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di Giu­sep­pe Ac­co­man­do

CLAS­SI­FI­CA­ZIO­NE DEI FO­RAG­GI
Gli ali­men­ti si clas­si­fi­ca­no in:
Ve­ge­ta­li (fo­rag­gi- semi di le­gu­mi­no­se e semi di gra­mi­na­cee);
Re­si­dui della la­vo­ra­zio­ne e mo­li­tu­ra dei ce­rea­li;
Re­si­dui del­l’e­stra­zio­ne del­l’o­lio dai semi oleo­si (soia- ra­viz­zo­ne- col­za- lino);
Re­si­dui delle altre in­du­strie (po­mo­do­ri- suc­chi di frut­ta- con­fet­tu­re- mar­mel­la­te- re­si­dui del co­to­ne);
Ani­ma­li (re­si­dui della la­vo­ra­zio­ne del latte);
Re­si­dui del­l’in­du­stria di tra­sfor­ma­zio­ne delle carni e dei pesci. 

Le spe­cie er­ba­cee di in­te­res­se zoo­tec­ni­co pos­so­no es­se­re ascrit­te a quat­tro fa­mi­glie, come ri­por­ta­to nella ta­vo­la. Negli ul­ti­mi 25 anni in Ita­lia si è re­gi­stra­ta la di­mi­nu­zio­ne della col­ti­va­zio­ne dei prati po­li­ti­ti, so­sti­tui­ti, nella pia­nu­ra pa­da­na, dal mais, di con­tro si è re­gi­stra­ta la ri­du­zio­ne del con­su­mo del fieno, con­tem­po­ra­nea­men­te si è in­cre­men­ta­to il con­su­mo di ali­men­ti con­cen­tra­ti e la su­per­fi­cie col­ti­va­ta ad erbai per l’in­si­la­men­to.  Oggi la si­tua­zio­ne na­zio­na­le è la se­guen­te: gli et­ta­ri col­ti­va­ti am­mon­ta­no a circa 9,1 mln, la pro­du­zio­ne, espres­sa in unità fo­rag­ge­re è di 22 mld, pari a circa 2.500 UF/ha. Il quan­ti­ta­ti­vo è suf­fi­cien­te a sod­di­sfa­re l’e­si­gen­za del no­stro pa­tri­mo­nio zoo­tec­ni­co che espres­so in bo­vi­ni, bu­fa­li, ovini, ca­pri­ni e struz­zi, am­mon­ta a oltre 23 mln di capi esclu­si co­ni­gli, avi­co­li ed equi­ni, il con­su­mo medio è di circa 1.000 UF capo/anno.
Le col­tu­re mag­gior­men­te col­ti­va­te ap­par­ten­go­no a quat­tro fa­mi­glie che sono: Le­gu­mi­no­se; Gra­mi­na­cee; Bras­si­ca­cee; Che­no­po­dia­cee.
Le es­sen­ze av­vi­cen­da­te e/o tem­po­ra­nee sono mag­gior­men­te dif­fu­se nel­l’I­ta­lia set­ten­trio­na­le ove il 65% è rap­pre­sen­ta­to dai prati, il 35% da erbai, men­tre, in mon­ta­gna ed al sud, le col­tu­re più rap­pre­sen­ta­ti­ve sono quel­le per­ma­nen­ti rap­pre­sen­ta­te dai prati e dai pa­sco­li.
I fo­rag­gi de­vo­no ga­ran­ti­re agli ani­ma­li in pri­mis la sa­lu­te;
– in se­cun­dis evi­ta­re di­sme­ta­bo­lie- tos­si­co­si;
– so­ste­ne­re alti li­vel­li di pro­du­zio­ne;
– es­se­re con­ve­nien­ti eco­no­mi­ca­men­te;
– non con­te­ne­re mi­co­tos­si­ne e clo­stri­dia.

I fo­rag­gi sono i pro­dot­ti delle pian­te som­mi­ni­stra­ti fre­schi- es­sic­ca­ti o in­si­la­ti.
I man­gi­mi con­cen­tra­ti sono i semi (gra­mi­na­cee- le­gu­mi­no­se) o le fa­ri­ne.
I fo­rag­gi fre­schi de­vo­no es­se­re con­su­ma­ti entro le 24 h dalla rac­col­ta prima cioè che ini­zi­no i pro­ces­si fer­men­ta­ti­vi con­se­guen­za del­l’au­men­to della tem­pe­ra­tu­ra della massa er­bo­sa- onde evi­ta­re per­di­te nu­tri­ti­ve con la con­se­guen­za di una di­mi­nui­ta ap­pe­ti­bi­li­tà e so­prat­tut­to la for­ma­zio­ne di ostan­ze tos­si­che no­ci­ve alla sa­lu­te del­l’a­ni­ma­le. Per con­te­ne­re i costi di pro­du­zio­ne è im­por­tan­te se­gui­re le giu­ste tec­ni­che col­tu­ra­li, ef­fet­tua­re la rac­col­ta nel mo­men­to op­por­tu­no, per fa­vo­rir­ne sia l’ap­pe­ti­bi­li­tà che la di­ge­ri­bi­li­tà con ri­per­cus­sio­ni po­si­ti­ve sulla sa­lu­te del­l’a­ni­ma­le e sul suo be­nes­se­re.

Colture foraggere e superficie coltivata

Sulla (He­di­sa­rum co­ro­na­rium)
La col­tu­ra oc­cu­pa una su­per­fi­cie di circa 252 mila ha, dif­fu­sa quasi tutta nel me­ri­dio­ne d’I­ta­lia, in Si­ci­lia gli et­ta­ri col­ti­va­ti sono circa 100 mila, i re­stan­ti tra Abruz­zo, Cam­pa­nia, Mar­che, Mo­li­se, etc.
È pian­ta pe­ren­ne, ca­rat­te­ri­sti­ca dei climi caldi ad in­ver­no mite, esige ter­re­ni cal­ca­rei, pro­fon­di, ar­gil­lo­si, dando buoni ri­sul­ta­ti, ve­ge­ta anche nei ter­re­ni po­ve­ri, dura max 2-3 anni. La col­tu­ra ben si pre­sta alla for­ma­zio­ne di prati mo­no­fi­ti, il fo­rag­gio è di buona qua­li­tà se lo sfal­cio viene ese­gui­to al­l’i­ni­zio della fio­ri­tu­ra, per evi­ta­re suc­ces­si­va­men­te la li­gni­fi­ca­zio­ne del fusto.  Nella ro­ta­zio­ne la col­tu­ra segue un ce­rea­le, la se­mi­na può es­se­re fatta in au­tun­no op­pu­re in pri­ma­ve­ra, di­pen­de molto da clima. La pro­du­zio­ne uni­ta­ria è di   circa 700-800 q di erba fre­sca pari a circa 130-150 q di fieno col 91,2% di SS, 720 kg di PG, 133 kg di Ca, 25 kg di P, il va­lo­re nu­tri­ti­vo è di circa 6.000-8.000 UF, in re­la­zio­ne al­l’an­da­men­to cli­ma­ti­co.
Lu­pi­nel­la (Ono­bry­chis vi­ciae­fo­lia)
La col­tu­ra è mag­gior­men­te pra­ti­ca­ta nel­l’I­ta­lia cen­tro me­ri­dio­na­le, gli et­ta­ri col­ti­va­ti sono circa 100.000.  Spe­cie con ap­pa­ra­to ra­di­ca­le fit­to­nan­te, alta circa 40–100 cm, poco re­si­sten­te al fred­do nei primi stadi di svi­lup­po, assai re­si­sten­te sia alle ele­va­te tem­pe­ra­tu­re che alla sic­ci­tà. Si ad­di­ce ai ter­re­ni cal­ca­rei, poco fer­ti­li, sab­bio­si. La pian­ta si pre­sta bene sia alla co­sti­tu­zio­ne di prati mo­no­fi­ti che po­li­fi­ti, in que­st’ul­ti­mo caso può es­se­re as­so­cia­ta   
Erba Me­di­ca (Me­di­ca­go sa­ti­va)
È si­cu­ra­men­te la col­tu­ra più pra­ti­ca­ta con i suoi 1.450.000 ha di su­per­fi­cie, di cui oltre la metà con­cen­tra­ta nella pia­nu­ra pa­da­na. È una delle spe­cie più im­por­tan­ti per i prati mo­no­fi­ti, ha ra­di­ce fit­to­nan­te, re­si­ste alla sic­ci­tà, ri­chie­de clima con in­ver­no ed esta­te miti, pre­fe­ri­sce ter­re­ni pro­fon­di, fre­schi e ric­chi di so­stan­ze nu­tri­ti­ve.  La col­tu­ra viene uti­liz­za­ta max per 3-4 anni, nei climi sic­ci­to­si si fanno 2 tagli al­l’an­no, in altre con­di­zio­ni si pos­so­no fare fino a 5 sfal­ci al­l’an­no.
È buona   norma ese­gui­re il primo ta­glio al­lor­ché alla base della pian­ta si for­ma­no i getti, il mo­men­to ge­ne­ral­men­te cade alla fine di mag­gio, molto di­pen­de dal­l’e­po­ca di se­mi­na e dalle con­di­zio­ni pe­do­cli­ma­ti­che.  Il 2°, 3° e 4° ta­glio ven­go­no ese­gui­ti quan­do la col­tu­ra pre­sen­ta il 10% di pian­te fio­ri­te; il 5° ta­glio si deve ese­gui­re con la stes­sa in­di­ca­zio­ne del primo. Non vi è dub­bio che ri­tar­dan­do il ta­glio la pro­du­zio­ne di so­stan­za secca è mag­gio­re a danno però della qua­li­tà del fo­rag­gio.  Dallo sta­dio gemma (lon­ta­no dalla fio­ri­tu­ra) in poi il con­te­nu­to pro­tei­co, le unità fo­rag­ge­re e la di­ge­ri­bi­li­tà ten­do­no a di­mi­nui­re, au­men­ta il con­te­nu­to in fibra grez­za.
