Con­di­vi­di l'ar­ti­co­lo
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di Paola San­te­ra­mo

Parco Agricolo Sud Milano
Parco Na­tu­ra­le Re­gio­na­le Agri­co­lo Sud Mi­la­no
(foto Toni Ni­co­li­ni www.​provincia.​milano.​it/​parcosud)

Le aree pe­riur­ba­ne sono de­sti­na­te ad as­su­me­re sem­pre mag­gio­re im­por­tan­za nello svi­lup­po sia delle città che del­l’a­gri­col­tu­ra. Esse in­fat­ti su­bi­sco­no ne­ga­ti­va­men­te l’in­flus­so dello svi­lup­po ur­ba­no at­tra­ver­so la pro­gres­si­va ri­du­zio­ne dei ter­ri­to­ri agri­co­li col­ti­va­bi­li ed un’ac­cen­tua­ta pe­na­liz­za­zio­ne delle pro­du­zio­ni.
La vi­ci­nan­za della città può of­fri­re però op­por­tu­ni­tà im­por­tan­ti alle azien­de agri­co­le le­ga­te alla pros­si­mi­tà di un po­ten­zia­le mer­ca­to, at­tra­ver­so:
 – l’ac­ces­so a pro­dot­ti ali­men­ta­ri fre­schi e di qua­li­tà e a ser­vi­zi per i cit­ta­di­ni e per gli enti lo­ca­li;
 – il con­tri­bu­to alla ri­du­zio­ne del tasso d’in­qui­na­men­to e mi­glio­ra­men­to del bi­lan­cio ener­ge­ti­co;
 – il con­tri­bu­to alla crea­zio­ne del pae­sag­gio.

Per se­co­li l’a­gri­col­tu­ra e l’e­co­si­ste­ma na­tu­ra­le hanno de­ter­mi­na­to e ca­rat­te­riz­za­to il pae­sag­gio con ampi oriz­zon­ti (zone col­ti­va­te) o bui cor­ri­doi (zone bo­sca­te). Con l’av­ven­to del­l’in­du­stria e il con­se­guen­te spo­po­la­men­to delle cam­pa­gne e la for­ma­zio­ne di gran­di cen­tri abi­ta­ti senza quasi più con­fi­ni (si pensi ad esem­pio, alla “città li­nea­re”), l’a­gri­col­tu­ra su­bi­sce il pae­sag­gio del “co­strui­to”, ov­ve­ro perde di vi­si­bi­li­tà e di­ven­ta un qual­che cosa che si sa che esi­ste ma che va cer­ca­to. Oggi la
di­slo­ca­zio­ne e la ri­du­zio­ne del­l’at­ti­vi­tà in­du­stria­le e l’av­ven­to dei ser­vi­zi ter­ri­to­ria­li quali la lo­gi­sti­ca, i cen­tri com­mer­cia­li e le fiere nel loro com­ples­so, non danno spa­zio al­l’a­gri­col­tu­ra,
sem­mai ne ero­do­no ul­te­rior­men­te il ruolo e la pre­sen­za. Essa, una volta per­ce­pi­ta come at­ti­vi­tà che con­sen­ti­va di sfa­ma­re la po­po­la­zio­ne, è ora con­si­de­ra­ta come oc­cu­pa­tri­ce tem­po­ra­nea del ter­ri­to­rio in at­te­sa di nuove e più red­di­ti­zie at­ti­vi­tà. Il “nuovo” in­ter­vie­ne a mo­di­fi­ca­re il con­te­sto ur­ba­no e pe­riur­ba­no, im­po­nen­do­si nel pae­sag­gio e l’a­gri­col­tu­ra nei cen­tri ur­ba­ni ri­sul­ta sem­pre più mar­gi­na­liz­za­ta.
Le aree agri­co­le di pros­si­mi­tà ur­ba­na sono sot­to­po­ste oggi ad una pres­sio­ne ec­ce­zio­na­le quale
con­se­guen­za del­l’e­span­sio­ne del­l’ur­ba­niz­za­to e delle in­fra­strut­tu­re ad esso col­le­ga­te. Tale pres­sio­ne
con­di­zio­na e li­mi­ta l’im­pren­di­to­ria agri­co­la pre­sen­te su que­ste aree at­tra­ver­so lo spez­zet­ta­men­to dei
fondi, l’a­bu­si­vi­smo, l’in­cer­tez­za con­trat­tua­le, il pro­ble­ma della si­cu­rez­za.
