Con­di­vi­di l'ar­ti­co­lo
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Bio­lo­go pa­lu­di­sta e am­bien­ta­le, colui che con­nes­se l’e­co­lo­gia a una delle pa­to­lo­gie am­bien­ta­li più im­pat­tan­ti di ori­gi­ne ani­ma­le, zoo­no­si (ma non solo la ma­la­ria) e venne di­men­ti­ca­to

di Giu­lia­no Rus­si­ni

Bonifica agraria in Africa
Fi­gu­ra-1: Bo­ni­fi­ca idrau­li­ca, nel pe­rio­do fa­sci­sta, nel­l’A­fri­ca orien­ta­le Ita­lia­na (AOI), So­ma­lia.

L’I­ta­lia è un paese stra­no per molti versi, uno di que­sti è spes­so non dare il giu­sto va­lo­re a tec­ni­ci e scien­zia­ti natii, che hanno dato con­tri­bu­ti in de­ter­mi­na­ti campi del sa­pe­re, di gran­de va­lo­re; il per­ché ciò ac­ca­da, non è fa­ci­le da sa­pe­re, ma spes­so si per­ce­pi­sce uno stra­no sen­to­re di ge­lo­sia verso de­ter­mi­na­te clas­si pro­fes­sio­na­li, sup­por­ta­te anche dal­l’i­gno­ran­za in campo scien­ti­fi­co di al­cu­ni ele­men­ti coin­vol­ti della clas­se po­li­ti­ca, que­sto in qual­sia­si pe­rio­do sto­ri­co ita­lia­no.
In que­sto ar­ti­co­lo, vo­glio par­la­re di uno scien­zia­to e stu­dio­so, che con la­vo­ri su campo, con­tri­buì for­te­men­te a com­pren­de­re la Ma­la­ria, la sua sto­ria evo­lu­ti­va e la ne­ces­si­tà di un ap­proc­cio eco­lo­gi­co, per la sua era­di­ca­zio­ne, di­mo­stran­do che non fu l’uso mas­si­vo del DDT a ga­ran­tir­ne l’e­ra­di­ca­zio­ne, pun­tan­do su studi di campo, gra­zie alla sua for­ma­zio­ne di bio­lo­go nello spe­ci­fi­co eco­lo­go sa­ni­ta­rio e bio­lo­go pa­lu­di­sta.
Mi ri­fe­ri­sco a Caio Mario Co­luz­zi Bar­toc­cio­ni (da ora in poi in­di­ca­to come CMCB), fi­glio del­l’E­pi­de­mio­lo­go Al­ber­to Co­luz­zi e della edu­ca­tri­ce te­de­sca Anna Wim­mer.
Nac­que a Pe­ru­gia nel 1938 e morì a Roma nel 2012.
Il padre Al­ber­to Co­luz­zi me­di­co epi­de­mio­lo­go, spin­se il fi­glio Caio Mario a iscri­ver­si a Scien­ze Bio­lo­g­i­che, poi­ché era co­scien­te del fatto che solo l’ap­proc­cio me­di­co per ma­lat­tie che hanno ori­gi­ne am­bien­ta­li, non era suf­fi­cien­te, ma ne­ces­si­ta­va di una ro­bu­sta pre­pa­ra­zio­ne in bo­ta­ni­ca, zoo­lo­gia (in­ver­te­bra­ti e ver­te­bra­ti), eco­lo­gia (ani­ma­le e ve­ge­ta­le), en­to­mo­lo­gia, et­no-an­tro­po­lo­gia, bio­lo­g­ia evo­lu­ti­va, ov­ve­ro di­sci­pli­ne bio­lo­g­i­co-na­tu­ra­li­sti­che, molto an­ti­che, che non erano ba­ga­glio cul­tu­ra­le del me­di­co, o ve­te­ri­na­rio, ma del bio­lo­go…e sono la base di for­ma­zio­ne di esso, ove si­ner­gia con la mi­cro­bio­lo­gia sia ani­ma­le che ve­ge­ta­le, del­l’ac­qua e del suolo, la pa­ras­si­to­lo­gia e la ge­ne­ti­ca, for­ma­va­no la co­sid­det­ta “igie­ne am­bien­ta­le”.
De­scri­ve­rò bre­ve­men­te la car­rie­ra di CMCB, per no­ti­fi­ca­re che ha avuto un ruolo fon­da­men­ta­le a li­vel­lo in­ter­na­zio­na­le, poi una pa­no­ra­mi­ca della Sto­ria della Ma­la­ria in Ita­lia e i vari pro­get­ti Na­zio­na­li per la sua era­di­ca­zio­ne, ve­dre­mo come CMBC ebbe un ruolo chia­ve, du­ran­te gli anni ’50 del se­co­lo scor­so, dove la ma­la­ria era an­co­ra pre­sen­te in Ita­lia in al­cu­ne aree e nel mondo in di­ver­si con­ti­nen­ti, per ca­pir­ne le ca­rat­te­ri­sti­che eco­lo­gi­che e i me­to­di di con­tra­sto.

