Con­di­vi­di l'ar­ti­co­lo
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di Marco Sal­va­ter­ra

poligono del giappone
Po­li­go­no del Giap­po­ne lungo il fiume Sarca in Tren­ti­no (fonte www.​par​cofl​uvia​lesa​rca.​tn.​it)

La dif­fu­sio­ne in­con­trol­la­ta di spe­cie ve­ge­ta­li al­loc­to­ne, in­tro­dot­te vo­lon­ta­ria­men­te o ac­ci­den­tal­men­te al di fuori del loro area­le di ori­gi­ne, può co­sti­tui­re una mi­nac­cia alla con­ser­va­zio­ne della bio­di­v­er­si­tà su scala glo­ba­le. Mol­tis­si­mi sono gli esem­pi di spe­cie al­loc­to­ne di uso co­mu­ne, in cu­ci­na (il po­mo­do­ro, il mais, la pa­ta­ta, ecc. in­tro­dot­te in Eu­ro­pa con la sco­per­ta delle Ame­ri­che) come in giar­di­no (l’or­ten­sia in­tro­dot­ta dalla Cina sulla fine del XVIII se­co­lo, o la Ca­mel­lia ja­po­ni­ca in­tro­dot­ta nei giar­di­ni eu­ro­pei in­tor­no al 1750 dal­l’E­stre­mo Orien­te).

Se la spe­cie rie­sce a ri­pro­dur­si spon­ta­nea­men­te, tro­van­do clima e ter­re­no adat­to alle sue esi­gen­ze, si dice na­tu­ra­liz­za­ta. Nel caso rie­sca a dif­fon­der­si ve­lo­ce­men­te e a di­stan­za con­si­de­re­vo­le dal punto ini­zia­le, por­tan­do con sé ef­fet­ti ne­ga­ti­vi di vario ge­ne­re (per la sa­lu­te, le at­ti­vi­tà del­l’uo­mo, la bio­di­v­er­si­tà, ecc.), la spe­cie di­ven­ta in­va­si­va.

La lotta per era­di­ca­re le pian­te in­va­si­ve è spes­so pos­si­bi­le a costi sop­por­ta­bi­li so­la­men­te du­ran­te le fasi ini­zia­li  del­l’in­va­sio­ne bio­lo­g­i­ca, quan­do i danni non sono an­co­ra per­cet­ti­bi­li. Quan­do una spe­cie in­va­si­va è dif­fu­sa oltre a un certo li­mi­te e co­min­cia a espan­der­si in ma­nie­ra esplo­si­va, di­ven­ta molto dif­fi­ci­le se non ad­di­rit­tu­ra im­pos­si­bi­le era­di­car­la del tutto.

È que­sto il caso del Po­li­go­no del Giap­po­ne (Rey­nou­tria ja­po­ni­ca Houtt.), ce­spu­glio­sa pe­ren­ne ori­gi­na­ria del­l’A­sia orien­ta­le, in­tro­dot­ta dap­pri­ma in In­ghil­ter­ra come pian­ta or­na­men­ta­le nel XIX se­co­lo e poi dif­fu­sa in tutti i paesi del­l’Eu­ro­pa anche come pian­ta fo­rag­ge­ra. Da al­lo­ra si è espan­sa a tal punto che fi­gu­ra come una delle peg­gio­ri spe­cie in­va­si­ve in as­so­lu­to. Oggi è pre­sen­te nella mag­gior parte dei Paesi eu­ro­pei; è inol­tre pre­sen­te in Ca­na­da, USA, Au­stra­lia e Nuova Ze­lan­da. Que­sta pian­ta è in­se­ri­ta nella lista delle 100 spe­cie più in­va­si­ve del mondo.

Clas­si­fi­ca­zio­ne e aspet­ti bo­ta­ni­ci

Regno:   Plan­tae

Sot­to­re­gno:   Tra­cheo­bion­ta

Su­per­di­vi­sio­ne:  Sper­ma­to­phy­ta

Di­vi­sio­ne:   Ma­gno­lio­phy­ta

Clas­se:   Ma­gno­liop­si­da

Sot­to­clas­se:   Ca­ryo­phyl­li­dae

Or­di­ne:   Po­ly­go­na­les

Fa­mi­glia:   Po­ly­go­na­ceae

Ge­ne­re:   Rey­nou­tria

Spe­cie:   Rey­nou­tria ja­po­ni­ca Houtt.

Si­no­ni­mi:

Fal­lo­pia ja­po­ni­ca (Houtt.) Ronse Decr.