In real­tà la vi­ci­nan­za della città può of­fri­re op­por­tu­ni­tà im­por­tan­ti alle azien­de agri­co­le le­ga­te alla do­man­da di un po­ten­zia­le mer­ca­to, quali la ri­chie­sta di qua­li­tà e si­cu­rez­za dei pro­dot­ti ali­men­ta­ri, di frui­zio­ne del ter­ri­to­rio e di ser­vi­zi di qua­li­tà am­bien­ta­le.
Il man­te­ni­men­to di un tes­su­to con­so­li­da­to di con­nes­sio­ne tra la città e la cam­pa­gna, at­tra­ver­so il con­tri­bu­to di un’a­gri­col­tu­ra so­ste­ni­bi­le e for­te­men­te re­la­zio­na­ta con il ter­ri­to­rio ur­ba­no, può es­se­re con­si­de­ra­to un “bi­so­gno” in ter­mi­ni di qua­li­tà del vi­ve­re, aven­te per lo meno pari ti­to­lo ri­spet­to ad altri bi­so­gni come, i tra­spor­ti, la casa, etc.
Per­tan­to gli spazi agri­co­li de­vo­no es­se­re ri­co­no­sciu­ti sul piano so­cia­le, po­li­ti­co ed am­mi­ni­stra­ti­vo e
tu­te­la­ti con azio­ni e norme spe­ci­fi­che pe­cu­lia­ri per que­sto tipo di agri­col­tu­ra; inol­tre è ne­ces­sa­rio che le aree me­tro­po­li­ta­ne siano do­ta­te di ef­fi­ca­ci stru­men­ti di pia­ni­fi­ca­zio­ne, di as­set­to ter­ri­to­ria­le e di ri­sor­se fi­nan­zia­rie per evi­ta­re che le aree agri­co­le pe­riur­ba­ne siano sot­to­po­ste a pro­ces­si di ur­ba­niz­za­zio­ne tali da com­pro­met­ter­ne l’e­si­sten­za come tes­su­to or­ga­ni­co.

Il 26 no­vem­bre 2007 si è te­nu­to a Mi­la­no il Con­ve­gno Na­zio­na­le “Pro­du­zio­ne agri­co­la e nuovi pae­sag­gi”, prima ini­zia­ti­va pub­bli­ca dell’ IST­VAP, l’I­sti­tu­to per la tu­te­la e la va­lo­riz­za­zio­ne del­l’a­gri­col­tu­ra pe­riur­ba­na. IST­VAP nasce nel marzo del 2007 come esi­gen­za di svi­lup­po di un la­vo­ro por­ta­to avan­ti dalla Cia di Mi­la­no e Lodi con la col­la­bo­ra­zio­ne della Fon­da­zio­ne Po­li­tec­ni­co e della Fa­col­tà di Agra­ria di Mi­la­no. Alla base della na­sci­ta del­l’IST­VAP c’è la vo­lon­tà di tu­te­la­re e va­lo­riz­za­re le at­ti­vi­tà agri­co­le, svol­te in pros­si­mi­tà delle aree ur­ba­ne e me­tro­po­li­ta­ne, for­te­men­te in­fluen­za­te dalla pres­sio­ne dello svi­lup­po delle città e delle in­fra­strut­tu­re ad esso col­le­ga­te. L’I­sti­tu­to si fonda sul prin­ci­pio del nuovo ruolo del­l’a­gri­col­tu­ra non solo pro­dut­tri­ce di ali­men­ti, ma anche de­po­si­ta­ria di va­lo­ri e di stili di vita da re­cu­pe­ra­re e inol­tre ca­pa­ce di ge­sti­re in modo
equi­li­bra­to le ri­sor­se na­tu­ra­li e am­bien­ta­li, ri­sor­se li­mi­ta­te e non ri­pro­du­ci­bi­li, per gli abi­tan­ti della città e dei ter­ri­to­ri ur­ba­niz­za­ti.

