Con­di­vi­di l'ar­ti­co­lo
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di Fran­ce­sco Ma­ri­no

 

In Ita­lia  ven­go­no al­le­va­ti  9 mi­lio­ni di capi ovini, la metà  è al­le­va­ta in Sar­de­gna, dove rap­pre­sen­ta una gros­sa fetta della PLV agri­co­la. Pur­trop­po anche se i nu­me­ri sono in­te­res­san­ti, la no­stra Na­zio­ne è de­fi­ci­ta­ria  sui pro­dot­ti del­l’o­vi­ni­col­tu­ra. Gran­di quan­ti­ta­ti­vi di carne (55-60%) e in mi­su­ra mi­no­re di latte, ven­go­no im­por­ta­ti da Paese terzi, dove si­cu­ra­men­te la qua­li­tà non rag­giun­ge l’ec­cel­len­za ita­lia­na. L’at­tua­le si­tua­zio­ne zoo­tec­ni­ca po­treb­be in­vo­glia­re molti  gio­va­ni im­pren­di­to­ri agri­co­li ita­lia­ni ad in­tra­pren­de­re  que­sta at­ti­vi­tà, sa­pen­do che nel mer­ca­to agroa­li­men­ta­re ita­lia­no ci po­treb­be­ro es­se­re ampi spazi di ma­no­vra e forse di­scre­ti mar­gi­ni di gua­da­gni, non es­sen­do­ci quote latte da ri­spet­ta­re e aven­do a di­spo­si­zio­ne molte razze ovine au­toc­to­ne ec­cel­len­ti  da ri­va­lu­ta­re.
Na­tu­ral­men­te chi co­min­cia a  ci­men­tar­si  in un mondo af­fa­sci­nan­te come quel­lo dell’ ovi­ni­col­tu­ra  dovrà co­no­sce­re  al­me­no le tec­ni­che di con­du­zio­ne ba­si­la­ri e le ca­rat­te­ri­sti­che sa­lien­ti di que­sti splen­di­di ani­ma­li. Ve­dia­mo­le.
La pe­co­ra è un ani­ma­le che ama vi­ve­re in grup­po, tale ca­rat­te­ri­sti­ca fa­ci­li­ta no­te­vol­men­te tutte le ope­ra­zio­ni di mo­vi­men­ti del greg­ge (spo­sta­men­to nelle zone del pa­sco­lo, usci­ta e rien­tro al­l’o­vi­le e ai re­cin­ti, ecc.). In que­sti ani­ma­li non esi­ste una ca­po-grup­po, per­ché il primo che si muove è se­gui­to dagli altri, è abi­tu­di­na­rio e quin­di tende a se­gui­re gli stes­si per­cor­si e gli stes­si spo­sta­men­ti. Al pa­sco­lo si pos­so­no di­stin­gue­re due tipi di be­la­ti: quel­lo co­no­sciu­to da tutti (bee-bee), usato per la ri­chie­sta di cibo o di soc­cor­so, e uno altro più gut­tu­ra­le usato dalle pe­co­re madri per chia­ma­re l’a­gnel­lo e dai ma­schi “arie­ti” per chia­ma­re le fem­mi­ne in ca­lo­re. E’ un ani­ma­le mite, ma non pau­ro­so “come er­ro­nea­men­te si crede”, in­fat­ti, so­prat­tut­to in caso di di­fe­sa della prole, la madre at­tac­ca a testa bassa l’ag­gres­so­re e in certi casi rie­sce anche ad avere la me­glio. Come la mag­gior parte degli ani­ma­li, ha un buon fiuto, con il quale rie­sce a ri­co­no­sce­re  la pro­pria prole e le altre pe­co­re del greg­ge da even­tua­li pe­co­re estra­nee.
Gli ovini hanno i primi ca­lo­ri verso il 6°-7° mese di vita e il parto av­vie­ne dopo 150 gior­ni di ge­sta­zio­ne, se la pe­co­ra non è stata fe­con­da­ta, l’e­stro “quel­la fase del ciclo ova­ri­co in cui si ha l’o­vu­la­zio­ne e la fem­mi­na ac­cet­ta il ma­schio”, si ri­pe­te dopo 19-20 gior­ni  ed ha una du­ra­ta di 48 ore. I sin­to­mi del ca­lo­re sono poco evi­den­ti (be­la­ti fre­quen­ti, ar­ros­sa­men­to e scolo vul­va­re ecc.), ma l’ arie­te con il fiuto in­di­vi­dua  su­bi­to la pe­co­ra in estro (il salto dura pochi se­con­di, ma può com­pier­ne più di venti al gior­no). Le pe­co­re pre­sen­ta­no un’at­ti­vi­tà ri­pro­dut­ti­va