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Uno sguardo alla struttura e alla storia del suo impianto vegetazionale

di Giuliano Russini

Introduzione

Quando ero studente in biologia a Roma (tanto tempo fa), giravo spesso nei vari giardini, ville e parchi storici (Roma ne è piena) e pubblici, per osservare le specie vegetali presenti, mettendo in pratica le nozioni che man, mano acquisivo nei vari corsi delle botaniche, ed ecologie; esempi sono villa Torlonia, villa Sciarra, villa Pamphili ecc., che presentano nei loro impianti vegetazionali anche esemplari piuttosto rari, sia autoctoni che esotici (alloctoni), ed anche piuttosto longevi.
Entrare in queste strutture, significa tornare indietro nel tempo, sia per il valore storico delle aree architettoniche ed archeologiche presenti, ma anche per il grande valore botanico che rivestono. Soprattutto perché nelle piante e negli alberi che si osservano, è possibile leggere tracce delle passate esplorazione coloniali, ove biologi per ragioni scientifiche, ma anche nobili per collezionismo e ragioni ludiche, riportavano in Italia piante dalle varie colonie Italiane in Africa, o anche da altre aree geografiche del Mondo, in giardini ed orti botanici i primi, nei giardini e nei parchi delle loro ville storiche i secondi, oggi spesso di proprietà comunale.
Un giorno, durante una delle mie peregrinazioni nel quartiere Ostiense, vicino la Piramide di Caio Cestio, osservai attraverso le sbarre di una cancellata nera, in ferro battuto, molto elegante, la presenza di un giardino armonico, riuscii a vedere da dove mi trovavo pini della specie (Pinus pinea, L.1753), cipressi (Cupressus sempervirens, L.1753), rose rampicanti, o a liana (varietà Rambler), gladioli (gen. Gladiolus, L.1753) e tulipani (gen. Tulipa).
Incuriosito, trovato l’accesso entrai, difronte a me si presentò una stupenda area storica, dove si vedevano file di lapidi di marmo bianco, immerse in un silenzio naturale, ove era udibile solamente il rumore del vento tra le foglie e, il canto di varie specie di uccelli, il tutto isolato dal furibondo rumore di uno dei quartieri più trafficati di Roma; questa si presentava come un’area verde curatissima, con prato all’inglese ove le lapidi erano inserite come dei veri e propri “dolmen”, circondate da diverse specie e varietà di piante ornamentali, tra cui anche palme nane del genere Chamaerops, L.1753, Yucca spp. (Iucca), Palme (specie Phoenix canariensis, Chabaud, e Washingtonia filifera, Lindl.), Oleandri (Nerium oleander, L.1753) a fiori bianchi e rosa.
Questo piccola area meditativa è il cimitero britannico di guerra di Testaccio, antico quartiere di Roma, che accoglie sia soldati britannici, caduti nella prima e nella seconda guerra Mondiale, ma anche soldati ebrei, cattolici, acattolici e sconosciuti, non identificati, afferente alla Commonwealth War Graves Commission (CWGC).

Foto del British War of Testaccio
Foto del British War of Testaccio

Parlando con il direttore del centro, un botanico inglese che aveva conseguito il diploma in biologia all’Università, incominciai ad avere interesse in queste strutture (sacrari), dal punto di vista del botanico ornamentale, poiché altrettanto importante ed interessante è ovviamente quello dello storico e archeologo per altri aspetti, oltre che per le costruzioni dal punto di vista architettonico.

Un nuovo tassello si aggiunse quindi al mio interesse come botanico, quello in tali strutture, oltre le riserve e le oasi naturali, i giardini e gli orti botanici, i giardini storici, i parchi urbani, anche perché pensai che se gli inglesi avevano messo una persona formatasi accademicamente come botanico, a capo di una di queste strutture, dovevano allora avere anche valore in termini di botanica ornamentale, oltre che storico.
Infatti, in ognuno di questi sacrari, scoprii poi che viene spesso compiuta una vera e propria indagine di cartografia botanica storica, non inferiore in valore a quelle svolte nei giardini storici, per le diverse essenze vegetali presenti (come per le modificazioni nella composizione da esse subite nel tempo), che nel corso dei decenni hanno costituito la tessitura e la trama vegetale, o vegetazionale del parco; per i sacrari della seconda guerra Mondiale non si va al disotto dei 50-60 anni e più di vita, per quelli della prima guerra mondiale si raggiunge il secolo, ecco perché si parla d’indagine botanica storica.