Con­ve­gno “Pro­du­zio­ne agri­co­la e nuovi pae­sag­gi” – In­ter­ven­to di Paola San­te­ra­mo
Il tema del con­ve­gno sin­te­tiz­za una delle prin­ci­pa­li que­stio­ni della agri­col­tu­ra ita­lia­na: come i cam­bia­men­ti in­dot­ti nella pro­du­zio­ne agri­co­la dalle tra­sfor­ma­zio­ni del ter­ri­to­rio ur­ba­no e da fe­no­me­ni de­ri­van­ti dalla glo­ba­liz­za­zio­ne, si ri­flet­to­no sul pae­sag­gio.
E’ certo in­fat­ti che sul­l’a­gri­col­tu­ra e sul ter­ri­to­rio agri­co­lo si sono ri­ver­sa­te e si ri­ver­se­ran­no gli ef­fet­ti di tra­sfor­ma­zio­ni pro­fon­de a li­vel­lo re­gio­na­le, na­zio­na­le e in­ter­na­zio­na­le con di­na­mi­che anche con­trad­dit­to­rie:
1. il con­su­mo di suolo e delle altre ri­sor­se na­tu­ra­li a causa dello svi­lup­po ur­ba­ni­sti­co
2. lo svi­lup­po della do­man­da mon­dia­le di pro­dot­ti agri­co­li
3. l’im­pie­go di pro­dot­ti e suoli agri­co­li per la pro­du­zio­ne di ener­gia

1. Il con­su­mo di suolo
Sul tema del con­su­mo di suolo dob­bia­mo pren­de­re atto e ri­co­no­sce­re che non è pos­si­bi­le in­di­vi­dua­re un solo re­spon­sa­bi­le. In­fat­ti il ter­ri­to­rio agri­co­lo è con­si­de­ra­to co­mu­ne­men­te come ter­ri­to­rio li­be­ro, cioè in at­te­sa di es­se­re riem­pi­to, oc­cu­pa­to, col­ma­to.
Non par­lia­mo solo del­l’a­bu­si­vi­smo, an­ti­co male ita­lia­no che pren­de di mira al­cu­ni luo­ghi della no­stra pe­ni­so­la ma del con­su­mo le­ga­le di suolo, quel­lo che viene au­to­riz­za­to in virtù di va­rian­ti e piani ur­ba­ni­sti­ci, che espan­de man mano i con­fi­ni delle città e rea­liz­za in­fra­strut­tu­re ir­ra­zio­na­li che poi col­le­ga con stra­de e au­to­stra­de e bre­tel­le crean­do non luo­ghi e can­cel­lan­do va­lo­ri iden­ti­ta­ri.
Una serie di fat­to­ri con­cor­ro­no a que­sto uso dis­si­pa­ti­vo del suolo. Da un lato la pia­ni­fi­ca­zio­ne so­li­ta­ria di mi­glia­ia di co­mu­ni che gra­zie allo svi­lup­po im­mo­bi­lia­re tam­po­na­no nel breve ter­mi­ne i loro pro­ble­mi di bi­lan­cio gra­zie agli oneri di ur­ba­niz­za­zio­ne e al­l’ap­pli­ca­zio­ne del­l’I­CI che per i pic­co­li co­mu­ni può ar­ri­va­re a rap­pre­sen­ta­re oltre il 50% delle en­tra­te.
E’ forte la man­can­za di un li­vel­lo di pia­ni­fi­ca­zio­ne su una scala ter­ri­to­ria­le più vasta. Come del resto la cre­sci­ta di va­lo­re dei suoli non è un fe­no­me­no na­tu­ra­le ma la con­se­guen­za di de­ci­sio­ni ur­ba­ni­sti­che. Né si può co­mun­que igno­ra­re che molto del co­strui­to è inu­ti­liz­za­to (ca­pan­no­ni, pa­laz­zi ad uso uf­fi­cio, case).
Anche la pro­po­sta delle città ver­ti­ca­li, cir­con­da­te da verde ur­ba­no non ri­du­ce il con­su­mo di suolo. Il poco verde messo a di­spo­si­zio­ne dei cit­ta­di­ni non com­pen­sa il verde che viene in­ve­ce di­vo­ra­to dallo svi­lup­po degli in­se­dia­men­ti dif­fu­si e dalle in­fra­strut­tu­re con­nes­se.