Il Dr Caio Mario Coluzzi Bartoccioni
Fo­to-1: Il Dr Caio Mario Co­luz­zi Bar­toc­cio­ni, in una stan­za della pro­prie­tà del padre “Casa delle Palme” a Mon­ti­cel­li, Espe­ria, dove al­le­va­va zan­za­re del ge­ne­re Ano­phe­les, per i suoi studi.

Tra le varie af­fi­lia­zio­ne e ri­co­no­sci­men­ti di CMCB, tro­via­mo (oltre 150 pub­bli­ca­zio­ni di li­vel­lo in­ter­na­zio­na­le e na­zio­na­le e di­ver­si libri su que­sti ar­go­men­ti), l’es­se­re stato mem­bro del Com­mit­tee on Ma­la­ria Pre­ven­tion and Con­trol dello Uni­ted Sta­tes Na­tio­na­le Aca­de­my of Scien­ce (USNAS), ha fatto parte della Task Force on Ma­la­ria Pre­ven­tion and Con­trol dell’Ad­vi­so­ry Group on the Con­trol of Tro­pi­cal Di­sea­ses, e della Task Force for the Mul­ti­la­te­ral Ini­tia­ti­ve on Ma­la­ria (MIM). Fu so­da­le della Royal So­cie­ty of Tro­pi­cal Me­di­ci­ne and Hy­gie­ne e della So­cie­tà Ita­lia­na di Pa­ras­si­to­lo­gia. Venne pre­mia­to nel 1989 dal­l’Ac­ca­de­mia dei Lin­cei con il Pre­mio Fel­tri­nel­li.

Breve sto­ria della Ma­la­ria (mal…aria: Aria in­sa­lu­bre) in Ita­lia
I primi me­to­di di lotta al fe­no­me­no del pa­lu­di­smo (si­no­ni­mo di ma­la­ria), av­ven­ne­ro in Sar­de­gna, me­dian­te la rac­col­ta con re­ti­ni delle larve di ano­fe­le, nelle acque in­sa­lu­bri (fos­sa­ti, ca­na­li agri­co­li, ca­pi­fos­si, zone umide, pozze di acqua, zone a can­ne­to, pozzi agri­co­li…), con una per­cen­tua­le di suc­ces­so bassa.

La raccolta di larve di anofele
Fo­to-2: Per­so­na­le in­ten­to alla rac­col­ta di larve di ano­fe­le, in una zona umida, Sar­de­gna, 1940.