Al con­tra­rio il ta­glio an­ti­ci­pa­to de­ter­mi­na una di­mi­nu­zio­ne della massa verde e secca, ma una resa mag­gio­re di unità fo­rag­ge­re e con­te­nu­to pro­tei­co.  Se si vuole ot­te­ne­re una ele­va­ta resa in pro­tei­ne si dovrà sfal­cia­re nella fase pre­co­ce della ve­ge­ta­zio­ne assai prima del­l’i­ni­zio della fase ri­pro­dut­ti­va, se si vuole ot­te­ne­re un mag­gio­re con­te­nu­to in ener­gia si dovrà sfal­cia­re al­l’i­ni­zio della fio­ri­tu­ra. La col­tu­ra può es­se­re im­pie­ga­ta sia come fo­rag­gio verde, sia af­fie­na­ta, sia come fo­rag­gio base pre­via di­si­dra­ta­zio­ne con aria calda o l’in­si­la­men­to del ma­te­ria­le pre­ap­pa­si­to.
Da non tra­scu­ra­re l’im­pie­go della me­di­ca come man­gi­me con­cen­tra­to sotto forma di fa­ri­na di­si­dra­ta­ta. Sot­to­po­nen­do la pian­ta a que­sto trat­ta­men­to la stes­sa con­ser­va il con­te­nu­to ener­ge­ti­co e pro­tei­co inal­te­ra­to pa­ra­go­na­bi­le al pro­dot­to fre­sco, in tal modo la col­tu­ra as­sur­ge a pian­ta di no­te­vo­le pre­gio com­mer­cia­le. La pro­du­zio­ne è al­quan­to di­ver­sa oscil­lan­do dai 1.000 ai 1.700 q di erba per et­ta­ro, i va­lo­ri medi sono 400-600 q, il ren­di­men­to in fieno è del 24-26% pari a circa 130 q/ha che cor­ri­spon­de a 100 q/ha di SS e 6.000-8.000 UF, con 735 kg di PD, 95 kg di Ca e 27 kg di P.
Tri­fo­glio Pra­ten­se o Vio­let­to (Tri­fo­lium pra­ten­se)
Que­sta col­tu­ra è pra­ti­ca­ta su circa 216.000 ha, con­cen­tra­ta quasi tutta nel­l’I­ta­lia set­ten­trio­na­le (Pie­mon­te, Emi­lia Ro­ma­gna e Lom­bar­dia) ma anche nella To­sca­na, Lazio e Mar­che.  Spe­cie pe­ren­ne, ge­ne­ral­men­te, però, la du­ra­ta media è di 2–4 anni in fun­zio­ne del­l’am­bien­te pe­do­cli­ma­ti­co, ha ra­di­ce fit­to­nan­te, ta­glia media, al­tez­za circa 70–75 cm, pre­fe­ri­sce i ter­re­ni fre­schi, pro­fon­di, cal­ca­rei, neu­tri o sub-aci­di, il clima deve es­se­re fre­sco, ha no­te­vo­li esi­gen­ze idri­che. Dà 3-5 sfal­ci al­l’an­no, la se­mi­na può es­se­re ese­gui­ta in au­tun­no op­pu­re in pri­ma­ve­ra, di­pen­de dalle con­di­zio­ni cli­ma­ti­che, le ca­rat­te­ri­sti­che bio­lo­g­i­che sono si­mi­li a quel­le del­l’er­ba me­di­ca, la pro­du­zio­ne è di circa 300–500 q di pro­dot­to fre­sco con una resa in fieno del 26%, pari cioè a 5–6 t/ha di fieno, la SS è del 86%, il con­te­nu­to di PG 17–18%; il va­lo­re ener­ge­ti­co è pari a 0,65–0,75 UF/kg SS, ossia circa 3.000-4.000 UF/ha.
Tri­fo­glio Bian­co (Tri­fo­lium re­pens)
La pian­ta è ori­gi­na­ria del ba­ci­no del me­di­ter­ra­neo, in­sie­me al­l’er­ba me­di­ca è l’es­sen­za più col­ti­va­ta nel mondo. In Ita­lia è pre­sen­te so­prat­tut­to in Lom­bar­dia ove oc­cu­pa circa 184.000 ha di su­per­fi­cie. È da con­si­de­ra­re pian­ta pe­ren­ne per­ché   si può pro­pa­ga­re    anche per sto­lo­ni, pre­sen­ta ap­pa­ra­to ra­di­ca­le fit­to­nan­te e fa­sci­co­la­to, que­st’ul­ti­mo si forma dagli sto­lo­ni. La pian­ta si pre­sta bene alla for­ma­zio­ne dei prati mo­no­fi­ti ir­ri­gui della lom­bar­dia, si adat­ta a quasi tutti i tipi di ter­re­ni ad ec­ce­zio­ne di quel­li molto po­ve­ri, sab­bio­si e ar­gil­lo­si, ri­chie­de ter­re­ni ben dre­na­ti, acidi, è assai re­si­sten­te al fred­do ed al caldo esti­vo. La col­tu­ra può dare 4–8 tagli al­l’an­no, il primo ta­glio do­vreb­be es­se­re ese­gui­to nel pe­rio­do fine apri­le ini­zio mag­gio i suc­ces­si­vi quan­do i primi ca­po­li­ni ten­do­no ad im­bru­ni­re. La pro­du­zio­ne è di circa 12 t/ha di fieno con l’84% di SS, un con­te­nu­to di PG 18–19%; il va­lo­re ener­ge­ti­co è pari a 0,6 UF/kg/SS, ossia circa 6.500 UF/ha.
Tri­fo­glio Ales­san­dri­no (Tri­fo­lium ale­xan­dri­num)
Ori­gi­na­ria del­l’A­sia mi­no­re, dif­fu­sa nel­l’I­ta­lia cen­tro me­ri­dio­na­le è pian­ta an­nua­le, ap­pa­ra­to ra­di­ca­le fit­to­nan­te, al­tez­za circa 65–100 cm, la col­tu­ra si adat­ta bene negli am­bien­ti caldo aridi, non sop­por­ta le basse tem­pe­ra­tu­re, ri­fug­ge i ter­re­ni acidi, pre­di­li­ge quel­li pro­fon­di e fre­schi, fer­ti­li, neu­tri o sub al­ca­li­ni. Può es­se­re col­ti­va­to sia come prato mo­no­fi­ta che po­li­fi­ta.  La pro­du­zio­ne è al­quan­to va­ria­bi­le di­pen­den­do dalle con­di­zio­ni pe­do­cli­ma­ti­che della zona, in­fat­ti può dare 4-5 sfal­ci al­l’an­no nelle aree ir­ri­gui e 2–3 sfal­ci al­l’an­no nei ter­re­ni asciut­ti, la pro­du­zio­ne è di circa 4.000 UF/ha, il fo­rag­gio, dal punto di vista nu­tri­ti­vo, è pa­ra­go­na­bi­le al­l’er­ba me­di­ca, l’u­ni­ca dif­fe­ren­za ha un minor con­te­nu­to di fibra gezza.
Fava (Vicia faba)
Nel no­stro Paese la col­tu­ra è pra­ti­ca­ta so­prat­tut­to al sud, par­ti­co­lar­men­te in Si­ci­lia, è pian­ta an­nua­le con ra­di­ce fit­to­nan­te, fusto eret­to, fo­glie com­po­ste da 4–6 fo­glio­li­ne, il frut­to è un bac­cel­lo verde allo stato im­ma­tu­ro con 3–5 semi. Il clima pre­di­let­to è quel­lo caldo tem­pe­ra­to, i ter­re­ni mi­glio­ri sono quel­li ar­gil­lo­si – cal­ca­rei, com­pat­ti. La pian­ta per uso zoo­tec­ni­co può es­se­re con­su­ma­ta allo stato fre­sco op­pu­re in­si­la­ta, rac­col­ta a ma­tu­ra­zio­ne ce­ro­sa. Ot­ti­mi sono i semi, in tal caso la rac­col­ta deve es­se­re ese­gui­ta quan­do i bac­cel­li sono sec­chi, la pa­glia di fava ha un alto va­lo­re nu­tri­ti­vo, è ne­ces­sa­rio con­ser­var­la bene onde evi­ta­re l’am­muf­fi­men­to e me­sco­la­ta a polpe di bie­to­la o di altri man­gi­mi è assai ap­pe­ti­ta dai ru­mi­nan­ti. Se la col­tu­ra si se­mi­na in au­tun­no, la rac­col­ta del­l’in­te­ra pian­ta può es­se­re fatta a par­ti­re dalla fine di feb­bra­io-mar­zo, se, in­ve­ce, si in­ten­de uti­liz­za­re i bac­cel­li la rac­col­ta va ese­gui­ta nei mesi di giu­gno-lu­glio.  La se­mi­na la si può fare anche in pri­ma­ve­ra tra metà marzo inizi di apri­le, in tal caso l’er­ba la si deve rac­co­glie­re al­l’i­ni­zio della fio­ri­tu­ra, cioè nel mese di giu­gno, se, di con­tro, si in­ten­do­no rac­co­glie­re i frut­ti al­lo­ra il pe­rio­do cor­ri­spon­de al mese di ago­sto; si av­vi­cen­da bene col fru­men­to o con l’or­zo con ro­ta­zio­ne bien­na­le op­pu­re vo­len­do fare una ro­ta­zio­ne trien­na­le va bene con la sulla. La pro­du­zio­ne è al­quan­to va­ria­bi­le oscil­lan­te da 30–35 t/ha di erba fre­sca; op­pu­re 4–5 t/ha di seme secco e 6–7 t/ha di pa­glia. Il con­te­nu­to di SS è pari al 17-18% per l’er­ba con un con­te­nu­to medio di 0,77 UF/kg/SS e un con­te­nu­to   di pro­ti­di grez­zi del 20% per una quan­ti­tà to­ta­le di UF di 4.500–5.000 ed un con­te­nu­to di pro­tei­ne di 1.200 kg
Vec­cia (Vicia sa­ti­va)
La vec­cia sa­ti­va è col­tu­ra da er­ba­io, pra­ti­ca­ta nel­l’I­ta­lia cen­tro me­ri­dio­na­le ove oc­cu­pa una su­per­fi­cie di circa 30.000 et­ta­ri. Può es­se­re col­ti­va­ta come es­sen­za mo­no­fi­ta scon­si­glia­ta op­pu­re con­so­cia­ta con l’a­ve­na, in­fat­ti se­mi­nan­do­la nel mese di ot­to­bre la fio­ri­tu­ra si ve­ri­fi­ca verso la metà del mese di mag­gio con­tem­po­ra­nea­men­te alla spi­ga­tu­ra del­l’a­ve­na.