sta­gio­na­le, con ini­zio du­ran­te l’ esta­te e ter­mi­ne du­ran­te l’ in­ver­no. La più  ele­va­ta per­cen­tua­le di sog­get­ti in estro si os­ser­va nel tardo au­tun­no. Anche gli arie­ti pos­so­no es­se­re con­si­de­ra­ti come ri­pro­dut­to­ri sta­gio­na­li, con un’at­ti­vi­tà ses­sua­le mas­si­ma alla fine del­l’e­sta­te e du­ran­te l’au­tun­no, in cor­ri­spon­den­za della di­mi­nu­zio­ne della du­ra­ta del gior­no; mi­ni­ma in in­ver­no e in  pri­ma­ve­ra  quan­do si as­si­ste all’ au­men­to della il­lu­mi­na­zio­ne diur­na.
Tra­scor­si i cin­que mesi di gra­vi­dan­za  la pe­co­ra, ma­ni­fe­sta sin­to­mi di ir­re­quie­tez­za be­lan­do e muo­ven­do­si di con­ti­nuo, ap­pa­re poi la borsa delle acque si­mi­le ad un pal­lo­ne tra­spa­ren­te e di li a 5 mi­nu­ti il pic­co­lo è gia fuori con il cor­do­ne om­be­li­ca­le spez­za­to.
La madre, in­co­min­cia a lec­car­lo e dopo pochi mi­nu­ti l’a­gnel­lo è in grado di stare in piedi, bar­col­lan­do si di­ri­ge per istin­to verso i due ca­pez­zo­li ma­ter­ni per sug­ger­ne il co­lo­stro, so­stan­za gial­lo­gno­la in­di­spen­sa­bi­le per l’a­zio­ne im­mu­ni­ta­ria  che pos­sie­de  in quan­to l’a­gnel­lo nasce senza an­ti­cor­pi e la man­ca­ta o ri­dot­ta as­sun­zio­ne di co­lo­stro ha come con­se­guen­za una più ele­va­ta mor­ta­li­tà degli agnel­li. La pe­co­ra se­cer­ne co­lo­stro per un pe­rio­do di tempo piut­to­sto ri­dot­to, tanto che già 48 ore dopo la com­po­si­zio­ne del se­cre­to è quasi co­stan­te e vi­ci­na a quel­la del latte nor­ma­le.
Il fatto che il mas­si­mo as­sor­bi­men­to di gam­ma-glo­bu­li­ne at­tra­ver­so le pa­re­ti in­te­sti­na­li del­l’a­gnel­lo av­vie­ne tra la 24ª e la 48ª ora dalla na­sci­ta , fanno ri­te­ne­re pos­si­bi­le l’ uti­liz­za­zio­ne del latte ar­ti­fi­cia­le “per chi vuole adot­ta­re tale pra­ti­ca” a par­ti­re dal terzo gior­no di vita, si con­si­de­ra così va­li­da la  se­pa­ra­zio­ne dell’ agnel­lo dalla madre all’ età  mas­si­ma di 2 gior­ni.
In se­gui­to va ali­men­ta­to per al­me­no 20-30 gior­ni con fa­ri­na lat­tea, som­mi­ni­stran­do a par­ti­re dal 10° gior­no  fieno di buona qua­li­tà e sfa­ri­na­ti. La pe­co­ra può es­se­re por­ta­ta al pa­sco­lo dopo un paio di gior­ni dal parto.
Gli ovini rie­sco­no  a ve­de­re anche di notte e ciò for­ni­sce spe­cial­men­te in esta­te  il pa­sco­la­men­to not­tur­no, molto utile per l’ac­cre­sci­men­to cor­po­reo e la pro­du­zio­ne di latte, con un te­no­re li­pi­di­co  più alto. Sono ani­ma­li  che non sop­por­ta­no il ca­lo­re del sole esti­vo (in tal caso si pro­teg­go­no te­nen­do la testa al­l’om­bra della pan­cia delle altre pe­co­re e tutte in­sie­me stan­no am­mas­sa­te allo stes­so modo), re­si­sto­no, in­ve­ce, bene alle basse tem­pe­ra­tu­re, per­ché co­per­te dal vello oltre che da uno stra­to di gras­so: la la­no­li­na (an­co­ra usata come base per creme di bel­lez­ze).
Sono ani­ma­li che pos­so­no vi­ve­re nor­mal­men­te fino a 12-14 anni, ma  in al­le­va­men­to pa­sto­ra­le  non su­pe­ra­no l’età mas­si­ma di 6-7 anni.
