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Ora basta con la parola “calamità”: ci siano veri provvedimenti economici per le aziende

di C. Maurizio Scotti

Il maltempos di questi giorni sta mettendo a repentaglio numerose coltivazioni, soprattutto orticole in pieno campo, ma anche numerosissimi allevamenti, con conseguenze amare per il molti agricoltori del Centro-Sud Italia. L’inverno non è proprio la stagione favorevole alla campagna e per molti aspetti quasi sempre nei mesi “freddi” capitano condizioni meteorologiche sfavorevoli alle produzioni; certo, c’era l’avvisaglia autunnale, con nebbie e gelate propedeutiche, alleggerite da giornate più miti che in un  certo senso “abituavano” uomini, animali e campi al passaggio di “nonno gelo”. Da qualche anno a questa parte si arriva ai primi di dicembre con siciliani e calabresi in maniche di camicia, con qualche audace salentino che fa il bagno a Gallipoli e con abruzzesi e molisani ancora senza pastrano. Sarà uno di quelle conseguenze dovute al cambiamento climatico, all’effetto serra, al riscaldamento del Mediterraneo o al Sahara che avanza verso la costa africana, resta comunque il fatto che la maggior parte della gente si accorge della “mutazione” solo per ciò che sente direttamente o indirettamente, da come si veste a quanto paga per il riscaldamento. Per gli agricoltori non è così. La stagionalità delle colture, l’andamento produttivo (dalle semine in poi) e i fattori economici derivati, seguono cicli pluriennali che non possono essere costretti in tempi ridotti di giorni o mesi. Persino il passaggio da vitella a manza e poi a vacca esige un ciclo almeno triennale, tempo in cui i fenomeni agronomici non sono per forza simili o addirittura speculari, e in tanti allevamenti sottoposti a stress ambientali a volte basta poco per far perdere un passaggio, di solito dal secondo al terzo, per avvenuto abbattimento precoce, con conseguente perdita di un intero ciclo (è la vacca che “produce” il vitello). Lo stesso discorso vale per le produzioni orticole soggette a rotazione, sia per ragioni legate alla fertilità dei terreni che agli andamenti dei mercati. Lo scorso anno, anche l’embargo alla Russia (deciso in Ue e ratificato dall’Italia) ha fruttato danni ingenti al mondo agricolo italiano: in questo mese le negatività sono aumentate a causa della neve e del gelo, con disastri aggiuntivi nelle aree terremotate. Il ministro Maurizio Martina si è detto pronto a richiedere lo stato di calamità naturale nelle regioni martoriate dal cattivo tempo, ma è difficile pensare a fin dove si potrà agire economicamente è dove invece si resterà sul vago della decontribuzione fiscale. D’altronde, in molte realtà agricole e zootecniche del Centro-Sud le perdite sono secche e pesanti, sia nell’immediato che sulla ciclicità delle produzioni e sugli allevamenti: in casi simili, nel Meridione la storia dei trattamenti economici relativi agli stati calamitosi dichiarati da Regioni e Governi non hanno mai avuto vicissitudini brillanti. Che l’adesso sia davvero differente sia “buona speranza”.

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Vigneti a Castellaneta (foto www.trmtv.it)

11/01/2017

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