La vec­cia va rac­col­ta in fio­ri­tu­ra, se si ri­tar­da la rac­col­ta si hanno per­di­te di pro­dot­to per la ca­du­ta delle fo­glie.  Trat­ta­si di pian­ta poco re­si­sten­te al fred­do, pre­di­li­ge ter­re­ni sciol­ti, sab­bio­si, anche se si adat­ta ai ter­re­ni ar­gil­lo­si e poco per­mea­bi­li. La pro­du­zio­ne di erba che se ne ri­ca­va è di circa 20–30 t/ha, col 16–18% SS, e 0,6 UF/kg/SS, cioè 2.500–3.000 UF/ha.
Soia (Gly­ci­ne max)
La soia è ti­pi­ca pian­ta an­nua­le, con ciclo bio­lo­g­i­co pri­ma­ve­ri­le/esti­vo, pre­sen­ta un fusto eret­to ri­ve­sti­to di una sot­ti­le pe­lu­ria, lungo 0,5–1,5 m, ampie fo­glie com­po­ste tri­fo­glia­te, pic­co­li fiori bian­chi o pur­pu­rei e corti bac­cel­li con­te­nen­ti da 1 a 4 semi. La ma­tu­ra­zio­ne si svol­ge nel­l’ar­co di 100–150 gior­ni, a se­con­da    della va­rie­tà e delle    con­di­zio­ni    am­bien­ta­li. Pre­di­li­ge ter­re­ni di medio im­pa­sto, pro­fon­di e fre­schi con pH sub acido, ri­fug­ge i ter­re­ni sciol­ti e ca­ren­ti di acqua e dove ci sono con­di­zio­ni di asfis­sia. I semi di soia hanno una forma sfe­roi­da­le e, a se­con­da delle va­rie­tà, co­lo­ri di­ver­si, dal gial­lo al nero, al mar­ro­ne o al verde; sono com­po­sti per il 20% da olio e per il 40% da pro­tei­ne. La rac­col­ta cade in set­tem­bre per la col­tu­ra prin­ci­pa­le, nel mese di ot­to­bre per quel­la in­ter­ca­la­re.  La soia dà buoni ri­sul­ta­ti av­vi­cen­dan­do­la col mais, co­mun­que può suc­ce­de­re a se stes­sa, senza crea­re pro­ble­mi di stan­chez­za del ter­re­no.  La pro­du­zio­ne media di semi si ag­gi­ra sui 35–40 q/ha per la col­tu­ra prin­ci­pa­le sui 20 q per la col­tu­ra in­ter­ca­la­re. I semi sono assai ric­chi di va­lo­re ener­ge­ti­co pari ap­pun­to a 1,16 UF/kg con un ele­va­tis­si­mo con­te­nu­to di pro­tei­ne pari al­me­no al 40%, alto è anche il con­te­nu­to di fo­sfo­ro e cal­cio, con una per­cen­tua­le di so­stan­za secca del­l’89%.  La fa­ri­na di soia, che si ot­tie­ne una volta estrat­to l’o­lio, viene im­pie­ga­ta per l’a­li­men­ta­zio­ne del be­stia­me. Il quan­ti­ta­ti­vo medio di UF è di circa 4.000-4.500.

Cro­ci­fe­re
Assai pro­dut­ti­ve, basso ap­por­to ca­lo­ri­co ma ric­che in sali mi­ne­ra­li come: po­tas­sio, cal­cio, fo­sfo­ro, buono è il con­te­nu­to di acido fo­li­co, vi­ta­mi­na (A, C, K), sono ric­che   di an­ti­os­si­dan­ti.
Colza (Bras­si­ca napus)
Pian­ta col­ti­va­ta mag­gior­men­te nel­l’I­ta­lia set­ten­trio­na­le, dove viene se­mi­na­ta in esta­te con rac­col­ta nei primi di no­vem­bre, di­cem­bre, gen­na­io. Se la col­tu­ra si se­mi­na in au­tun­no, il colza fio­ri­sce verso la metà di apri­le, se ir­ri­ga­ta la col­tu­ra può dare anche due tagli uno au­tun­na­le ed uno pri­ma­ve­ri­le.
Buono è il fo­rag­gio, par­ti­co­lar­men­te adat­to per bo­vi­ne da latte du­ran­te l’in­ver­no, sem­bra in­flui­re po­si­ti­va­men­te sul­l’au­men­to della pro­du­zio­ne e sullo stato di sa­lu­te degli ani­ma­li.
Ra­viz­zo­ne (Bras­si­ca cam­pe­stris)
Il ra­viz­zo­ne, col­ti­va­to su circa 6.000 ha, è con­si­de­ra­ta la fo­rag­ge­ra au­tun­na­le da er­ba­io assai pre­co­ce, dando la prima rac­col­ta nei primi pe­rio­di del­l’an­no, ini­zio pri­ma­ve­ra, la col­tu­ra si pre­sta ad es­se­re pra­ti­ca­ta come mo­no­fi­ta es­sen­do la pian­ta assai pre­co­ce ri­spet­to alle altre fo­rag­ge­re.
Rapa (Bras­si­ca rapa)
Cro­ci­fe­ra col­ti­va­ta so­prat­tut­to in To­sca­na e Cam­pa­nia come er­ba­io au­tun­no pri­ma­ve­ri­le, ge­ne­ral­men­te con­so­cia­ta con fa­vi­no, se­ga­le e tri­fo­glio in­car­na­to a co­sti­tui­re il co­sid­det­to pa­sco­ne.
Tutte e tre que­ste cro­ci­fe­re danno una pro­du­zio­ne in erba di circa 200–300 q/ha, un con­te­nu­to di SS del 18–20% pari a circa 47,5 q pari ad un va­lo­re ener­ge­ti­co di 4.000 UF
Gra­mi­na­cee
Pian­te er­ba­cee con fio­ri­tu­ra pri­ma­ve­ri­le- esti­va e fiori che si svi­lup­pa­no in ogni zona cli­ma­ti­ca. La fa­mi­glia com­pren­de i ce­rea­li ad uso ali­men­ta­re per gli uo­mi­ni e per il be­stia­me.  L’im­por­tan­za eco­lo­gi­ca delle gra­mi­na­cee è in­cal­co­la­bi­le: l’e­vo­lu­zio­ne dei mag­gio­ri grup­pi di ani­ma­li, ad esem­pio gli un­gu­la­ti, sa­reb­be inim­ma­gi­na­bi­le senza di esse. Il frut­to è una ca­rios­si­de con cel­lu­le ric­che di pro­tei­ne (stra­to aleu­ro­ni­co) e con   en­do­sper­ma ricco di amido.
Fe­stu­ca (Fe­stu­ca arun­di­na­cea)
Assai ru­sti­ca tanto che re­si­ste in tutti gli am­bien­ti, è pro­dut­ti­va, di ta­glia alta, 90–180 cm, ap­pa­ra­to ra­di­ca­le pro­fon­do, steli eret­ti. Si adat­ta alla sic­ci­tà e al ri­sta­gno di acqua, assai re­si­sten­te alle basse tem­pe­ra­tu­re, è col­ti­va­ta ovun­que, in tutti i tipi di ter­re­ni anche quel­li ac­qui­tri­no­si. È molto pro­dut­ti­va e lon­ge­va dura fino a 8–10 anni, pre­sen­ta l’in­con­ve­nien­te di uno scar­so svi­lup­po al primo anno di se­mi­na, il fo­rag­gio è poco ap­pe­ti­bi­le dal be­stia­me. Se la se­mi­na si ese­gue in au­tun­no la rac­col­ta deve es­se­re ese­gui­ta in pri­ma­ve­ra, se la si se­mi­na in pri­ma­ve­ra è bene con­so­ciar­la con la me­di­ca o il tri­fo­glio, la rac­col­ta si ese­gue in esta­te.  La pian­ta può es­se­re col­ti­va­ta come mo­no­fi­ta op­pu­re con­so­cia­ta con l’er­ba me­di­ca o il tri­fo­glio bian­co, ge­ne­ral­men­te dà un solo sfal­cio pri­ma­ve­ri­le con una pro­du­zio­ne di 12–14 t/ha di fieno, un va­lo­re ener­ge­ti­co di 0,77-0,82 UF/kg SS – pari a circa 6.000–7.000 UF/ha e 540 kg circa di PD.
Erba Maz­zo­li­na (Dac­ty­lis glo­me­ra­ta)
È una delle fo­rag­ge­re più col­ti­va­te nel mondo, è pian­ta pe­ren­ne e ce­spi­to­sa, in Ita­lia si adat­ta ovun­que, pre­fe­ri­sce ter­re­ni pro­fon­di, fre­schi, ric­chi e clima caldo tie­pi­do, ri­fug­ge i ter­re­ni acidi e quel­li assai ac­qui­tri­no­si. La pian­ta è alta 70–150 cm, con un pro­fon­do si­ste­ma ra­di­ca­le, l’in­fio­re­scen­za è una pan­noc­chia ra­mi­fi­ca­ta con spi­ghet­te a maz­zet­ti. Ha buona per­si­sten­za 7-8 anni, può es­se­re col­ti­va­ta da sola o in mi­scu­glio con altre fo­rag­ge­re so­prat­tut­to erba me­di­ca, tri­fo­glio bian­co, lu­pi­nel­la e sulla, può es­se­re se­mi­na­ta in­dif­fe­ren­te­men­te nel pe­rio­do au­tun­na­le o pri­ma­ve­ri­le, come per la fe­stu­ca, la se­mi­na au­tun­na­le da prati mo­no­li­ti, se la si se­mi­na in pri­ma­ve­ra è utile con­so­ciar­la col tri­fo­glio bian­co. La pro­du­zio­ne è ca­rat­te­riz­za­ta da un unico sfal­cio pri­ma­ve­ri­le, dà circa 10–12 t/ha di fieno, con un con­te­nu­to di fibra grez­za che va da un mi­ni­mo del 22%, se lo sfal­cio viene ese­gui­to quan­do la pian­ti­na è alta 20 cm, ad un mas­si­mo del 33% se lo sfal­cio è ese­gui­to in fio­ri­tu­ra. Il va­lo­re ener­ge­ti­co varia da un mi­ni­mo, di 0,6/kg di SS se la rac­col­ta av­vie­ne in fio­ri­tu­ra, ad un mas­si­mo di 0,93 se lo sfal­cio av­vie­ne assai prima della fio­ri­tu­ra, di­scre­to è anche il con­te­nu­to pro­tei­co oscil­lan­te dal 10 al 22%.  Il quan­ti­ta­ti­vo to­ta­le di unità fo­rag­ge­re ri­ca­va­bi­li da un et­ta­ro è pari a circa 7.000-8.000.
