhio alcune differenze sostanziali.
(*userò talvolta le abbreviazioni C.P.O. per Cane da Pastore Olandese e C.P.B. per Cane da Pastore Belga).

A primo acchito, le due razze, possono apparire similari, essendo entrambe mesomorfe/mediolinee e mesocefale, di taglia media e di medio peso. Non appena si entra nel merito delle proporzioni anatomiche, cade subito l’occhio sulle prime divergenze tra le due razze: Il Pastore Olandese presenta una lunghezza del tronco che supera, anche se di poco, l’altezza al garrese… al contrario, il Pastore Belga ha un tronco quadrato, quindi la misura dell’altezza equivale alla misura che si determina dalla punta della spalla alla punta della natica. Nell’Olandese lunghezza del cranio e del muso sono uguali, nel Belga può essere uguale o talvolta questa proporzione è a vantaggio del muso.
Taglia: mentre nel C.P.O. vi sono precisi parametri sulla taglia, ossia da 57 a 62 cm al garrese per il maschio, da 55 a 60 cm al garrese per la femmina… nel C.P.B. è riportata nello standard solo una misura ideale desiderabile, ossia 62 cm per il maschio, 58 cm per la femmina, con una tolleranza di 2 cm in meno o 4 cm in più.
Peso: nel C.P.B. sono riportati precisi parametri di peso, voce dello standard che nel C.P.O. non è neanche menzionata.
Misure medie anatomiche: Nello standard del C.P.B. vi sono poi tutta una serie di misurazioni medie ideali (lunghezza corpo, lunghezza testa, lunghezza muso) che nello standard del C.P.O. non sono citate.
La testa: nel C.P.O. deve avere la forma “di cuneo”, vista sia da sopra che di profilo, con cranio piatto e stop leggermente marcato, muso con canna nasale diritta e parallela alla
linea superiore della regione craniale; nel C.P.B. è rettilinea e ben cesellata, con fronte abbastanza appiattita e stop moderato, muso che si assottiglia gradualmente verso il tartufo, a forma di cono allungato.
Orecchi: nel C.P.O. sono di media misura; nel C.P.B. sono piccoli ed inseriti alti e nettamente triangolari.
Petto: nel C.P.O. abbastanza ben sviluppato; nel C.P.B. di media larghezza.
Coda: nel C.P.O. arriva al garretto; nel C.P.B. preferibilmente deve sorpassare il garretto.
Gomiti: nel C.P.O. sono ben aderenti; nel C.P.B. non troppo aderenti.
Andatura: data la sua costruzione tendente più al rettangolo che al quadrato, il C.P.O. è un classico trottatore; il C.P.B. è un buon galoppatore, anche se le sue andature abituali sono passo e troppo.
Mantello: qui le differenze sono notevoli, sulle quali è doveroso soffermarsi. Nel C.P.O. si contano tre differenti varietà di pelo (corto, lungo, ruvido). Il “corto” è la varietà assai più diffusa, quella “classica” oserei dire, tant’è che in Italia, su 304 soggetti registrati nel Libro Genealogico (*L.O.I.) dal 2011 al 2019, solo 1 soggetto risulta a pelo lungo (*registrato nel 2016), e solo 1 soggetto risulta a pelo ruvido (*registrato nel 2019). Nel 2020/2021 qualche altro esemplare di queste due varietà più infrequenti, ha fatto il suo ingresso nel nostro Paese.