Oc­cor­re dire del resto che l’a­gri­col­tu­ra pe­riur­ba­na è il vaso di coc­cio tra vasi di ferro. Fino ad oggi nes­sun prov­ve­di­men­to è stato preso per tu­te­la­re l’a­gri­col­tu­ra pro­dut­ti­va nei pres­si delle città, ad esem­pio la nuova PAC ha esclu­so le azien­de agri­co­le com­pre­se nei ter­ri­to­ri ur­ba­ni con den­si­tà di
po­po­la­zio­ne su­pe­rio­re ai 200 abi­tan­ti qua­dra­to dai fi­nan­zia­men­ti de­sti­na­ti alla mul­ti­fun­zio­na­li­tà (Asse III). E’ pro­prio in que­sti poli ur­ba­ni che le fun­zio­ne del­l’a­gri­col­tu­ra sono im­por­tan­ti per­ché co­sti­tui­sco­no una bar­rie­ra al­l’in­qui­na­men­to, un mer­ca­to di pros­si­mi­tà di pro­dot­ti fre­schi, un sup­por­to per lo svol­gi­men­to di ser­vi­zi utili alla città e ai cit­ta­di­ni come la ma­nu­ten­zio­ne del verde e l’of­fer­ta di ser­vi­zi tu­ri­sti­co ri­crea­ti­vi. Ac­ca­de in­ve­ce che piut­to­sto che con­ti­nua­re la pro­pria at­ti­vi­tà molti im­pren­di­to­ri ce­do­no di fron­te alla pro­po­sta di ven­de­re o fug­go­no di fron­te alle pro­te­ste di cit­ta­di­ni in­fa­sti­di­ti dalle at­ti­vi­tà agri­co­le.
L’at­ti­vi­tà di con­du­zio­ne agri­co­la ga­ran­ti­sce la ma­nu­ten­zio­ne del 40% del ter­ri­to­rio na­zio­na­le e la
so­prav­vi­ven­za di al­cu­ni dei con­te­sti am­bien­ta­li più rap­pre­sen­ta­ti­vi del paese.
La terra è del resto solo uno degli ele­men­ti sog­get­ti a con­ti­nua di­stru­zio­ne.
Anche acqua e aria non stan­no me­glio, anzi per esse l’i­dea di una di­spo­ni­bi­li­tà il­li­mi­ta­ta è an­co­ra più forte. La ri­du­zio­ne delle ri­ser­ve d’ac­qua, a causa dei cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci si ac­com­pa­gna al­l’u­so dis­sen­na­to della stes­sa, im­bri­glia­ta a monte da un sem­pre mag­gior nu­me­ro di ope­ra­to­ri e de­via­ta a valle dagli in­ter­ven­ti edi­li­zi, così che ogni anno la di­spo­ni­bi­li­tà per la pro­du­zio­ne agri­co­la è sem­pre più in­cer­ta.
L’a­gri­col­tu­ra ir­ri­gua ha una ri­le­van­za eco­no­mi­ca e so­cia­le e im­por­tan­ti ri­ca­du­te sul vasto in­dot­to, sulla fi­lie­ra agro ali­men­ta­re e sul­l’oc­cu­pa­zio­ne; stret­ta­men­te con­nes­so alla va­lu­ta­zio­ne eco­no­mi­ca deve es­se­re con­si­de­ra­to il ruolo fon­da­men­ta­le del­l’ir­ri­ga­zio­ne sul­l’as­set­to ter­ri­to­ria­le, prin­ci­pal­men­te at­tra­ver­so il rim­pin­gua­men­to delle falde idri­che sot­ter­ra­nee cui at­tin­go­no anche le altre uti­liz­za­zio­ni ci­vi­li ed in­du­stria­li, i riusi e gli usi plu­ri­mi delle acque ir­ri­gue e lo sgron­do delle acque me­teo­ri­che pro­ve­nien­ti dai cen­tri abi­ta­ti, dalle in­du­strie e dalle gran­di in­fra­strut­tu­re (au­to­stra­de e fer­ro­vie). Ma di non mi­no­re im­por­tan­za sono i va­lo­ri na­tu­ra­li, pae­sag­gi­sti­ci, sto­ri­ci, tra­di­zio­na­li e cul­tu­ra­li dei ter­ri­to­ri di an­ti­ca ir­ri­ga­zio­ne, va­lo­ri che è pos­si­bi­le tu­te­la­re sol­tan­to at­tra­ver­so la pre­sen­za di una agri­col­tu­ra ir­ri­gua eco­no­mi­ca­men­te so­ste­ni­bi­le.