Coda di Topo (Phleum pra­ten­se)
Spe­cie pe­ren­ne, ce­spi­to­sa, a ta­glia alta, a fio­ri­tu­ra tar­di­va dif­fu­sa in tutto il mondo, pian­ta alta 80–120 cm, por­ta­men­to eret­to, la pian­ta pre­fe­ri­sce ter­re­ni pro­fon­di e ar­gil­lo­si e clima tem­pe­ra­to, va bene per le zone del nord Ita­lia, non è in­di­ca­ta per il me­ri­dio­ne, è pian­ta in­di­ca­ta per la for­ma­zio­ne di prati nelle zone fred­de di col­li­na e di mon­ta­gna. Il fo­rag­gio può es­se­re uti­liz­za­to fre­sco, in­si­la­to o af­fie­na­to; può es­se­re col­ti­va­ta da sola con se­mi­na au­tun­na­le o in mi­scu­glio, se­mi­na pri­ma­ve­ri­le, per co­sti­tui­re prati oli­go­fi­ti, dà buoni ri­sul­ta­ti se as­so­cia­ta con erba me­di­ca, tri­fo­glio bian­co e gi­ne­stri­no.  For­ni­sce 80-120 q di fieno cor­ri­spon­den­te ad un va­lo­re nu­tri­ti­vo di circa 5.000-6.000 UF.
Lo­ies­sa (Lo­lium mul­ti­flo­rum)
La lo­ies­sa è una delle gra­mi­na­cee mag­gior­men­te col­ti­va­te in Eu­ro­pa e Ita­lia, ha una per­si­sten­za 3–4 anni, è alta 80–110 cm, in Ita­lia è im­pie­ga­ta per i prati pa­sco­li con mi­scu­gli di le­gu­mi­no­se (tri­fo­gli, vec­cia) con se­mi­na pri­ma­ve­ri­le.
Viene sfal­cia­ta nella prima de­ca­de di mag­gio, può es­se­re af­fie­na­ta, op­pu­re in­si­la­ta, altri sfal­ci si pos­so­no fare a di­stan­za al­me­no di un mese e mezzo per­ché la ve­lo­ci­tà di cre­sci­ta è al­quan­to lenta, può es­se­re av­vi­cen­da­ta con il mais. Da un et­ta­ro di su­per­fi­cie si ri­ca­va­no circa 40–60 t di erba, pari a 8-12 t/ha di fieno con un quan­ti­ta­ti­vo com­ples­si­vo di 6.000-7.000 UF.
Avena (Avena sa­ti­va)
Pian­ta da er­ba­io au­tun­no pri­ma­ve­ri­le mag­gior­men­te col­ti­va­ta in quan­to uni­sce una ele­va­ta pro­du­zio­ne ed un ot­ti­mo va­lo­re nu­tri­ti­vo, assai ap­pe­ti­bi­le dal be­stia­me, di con­tro è poco re­si­sten­te al fred­do e al­l’al­let­ta­men­to, è col­ti­va­ta in Ita­lia cen­tra­le in par­ti­co­la­re To­sca­na e Um­bria ed al nord. Può es­se­re con­su­ma­ta allo stato fre­sco, dando il primo sfal­cio nel mese di mag­gio op­pu­re af­fie­na­ta o in­si­la­ta rac­co­glien­do­la alla ma­tu­ra­zio­ne ce­ro­sa, l’in­si­la­men­to del pro­dot­to è più po­ve­ro di ele­men­ti nu­tri­ti­vi ri­spet­to al­l’or­zo ed al grano. La pro­du­zio­ne è di 25–30 t/ha di erba col 20% di SS pari a 5-6 t/ha di SS, con l’8% di PG e 0,67 UF/kg, pari a circa   3.000-4.000 UF.
Se­ga­le (Se­ca­le ce­rea­le)
Assai col­ti­va­ta in Lom­bar­dia, rap­pre­sen­ta il ce­rea­le più pre­co­ce po­ten­do es­se­re sfal­cia­to nel pe­rio­do pri­ma­ve­ri­le, prima della spi­ga­tu­ra, pian­ta assai re­si­sten­te al fred­do, pre­fe­ri­sce i paesi set­ten­trio­na­li, ter­re­ni sciol­ti non trop­po fer­ti­li, si adat­ta a tutti i tipi di ter­re­no anche quel­li acidi. È bene col­ti­var­la da sola per l’ac­cen­tua­ta pre­co­ci­tà di svi­lup­po, tal­vol­ta la si con­so­cia col ra­viz­zo­ne, da con­su­mar­si allo stato fre­sco, dà 10 UF/q di erba, per un to­ta­le di 3.000–4.000 UF/ha.
Orzo (Hor­deum vul­ga­re)
La pian­ta re­sen­te molte si­mi­li­tu­di­ni con la se­ga­le l’e­po­ca di se­mi­na è fine ot­to­bre, la rac­col­ta fine apri­le ini­zio mag­gio nella fase detta bot­ti­cel­la – spi­ga­tu­ra. La col­tu­ra pre­di­li­ge i ter­re­ni sciol­ti non molto fer­ti­li, è su­scet­ti­bi­le al­l’al­let­ta­men­to, assai sen­si­bi­le al fred­do. È bene pra­ti­ca­re la col­tu­ra in forma spe­cia­liz­za­ta, la pian­ta può es­se­re in­si­la­ta con l’ac­cor­ten­za di rac­co­glier­la in cor­ri­spon­den­za della ma­tu­ra­zio­ne ce­ro­sa della ca­rios­si­de, di­scre­ta è la pro­du­zio­ne di erba pari a circa 25–30 t/ha, la SS è   30-35% cor­ri­spon­den­te a 8-10 t; il va­lo­re ener­ge­ti­co è pari a 70-75 UF/q di   SS, cioè 7.000 UF. La quan­ti­tà di semi per et­ta­ro oscil­la dai 30 ai 50 q cor­ri­spon­den­ti a 3.000–5.000 UF, (il kg di ca­rios­si­di è stato preso come punto di ri­fe­ri­men­to per de­fi­ni­re l’UF).
Mais (Zea mays)
Il mais, a li­vel­lo mon­dia­le, è la terza col­tu­ra per su­per­fi­cie dopo il grano e il riso, al primo posto per la pro­du­zio­ne uni­ta­ria; è la pian­ta più uti­liz­za­ta per l’a­li­men­ta­zio­ne del be­stia­me.
Nel no­stro Paese la col­tu­ra è mag­gior­men­te pra­ti­ca­ta al nord (Lom­bar­dia, Ve­ne­to, Pie­mon­te). È col­tu­ra che per dare il me­glio ha bi­so­gno di tem­pe­ra­tu­re com­pre­se tra 24–30°C in fun­zio­ne della di­spo­ni­bi­li­tà di acqua, lungo fo­to­pe­rio­do, as­sen­za del gelo. Fat­to­re li­mi­tan­te della col­ti­va­zio­ne è la di­spo­ni­bi­li­tà idri­ca; in­fat­ti il fab­bi­so­gno varia da 3.000 a 8.000 m3/ha, per quan­to ri­guar­da il ter­re­no i mi­glio­ri sono quel­li fer­ti­li, pro­fon­di e fre­schi cioè quel­li de­fi­ni­ti di medio im­pa­sto, non gra­di­sce ter­re­ni poco pro­fon­di e trop­po com­pat­ti o trop­po umidi e fred­di. L’e­po­ca di se­mi­na è for­te­men­te con­di­zio­na­ta dalla tem­pe­ra­tu­ra del ter­re­no, in­fat­ti per la ger­mi­na­zio­ne il ter­re­no deve avere una tem­pe­ra­tu­ra di al­me­no 10°C pe­rio­do che cor­ri­spon­de pres­sap­po­co nel mese di apri­le.
La rac­col­ta è di­ver­sa a se­con­da del­l’u­ti­liz­zo della pian­ta, se è de­sti­na­ta per la pro­du­zio­ne della gra­nel­la lo sta­dio ot­ti­ma­le cor­ri­spon­de con la ma­tu­ra­zio­ne com­mer­cia­le ossia dopo due set­ti­ma­ne dalla ma­tu­ra­zio­ne fi­sio­lo­gi­ca quan­do il con­te­nu­to di umi­di­tà nella ca­rios­si­de è del 25% (ago­sto – set­tem­bre); se la fi­na­li­tà è l’in­si­la­men­to della pian­ta per uso zoo­te­ni­co al­lo­ra la rac­col­ta deve es­se­re ese­gui­ta allo sta­dio di ma­tu­ra­zio­ne ce­ro­sa della gra­nel­la con un alto tasso di umi­di­tà (lu­glio).
La gra­nel­la umida può es­se­re es­sic­ca­ta in azien­da op­pu­re tra­mi­te es­sic­ca­toi; per la gra­nel­la de­sti­na­ta al con­su­mo ani­ma­le è pre­fe­ri­bi­le ri­cor­re­re al­l’in­si­la­men­to pre­via ma­ci­na­tu­ra e con­ser­va­zio­ne della fa­ri­na umida nei silos per ot­te­ne­re il pa­sto­ne di gra­nel­la, op­pu­re le ca­rios­si­di pos­so­no es­se­re trat­ta­te con acido pro­pio­ni­co, po­ten­te bat­te­rio­sta­ti­co, che bloc­ca l’at­ti­vi­tà dei mi­cror­ga­ni­smi con­sen­ten­do la con­ser­va­zio­ne della gra­nel­la umida.