La Ma­la­ria nella se­con­da Guer­ra Mon­dia­le, venne uti­liz­za­ta come vera e pro­pria arma bio­lo­g­i­ca dai te­de­schi
La Se­con­da Guer­ra Mon­dia­le, come si era ve­ri­fi­ca­to du­ran­te la Prima, de­ter­mi­nò una grave ri­pre­sa delle in­fe­zio­ni di Ma­la­ria e della tra­smis­sio­ne del pla­smo­dio in di­ver­se zone del paese, a causa del­l’in­ter­ru­zio­ne degli in­ter­ven­ti pro­fi­lat­ti­ci e, verso la fine della guer­ra, per la di­stru­zio­ne si­ste­ma­ti­ca delle opere di bo­ni­fi­ca del pe­rio­do Fa­sci­sta, da parte dei te­de­schi. I sa­bo­tag­gi fu­ro­no veri e pro­prio atti di “guer­ra bio­lo­g­i­ca”, pro­get­ta­ti da ma­la­rio­lo­gi te­de­schi chia­ma­ti ap­po­si­ta­men­te dalla Ger­ma­nia alla fine del 1943 per ri­crea­re, so­prat­tut­to nel­l’A­gro Pon­ti­no e nel­l’A­gro Ro­ma­no, l’am­bien­te adat­to allo svi­lup­po dei vet­to­ri ma­la­ri­ci più pe­ri­co­lo­si (Ano­phe­les la­bran­chiae).
Epi­de­mie di no­te­vo­li pro­por­zio­ni col­pi­ro­no le zone più pre­di­spo­ste, ma anche re­gio­ni in cui la ma­la­ria era scom­par­sa da anni, o era ormai av­via­ta ad una ra­pi­da estin­zio­ne, come la pro­vin­cia di Fro­si­no­ne. L’e­pi­de­mia di Cas­si­no e della valle del Liri, fu la con­se­guen­za delle de­va­sta­zio­ni pro­dot­te dal bom­bar­da­men­to nel feb­bra­io del 1944, in par­ti­co­la­re della for­ma­zio­ne di cra­te­ri che, a se­gui­to delle piog­ge, for­ni­ro­no am­bien­ti adat­ti alla ri­pro­du­zio­ne di zan­za­re. Nel 1944, il nu­me­ro di casi a li­vel­lo na­zio­na­le salì a 133.842, però con “soli” 421 de­ces­si – meno dei due anni pre­ce­den­ti.

L’il­lu­sio­ne ame­ri­ca­na del DDT (di­clo­ro-di­fe­nil-tri­clo­roe­ta­no)
Du­ran­te la guer­ra emer­ge­va una nuova idea di con­trol­lo an­ti­ma­la­ri­co, ba­sa­to sul­l’u­so di in­set­ti­ci­di ad azio­ne re­si­dua. Gli in­set­ti­ci­di a base di fiori di pi­re­tro erano già uti­liz­za­ti, ma poco ef­fi­ca­ci per un im­pie­go di­ret­to con­tro la zan­za­ra alata, a causa della ele­va­ta quan­ti­tà ne­ces­sa­rie per rag­giun­ge­re un ef­fet­to tos­si­co e della scar­sa per­si­sten­za del­l’a­zio­ne in­set­ti­ci­da. Con l’i­ni­zio della Se­con­da Guer­ra Mon­dia­le, le dif­fi­col­tà di ap­prov­vi­gio­na­men­to del pi­re­tro, la cui pro­du­zio­ne era con­trol­la­ta in gran parte dai giap­po­ne­si, aveva sti­mo­la­to la ri­cer­ca di nuove so­stan­ze.
L’in­set­ti­ci­da che avreb­be con­sen­ti­to di con­trol­la­re le epi­de­mie cau­sa­te dalla Guer­ra e poi di scon­fig­ge­re la ma­la­ria in Ita­lia e in altre zone tem­pe­ra­te del mondo, era il DDT (di­clo­ro-di­fe­nil-tri­clo­roe­ta­no), che ar­ri­vò in­sie­me agli ame­ri­ca­ni nel set­tem­bre del 1943 e fu uti­liz­za­to per la prima volta in pol­ve­re, per spe­gne­re un’e­pi­de­mia di tifo esan­te­ma­ti­co (tra­smes­so dai pi­doc­chi) a Na­po­li. Sin­te­tiz­za­to nel 1874, era stato igno­ra­to fino al 1939, quan­do la sua ef­fi­ca­cia fu sco­per­ta dallo sviz­ze­ro Paul Her­mann Müller, alla ri­cer­ca di un pro­dot­to da usare con­tro i pi­doc­chi. Fu spe­ri­men­ta­to negli Stati Uniti su di­ver­si in­set­ti, com­pre­se le zan­za­re, nel 1942. Nel 1944, il DDT fu spe­ri­men­ta­to per la prima volta in Ita­lia, per il con­trol­lo della ma­la­ria a Ca­stel Vol­tur­no (a nord di Na­po­li) dall’”Unità Di­mo­stra­ti­va per il Con­trol­lo della Ma­la­ria” della Roc­ke­fel­ler Foun­da­tion, gui­da­ta dal ma­la­rio­lo­go Pa­trick Rus­sel e dal bio­lo­go Fred Soper. Spruz­za­to sulle pa­re­ti delle abi­ta­zio­ni e delle stal­le, il pro­dot­to si ri­ve­lò ef­fi­ca­ce nel ri­dur­re la den­si­tà di zan­za­re e il li­vel­lo di tra­smis­sio­ne della ma­lat­tia. Nel lu­glio dello stes­so anno fu­ro­no trat­ta­te nu­me­ro­se abi­ta­zio­ni a Ostia e nel giu­gno del 1945 la spe­ri­men­ta­zio­ne fu este­sa al Delta del Te­ve­re, alla zona sud-orien­ta­le delle pa­lu­di pon­ti­ne e alla zona di Cas­si­no. Il DDT fu uti­liz­za­to nella prima fase di spe­ri­men­ta­zio­ne, anche per la lotta con­tro le larve, spruz­zan­do­lo a in­ter­val­li re­go­la­ri sulle zone al­la­ga­te per mezzo di aerei.