L’uso del­l’a­ria è an­co­ra più dis­sen­na­to. Nelle città i tassi d’in­qui­na­men­to su­pe­ra­no am­pia­men­te i li­mi­ti con­sen­ti­ti men­tre l’a­gri­col­tu­ra che po­treb­be con­tri­bui­re ad as­sor­bi­re quote im­por­tan­ti di CO2 viene sem­pre più al­lon­ta­na­ta da esse.
In que­sto qua­dro la si­tua­zio­ne della Re­gio­ne Lom­bar­dia desta non poche pre­oc­cu­pa­zio­ni per il con­su­mo estre­mo di suolo in al­cu­ne aree, ormai pros­si­mo al cento per cento, per l’e­le­va­to tasso d’in­qui­na­men­to, per il ruolo che la Re­gio­ne Lom­bar­dia vuole ri­ser­var­si nei con­flit­ti tra par­chi e co­mu­ni.
Ep­pu­re la Lom­bar­dia è al primo posto tra le re­gio­ni ita­lia­ne in ter­mi­ni di con­tri­bu­to alla pro­du­zio­ne agri­co­la e a va­lo­re ag­giun­to na­zio­na­le. La fi­lie­ra latte conta 18.000 ad­det­ti e 421 unità pro­dut­ti­ve, è al primo posto a li­vel­lo na­zio­na­le. La fi­lie­ra carni conta 12.00 ad­det­ti e 592 unità pro­dut­ti­ve. La
fi­lie­ra vino 8.800 ad­det­ti e 219 unità pro­dut­ti­ve. Se poi pren­dia­mo in con­si­de­ra­zio­ne tutte le fi­lie­re agroa­li­men­ta­ri ar­ri­via­mo a 200.000 ad­det­ti nella sola Lom­bar­dia. Il latte lom­bar­do, che ai pro­dut­to­ri viene pa­ga­to circa 35 cen­te­si­mi al con­su­mo rag­giun­ge 1.45 e gran parte di esso viene de­sti­na­to alle pro­du­zio­ni di for­mag­gi Dop (grana pa­da­no, gor­gon­zo­la, pro­vo­lo­ne, par­mi­gia­no reg­gia­no, ta­leg­gio, quar­ti­ro­lo, ca­se­ra, bitto, for­mai de mut). Tutto que­sto pa­tri­mo­nio ri­schia di an­da­re perso.

2. Lo svi­lup­po della do­man­da mon­dia­le di pro­dot­ti agri­co­li
A par­ti­re da pochi mesi, i prez­zi dei pro­dot­ti agri­co­li e del latte hanno ri­pre­so a cre­sce­re dopo anni di im­mo­bi­li­smo. Una cre­sci­ta che oltre a con­tri­bui­re ad una ri­pre­sa del­l’in­fla­zio­ne mette in di­scus­sio­ne le diete ali­men­ta­ri di al­cu­ni paesi.
Alla base di ciò l’au­men­to della do­man­da di pro­dot­ti ali­men­ta­ri da parte di Cina e India che, gra­zie a tassi di cre­sci­ta sem­pre più ele­va­ti, si sono av­via­ti a mo­del­li di con­su­mi ali­men­ta­ri sem­pre più si­mi­li a quel­li oc­ci­den­ta­li dando luogo a una ri­chie­sta di ma­te­rie prime, come il latte, il fru­men­to, il mais.
A li­vel­lo eu­ro­peo la so­spen­sio­ne del set aside, cioè dei ter­re­ni da met­te­re a ri­po­so se­gna­la im­prov­vi­sa­men­te i li­mi­ti della PAC im­ma­gi­na­ta in una fase ormai su­pe­ra­ta dagli ul­ti­mi av­ve­ni­men­ti
Im­prov­vi­sa­men­te viene meno una delle cer­tez­ze dei paesi ric­chi, quel­la della di­spo­ni­bi­li­tà il­li­mi­ta­ta di cibo. La cre­sci­ta delle ri­chie­ste ali­men­ta­ri delle nuove eco­no­mie e il pre­va­le­re di pre­fe­ren­ze ideo­lo­gi­che o re­li­gio­se nella scel­ta dei part­ner com­mer­cia­li, in modo in­di­pen­den­te dal po­te­re di
ac­qui­sto, po­treb­be farci ri­piom­ba­re in una fase di ca­ren­za di cibo.