Per con­su­mo azien­da­le la col­tu­ra può es­se­re rac­col­ta anche in spiga e uti­liz­za­ta o allo stato di fa­ri­na secca o come fa­ri­na umida in­si­la­ta, pa­sto­ne di pan­noc­chia.
La gra­nel­la di mais pos­sie­de un alto va­lo­re ca­lo­ri­co di circa 4.000 kcal/kg di pro­dot­to, ha un basso con­te­nu­to pro­tei­co, la col­tu­ra da circa 53 t/ha di erba con un con­te­nu­to di SS 30-35%, ed un va­lo­re nu­tri­ti­vo di 0,7-0,8 UF/kg SS, ossia 12.000-14.000 UF/ha (530.000 kg * 35% *0,76). Il quan­ti­ta­ti­vo di ca­rios­si­di ot­te­ni­bi­le è pari a circa 100–120 q/ha; la quan­ti­tà di 5–6 kg di si­lo­mais for­ni­sco­no una UF.

CON­SER­VA­ZIO­NE DEI FO­RAG­GI
Cer­ta­men­te l’a­li­men­ta­zio­ne del be­stia­me con pro­dot­ti fre­schi nei pe­rio­di pri­ma­ve­ri­li-esti­vi è la più con­ve­nien­te ri­spet­to a quel­la a base di fo­rag­gio in­si­la­to o di fieno, si ri­spar­mia e l’a­li­men­to pos­sie­de un mag­gio­re va­lo­re nu­tri­ti­vo, c’è da ag­giun­ge­re, però, che al­cu­ni ali­men­ti ven­go­no pro­dot­ti solo in li­mi­ta­ti pe­rio­di del­l’an­no, si rende, quin­di, ne­ces­sa­rio, onde evi­tar­ne il de­te­rio­ra­men­to dal punto di vista nu­tri­zio­na­le, ri­cor­re­re alla loro con­ser­va­zio­ne.  Ai fini qua­li­ta­ti­vi ri­sul­ta evi­den­te che la quan­ti­tà di fo­rag­gi da con­ser­va­re deve es­se­re la mi­ni­ma pos­si­bi­le. Oc­cor­re an­co­ra sot­to­li­nea­re che al­cu­ni fo­rag­gi si tro­va­no solo in al­cu­ni pe­rio­di del­l’an­no come il mais ce­ro­so o i pa­sto­ni di pan­noc­chie di mais per cui si è co­stret­ti a ri­cor­re­re alla con­ser­va­zio­ne.
Oggi, nelle stal­le, per l’in­gras­so dei vi­tel­lo­ni, è so­stan­zia­le di­spor­re sem­pre di in­si­la­to di mais, per l’in­gras­so dei suini, di­spor­re sem­pre di fa­ri­ne di ce­rea­li e pa­sto­ni di pan­noc­chie di mais.

Sfalcio

Fie­na­gio­ne
La rac­col­ta e la con­ser­va­zio­ne del fo­rag­gio, per evi­ta­re il sur­ri­scal­da­men­to della massa (fer­men­ta­zio­ne ae­ro­bi­ca) con danni al pro­dot­to fi­ni­to, do­vreb­be­ro av­ve­ni­re quan­do il con­te­nu­to di umi­di­tà nelle pian­te è in­fe­rio­re al 20%; l’im­por­tan­te è sta­bi­li­re, quin­di, l’e­po­ca del ta­glio.  È certo che l’e­po­ca mi­glio­re è l’i­ni­zio della fio­ri­tu­ra per le le­gu­mi­no­se; la spi­ga­tu­ra in­ci­pien­te per i prati po­li­fi­ti e per le gra­mi­na­cee; è buona norma rac­co­glie­re il fo­rag­gio in ro­to­bal­le e av­vol­ger­le con film pla­sti­co. Quasi tutte le spe­cie pos­so­no es­se­re af­fie­na­te ma i ri­sul­ta­ti mi­glio­ri sono i pro­dot­ti pro­ve­nien­ti dai prati mo­no­fi­ti di le­gu­mi­no­se e gra­mi­na­cee e po­li­fi­ti, esem­pio lo­iet­to e tri­fo­gli; l’a­ve­na, la vec­cia e il sorgo danno più pro­ble­mi alla fie­na­gio­ne. Spe­cie non af­fie­na­bi­li sono il mais, sorgo, orzo, pi­sel­lo, fa­vi­no e lu­pi­no, di que­ste spe­cie me­glio uti­liz­za­re i frut­ti op­pu­re in­si­lar­le. La fie­na­gio­ne na­tu­ra­le deve es­se­re com­ple­ta max in 4 gior­ni dallo sfal­cio; primo gior­no si la­scia la massa espo­sta al sole, il se­con­do gior­no è im­por­tan­te vol­ta­re la massa, per evi­ta­re la for­ma­zio­ne di umi­di­tà e lo svi­lup­po di muffe, con per­di­ta dei va­lo­ri nu­tri­ti­ve, e l’e­ven­tua­le svi­lup­po di mi­cror­ga­ni­smi no­ci­vi alla sa­lu­te degli ani­ma­li e per­di­ta del pro­dot­to.
Ter­mi­na­ta l’es­sic­ca­zio­ne, quan­do la massa er­bo­sa con­tie­ne un con­te­nu­to di acqua del 15–20%, si im­bal­la; que­ste pos­so­no es­se­re com­pat­ta­te in forma di pa­ral­le­le­pi­pe­do del peso di 15-50 kg, tanto che per mc di spa­zio ci siano 140-250 kg, op­pu­re l’er­ba viene com­pres­sa­ta in ro­to­bal­le di peso va­ra­bi­le da 25 a 500 kg, ossia 110-160 kg a mc di fie­ni­le. Per la con­ser­va­zio­ne si può anche ri­cor­re­re al­l’es­sic­ca­zio­ne ar­ti­fi­cia­le nei fie­ni­li di es­sic­ca­zio­ne, ope­ra­zio­ne da com­ple­ta­re in 8 gior­ni e 100 ore di ven­ti­la­zio­ne com­ples­si­va. No­no­stan­te tutte le at­ten­zio­ni pos­si­bi­li du­ran­te la fase di fie­na­gio­ne si hanno per­di­te, e di so­stan­za secca e di va­lo­re nu­tri­ti­vo del fieno. Tra le cause an­no­ve­ria­mo la re­spi­ra­zio­ne che pro­vo­ca per­di­te del 4% di so­stan­za secca al gior­no e di unità fo­rag­ge­re; per­di­te si hanno per l’u­ti­liz­zo delle mac­chi­ne agri­co­le ne­ces­sa­rie alla fie­na­gio­ne cal­co­la­te del 15% della so­stan­za secca e del 20% di UF, altre per­di­te sono do­vu­te ai pro­ces­si fer­men­ta­ti­ve che com­por­ta­no una di­mi­nu­zio­ne di SS del 10% fino a com­pro­met­te­re l’in­te­ro rac­col­to; me­dia­men­te gli esper­ti hanno cal­co­la­to per­di­te del 30% di SS, 40% di UF e 30% di pro­tei­ne
Di­si­dra­ta­zio­ne
È una tec­ni­ca che con­si­ste nel­l’es­sic­ca­re ra­pi­da­men­te il fo­rag­gio con me­to­di in­du­stria­li al fine di con­ser­va­re al mas­si­mo i con­te­nu­ti di pro­tei­ne, vi­ta­mi­ne e mi­ne­ra­li ri­ma­nen­do inal­te­ra­to il va­lo­re nu­tri­ti­vo del pro­dot­to. Il me­to­do si ado­pe­ra per fo­rag­gi gio­va­ni, ric­chi di fo­glie, dove la pro­du­zio­ne è ele­va­ta e co­stan­te come nel caso del­l’er­ba me­di­ca.   L’er­ba viene fal­cia­ta, trin­cia­ta e ca­ri­ca­ta sui carri quan­do ha rag­giun­to un’al­tez­za di al­me­no 25–35 cm, im­me­dia­ta­men­te av­via­ta nei di­si­dra­ta­to­ri sot­to­po­sta a ven­ti­la­zio­ne for­za­ta con aria molto calda tanto da far eva­po­ra­re su­bi­to l’ac­qua con­te­nu­ta nella massa (20 mi­nu­ti a T 130-200°C). In quel­li in­du­stria­li la massa fo­rag­ge­ra viene in­tro­dot­ta in ci­lin­dri ro­tan­ti posta a con­tat­to con aria ri­scal­da­ta a 800-1.000°C, le fo­glie se­pa­ra­te da spe­cia­li aspi­ra­to­ri e gli steli re­sta­no pochi mi­nu­ti. Dopo il ri­scal­da­men­to il pro­dot­to, raf­fred­da­to, viene ma­ci­na­to ot­te­nen­do fa­ri­ne o pres­sa­to (pel­le­ts, cobs, bri­ketts). Per la con­ser­va­zio­ne della gra­nel­la, come già scrit­to a pro­po­si­to del mais, è bene im­pie­ga­re acido Pro­pio­ni­co, po­ten­te bat­te­rio­sta­ti­co, a basso do­sag­gio 0,5 –1% per ton­nel­la­ta di seme
In­si­la­men­to
