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di Marco Mar­ti­ni

Cioccolato liquido
Cioc­co­la­to li­qui­do (foto Marco Mar­ti­ni)

Il cioc­co­la­to, oltre che per il suo lato edo­ni­sti­co, è stato ri­va­lu­ta­to ul­ti­ma­men­te anche per il suo aspet­to nu­tri­zio­na­le. Esso con­tie­ne in­fat­ti delle im­por­tan­ti so­stan­ze come le teo­bro­mi­ne (so­stan­ze ad azio­ne sti­mo­lan­te) ed i po­li­fe­no­li, di­spo­ni­bi­li so­prat­tut­to nel cioc­co­la­to fon­den­te. E’ pre­sen­te anche un ele­va­to con­te­nu­to di sac­ca­ro­sio, zuc­che­ro  pron­ta­men­te me­ta­bo­liz­za­bi­le utile agli spor­ti­vi o alle per­so­ne in ipo­gli­ce­mia che hanno bi­so­gno di rein­te­gra­re ra­pi­da­men­te le ener­gie perse. Oltre a ciò studi re­cen­ti hanno di­mo­stra­to ef­fet­ti po­si­ti­vi sulla psi­co­lo­gia e sul si­ste­ma cir­co­la­to­rio ri­fe­ri­bi­li pro­prio al­l’as­sun­zio­ne di cioc­co­la­to. L’al­tra fac­cia della me­da­glia è data ov­via­men­te dal­l’e­le­va­to con­te­nu­to ca­lo­ri­co di que­sto ali­men­to che quin­di deve es­se­re con­su­ma­to con mo­de­ra­zio­ne so­prat­tut­to da chi ha uno stile di vita se­den­ta­rio. E’ inu­ti­le ne­ga­re co­mun­que che chi ac­qui­sta una ta­vo­let­ta di cioc­co­la­to fa pre­va­le­re l’a­spet­to edo­ni­sti­co a quel­lo nu­tri­zio­na­le.
La ma­te­ria prima prin­ci­pa­le per la pro­du­zio­ne del cioc­co­la­to sono i semi di cacao. Il cacao è una pian­ta tro­pi­ca­le (Theo­bro­ma cacao L.) della quale ven­go­no ap­pun­to uti­liz­za­ti i semi dopo aver su­bi­to una fer­men­ta­zio­ne che pro­vo­ca delle im­por­tan­ti tra­sfor­ma­zio­ni chi­mi­che. Gli altri in­gre­dien­ti uti­liz­za­ti per fare l’im­pa­sto ini­zia­le va­ria­no molto a se­con­do del tipo di cioc­co­la­to che si vuole ot­te­ne­re. In que­sto caso ana­liz­ze­re­mo una clas­si­ca ta­vo­let­ta al latte. L’im­pa­sto ini­zia­le sarà così for­ma­to:

  • Zuc­che­ro: lo zuc­che­ro ag­giun­to è il sac­ca­ro­sio, deve es­se­re estre­ma­men­te puro e in forma cri­stal­li­na per­ché, se fosse in forma amor­fa, si avreb­be un fe­no­me­no detto presa in massa, che ne rende molto dif­fi­ci­le la do­sa­tu­ra.
  • Li­quo­re di cacao: è il ri­sul­ta­to di un pro­ces­so ef­fet­tua­to sulle fave di cacao. Que­ste ven­go­no es­sic­ca­te, fran­tu­ma­te, pa­sto­riz­za­te e to­sta­te ot­te­nen­do il li­quo­re di cacao. Que­sto è un pro­ces­so che nor­mal­men­te viene fatto nei paesi di ori­gi­ne.
  • Burro di cacao: dalla spre­mi­tu­ra a caldo del li­quo­re di cacao si ot­ten­go­no due pro­dot­ti: il burro di cacao e la pol­ve­re di cacao (parte so­li­da). Anche que­sto pro­ce­di­men­to viene fatto nei paesi d’o­ri­gi­ne.
    Latte in pol­ve­re: si può ot­te­ne­re con vari me­to­di. In que­sto caso, sic­co­me lo zuc­che­ro nel cioc­co­la­to non deve es­se­re in forma amor­fa, il latte viene es­sic­ca­to col me­to­do “rol­ler” che lo fa ri­ma­ne­re in forma cri­stal­li­na.
  • Le­ci­ti­na: svol­ge la fun­zio­ne di emul­sio­nan­te. Serve cioè a te­ne­re omo­ge­nea una mi­sce­la for­ma­ta da due o più so­stan­ze im­mi­sci­bi­li tra loro.
  • Noc­cio­le to­sta­te: pos­so­no es­se­re pre­sen­ti o meno.

Da no­ta­re che nel cioc­co­la­to bian­co non è pre­sen­te il li­quo­re di cacao.