Tra i vari sacrari che scoprii e visitai successivamente, della prima e della seconda guerra Mondiale sia francesi, americani, turchi, marocchini, in Italia o nei paesi in cui andavo anche per vacanza se erano presenti, ce n’è uno che si trova a Pomezia, vicino Roma che fa parte di quella nutrita schiera di sacrari militari Tedeschi, afferenti anch’essi alla prima e seconda guerra Mondiale, presenti in quasi tutta l’Europa, i quali hanno non solo un alto valore storico-archeologico, ma come visto e vedremo, anche botanico ornamentale.

Il Sacrario militare Tedesco di Pomezia

Il sacrario militare tedesco di Pomezia, che grazie alla gentile ospitalità del direttore Mr Filippo Contino, ho potuto visitare diverse volte e con cui ho potuto discutere delle varie essenze vegetali costituenti la tessitura vegetale del parco, sia per le specie attuali, che storiche e che nel corso degli anni sono state inserite, o tolte, o per cui ne è stata modificata la disposizione, fa parte della “Volksbund Deutscher Kriegsgräberfürsorge”, l’associazione germanica, equivalente di quella britannica prima citata, deposta alla conservazione di queste aree e, allo studio storico, cura e determinazione delle identità delle salme dei caduti tedeschi e non, della prima e seconda guerra Mondiale.

Il governo Italiano, nel 1958, donò al governo Tedesco un’area di 10 ettari, nella quale venne costruito tale sacrario; dal punto di vista geografico il sacrario è localizzato tra la catena dei monti dei Castelli Romani, la piana di Aprilia e, la linea di costa Tirrenica tra Torre Astura e Lavinio, più in dettaglio questi 10 ettari facevano parte di un’area naturale molto più grande, che costituisce un lembo a foresta di Sughera.
In questa area, adiacente ancora oggi al sacrario, si osservano le essenze tipiche di questo bioma, querce caduche a sughera, tappeti cospicui di Tuberia guttata, Dasypyrom villosum e Asphodelus aestivus, ed un’area piuttosto estesa di macchia mediterranea vera e propria (suddivisa nei suoi due livelli, erbaceo-arbustivo I Livello, detta “macchia bassa” e, arbustivo-arboreo II Livello, detta “macchia alta”), che arriva fino alla costa in prossimità di un’ampia zona dunale, con tutte le relative essenze caratteristiche e tipiche quali: erica, euforbia arborea, cisto, rosmarino selvatico, lentisco, peri selvatici, ginestre, oleandri, lecci, pini officinali, mirto, aglio, legno puzzo, carrubo, associazioni (alleanze) fitosociologiche, come quella della “Oleo-ceratonion e vegetazione riparia”, ed aree d’involuzione a Climax, come la Gariga, generate da danni antropogenici di tipo urbanistico.
Ovviamente i 10 ettari del sacrario militare Tedesco, presentano solo in piccole porzioni di aree interne, lasciate più libere di evolvere, elementi tipici del “lembo boschivo madre d’origine”.

All’intero del sacrario, sono state nel corso dei decenni progettate e realizzate aree di alto valore botanico-storico, che nulla hanno da invidiare ad altri giardini storici con architettura littoria; per inciso, malgrado il periodo tragico, inarrivabile nella sua distruzione, efferatezza e crudeltà, come ad ogni fase storica, anche a quella littoria e nazionalsocialista, corrispondono un’architettura, una storia dell’arte e, una botanica ornamentale, per i parchi e i giardini storici.
Berlino ad esempio, è ricca di parchi con questo tipo di architettura, come anche quelli che presentano una struttura e una botanica ornamentale, tipica della Germania dell’est, ex-DDR, periodo non meno pregno di dolore, ma che oggi hanno valore sia storico-culturale, che scientifico per gli aspetti botanici e ancora più importante, ammonitivo per le generazioni future!