È una tec­ni­ca di con­ser­va­zio­ne che ri­sa­le a circa 1000-1500 anni a.C. uti­liz­za­ta già dagli an­ti­chi egizi; il ter­mi­ne silo de­ri­va dal greco Siri che si­gni­fi­ca fossa sca­va­ta nel ter­re­no per con­ser­va­re i ve­ge­ta­li.  I van­tag­gi, ri­spet­to alla fie­na­gio­ne, sono la mag­gio­re quan­ti­tà di so­stan­ze nu­tri­ti­ve per la mi­no­re per­di­ta sul campo, mi­glio­re qua­li­tà del­l’a­li­men­to e la pos­si­bi­li­tà di con­ser­va­re pian­te al­tri­men­ti non con­ser­va­bi­li con la fie­na­gio­ne come le pian­te di mais, il pro­dot­to in­si­la­to mi­glio­ra il ren­di­men­to degli ani­ma­li e la qua­li­tà dei pro­dot­ti come carne e latte. L’in­si­la­men­to si basa su pro­ces­si chi­mi­co- bio­lo­g­i­ci do­vu­ti a fer­men­ta­zio­ni che fanno si da crea­re am­bien­ti av­ver­si allo svi­lup­po di mi­cror­ga­ni­smi de­ge­ne­ra­ti­vi della massa or­ga­ni­ca, è sot­tin­te­so che per ot­te­ne­re un buon pro­dot­to e mi­ni­miz­za­re le per­di­te di so­stan­za secca e di unità fo­rag­ge­re oc­cor­re pro­ce­de­re con una buona tec­ni­ca di rac­col­ta del fo­rag­gio, un buon pre ap­pas­si­men­to, trin­cia­tu­ra e non ul­ti­mo l’in­si­la­men­to. L’in­si­la­men­to ga­ran­ti­sce la mi­glior pro­du­zio­ne di fo­rag­gio kg/ha– pos­sia­mo fare qual­che esem­pio da un er­ba­io si ri­ca­va­no 4.480 kg/ha– da un prato 5.120 kg/ha– dal fieno 3.360 kg/ha– silo mais 14.000 kg/ha. L’in­si­la­men­to è un pro­ces­so fer­men­ta­ti­vo che dire dalle due alle tre set­ti­ma­ne mas­si­mo e com­pren­de due fasi la prima ae­ro­bi­ca tra­mi­te re­spi­ra­zio­ne la se­con­da fer­men­ta­ti­va in am­bien­te anae­ro­bi­co. Nella prima fase il fo­rag­gio re­spi­ra con­su­man­do l’os­si­ge­no pre­sen­te nel­l’am­bien­te, la com­bu­stio­ne av­vie­ne a spese dello zuc­che­ro pre­sen­te nel fo­rag­gio, è una fase ne­ga­ti­va e deve es­se­re ri­dot­ta al mi­ni­mo onde evi­ta­re la cat­ti­va riu­sci­ta del pro­ces­so e so­prat­tut­to per­di­ta del va­lo­re nu­tri­ti­vo. Per­ciò la massa da in­si­la­re va com­pat­ta­ta bene con pale mec­ca­ni­che mu­ni­te di ruote gom­ma­te. La se­con­da quel­la che porta alla buona riu­sci­ta del­l’in­si­la­to gra­zie allo svi­lup­po di bat­te­ri lat­ti­ci. Come prima cosa da fare è crea­re nei sili con­di­zio­ni anae­ro­bi­che, fa­vo­ri­re la for­ma­zio­ne im­me­dia­ta di acido lat­ti­co che  ab­bas­sa il pH, osta­co­lan­do lo svi­lup­po di mi­cror­ga­ni­smi dan­no­si: il pH ot­ti­ma­le per l’in­si­la­men­to oscil­la tra 3,5–4,5, per que­sto è ne­ces­sa­rio fa­vo­ri­re lo svi­lup­po di bat­te­ri lat­ti­ci (Lac­to­ba­cil­lus, Strep­to­coc­cus, Leu­co­no­stoc, Pe­dio­coc­cus), que­sti  si svi­lup­pa­no nei primi tre gior­ni di con­ser­va­zio­ne ad una tem­pe­ra­tu­ra di 20–30°C per cui di­con­si a fer­men­ta­zio­ne fred­da; essi at­tac­ca­no gli zuc­che­ri (esosi, pen­to­si) for­man­do acido lat­ti­co (CH3–CHOH–COOH) (do­vreb­be rap­pre­sen­ta­re al­me­no il 75% degli acidi pro­dot­ti), acido ace­ti­co (CH3–COOH) (per un buon in­si­la­to que­sto non deve su­pe­ra­re lo 0,4-0,7% degli acidi pro­dot­ti) ed eta­no­lo (CH3–CH2OH) (fer­men­ta­zio­ne ete­ro­lat­ti­ca). Per fa­vo­ri­re lo svi­lup­po dei lat­to­ba­cil­li bi­so­gna rac­co­glie­re il fo­rag­gio alla giu­sta ma­tu­ra­zio­ne ed al­tez­za, trin­cia­re l’er­ba a un giu­sto grado di umi­di­tà, trin­cia­re ad una giu­sta mi­su­ra, com­pri­me­re bene la massa, riem­pi­re su­bi­to il silo, co­prir­lo er­me­ti­ca­men­te con ten­do­ni, non aprir­lo se non dopo due/tre set­ti­ma­ne. Se il pH non si tiene a va­lo­ri bassi mas­si­mo fino a 4,5 si pos­so­no avere svi­lup­po di bat­te­ri bu­tir­ri­ci (pH 5-5,5) o ad­di­rit­tu­ra bat­te­ri pu­tre­fat­ti­vi se il pH sale a va­lo­ri di 5,5-7 con danno di tutta la massa in­si­la­ta. La buona riu­sci­ta del­l’in­si­la­men­to di­pen­de anche da fat­to­ri ester­ni quali la pre­sen­za di mi­cror­ga­ni­smi con­ta­mi­na­ti, la tem­pe­ra­tu­ra am­bien­ta­le, i fat­to­ri cli­ma­ti­ci non sem­pre pre­ve­di­bi­li, etc. Im­por­tan­te per il buon in­si­la­men­to è che la massa pos­sie­da al­me­no il 6–7% di zuc­che­ri sulla SS, una certa quan­ti­tà di acqua e l’ef­fet­to tam­po­ne, è noto che la fer­men­ta­zio­ne pro­ce­de tanto più ra­pi­da­men­te quan­to più il fo­rag­gio è umido. Quan­do i bat­te­ri lat­ti­ci pro­du­co­no forti quan­ti­ta­ti­vi di acido lat­ti­co e ace­ti­co, crea­no un am­bien­te acido che osta­co­la lo svi­lup­po di bat­te­ri clo­stri­di, lie­vi­ti, co­li­for­mi e muffe, for­man­do un pro­dot­to ap­pe­ti­bi­le e utile alla sa­lu­te degli ani­ma­li ed ai loro pro­dot­ti. Anche i pro­dot­ti in­si­la­ti su­bi­sco­no per­di­te e di so­stan­za secca e di va­lo­re nu­tri­ti­vo, per­di­te si hanno in pieno campo per re­spi­ra­zio­ne cel­lu­la­re 4% di zuc­che­ri nelle 24 ore, per­di­te per re­spi­ra­zio­ne pari al 10% della SS, per­di­te per fer­men­ta­zio­ne omo­lat­ti­ca 0,7% della SS ed ete­ro­lat­ti­ca 1,7% della SS, non ul­ti­mo le per­di­te di per­co­la­men­to cor­ri­spon­den­ti a circa il 3–4% della SS.
Mi­cror­ga­ni­smi no­ci­vi al­l’in­si­la­men­to
I mi­cror­ga­ni­smi no­ci­vi al­l’in­si­la­men­to sono i Clo­stri­di (Clo­stri­dium bu­ty­ri­cum; C. spo­ri­ge­nes). Si trat­ta di bat­te­ri ter­mo­fi­li che si svi­lup­pa­no quan­do la massa rag­giun­ge tem­pe­ra­tu­re di 40°C, si svi­lup­pa­no in 2–3 set­ti­ma­ne, sono acido sen­si­bi­li, per­tan­to la loro azio­ne si ri­du­ce quan­do il pH è mi­no­re di 4, fer­men­ta­no gli zuc­che­ri con pro­du­zio­ne di acido bu­tir­ri­co (CH3-CH2-CH2-COOH) e (CO2) de­ter­mi­nan­do per­di­te anche del 50%, altri mi­cror­ga­ni­smi no­ci­vi sono muffe e lie­vi­ti. Oggi l’in­du­stria man­gi­mi­sti­ca ha messo a di­spo­si­zio­ne degli al­le­va­to­ri degli in­te­gra­to­ri a base di fa­ri­ne di ca­sta­gne e di orzo con ag­giun­ta di sali di sodio e di cal­cio pro­prio per pre­ve­ni­re la for­ma­zio­ne di que­sti agen­ti dan­no­si, la dose da uti­liz­za­re è di circa 300–500 gr per mq di silos, con l’ac­cor­tez­za di stoc­ca­re al­me­no 5 q di in­si­la­to per mc di silo e con­sen­ti­re la fer­men­ta­zio­ne al­me­no 1,5–2 mesi prima di uti­liz­za­re il pro­dot­to.
Ca­rat­te­ri­sti­che di un buon in­si­la­to
Un buono in­si­la­to deve pos­se­de­re le se­guen­ti ca­rat­te­ri­sti­che:
co­lo­re non trop­po di­ver­so da quel­lo del fo­rag­gio fre­sco;
in­te­gri­tà dei tes­su­ti;
odore aci­du­lo, gra­de­vo­le, aro­ma­ti­co del­l’es­sen­za in­si­la­ta;
azoto am­mo­nia­ca­le non più del 10% ri­spet­to al­l’a­zo­to to­ta­le;
azoto so­lu­bi­le in­fe­rio­re al 50% della pro­tei­na grez­za;
pH in­tor­no a va­lo­ri di 4,3 per le gra­mi­na­cee; 4,5 per le le­gu­mi­no­se;
al­cool eti­li­co in­fe­rio­re al 2% della so­stan­za secca;
acidi pro­pio­ni­co e bu­tir­ri­co as­sen­ti o pre­sen­ti in trace;
acido lat­ti­co:         7,5-9%;
acido ace­ti­co:        0,4-1%;
as­sen­za di acido bu­tir­ri­co.

Il con­te­nu­to in acido lat­ti­co in un buon in­si­la­to do­vreb­be co­sti­tui­re al­me­no il 7% della SS nelle gra­mi­na­cee, il 6% della SS nelle le­gu­mi­no­se.
Gli in­si­la­ti di gra­mi­na­cee pos­so­no es­se­re rea­liz­za­ti su­bi­to al mo­men­to della rac­col­ta, men­tre per le le­gu­mi­no­se, pian­te ric­che di pro­ti­di e po­ve­re di zuc­che­ri è con­si­glia­bi­le in­si­la­re dopo un pre ap­pas­si­men­to in pieno campo, fa­vo­ren­do in tal modo lo svi­lup­po di bat­te­ri lat­ti­ci, a sca­pi­to dei clo­stri­di e ri­du­cen­do nel con­tem­po la per­di­ta di so­stan­ze or­ga­ni­che e secca della massa da in­si­la­re.