Il pro­ces­so pro­dut­ti­vo del cioc­co­la­to quin­di si com­po­ne delle se­guen­ti fasi:

  • Mi­sce­la­zio­ne degli im­pa­sti: in que­sta fase si ha un me­sco­la­men­to di tutte le com­po­nen­ti ed è qui che si ini­zia a crea­re la strut­tu­ra del cioc­co­la­to. Si dice anche che in que­sta fase si “bagna” il burro di cacao con gli altri in­gre­dien­ti. Alla fine di que­sta ope­ra­zio­ne l’im­pa­sto ha una tem­pe­ra­tu­ra di 38 – 40°C.
  • Pre­raf­fi­na­zio­ne: ef­fet­tua­ta per mezzo di pre­raf­fi­na­tri­ci con­si­ste nel far pas­sa­re il cioc­co­la­to da dei rulli in modo da ri­dur­re le di­men­sio­ni dei gra­nu­li di sac­ca­ro­sio da 1500 mi­cron a 130 – 200 mi­cron.
  • Raf­fi­na­zio­ne: ef­fet­tua­ta per mezzo di raf­fi­na­tri­ci. L’o­biet­ti­vo in que­sto caso è ri­dur­re ul­te­rior­men­te la di­men­sio­ne dei gra­nu­li di sac­ca­ro­sio pas­san­do così da 130 – 200 mi­cron a 15 – 25 mi­cron.
  • Con­cag­gio: Dopo le due raf­fi­na­zio­ni il cioc­co­la­to è in forma di fioc­chi sec­chi e bri­cio­le. E’ in que­sta fase che si ori­gi­na­no le ca­rat­te­ri­sti­che reo­lo­gi­che e di aroma/sa­po­re/fla­vour del pro­dot­to fi­ni­to. Con­si­ste in una mi­sce­la­zio­ne a tem­pe­ra­tu­re su­pe­rio­ri ai 60°C per 10 – 12 ore. Al ter­mi­ne di que­sta fase si ot­tie­ne il cioc­co­la­to fuso che deve ri­ma­ne­re tale fino alla for­ma­tu­ra. La sbri­cio­la­tu­ra del pro­dot­to fi­ni­to è in­di­ce di con­cag­gio non suf­fi­cien­te.
  • Tem­pe­rag­gio: Con que­sta fase si sta­bi­liz­za il burro di cacao. Il burro di cacao in­fat­ti può so­li­di­fi­ca­re in 4 forme cri­stal­li­ne:

    γ (gamma) con punto di fu­sio­ne a 16 – 18°C
    α (alfa) con punto di fu­sio­ne a 21 – 24°C
    β’ (beta primo) con punto di fu­sio­ne a 27 – 29°C
    β (beta) con punto di fu­sio­ne a 34 – 35°C

    Lo scopo del tem­pe­rag­gio è quel­lo di ar­ri­va­re ad ot­te­ne­re i cri­stal­li di burro di cacao uni­ca­men­te in forma beta, cioè con punto fu­sio­ne più ele­va­to. Per fare ciò ven­go­no uti­liz­za­ti degli scam­bia­to­ri di ca­lo­re a su­per­fi­cie ra­schia­ta che ini­zial­men­te fanno ar­ri­va­re il cioc­co­la­to ad una tem­pe­ra­tu­ra di 50°C, suc­ces­si­va­men­te si ha un raf­fred­da­men­to a 27°C, dove si ot­ten­go­no cri­stal­li in forma beta e beta primo, ed in­fi­ne per ot­te­ne­re tutti cri­stal­li in forma beta (la più ter­mo­re­si­sten­te), si ha un in­nal­za­men­to della tem­pe­ra­tu­ra a 32°C. Que­sta ope­ra­zio­ne è par­ti­co­lar­men­te im­por­tan­te per­ché evita un di­fet­to del cioc­co­la­to, chia­ma­to “fat-bloom”, che po­treb­be svi­lup­par­si du­ran­te la con­ser­va­zio­ne. Il fat-bloom con­si­ste nel fatto che il burro di cacao, se non fosse tutto in forma beta, po­treb­be fon­de­re du­ran­te la con­ser­va­zio­ne e dif­fon­der­si verso l’e­ster­no della ta­vo­let­ta ri­cri­stal­liz­zan­do e cau­san­do degli im­bian­ca­men­ti su­per­fi­cia­li. Le cause del fat-bloom sono i lun­ghi tempi di stoc­cag­gio e gli shock ter­mi­ci sopra i 30°C.

  • For­ma­tu­ra: è la fase in cui i pro­dut­to­ri di cioc­co­la­to in­no­va­no mag­gior­men­te. Si va in­fat­ti dalla clas­si­ca ta­vo­let­ta ai cioc­co­la­ti­ni con gu­scio duro e in­ter­no mor­bi­do.

Du­ran­te la con­ser­va­zio­ne il prin­ci­pa­le pro­ble­ma è dato dallo “su­gar-bloom”. Come il fat-bloom pro­vo­ca an­ch’es­so una pa­ti­na su­per­fi­cia­le bian­ca­stra. In que­sto caso però la pa­ti­na su­per­fi­cia­le è sab­bio­sa al tatto ed è do­vu­ta a con­den­sa­zio­ne di acqua sulla su­per­fi­cie che ri­chia­ma lo zuc­che­ro dagli stra­ti in­ter­ni. Quan­do l’ac­qua eva­po­ra nuo­va­men­te il sac­ca­ro­sio torna alla forma cri­stal­li­na ori­gi­nan­do la pa­ti­na bian­ca­stra. Il con­ti­nuo pas­sag­gio da am­bien­ti caldi ad am­bien­ti fred­di fa­vo­ri­sce lo su­gar-bloom.

Cioccolato solido
Cioc­co­la­to so­li­do (foto Marco Mar­ti­ni)

Marco Mar­ti­ni, lau­rea­to in Scien­ze e Tec­no­lo­gie Ali­men­ta­ri pres­so la Fa­col­tà di Agra­ria di Fi­ren­ze, è lau­rean­do al corso di lau­rea ma­gi­stra­le in Ge­stio­ne della qua­li­tà dei pro­dot­ti ali­men­ta­ri. Cur­ri­cu­lum vitae >>>

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