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di Franco Paolinelli

domanda ruralità paolinelli

In Italia. il “sistema gravitazionale” delle comunità sul territorio sta cambiando. Piccoli e grandi centri si integrano in sistemi di scala superiore. Molti cittadini hanno comprato piccoli appezzamenti per avere la casa in campagna o per creare iniziative per i nuovi mercati dei poli urbani, dall’agriturismo, all’agricoltura sociale, terapeutica, didattica, all’arte, alla cultura, nelle loro declinazioni “rurali”. Inoltre, i “paesani” mantengono la casa al paese, per ritrovare, ciclicamente, radici, identità e benessere.
La “ruralità” è il protagonista di questa osmosi, non la produzione agricola primaria.

Infatti, i piccoli proprietari, paleo e neo rurali, gli agricoltori del week-end, anche se registrati come imprenditori agricoli, sono, a bene vedere, “consumatori di ruralità”, soggetti completamente diversi dagli agricoli del primario.

Un’idea della dimensione del fenomeno ce la può dare la statistica agraria: Nel 2014, su scala nazionale le aziende agricole con una superficie inferiore ai 2 ettari erano oltre il 50 %. Le aziende a conduzione diretta della famiglia, avevano sup. media di 7, 2 ettari ed erano 1.600.000, circa.
In gran parte di queste aziende non si hanno attivi, ma molte spese, eppure si continua a coltivare. Lo si fa, evidentemente, per un beneficio diverso dall’utile di cassa, il “godimento della ruralità”.
Lo stesso ragionamento si può fare per tutti i proprietari di case in campagna, non registrati giuridicamente come agricoltori, che coltivano orti, frutteti ed oliveti familiari.
A questi si aggiunge in mondo in corso di riscoperta e crescita degli orticoltori urbani.
L’ importanza economica di tutti questi soggetti, che facciano l’olio, il vino o l’orto, che abbiano 3 alberi da frutta o 3 polli, o restaurino la casa rurale per convertirla in villa.., non è in ciò che producono, ma in quanto e come spendono acquistando beni e servizi e nel benessere che acquisiscono vivendo la ruralità.
Spendono molto, ma ottengono, divertimento, status, manutenzione dei beni, identità, radici ……

Gli operatori commerciali del territorio, che vendono i beni ed i servizi necessari per vivere la ruralità, sono il vero segmento d’impresa del sistema.

Il bilancio del “Consumo di Ruralità” può, comunque, essere positivo per tutti gli attori della relazione:

  • Il consumatore di ruralità guadagna in felicità e benessere, per il rapporto con la natura, per il ritrovare un senso di sé stessi, una dignità, un’identità che la metropoli gli nega.
  • Gli operatori fanno impresa e creano occupazione.
  • L’economia nazionale guadagna dall’indotto ed anche dal prodotto, poiché quel che viene fatto, per poco che sia, non viene comunque importato. Inoltre, è già pagato dal benessere fruito. E’ quindi, in un bilancio complesso, anche conveniente.
  • Lo Stato guadagna con i prelievi fiscali e con la possibile riduzione dei costi di assistenza.
  • L’ambiente ed il paesaggio guadagnano in tutela e potrebbero guadagnare anche di più se il flusso di spesa fosse ben guidato.

Se analizzassimo bene i territori, soprattutto, peri urbani scopriremmo che questa realtà è già ora vastissima. Le politiche del territorio dovrebbero tenerne conto.
Peraltro, rispondere alla domanda di ruralità vuol dire anche tenere vive le filiere tecniche dell’agricoltura stessa. Fattore non secondario, se pensiamo che gli equilibri mondiali di mercato potrebbero cambiare e nel futuro dare di nuovo economia al primario stesso.

I NUOVI SPAZI DI MERCATO

La risposta a queste opportunità ha già fatto dei passi, ma, la sensazione è che molto ancora si possa fare.
L’offerta di servizi e beni per rispondere alle esigenze della ruralità diffusa può crescere molto, anzi, a nostro avviso, è un grande spazio di mercato ancora da scoprire.
Infatti, già oggi, i consumatori di ruralità, dalle piccole aziende ai giardini delle case di campagna, si servono del terzista, del frantoiano, del vivaista……, ma cercano anche altri servizi che non trovano facilmente sul mercato, dal potatore di olivi e vigne, all’agro-giardiniere, al centro per la trasformazione dei prodotti realizzati, in quantità hobbistiche….