Ritornando al sacrario, sin dall’arrivo nel parcheggio, si ha un contatto diretto con la Natura, poiché s’incontrano subito degli splendidi platani, che sono in realtà ibridi, nello specifico s’identificano gli ibridi Platanus × acerifolia e Platanus × hispanica, con la corteccia a grosse scaglie e, a macchie tipica di questi ibridi.
Questi alberi, che si stagliano in alto per 20 m e più, insieme a una posizione leggermente sopraelevata, in salita, del parco, danno una sensazione di grandezza sin dall’arrivo.

Cinta muraria e parco dell'area cimiteriale
A sinistra: Cinta muraria, che porta all’ingresso dell’area cimiteriale vera e propria del sacrario Tedesco
A destra: Parco dell’area cimiteriale

Premetto che il Parco è suddiviso in due grossi blocchi, una parte d’ingresso, ove c’è un primo giardino che ora descriveremo, due parcheggi, uno per i dipendenti, ed uno per i visitatori, un edificio in pietra di solidità equivalente a quella degli antichi monasteri, che ospita gli uffici del direttore ed amministrativi, ed una piccola foresteria utilizzata dai soldati dell’esercito Tedesco, che vengono un paio di volte l’anno a fare visita, dando una mano nella manutenzione delle aree verdi.
I platani poc’anzi citati, sono contenuti all’interno del primo giardino di cui dicevamo, delimitato da una cintura vegetale di siepi frangivento, costituite da bosso (Buxus sempervirens, L.1753), ligustro
(Ligustrum vulgare, L.1753) e l’alloro (Laurus nobilis, L.1753); sì l’alloro sembra una “condicio sine qua non”, dei sacrari militari tedeschi, poiché anche in quello della Futa (il più grande in Italia) e in tutti gli altri presenti in Europa, è abbondantemente presente, al punto che quando si va via, rimangono quasi pregni i vestiti del suo gradevole e fresco odore.
Nel caso di Pomezia, poi, l’alloro è pianta simbolo fondamentale, poiché in questa zona, furono scoperti importantissimi resti archeologici, databili tra il X sec. a.C. e l’età romana, fra cui si possono segnalare quelli di “Minerva Tritonia”, come quelli relativi ad Enea, l’eroe troiano. Sono stati trovati anche molti oggetti del corredo funebre presenti nel c.d. Heroon di Enea (conservati oggi nell’apposito museo), monumento sepolcrale nel quale gli antichi pensavano fosse deposto il mitico personaggio, fra questi furono trovati il corredo personale, la spada, le lance e il coltello sacrificale;  l’alloro insieme all’edera (Hedera helix, L.1753), erano le piante simbolo utilizzate nei culti pagani dalle popolazioni dell’epoca, per venerare questi eroi.
Nel primo giardino che funge un po’ da “Hortus conclusus”, giardino recintato, oltre i plátani, sono state contenute una settantina e più di piante d’olivo (Olea europaea, L.1753), di varie dimensioni ed età, piante che hanno sia il compito di identificare l’Hortus conclusus, sia di dare un chiaro messaggio di “PACE” , contro la guerra ed ogni guerra, l’olivo infatti è la pianta della fratellanza per eccellenza; a questo si aggiunge la bellezza della fioritura delle infiorescenze “mignole”, di colore bianco panna in primavera.
Oltre questi ulivi, sono presenti numerosi oleandri a fiori bianchi, rosa, lilla e rosso, alcuni eucalipti un Tasso (Taxus baccata, L.1753) e, un grosso albero di mimosa (Acacia dealbata, Link, 1822) una Mimosaceae o Fabaceae per la “Angiosperm Phylogeny Group (APG)”.
Parallelamente a questo giardino c’è un meraviglioso viale in salita, coperto da brecciolini, che da una lato percorre in lunghezza il giardino ora descritto, dall’altro lato è delimitato da alberi di pini e cipressi e diverse panchine in legno, per sostare in pace.
Questo viale supera il primo giardino, a cui fanno seguito ampie aree di prato all’inglese, alberi di pini e cipressi e, ci porta ad una grande cintura murale in pietra, formata da blocchi squadrati di grandi dimensioni, ricoperta di edera e gelsomino (Jasminum polyanthum, L.1753), che rivestono anche una grande targa in bronzo, sul quale è scritta in Italiano-Tedesco, la storia del sacrario.
In primavera durante la fioritura, la suggestione è notevole.
In quest’area è inoltre presente uno stupendo e giovane esemplare di Ginko (Ginkgo biloba, L.1753), questo albero è un fossile vivente, non più presente in natura allo stato brado, ma solo all’interno di parchi, giardini storici e giardini botanici; la sua origine risale all’era Mesozoica, periodo Giurese (Giurassico), contemporaneo dei dinosauri, ultimo membro della famiglia delle Ginkgoaceae, la cui morfologia è rimasta immodificata da trecento milioni di anni.
Superata la cintura murale, si entra nell’area cimiteriale vera e propria, un’area enorme, dove sono poste lunghissime file ordinate di croci in marmo, che ospitano 27.443 soldati tedeschi, di età variabile tra i 18 e i 35-36 anni!
Questo secondo blocco, è caratterizzato da aree a boschetti costituiti da pini e cipressi e querce roverella (Quercus pubescens, Willd. 1805), panchine in marmo e legno, il grosso prato che contiene sia le croci che gli alberi, è tagliato in due da un lunghissimo viale in mattonato rosa, verso la fine del viale, dove terminano le croci, sono presenti aree a circonferenza delimitate da bosso, all’interno delle quali viene prodotto il compost, poiché la filosofia del parco e lavorare in termini ecobiologici.
Oltre quest’area, è presente un mausoleo in marmo di grandi dimensioni, un inno alla pace e fratellanza, opera dello scultore tedesco Schmoll Eisenwerth.
Da questo punto in poi, è presente quella parte di parco, accennato all’inizio, ove sono rintracciabili le essenze della macchia Mediterranea, piante aromatiche di vario tipo, come il terebinto (Pistacia terebinthus, L. 1753), numerosi agli selvatici, come l’Allium roseum, l’Allium ampeloprasum, l’Allium sphaerocephalon e l’Allium chamaemoly, quest’ultimo, crescendo appressato al terreno, si rende quasi invisibile, ma l’odore si sente!
La vicinanza con l’area a sughereta, permette anche di osservare frequentemente una fauna selvatica che non si osserva in altre strutture simili, come rapaci diurni (nibbi e gheppi), notturni (ad esempio specie di strigiformi come il gufo comune, l’allocco, la civetta, il barbagianni), ovviamente la cornacchia grigia (Corvus corone cornix, L.1753), che è presente in abbondanza, il merlo comune (Turdus merula, L.1753), mentre per la teriofauna si possono osservare ricci, ghiri, moscardini ecc, ed ovviamente è presente un’ampia coorte di coleotteri, lepidotteri ed imenotteri.