Sono ru­mi­nan­ti, e come tale, dopo aver ma­sti­ca­to in modo som­ma­rio il cibo, lo im­met­to­no nella ca­vi­tà ru­mi­na­le dove su­bi­sce una prima gros­so­la­na di­ge­stio­ne per poi tor­na­re, sotto forma di “boli di ri­gur­gi­to” nella ca­vi­tà boc­ca­le ove su­bi­sce la ma­sti­ca­zio­ne com­ple­ta, per poi pas­sa­re nel­l’o­ma­so dove in­co­min­cia la prima fase di di­ge­stio­ne vera e pro­pria.  La ca­pien­za del ru­mi­ne è di circa 35 litri (bo­vi­ni 200 litri). Come  tutti i ru­mi­nan­ti, gli ovini non pos­sie­do­no gli in­ci­si­vi su­pe­rio­ri, men­tre gli in­fe­rio­ri sono molto ta­glien­ti e ser­vo­no per re­ci­de­re l’er­ba al pa­sco­lo, a volte que­sta loro ca­rat­te­ri­sti­ca   pro­vo­ca lo scol­let­ta­men­to delle erbe, cau­san­do  l’im­po­ve­ri­men­to del co­ti­co er­bo­so. Una so­lu­zio­ne al pro­ble­ma sa­reb­be quel­la di pra­ti­ca­re il pa­sco­lo tur­na­to, che evita gli spre­chi e con­sen­te la stima della pro­dut­ti­vi­tà, del ciclo bio­lo­g­i­co e quin­di del ca­ri­co di be­stia­me per cia­scun pe­rio­do di pa­sco­lo. Il tempo di pa­sco­la­men­to dovrà va­ria­re se­con­do le sta­gio­ni e la quan­ti­tà di erba a di­spo­si­zio­ne, an­dan­do ad un mas­si­mo di 8-9 ore in esta­te ad un mi­ni­mo di 3-4 ore in pri­ma­ve­ra. E’ sem­pre con­ve­nien­te, quan­do è pos­si­bi­le, te­ne­re il greg­ge al­l’a­per­to  per que­stio­ni igie­ni­co- sa­ni­ta­rie e anche  per la con­ci­ma­zio­ne di­ret­ta ope­ra­ta dal greg­ge stes­so, con le deie­zio­ni so­li­de e li­qui­de “stab­bia­tu­ra” in campo.
Si ri­cor­da, che la pe­co­ra quan­do è sazia si ferma e si co­ri­ca per poi ri­pren­de­re a pa­sco­la­re dopo un’o­ra  o due; inol­tre agli ani­ma­li  che vanno al pa­sco­lo non bi­so­gna ta­glia­re la coda  per­chè pro­teg­ge la mam­mel­la dai rovi, vanno to­sa­te  al­me­no 1-2 volte l’an­no (mag­gio-set­tem­bre), per­ché con­sen­te una mi­glio­re pu­li­zia e un mag­gio­re be­nes­se­re del­l’a­ni­ma­le.
Nor­mal­men­te sa di­stin­gue­re bene le pian­te ve­le­no­se o tos­si­che dalle altre. Ap­pe­ti­sce bene quasi tutte le erbe, ma ri­fiu­ta le gra­mi­na­cee alte e li­gni­fi­ca­te.  I mo­men­ti utili della gior­na­ta al pa­sco­la­men­to vanno scel­ti  in modo da evi­ta­re quel­li trop­po umidi del mat­ti­no o quel­li trop­po as­so­la­ti del  pieno gior­no. Se il pa­sco­lo è verde, la pe­co­ra non è in­vo­glia­ta a bere, ma es­sen­do un ani­ma­le che non beve molto, è ne­ces­sa­rio che abbia sem­pre a di­spo­si­zio­ne, so­prat­tut­to den­tro l’o­vi­le,  acqua pu­li­ta e non trop­po fred­da.
Nel­l’o­vi­le, la let­tie­ra va sem­pre te­nu­ta pu­li­ta e asciut­ta con l’ag­giun­ta di pa­glia al­me­no una volta la set­ti­ma­na, va ri­mos­sa ogni 12 mesi, e spar­sa sul ter­re­no prima del­l’a­ra­tu­ra, così da ot­te­ne­re una con­ci­ma­zio­ne or­ga­ni­ca utile per le  erbe  fo­rag­gie­re  da met­te­re a di­spo­si­zio­ne degli ovini stes­si.

 

Fran­ce­sco Ma­ri­no, lau­rea­to in Scien­ze Agra­rie ad in­di­riz­zo Zoo­tec­ni­co pres­so l’U­ni­ver­si­tà di Fi­ren­ze e iscrit­to al­l’or­di­ne dei Dot­to­ri Agro­no­mi di Fi­ren­ze, è at­tual­men­te Di­ret­to­re Tec­ni­co del­l’U­GC-Ci­sl (Unio­ne Ge­ne­ra­le Col­ti­va­to­ri)  della pro­vin­cia di Fi­ren­ze  e di­ri­gen­te sin­da­ca­le. Cur­ri­cu­lum vitae >>>

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