Inoltre, questi consumatori incontrano difficoltà normative?

  • Nella normativa del lavoro;
  • Nella normativa della sicurezza;
  • Nelle normative igieniche per il consumo e la trasformazione dei loro prodotti;
  • Nelle normative commerciali.
  • …..

Chi poi, non possiede la terra, ma desidera solo coltivarla, eventualmente aspirando ad un orto urbano, incontra ancora molte difficoltà.
Infatti, l’offerta di orti su proprietà pubblica è, in molti casi, frenata dai rischi di occupazione e l’offerta privata non si è ancora sviluppata quanto potrebbe.

Oltre ciò, l’offerta di fattorie didattiche, agri-asili, fattorie sociali, ed altri servizi analoghi è sicuramente al di sotto della domanda potenziale.
Inoltre, sono ancora, in gran parte da scoprire le possibili sinergie tra l’offerta di “coltura” e di “cultura”. Ad esempio, le raccolte dirette in campo di ortaggi, frutta, olive… possono essere viste come attività culturali ed “agro-ginniche” che danno valore aggiunto al prodotto ed all’attività.
Infine, i “consumatori di ruralità” potrebbero, anzi dovrebbero, essere guidati, per far sì che la loro spesa aumenti la qualità dell’ambiente, del paesaggio e della cultura locale.

NECESSITA’:

Le opportunità per lo sviluppo dell’offerta per i Consumatori di Ruralità sono, quindi, molte, ma per valorizzarle occorrono idee, guida e promozione.
In primo luogo, è necessario che gli operatori politici, economici e culturali si accorgano di questo mercato ed accettino il rovesciamento di prospettiva necessario.
Per quanto detto sarebbe opportuno svolgere analisi di dati agro-economici disponibili e verifiche su contesti campione per disporre di dati quantitativi sul fenomeno.

  • Ad esempio, si potrebbe svolgere uno studio in un Comune peri-urbano del Lazio, interessato da seconde case rurali e pendolarismo con la città:
    • Analisi della distribuzione delle dimensioni delle realtà agricole per capire quante siano troppo piccole per essere vere imprese agricole e quante invece lo siano.
    • Analisi dell’offerta di servizi ludico culturali rurali (agriturismi, fattorie didattiche…).
    • Analisi del consumo, in questi contesti, di beni e servizi per la ruralità: acquisto di attrezzature, di imput agronomici, di servizi per la coltivazione, di servizi per le case rurali…….
    • Analisi della natura (giuridica, commerciale…) delle imprese che forniscono quest’indotto.
    • Analisi dei fattori limitanti percepiti sia dai consumatori di ruralità, che dagli operatori che forniscono loro i beni ed i servizi di cui hanno bisogno, per le varie filiere coinvolte, es. olio, vino, orto, frutta, animali da cortile, verde ornamentale ….

In secondo luogo, è necessario dare dignità a chi coltiva per passione, per poter poi fare politiche che qualifichino e stimolino la sua spesa. Infatti, è spesso accaduto che identificare e denominare un’attività, quindi i suoi cultori, ne abbia dinamizzato lo sviluppo, quindi il mercato.

  • Alle confederazioni agricole potrebbe convenire la creazione di sezioni dedicate per ampliare e diversificare la loro base d’iscritti.

In terzo luogo, è necessario che il Legislatore prenda atto di questa realtà ed avvii politiche di compatibilità territoriale e di semplificazione che permettano il godimento della ruralità e lo sviluppo delle imprese a monte.
Occorre, quindi, una regia politica, perché tutto ciò avvenga nella massima armonia e compatibilità ambientale possibile.

Franco Paolinelli è laureato in Scienze forestali presso la facoltà di Agraria di Firenze. Si occupa di verde urbano, con particolare attenzione a due temi: alberi in città ed agricoltura urbana, argomenti che ha approfondito con un Master nell’1984 presso la Faculty of Forestry di Toronto ed un altro, nel 2006, presso la Facoltà di Scienze Agrarie nell’Ateneo della Tuscia. Ha avviato, e dirige, la rete di operatori S.A.P. (Silvicultura Agrocultura Paesaggio) e il progetto “Valorizzazione del Legno degli Alberi di Città”. E-mail: paolinellifrancosap@libero.it

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