Po­ly­go­num cu­spi­da­tum  Sie­bold & Zucc.

Il Po­li­go­no del Giap­po­ne è una pian­ta er­ba­cea vi­go­ro­sa e alta fino a 3 m, tanto da sem­bra­re un ar­bu­sto; ha folti fusti cavi e ro­bu­sti si­mi­li a canne di bambù, ric­chis­si­mi di fo­glie. Que­ste sono al­ter­ne, ro­ton­de o lar­ga­men­te ovali, tron­ca­te alla base, lun­ghe fino a 20 cm, bre­ve­men­te acu­mi­na­te, con pic­cio­lo corto, mu­ni­te di un’o­crea (guai­na mem­bra­no­sa alla base delle fo­glie che av­vol­ge i fusti). In pri­ma­ve­ra cre­sce molto ra­pi­da­men­te, adat­tan­do­si anche a ter­re­ni poco fer­ti­li e sas­so­si, pur­ché non man­chi luce e acqua. Oc­cu­pa in pre­va­len­za le scar­pa­te e le spon­de dei corsi d’ac­qua. I fiori ap­pa­io­no a fine esta­te, riu­ni­ti in in­fio­re­scen­ze spi­ghi­for­mi bian­che molto de­co­ra­ti­ve.  È una pian­ta dioi­ca (i fiori ma­schi­li e quel­li fem­mi­ni­li sono su pian­te di­ver­se) ma in Eu­ro­pa, es­sen­do pre­sen­te solo il clone fem­mi­ni­le della spe­cie, non può pro­pa­gar­si per seme, ma so­la­men­te at­tra­ver­so il ri­zo­ma che ogni anno emet­te ra­di­ci e fusti av­ven­ti­zi. Come detto,  i po­po­la­men­ti sono co­sti­tui­ti solo da pian­te fem­mi­ni­li, per­tan­to i semi de­ri­va­no dal­l’in­cro­cio con altre spe­cie dello stes­so ge­ne­re, come ad esem­pio Rey­nou­tria sa­cha­li­nen­sis (F.​Schmidt) Nakai. Il frut­to è un di­cle­sio con ache­nio ovoi­de o el­lis­soi­de, tri­go­no di circa 4 (5) x 3 mm, in­clu­so nel pe­rian­zio per­si­sten­te, ne­ra­stro a ma­tu­ra­zio­ne. In au­tun­no tutte le parti epi­gee dis­sec­ca­no.

infiorescenze fiori poligono del giappone pianta
In­fio­re­scen­ze di po­li­go­no del Giap­po­ne (foto di Rete di Ri­ser­ve Alto Noce – Tren­ti­no)

Con­se­guen­ze e azio­ni di con­trol­lo

Come detto, la pro­pa­ga­zio­ne av­vie­ne solo per mol­ti­pli­ca­zio­ne ve­ge­ta­ti­va. Ba­sta­no fram­men­ti di ri­zo­ma di pochi gram­mi per dar ori­gi­ne a una nuova pian­ta. L’e­span­sio­ne di que­ste spe­cie è fa­vo­ri­ta anche dal­l’as­sen­za, in Eu­ro­pa, di ne­mi­ci na­tu­ra­li men­tre, nella zona di ori­gi­ne, sono pre­sen­ti ben 30 spe­cie di in­set­ti e 6 spe­cie di fun­ghi che ne con­ten­go­no lo svi­lup­po.

Gra­zie alla fitta rete di ri­zo­mi (pos­so­no su­pe­ra­re i 3 metri di pro­fon­di­tà e ri­ma­ne­re vi­ta­li fino a dieci anni) forma po­po­la­men­ti molto densi che com­pe­to­no con la ve­ge­ta­zio­ne au­toc­to­na, spes­so so­sti­tuen­do­la, e de­ter­mi­nan­do una con­si­sten­te ri­du­zio­ne della bio­di­v­er­si­tà. In in­ver­no, quan­do dis­sec­ca, i suoi resti si de­com­pon­go­no len­ta­men­te ed osta­co­la­no lo svi­lup­po di altre pian­te. Il ter­re­no, la­scia­to sco­per­to in su­per­fi­cie e non suf­fi­cien­te­men­te trat­te­nu­to dai ri­zo­mi, è  più sog­get­to a ero­sio­ne. Gli in­set­ti le­ga­ti a spe­cie di­ver­se dal Po­li­go­no se ne vanno e con loro anche i re­la­ti­vi pre­da­to­ri, con con­se­guen­ze ne­ga­ti­ve sulla ca­te­na ali­men­ta­re del­l’e­co­si­ste­ma.