Conclusioni

Ho voluto parlare di questa struttura, in questo articolo, poiché i sacrari militari a mio avviso rappresentano non solo aree meditative, ove pensare e riflettere sui danni orribili che solo la guerra può causare, non solo perché sono interessanti da punto di vista storico-archeologico e sociologico, ma anche perché a sorpresa, possono essere considerati piccoli gioielli di botanica ornamentale, ai livelli dei giardini storici, cosa poco considerata anche dagli stessi botanici (poiché portano la fama di cimiteri).
Ma negli Stati Uniti d’America, ad esempio, alla fine dell’800 nacquero i “Rural Cemeteries”, opera del Botanico R. Smith, che avevano il compito di fungere come parchi ornamentali e pubblici, ove passeggiare, oltre che come cimiteri, per cui tali strutture hanno tutte le caratteristiche che insieme li rendono posti in cui c’è e, si fa “cultura”.

Mausoleo della Pace
Mausoleo della Pace e della Fratellanza, dello scultore tedesco Schmoll Eisenwerth

 

Bibliografia:
-Tutto il materiale informativo, è stato gentilmente fornito dal direttore Mr Filippo Contino, ed è presente nella Volksbund Deutscher Kriegsgräberfürsorge.
-La foto del British war of Testaccio, è presente sul sito della Commonwealth War Graves Commission (CWGC).
-Le foto del Sacrario Tedesco, sono dell’autore dell’articolo.

Giuliano Russini è laureato in Scienze Biologiche all’Università La Sapienza di Roma, con specializzazione in botanica e zoologia; successivamente ha conseguito in UK e Francia la specializzazione in etnobiogeografia. Lavora come curatore al Giardino Esotico di Hendaye, Francia. (e-mail: russinigiuliano@yahoo.it).

 

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