E’ in atto una crescente sensibilità verso la pesca sostenibile certificata, espressa dal continuo aumento il numero di aziende di produzione e lavorazione di prodotti ittici che scelgono di offrire prodotti sostenibili per il mare e tracciabili da chi li acquista. Questa sensibilità nasce da diversi segnali manifestati da un settore che vede gli stock ittici sovrasfruttati (secondo i dati dell’ultimo Sofia Report della Fao, il 34,2% degli stock è pescato a livelli biologicamente non sostenibili). E’ questa la situazione che emerge dall’Annual Report di MSC (Marine Stewardship Council), organizzazione non profit internazionale che promuove la salute degli oceani attraverso i suoi standard di sostenibilità ittica. I sistemi qualità legati alla produzione ittica, a valenza ambientale o a denominazione di origine continuano a interessare una quota sempre maggiore di mercato.

Donato Ferrucci, Dottore agronomo libero professionista, riveste attualmente l’incarico di Responsabile di Bioagricert Lazio e di Cultore della materia presso la cattedra di Gestione e Comunicazione d’Impresa” – Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università degli Studi della Tuscia.
Nicolò Passeri, Dottore Agronomo, libero professionista. Dottore di ricerca in “Economia e Territorio” presso l’Università degli Studi della Tuscia. Consulente per la certificazione prodotti biologici e analisi tecnico economiche dei processi produttivi. Collabora con l’Università degli Studi della Tuscia a progetti di ricerca su studi relativi alla valutazione della sostenibilità ambientale dei processi produttivi agricoli.
Francesco Paesanti. Biologo, ha iniziato ad occuparsi di molluschicoltura nel 1980, come libero professionista ed in collaborazione con diverse università. Ricercatore presso l’Istituto Scientifico Naturedulis srl (riconoscimento MIPAAF G.U. 187 del 10 agosto 2019).

Nell’antichità il latte animale non era considerato un alimento idoneo al consumo umano. Ippocrate e Galeno ne consigliavano l’uso solamente a scopo medicinale, sottolineandone i numerosi pericoli per la salute che questi poteva rappresentare. Tali considerazioni, ovviamente, sono frutto di osservazioni climatico-ambientali, poiché il contesto in cui si svilupparono la cultura greca e poi latina è caratterizzato dalla presenza di climi caldi; questi, insieme alla mancanza delle conoscenze che permettessero un’efficace conservazione e controllo igienico-sanitario del latte, contribuirono a numerosi casi di decessi legati al suo consumo. Nelle regioni in cui la temperatura era invece più rigida (e quindi più idonea alla conservazione e al consumo dell’alimento), come nel Nord dell’Europa, le popolazioni che vi abitavano erano invece descritte – talora con indignazione frammista a stupore – come consumatrici abituali di latte.

Nicolò Gallo Curcio (Roma), Laureato in Scienze delle Attività Motorie e Sportive e Magistrale in Scienze della Nutrizione Umana. Libero professionista.

Portinnesti vite

La necessità di migliorare le caratteristiche vegetative della vite e le sue capacità produttive, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, ha fatto sì che nel corso dei decenni venissero introdotti diverse tipologie di portainnesto, in relazione ai diversi fattori biotici e abiotici a cui questa coltura doveva rispondere, in funzione della sempre più ampia espansione della viticoltura verso aree caratterizzate da condizioni pedologiche e climatiche molto difficili.

Il primo traguardo ottenuto dall’uso del portinnesto è stato quello della tolleranza alla fillossera, un insetto introdotto in Europa dal continente Americano verso la fine del 1800, che causa gravi danni all’apparato radicale di Vitis vinifera. Al contrario le specie americane, coevolute con l’afide, mostrano essere tolleranti nei confronti del parassita. A questo inizio è seguito come detto un periodo di intensa attività di breeding che ha portato alla costituzione della grande maggioranza dei portinnesti ancora oggi utilizzati.

Lavoro svolto da Alessandro Contini in collaborazione con Dipartimento di Scienze Agrarie ed Ambientali (DISAA) dell’Università degli Studi di Milano.