In al­cu­ne zone è riu­sci­to ad a in­va­de­re anche i campi arati, crean­do danni alle col­tu­re. Negli spazi ur­ba­niz­za­ti può spac­ca­re, con i ri­zo­mi e i ger­mo­gli,  muri e pa­vi­men­ta­zio­ni.

Le azio­ni di con­trol­lo si svi­lup­pa­no su tre li­vel­li di prio­ri­tà:

  1. pre­ven­zio­ne per im­pe­di­re la dif­fu­sio­ne della spe­cie (non tra­slo­ca­re terra o ma­te­ria­li con­ta­mi­na­ti, evi­ta­re tagli con de­ce­spu­glia­to­re e com­po­stag­gio do­me­sti­co);
  2. era­di­ca­zio­ne di pian­te che si sono da poco in­se­dia­te sul ter­ri­to­rio con po­po­la­zio­ni lo­ca­liz­za­te, aspor­tan­do to­tal­men­te i ri­zo­mi; que­sta ope­ra­zio­ne è pra­ti­ca­men­te im­pos­si­bi­le se le pian­te si tro­va­no lungo gli ar­gi­ni dei corsi d’ac­qua;
  3. con­te­ni­men­to della spe­cie quan­do ormai si è in­se­dia­ta sta­bil­men­te sul ter­ri­to­rio oc­cu­pan­do ampie su­per­fi­ci; il me­to­do fi­no­ra più ef­fi­ca­ce è l’e­stir­pa­zio­ne (o il ta­glio) ma­nua­le: aspor­ta­re le pian­ti­ne in cre­sci­ta da apri­le a ot­to­bre, anche due volte al mese, a mani nude o con gros­se ce­so­ie; im­por­tan­te è evi­ta­re l’uso di fal­cia­tri­ci mec­ca­ni­che o de­ce­spu­glia­to­ri; ci vo­glio­no co­mun­que al­me­no tre anni per no­ta­re ap­prez­za­bi­li di­mi­nu­zio­ni, e al­me­no al­tret­tan­ti per spe­ra­re di riu­sci­re a con­te­ner­la.

La me­to­di­ca dello scavo può es­se­re in­ve­ce at­tua­ta solo in spe­ci­fi­ci casi. Il ma­te­ria­le sca­va­to deve es­se­re se­tac­cia­to così da eli­mi­na­re i ri­zo­mi e per­met­te­re il riu­ti­liz­zo del ter­re­no nello stes­so luogo, op­pu­re eli­mi­na­to in una di­sca­ri­ca au­to­riz­za­ta. Que­sta me­to­di­ca, molto one­ro­sa, ri­sol­ve il pro­ble­ma della pre­sen­za di Po­li­go­no con il ri­schio però di cau­sa­re un altro pro­ble­ma am­bien­ta­le (quel­lo dello smal­ti­men­to in di­sca­ri­ca), per­tan­to l’in­ter­ven­to dovrà es­se­re va­lu­ta­to pre­ven­ti­va­men­te  e se­gui­to da uno spe­cia­li­sta.

In In­ghil­ter­ra que­sta pian­ta è par­ti­co­lar­men­te te­mu­ta dai pro­prie­ta­ri di abi­ta­zio­ni in cam­pa­gna. La sua pre­sen­za porta ad­di­rit­tu­ra ad una sva­lu­ta­zio­ne si­gni­fi­ca­ti­va del­l’im­mo­bi­le. Per com­bat­te­re il Po­li­go­no ven­go­no ri­pe­tu­te, per anni, inie­zio­ni con er­bi­ci­di negli steli, riu­scen­do in tal modo a con­te­ner­ne la cre­sci­ta e, non sem­pre, a pro­vo­car­ne la morte.

poligono del giappone danni radici
Danni del Po­li­go­no del Giap­po­ne (foto https://​www.​phlorum.​com)

Ri­fe­ri­men­ti bi­blio­gra­fi­ci:

Marco Sal­va­ter­ra, lau­rea­to in Scien­ze agra­rie pres­so la Fa­col­tà di Agra­ria di Bo­lo­gna, in­se­gna Esti­mo ed Eco­no­mia agra­ria al­l’I­sti­tu­to Tec­ni­co Agra­rio di Fi­ren­ze. Cur­ri­cu­lum vitae >>>

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