Que­sti sce­na­ri ri­lan­cia­no il prin­ci­pio della ga­ran­zia del­l’ap­prov­vi­gio­na­men­to ali­men­ta­re in ter­mi­ni di si­cu­rez­za e quan­ti­tà e quin­di la ne­ces­si­tà di azien­de agri­co­le ef­fi­cien­ti.

3. L’im­pie­go di pro­dot­ti e suoli agri­co­li per la pro­du­zio­ne di ener­gia
Le fonti ener­ge­ti­che rin­no­va­bi­li di ori­gi­ne agri­co­la sono di­ret­ta­men­te com­mi­su­ra­te alla di­spo­ni­bi­li­tà delle su­per­fi­cie di ter­ri­to­rio col­ti­va­to. E’ ne­ces­sa­rio quin­di de­fi­ni­re delle prio­ri­tà che rea­liz­zi­no il mi­glior va­lo­re ag­giun­to per le im­pre­se agri­co­le fa­cen­do salva la so­ste­ni­bi­li­tà am­bien­ta­le e so­cia­le. Lo svi­lup­po delle agrie­ner­gie non può es­se­re rea­liz­za­to pe­na­liz­zan­do le altre fi­lie­re agri­co­le. Bi­so­gna met­te­re in atto po­li­ti­che che rea­liz­zi­no una cre­sci­ta equi­li­bra­ta delle agrie­ner­gie va­lo­riz­zan­do il pa­tri­mo­nio fo­re­sta­le, uti­liz­zan­do tutti gli scar­ti di pro­du­zio­ne come le po­ta­tu­re, le deie­zio­ni zoo­tec­ni­che e tutti gli altri pro­dot­ti e in­fi­ne re­cu­pe­ran­do le su­per­fi­ci a set aside per la pro­du­zio­ne di col­tu­re ener­ge­ti­che. Dob­bia­mo quin­di riaf­fer­ma­re il va­lo­re di una agri­col­tu­ra
pro­dut­ti­va e so­ste­ni­bi­le, che sap­pia co­niu­ga­re al pro­prio in­ter­no tutte le espres­sio­ni della mul­ti­fun­zio­na­li­tà, delle quali le agrie­ner­gie sono una parte im­por­tan­te ed in­no­va­ti­va.
Il pae­sag­gio
Quali ef­fet­ti avran­no i fe­no­me­ni e le ten­den­ze con­flig­gen­ti delle nuove pro­du­zio­ni sul pae­sag­gio, cioè quale pae­sag­gio agri­co­lo ci tro­ve­re­mo di fron­te nei pros­si­mi anni?
Al di là degli ef­fet­ti omeo­sta­ti­ci che la ri­pre­sa dei prez­zi e delle pro­du­zio­ni agri­co­le potrà avere sulla ri­con­si­de­ra­zio­ne del con­su­mo di suolo dob­bia­mo co­glie­re l’oc­ca­sio­ne per riaf­fer­ma­re il va­lo­re del pae­sag­gio come bene col­let­ti­vo più pre­zio­so, come luogo del­l’a­gri­col­tu­ra e come espres­sio­ne dei ca­rat­te­ri iden­ti­ta­ri del no­stro paese.
Non si trat­ta più di cosa si co­strui­sce, della qua­li­tà del co­strui­to, ma in­nan­zi­tut­to della sua quan­ti­tà e si trat­ta di met­te­re l’a­gri­col­tu­ra pro­dut­ti­va in grado di es­se­re pie­na­men­te co­scien­te delle sue pos­si­bi­li­tà.
Ab­bia­mo bi­so­gno di un cam­bia­men­to cul­tu­ra­le. Con­tra­sta­re de­fi­ni­ti­va­men­te la con­ce­zio­ne del ter­ri­to­rio agri­co­lo come ter­re­no li­be­ro da oc­cu­pa­re o da svuo­ta­re, come ri­sor­sa il­li­mi­ta­ta. Con­tra­sta­re l’i­dea che il pae­sag­gio sia un bene di cui sia suf­fi­cien­te un con­su­mo vir­tua­le, fo­to­gra­fi­co o che esso sia un bene im­por­ta­bi­le.