Il grado di ap­pas­si­men­to del fo­rag­gio, fino al 35% di SS per le gra­mi­na­cee e i prati po­li­ti­ti ed oltre il 40–45% per le le­gu­mi­no­se, è ot­te­ni­bi­le la­scian­do l’er­ba sfal­cia­ta in campo da un paio di ore a circa due gior­ni, an­dan­do oltre au­men­ta il grado di ap­pas­si­men­to con dif­fi­col­tà suc­ces­si­va per l’in­si­la­men­to di­ve­nen­do la massa più dura e dif­fi­ci­le da com­bat­ta­re con con­ti­nui ri­cam­bi di aria e con­se­guen­te au­men­to di am­muf­fi­men­ti e de­gra­da­zio­ni per la con­ser­va­zio­ne.
Fieno Silo
Si in­ten­de la rac­col­ta del fo­rag­gio ap­pas­si­to in campo fino ad un con­te­nu­to di so­stan­za secca del 35–40% per es­se­re suc­ces­si­va­men­tre con­ser­va­to nei silos, op­pu­re fa­scia­to in bal­lo­ni, in que­sto caso il con­te­nu­to di SS deve es­se­re al­me­no del 50–60% per con­sen­ti­re du­ran­te lo stoc­cag­gio la con­si­sten­za dei bal­lo­ni. È que­sto un si­ste­ma idea­le per le pic­co­le e medie azien­de per il ri­spar­mio del­l’o­pe­ra­zio­ne non do­ven­do crea­re i sili a trin­cea, il pro­dot­to è buono per­ché non bi­so­gna trin­cia­re con con­se­guen­te per­di­ta di pro­dot­to. Con­di­zio­ne ne­ces­sa­ria per l’ot­te­ni­men­to dei ri­sul­ta­ti sod­di­sfa­cen­ti è di sfal­cia­re al giu­sto grado ve­ge­ta­ti­vo. La fie­na­gio­ne in pieno campo deve ga­ran­ti­re un con­te­nu­to di SS del 60%, im­bal­lar­lo, com­pri­men­do bene la massa, onde as­si­cu­ra­re con­di­zio­ni anae­ro­bi­che, fa­vo­ren­do la for­ma­zio­ne di bat­te­ri lat­ti­ce, a danno dei bu­tir­ri­ci, assai dan­no­si.
Dopo l’im­bal­lag­gio, la massa va fa­scia­ta con film pla­sti­co e con­ser­va­ta, è buona norma far con­su­ma­re il pro­dot­to prima pos­si­bi­le. Oltre alle balle di di­men­sio­ni con­te­nu­te 3-5 q oggi esi­sto­no i si­lo­bags si trat­ta di con­te­ni­to­ri in film pla­sti­co o me­glio an­co­ra bio­de­gra­da­bi­le di no­te­vo­li di­men­sio­ni di lun­ghez­za fino a cento metri e dia­me­tro di 2-3 metri al­l’in­ter­no si pos­so­no con­ser­va­re mais trin­cia­to a 0,5-3 cm, orzo, fa­ri­na umida di mais, gra­nel­la umida di orzo. Que­sti in­si­la­ti vanno con­su­ma­ti prima dagli ani­ma­li onde avere per­di­te di pro­dot­to con con­se­guen­te au­men­to dei costi di pro­du­zio­ne della carne e del latte.
Le ca­rat­te­ri­sti­che di un buon fieno silo sono le se­guen­ti:
– odore gra­de­vo­le, sa­po­re aci­du­lo aro­ma­ti­co, co­lo­re verde scuro o bruno del­l’es­sen­za;
– as­sen­za di muffe;
– tem­pe­ra­tu­ra della massa pari a quel­la am­bien­ta­le o leg­ger­men­te su­pe­rio­re.
Epoca ot­ti­ma­le per il ta­glio delle fo­rag­ge­re da in­si­la­re
Spi­ga­tu­ra in­ci­pien­te           prati po­li­ti­ti e gra­mi­na­cee;
Ini­zio fio­ri­tu­ra                  le­gu­mi­no­se;
Ma­tu­ra­zio­ne lat­teo ce­ro­sa   ce­rea­li au­tun­no ver­ni­ni;
Ma­tu­ra­zio­ne ce­ro­sa avan­za­ta mais.
Con­ser­van­ti
Fino a pochi anni fa sulla massa da con­ser­va­re, si ag­giun­ge­va­no so­stan­ze con­ser­van­ti. Trat­ta­si di so­stan­ze che ab­bas­sa­no il pH della massa, quin­di se­le­zio­na­no la mi­cro­flo­ra utile da quel­la dan­no­sa con­sen­ten­do una mag­gio­re con­ser­va­zio­ne dei fo­rag­gi e con­se­guen­te­men­te un più alto va­lo­re nu­tri­ti­vo, in pas­sa­to, la so­stan­za, im­pie­ga­ta era l’a­ci­do for­mi­co (HCOOH) com­mer­cia­liz­za­ta in so­lu­zio­ne al­l’85% che per l’im­pie­go an­da­va di­lui­ta con acqua 1:2, e di­stri­bui­ta uni­for­me­men­te sulla massa in ra­gio­ne di 5 litri per quin­ta­le di pro­dot­to fre­sco, oggi tale pra­ti­ca è vie­ta­ta dalla legge.
Ini­bi­to­ri delle fer­men­ta­zio­ni
In pas­sa­to, per evi­ta­re fer­men­ta­zio­ni ano­ma­le della massa da con­ser­va­re, si im­pie­ga­va­no so­stan­ze ap­po­si­te come l’al­dei­de for­mi­ca (HCHO) (for­ma­li­na) in dose di 60 gr/q di SS da in­si­la­re, am­mo­nia­ca (NH3), urea (NH2CONH2), bi­car­bo­na­to d’am­mo­nio (NH4HCO3). Il quan­ti­ta­ti­vo di am­mo­nia­ca non do­ve­va su­pe­ra­re i 3 kg/q di SS, oggi l’im­pie­go degli ini­bi­to­ri è vie­ta­to per legge.
Sti­mo­la­to­ri della fer­men­ta­zio­ne
Di con­tro ven­go­no im­pie­ga­te so­stan­ze che fa­vo­ri­sco­no certe fer­men­ta­zio­ni utili a sca­pi­to di altre de­ci­sa­men­te dan­no­se. In­fat­ti, per fa­vo­ri­re la fer­men­ta­zio­ne lat­ti­ca, ini­ben­do lo svi­lup­po di bat­te­ri bu­tir­ri­ci, si ado­pe­ra il me­las­so o lo zuc­che­ro grez­zo per uso zoo­tec­ni­co nella quan­ti­tà di 20–30 kg per ton­nel­la­ta di fo­rag­gio e l’ag­giun­ta alla massa di ad­di­ti­vi bio­lo­g­i­ci a base pro­prio di bat­te­ri lat­ti­ci nella quan­ti­tà di 0,5 kg per ton­nel­la­ta da in­si­la­re.
Trin­cia­tu­ra
È ope­ra­zio­ne in­di­spen­sa­bi­le per la buona riu­sci­ta del­l’in­si­la­to; è noto che più corta è la trin­cia­tu­ra del­l’er­ba me­glio si pres­sa la massa, l’o­pe­ra­zio­ne as­si­cu­ra anche una mi­no­re pre­sen­za di aria, fa­vo­ri­sce la fuo­riu­sci­ta del con­te­nu­to ci­to­pla­sma­ti­co for­nen­do un sub­stra­to ido­neo alla fer­men­ta­zio­ne lat­ti­ca. La lun­ghez­za della trin­cia­tu­ra oscil­la tra 0,5–3 cm a se­con­da del­l’es­sen­za fo­rag­ge­ra (mi­no­re nel si­lo­mais) e del grado di umi­di­tà della massa (mag­gio­re nei fo­rag­gi verdi).
Fioc­ca­tu­ra
Con­si­ste nel sot­to­por­re le ca­rios­si­di (gra­mi­na­cee) per 10’ al va­po­re, suc­ces­si­va­men­te schiac­cia­te nello spes­so­re di 1 mm.  Il trat­ta­men­to au­men­ta la di­ge­ri­bi­li­tà dei ce­rea­li trat­ta­ti, per­ché la cot­tu­ra pro­vo­ca la ge­la­ti­niz­za­zio­ne del­l’a­mi­do che di­vie­ne più so­lu­bi­le indi, di­ge­ri­bi­le, lo schiac­cia­men­to au­men­ta la su­per­fi­cie di at­tac­co per gli en­zi­mi.  Que­sto trat­ta­men­to non trova ri­scon­tro per i vi­tel­li in svez­za­men­to e per i bo­vi­ni al­l’in­gras­so, in tal caso è pre­fe­ri­bi­le la som­mi­ni­stra­zio­ne delle ca­rios­si­di in­te­re che hanno lo stes­so ef­fet­to, in più sui vi­tel­li sti­mo­la­no lo svi­lup­po del ru­mi­ne (gin­na­sti­ca fun­zio­na­le).
Silo
I silos oriz­zon­ta­li vanno rea­liz­za­ti chiu­si su tre lati con pa­vi­men­to e pa­re­ti in con­glo­me­ra­to ce­men­ti­zio, la lar­ghez­za varia dai 3 agli 8 m, l’al­tez­za oscil­la da 1,80 a 2,50 m.  Si ri­cor­da che un quin­ta­le di erba trin­cia­ta oc­cu­pa me­dia­men­te 0,12–0,13 m3; la massa, onde fa­vo­ri­re i pro­ces­si fer­men­ta­ti­vi e di ma­tu­ra­zio­ne, pre­ven­ti­va­men­te trin­cia­ta va op­por­tu­na­men­te co­sti­pa­ta e ri­co­per­ta con teli in PVC. L’in­si­la­to di mais è un ali­men­to buono per pre­pa­ra­re piat­ti unici o uni­feed e per bo­vi­ni al­l’in­gras­so, per le vac­che da latte oc­cor­re sa­pe­re qual è la de­sti­na­zio­ne del latte, per­ché è stato ac­cer­ta­to che il latte pro­ve­nien­te da vac­che ali­men­ta­te con silo mais non è adat­to per for­mag­gi a lunga sta­gio­na­tu­ra (grana, par­mi­gia­no) in quan­to l’a­li­men­to fa au­men­ta­re la ca­ri­ca mi­cro­bi­ca di Clo­stri­di con ri­per­cus­sio­ni ne­ga­ti­ve sui for­mag­gi per­ché i clo­stri­di pro­vo­ca­no il gon­fio­re tar­di­vo.  Nel­l’a­li­men­ta­zio­ne di que­sti ani­ma­li una buona norma è la som­mi­ni­stra­zio­ne mas­si­ma 18–20 kg/capo/dì di in­si­la­to di mais per vac­che in lat­ta­zio­ne, per ani­ma­li in asciut­ta, il quan­ti­ta­ti­vo mas­si­mo non deve su­pe­ra­re i 6–8 kg/capo/dì, onde evi­ta­re la SVG (sin­dro­me della vacca gras­sa) e pos­si­bi­le Che­to­si; per gli ani­ma­li da ri­mon­ta (quel­li che do­vran­no so­sti­tui­re gli ani­ma­li a fine car­rie­ra ri­pro­dut­ti­va) se ne con­si­glia­no 4–8 kg/dì.