Descrivendoli rapidamente notiamo che: il pelo corto presenta su tutto il corpo il pelo è piuttosto duro, strettamente aderente, non troppo corto, con un sottopelo lanoso; collare, “culotte” e frange alla coda sono chiaramente evidenti. Il pelo lungo presenta su tutto il corpo pelo allungato, diritto e ben aderente, ruvido al tatto, senza riccioli o onde, e con un sottopelo lanoso; ben definiti collare e “culotte”; coda abbondantemente ricoperta di pelo; testa, orecchi, piedi e anche gli arti posteriori al di sotto del garretto sono ricoperti di pelo corto e fitto; la zona posteriore degli anteriori mostra pelo fortemente sviluppato, che diventa più corto verso i piedi (frange); niente frange agli orecchi. La varietà a pelo ruvido presenta un fitto, ruvido pelo scompigliato con lanoso e denso sottopelo su tutto il corpo, tranne la testa; il pelo dovrebbe essere fitto; il labbro superiore e quello inferiore dovrebbero essere ben guarniti di pelo, formando baffi e barba e due ben definite, ruvide sopracciglia ispide sono ben evidenti ma non esagerate; il pelo delle frange non è morbido; il pelo sul cranio e sulle guance è meno fortemente sviluppato; di profilo sembra che la testa abbia un aspetto più quadrato; si desiderano “culotte” molto sviluppate; la coda è ricoperta di pelo tutt’attorno; la tigratura può essere meno pronunciata a causa del mantello scompigliato; il pelo ruvido dovrebbe essere strippato a mano in media due volte all’anno.
Per quanto riguarda il colore, nel Pastore Olandese non c’è che il Tigrato. Il colore di base è dorato o argento; il dorato può variare dal color sabbia chiaro al rosso castano; la tigratura è presente chiaramente su tutto il corpo, nel collare, ”culotte” e coda; troppo nero è indesiderabile; è preferibile una maschera nera; se vi è la presenza di pesanti chiazze bianche su petto o piedi, queste non sono desiderabili.
Nel Pastore Belga vi sono ben quattro differenti varietà (Groenendael, Tervueren, Malinois e Laekenois), considerate non come differenti razze (*ma quasi!), le quali sono giudicate separatamente (*singolare questa scelta di non scindere in razze diverse le 4 varianti, come invece è avvenuto con svariate altre razze come il nostro Segugio italiano, per fare un esempio a noi familiare, diviso in due razze, con differenti tipologia di pelo). In tutte e quattro le varietà il pelo deve essere sempre denso, fitto e di buona tessitura, formando con il sottopelo lanoso una eccellente copertura protettrice. Anche per il colore vi sono elencati nello standard del C.P.B. esatti abbinamenti a seconda delle varietà del pelo. Ometto di proposito la descrizione di ogni singola varietà di Pastore Belga, poiché non attinente al tema di questo testo, basti però tenere a mente che è assolutamente impossibile confondere il mantello del Cane da Pastore olandese, nelle sue tre varietà, con un qualunque esemplare di Pastore Belga, qualunque sia la tipologia di pelo.
Degno di nota è anche l’elenco dei difetti eliminatori, ossia i famigerati “difetti da squalifica”: nello standard del C.P.O. sono sostanzialmente quattro, ossia la mancanza di tipicità, evidenti problematiche caratteriali (aggressività o esagerata timidezza), anomalie fisiche, ed ovviamente il monorchidismo/criptorchidimo (*questi ultimi come in tutte le razze canine). Nel C.P.B. vi è un lunghissimo elenco di possibili difetti, ma quelli eliminatori sono dieci, e riguardano le anomalie caratteriali, atipicità, difetti di dentatura, depigmentazione, portamento orecchi, portamento coda, mantello, colorazione, difetti di taglia e anomalie dell’apparato genitale.
C’è da tener presente che mentre nel C.P.B. gli accoppiamenti tra varietà sono proibiti, tranne in casi eccezionali (*Parigi, 1974); nel C.P.O. in alcuni casi sono possibili, infatti esistono già da tempo alcuni test genetici per individuare i soggetti portatori dei geni recessivi di varietà di pelo diversa, per poter ottimizzare le selezioni, programmando le giuste combinazioni.

Oggi, il Cane da Pastore Olandese è una razza impiegata nei più svariati settori: disc dog, agility, obedience, mondioring, IPO, NHAT, dog endurance, canicross, bikejoring, scooterjoring, esposizioni di bellezza.

Dunque, è palese che la razza abbia mantenuto, oltre al fenotipo, anche quella flessibilità comportamentale e pratica, che sempre l’ha contraddistinta… speciali capacità di predisposizione mentale ed acquisizione di nozioni atte al lavoro, che dovranno essere mantenute nel tempo, grazie ad una selezione rigorosa, senza però mai perdere di vista il “tipo”… anche l’Italia si sta impegnando per far sì che questo accada.

Cane da Pastore Olandese varietà colore
Le tre varietà di pelo di Cane da Pastore Olandese (fonte: https://www.licg.nl)

Federico Vinattieri è un appassionato allevatore cinofilo, giudice F.I.A.V., ornitofilo e avicoltore (titolare Allevamento di Fossombrone – www.difossombrone.ithttp://lupi.difossombrone.ithttp://ornitologia.difossombrone.it). Curriculum vitae >>>

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