Ten­den­ze e in­ter­ven­ti
Ab­bia­mo bi­so­gno di gran­di cam­bia­men­ti. Co­di­ci e tu­te­la del pae­sag­gio e dei pae­sag­gi cer­ta­men­te,  ma in­nan­zi­tut­to un’a­gri­col­tu­ra pro­dut­ti­va come mi­glio­re ga­ran­zia della te­nu­ta del pae­sag­gio. Da que­sto punto la mul­ti­fun­zio­na­li­tà è un punto di par­ten­za ma essa è an­co­ra poco co­no­sciu­ta e so­ste­nu­ta. Manca an­co­ra lo svi­lup­po di un mo­del­lo im­pren­di­to­ria­le agri­co­lo per la sua dif­fu­sio­ne.
Serve una mag­gio­re col­la­bo­ra­zio­ne tra le di­sci­pli­ne. Ur­ba­ni­sti, ar­chi­tet­ti, agro­no­mi e eco­no­mi­sti che dia­lo­ghi­no e che sap­pia­no ri­co­no­sce­re la com­ple­men­ta­rie­tà dei dif­fe­ren­ti sa­pe­ri.
Serve un qua­dro di ri­fe­ri­men­to per i co­mu­ni che vo­glio­no sce­glie­re po­li­ti­che di svi­lup­po dif­fe­ren­ti e che con­si­de­ra­no il pae­sag­gio agri­co­lo in una fun­zio­ne di parco ur­ba­no, che ri­co­no­sco­no va­lo­re al pae­sag­gio me­dian­te oneri di ur­ba­niz­za­zio­ne anche più ele­va­ti che si tra­sfor­mi­no in mag­gio­ri ri­sor­se agli agri­col­to­ri per­ché mo­di­fi­chi­no le loro col­tu­re e ren­da­no frui­bi­li i loro campi ai cit­ta­di­ni. Pre­ve­de­re en­tra­te al­ter­na­ti­ve agli oneri di ur­ba­niz­za­zio­ne per quei co­mu­ni che tu­te­la­no il ter­ri­to­rio.
Ciò da­reb­be spa­zio na­tu­ral­men­te alla ven­di­ta di­ret­ta dei pro­dot­ti agri­co­li e ad una agri­col­tu­ra che es­sen­do di pros­si­mi­tà è for­te­men­te re­la­zio­na­ta con le città che usu­frui­reb­be­ro di pro­dot­ti fre­schi e ac­ces­si­bi­li.
L’a­gri­col­tu­ra oggi sta ri­ve­den­do anche i si­ste­mi di pro­du­zio­ne molto in­du­stria­liz­za­ti, ma oc­cor­re che le ri­sor­se na­tu­ra­li, e cioè terra ed acqua, non siano fat­to­ri li­mi­tan­ti per la pro­du­zio­ne agri­co­la, come sono nu­me­ro­si gli im­pren­di­to­ri agri­co­li che stan­no ri­co­struen­do i pae­sag­gi agra­ri con im­pian­ti di siepi e fi­la­ri ti­pi­ci e ri­co­sti­tu­zio­ne degli eco­si­ste­mi.
La rete
Con la co­sti­tu­zio­ne di IST­VAP ab­bia­mo preso co­scien­za di real­tà molto di­ver­se.
Cre­dia­mo sia giun­to il mo­men­to di met­te­re in rete le espe­rien­ze che in varie zone d’I­ta­lia si stan­no por­tan­do avan­ti. Nel­l’am­bi­to del Piano d’a­zio­ne della Rete Ru­ra­le Na­zio­na­le si po­treb­be pre­ve­de­re l’i­sti­tu­zio­ne di uno spe­ci­fi­co net­work te­ma­ti­co de­di­ca­to al­l’a­gri­col­tu­ra pe­riur­ba­na fa­cen­do leva
sulle di­ver­se espe­rien­ze rea­liz­za­te. Nel­l’am­bi­to della Pro­gram­ma­zio­ne delle ri­sor­se FAS 2007-2013 de­sti­na­te al Cen­tro-Nord si po­treb­be pre­ve­de­re la messa a punto un Pro­get­to Spe­cia­le di par­ti­co­la­re in­te­res­se stra­te­gi­co sulla Go­ver­nan­ce del Pae­sag­gio e degli spazi agri­co­li.
Nel men­tre pos­so­no es­se­re svol­ti al­cu­ni passi.