Da ri­cor­da­re che il gran­tur­chi­no è mais da fo­rag­gio rac­col­to al mo­men­to del­l’e­mis­sio­ne delle in­fio­re­scen­ze ma­schi­li.
Man­gi­mi con­cen­tra­ti
La pro­du­zio­ne e la com­mer­cia­liz­za­zio­ne dei man­gi­mi è re­go­la­men­ta­ta dalla L 281 del 1963, dalla L 399 del 1968 e dal DPR n. 152 del 1988 e suc­ces­si­ve mo­di­fi­che e in­te­gra­zio­ni.
I man­gi­mi pos­so­no es­se­re clas­si­fi­ca­ti in: sem­pli­ci e com­po­sti.
Sia gli uni che gli altri de­vo­no pos­se­de­re pre­ci­se ca­rat­te­ri­sti­che nu­tri­zio­na­li e non pre­sen­ta­re am­muf­fi­men­ti, pa­ras­si­ti, non es­se­re con­ta­mi­na­ti da altre so­stan­ze, né da ter­re­no, né da pol­ve­ri, avere un alto va­lo­re bio­lo­g­i­co ossia mag­gior con­te­nu­to di am­mi­noa­ci­di es­sen­zia­li, que­sto in­di­ce è il rap­por­to tra la quan­ti­tà di azoto trat­te­nu­to dal­l’or­ga­ni­smo e l’a­zo­to as­sor­bi­to con gli ali­men­ti.
Esem­pi di va­lo­ri bio­lo­g­i­ci di al­cu­ni ali­men­ti:
gra­nel­la di mais ha un va­lo­re bio­lo­g­i­co di 60;
ca­rios­si­de di grano ha un VB di 67;
cru­sca di grano ha un VB di 74.
Mais e Orzo
Il mais fra gli ali­men­ti con­cen­tra­ti è si­cu­ra­men­te quel­lo di mag­gior ri­lie­vo non solo per la larga dif­fu­sio­ne ma anche per l’e­le­va­to po­te­re nu­tri­ti­vo.
In­fat­ti, la ca­rios­si­de ha un ele­va­to con­te­nu­to di amido, mo­de­sto, in­ve­ce, è il con­te­nu­to di pro­tei­ne (10%) e basso è anche il va­lo­re bio­lo­g­i­co in­fat­ti sono as­sen­ti gli am­mi­noa­ci­di in­di­spen­sa­bi­li (li­si­na, me­tio­ni­na e ci­sti­na.)
Com­mer­cial­men­te le va­rie­tà pos­so­no es­se­re sud­di­vi­se in: tipo Yel­low (seme den­ta­to con en­do­sper­ma fa­ri­no­so), Plata (seme poco den­ta­to con frat­tu­ra se­mi­vi­trea), Ma­ra­no (seme non den­ta­to con frat­tu­ra vi­trea).
L’or­zo oc­cu­pa il 4° posto come ce­rea­le dopo grano, riso e mais, è col­tu­ra adat­ta alle zone fre­sche del nord Eu­ro­pa, è più pro­dut­ti­vo del fru­men­to, avena, se­ga­le, tri­ti­ca­le (grano e sa­ga­le).
Fa­ri­na di estra­zio­ne di soia
La fa­ri­na di estra­zio­ne di soia è il pro­dot­to ot­te­nu­to dal­l’e­stra­zio­ne del­l’o­lio dai semi di soia, è con­si­de­ra­ta la più com­ple­ta fonte di pro­tei­ne ve­ge­ta­li dal­l’e­le­va­to va­lo­re bio­lo­g­i­co (con­tie­ne ele­va­te per­cen­tua­li di li­si­na e trip­to­fa­no). Il trat­ta­men­to ter­mi­co, detto to­sta­tu­ra (30 mi­nu­ti a 100°C) su­bi­to dal pro­dot­to du­ran­te le fasi di la­vo­ra­zio­ne ne di­strug­ge i fat­to­ri an­ti­tri­psi­ci au­men­tan­do la di­spo­ni­bi­li­tà degli ami­noa­ci­di in­di­spen­sa­bi­li.
Altra ca­rat­te­ri­sti­ca im­por­tan­te è data dal­l’e­le­va­to te­no­re di le­ci­ti­na, un com­po­sto in grado di svol­ge­re fun­zio­ni di vei­co­lo della Vi­ta­mi­na (A), di ap­por­ta­re fo­sfo­ro or­ga­ni­co e co­li­na.
Viene im­pie­ga­ta nelle ra­zio­ni ad ele­va­to ap­por­to ener­ge­ti­co come cor­ret­ti­vo pro­tei­co, par­ti­co­lar­men­te in­di­ca­ta per la dieta degli ani­ma­li da latte, per quel­li da carne e per il pol­la­me. Il va­lo­re nu­ti­ti­vo è il se­guen­te:
SS 90,4%; PG 45,7%; PD 42%; Estrat­ti­vi Ina­zo­ta­ti 31,45%; Fibra Grez­za 8%; Ce­ne­ri 6,1%.
Erba me­di­ca di­si­dra­ta­ta e Fa­ri­na di me­di­ca
Il trat­ta­men­to col ca­lo­re per­met­te oltre al man­te­ni­men­to in­te­gra­le delle pro­tei­ne e dei mi­ne­ra­li, la di­spo­ni­bi­li­tà di no­te­vo­le quan­ti­tà di beta ca­ro­te­ne (vit. A), il ca­lo­re au­men­ta la quan­ti­tà di pro­tei­ne in­de­gra­da­bi­li dal ru­mi­ne quin­di l’a­li­men­to è idea­le per le bo­vi­ne BLAP (bo­vi­ne da latte ad alta pro­du­zio­ne).  L’er­ba così trat­ta­ta può es­se­re ma­ci­na­ta con mo­li­ni agri­co­li ot­te­nen­do la fa­ri­na di me­di­ca assai ap­pe­ti­bi­le dagli ani­ma­li e al­ta­men­te nu­tri­ti­va per l’al­to con­te­nu­to di so­stan­ze pro­tei­che ed ener­ge­ti­che.
Semi in­te­gra­li di co­to­ne e soia
Que­sti man­gi­mi ab­bi­na­no un alto te­no­re pro­tei­co ed ener­ge­ti­co per­ché ric­chi di olio, que­sti semi pos­so­no ve­ni­re som­mi­ni­stra­ti in­te­ri op­pu­re dopo schiac­cia­tu­ra o fioc­ca­tu­ra. Le quan­ti­tà da im­pie­ga­re nella ra­zio­ne sono le­ga­te al man­te­ni­men­to di un’ef­fi­cien­te at­ti­vi­tà mi­cro­bi­ca ru­mi­na­le, in quan­to il rag­giun­gi­men­to del 5-7% di li­pi­di grez­zi nella dieta può di­mi­nui­re l’u­ti­liz­za­zio­ne di­ge­sti­va degli ali­men­ti.
Sot­to­pro­dot­ti in­du­stria­li
Polpa di bie­to­le, me­las­so, treb­bia (la­vo­ra­zio­ne della birra), lat­ti­cel­lo, siero, pa­nel­li della la­vo­ra­zio­ne delle olive (alto con­te­nu­to pro­tei­co) fa­ri­ne di estra­zio­ne, re­si­dui dei semi di soia, gi­ra­so­le, ara­chi­di, co­to­ne, colza, ra­viz­zo­ne, lino, lie­vi­to di birra.
N.B. Gli ali­men­ti im­pie­ga­ti per le lat­ti­fe­re non de­vo­no espli­ca­re azio­ne an­ti­ca­sea­ria; oc­cor­re evi­ta­re fo­rag­gi che agi­sco­no ne­ga­ti­va­men­te sul­l’o­do­re del latte, es: colza, ra­viz­zo­ne, bie­to­la (fo­glie), fieno greco, fo­glie di gelso, semi di vec­cia, fava, polpe di bie­to­la, fa­ri­nac­cio di riso, vi­nac­ce, gra­spi e vi­nac­cio­li, fi­noc­chi, ca­vol­fio­ri, ca­vo­li, rape ed altre cro­ci­fe­re, bu­cet­te e semi di po­mo­do­ri, sansa di olive, pa­staz­zo di agru­mi. In­fat­ti è certo che il gras­so del latte trat­tie­ne fa­cil­men­te le so­stan­ze aro­ma­ti­che pro­ve­nien­ti dai fo­rag­gi, dal­l’a­ria di stal­la, dai sili, dalle me­di­ci­ne e dai di­sin­fet­tan­ti. Per tale ra­gio­ni oltre a non som­mi­ni­stra­re gli ali­men­ti sopra elen­ca­ti va evi­ta­ta la som­mi­ni­stra­zio­ne di pro­dot­ti ava­ria­ti, di cat­ti­va qua­li­tà, am­muf­fi­ti.

Giu­sep­pe Ac­co­man­do, lau­rea­to in Scien­ze agra­rie pres­so l’U­ni­ver­si­tà Fe­de­ri­co II di Na­po­li, già do­cen­te di zoo­tec­ni­ca. Cur­ri­cu­lum vitae >>>

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