– Cen­si­men­to delle espe­rien­ze rea­liz­za­te dai dif­fe­ren­ti sog­get­ti (Uni­ver­si­tà, Isti­tu­zio­ni Lo­ca­li, Im­pren­di­to­ri agri­co­li, …)
– Cen­si­men­to delle espe­rien­ze este­re (Fran­cia, Olan­da, Ger­ma­nia,…)
– Co­stru­zio­ne di un data base e sua messa a di­spo­si­zio­ne
– Rea­liz­za­zio­ne di una piat­ta­for­ma web di ac­ces­so alle ri­sor­se e dif­fu­sio­ne delle in­for­ma­zio­ni
– Rea­liz­za­zio­ne di pro­ces­si di osmo­si e co­mu­ni­ca­zio­ne tra i dif­fe­ren­ti sog­get­ti (nuove fi­gu­re pro­fes­sio­na­li, nuovi ruoli nella PA,…)
– In­di­vi­dua­zio­ne di punti di ri­fe­ri­men­to sta­bi­li per la rete e per l’e­ster­no
– Or­ga­niz­za­zio­ne di av­ve­ni­men­ti pe­rio­di­ci di dif­fu­sio­ne degli stru­men­ti e della cul­tu­ra.
Per que­sto lan­cia­mo la pro­po­sta di una Rete na­zio­na­le delle espe­rien­ze di agri­col­tu­ra pe­riur­ba­na.

Con­clu­sio­ni
Il pae­sag­gio ru­ra­le ita­lia­no è il ri­sul­ta­to di una sto­ria mil­le­na­ria in cui molte ci­vil­tà e cul­tu­re di­ver­se si sono stra­ti­fi­ca­te, co­sti­tuen­do­ne l’i­den­ti­tà cul­tu­ra­le.
Un nu­me­ro ele­va­tis­si­mo di pian­te, di tec­ni­che di col­ti­va­zio­ne, di tec­ni­che ir­ri­gue che que­ste ci­vil­tà hanno por­ta­to in Ita­lia ren­den­do unico il no­stro pae­sag­gi agra­rio ita­lia­no. L’a­gri­col­tu­ra pro­dut­ti­va e la tu­te­la del pae­sag­gio non sono an­ti­te­ti­ci.
Il nuovo pae­sag­gio non può che es­se­re an­co­ra una volta l’in­sie­me delle iden­ti­tà cul­tu­ra­li, del gran nu­me­ro di bio­di­v­er­si­tà di spazi e di spe­cie crea­te, ag­giun­to alle pro­du­zio­ni di qua­li­tà, al tu­ri­smo ru­ra­le e ai ser­vi­zi del pae­sag­gio.
Il nuovo pae­sag­gio può es­se­re solo quel­lo del­l’a­gri­col­tu­ra pro­dut­ti­va, mul­ti­fun­zio­na­le, re­spon­sa­bi­le che con le sue fun­zio­ni col­la­bo­ra con le città.
Senza di essa non può es­ser­vi pae­sag­gio ma solo ter­ri­to­rio che molto pre­sto sarà preda del­l’in­cen­dio gri­gio. Certo sulle sorti di que­sta agri­col­tu­ra pe­sa­no con­trad­di­zio­ni, fe­no­me­ni in­ter­na­zio­na­li fuori dal no­stro con­trol­lo, fughe in avan­ti. Ciò ci im­po­ne di co­no­scer­la an­co­ra me­glio e di ca­pi­re che essa fa parte a pieno ti­to­lo del si­ste­ma eco­no­mi­co e in quan­to tale ne su­bi­sce con­se­guen­ze e con­di­zio­na­men­ti. Ma se il pae­sag­gio è il no­stro bene più pre­zio­so al­lo­ra l’a­gri­col­tu­ra in quan­to de­ter­mi­nan­te del pae­sag­gio lo è al­tret­tan­to.

Parco Agricolo Sud Milano
Parco Na­tu­ra­le Re­gio­na­le Agri­co­lo Sud Mi­la­no
(foto Toni Ni­co­li­ni www.​provincia.​milano.​it/​parcosud)

Paola San­te­ra­mo, Pre­si­den­te della CIA (Con­fe­de­ra­zio­ne Ita­lia­na Agri­col­to­ri di Mi­la­no e Lodi) e Pre­si­den­te del­l’IST­VAP, Isti­tu­to per la tu­te­la e la va­lo­riz­za­zio­ne del­l’a­gri­col­tu­ra pe­riur­ba­na.

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