DDT contro la malaria
Fi­gu­ra-2: Nel DDT si in­trav­ve­de­va una pa­na­cea (ef­fi­me­ra) con­tro la ma­la­ria, anche in Ita­lia, come poi i bio­lo­gi eco­lo­gi sa­ni­ta­ri e bio­lo­gi pa­lu­di­sti, in­tui­ro­no non es­se­re vero.

Utilizzo del DDT sulle persone
Fo­to-3: Uti­liz­zo del DDT per spe­gne­re una epi­de­mia di tifo esan­te­ma­ti­co tra­smes­so dai pi­doc­chi a Na­po­li, nel 1943.

Piano di Era­di­ca­zio­ne in Ita­lia
L’a­zio­ne sa­ni­ta­ria che avreb­be por­ta­to al­l’e­ra­di­ca­zio­ne della ma­la­ria in Ita­lia, fu pos­si­bi­le gra­zie al­l’of­fer­ta del­l’UNR­RA, che nel 1946 stan­ziò 1.​179.​075.​000 lire per un pro­gram­ma “Quin­quen­na­le” di lotta an­ti­ma­la­ri­ca volto a ri­sol­ve­re de­fi­ni­ti­va­men­te il pro­ble­ma at­tra­ver­so l’im­pie­go “esclu­si­vo” dei nuovi in­set­ti­ci­di a ef­fet­to re­si­duo. Un Piano quin­quen­na­le per il ri­sa­na­men­to del­l’I­ta­lia fu pre­sen­ta­to nel gen­na­io del 1946 da Al­ber­to Mis­si­ro­li, che sud­di­vi­de­va l’I­ta­lia in quat­tro zone, in rap­por­to alla spe­cie vet­tri­ce pre­va­len­te e alla sua dif­fu­sio­ne.
L’Al­to Com­mis­sa­ria­to per l’I­gie­ne e la Sa­ni­tà (ACIS) ri­ten­ne di at­tua­re il piano con cri­te­ri stra­te­gi­co-or­ga­niz­za­ti­vi di­ver­si. I punti fon­da­men­ta­li erano: a) con­du­zio­ne uni­ta­ria, ov­ve­ro cen­tra­liz­za­ta, della lotta an­ti­ma­la­ri­ca; b) ri­co­no­sci­men­to del­l’i­nu­ti­li­tà e im­pra­ti­ca­bi­li­tà di qual­sia­si pro­get­to che mi­ras­se al­l’e­ra­di­ca­zio­ne di spe­cie vet­tri­ci esi­sten­ti da tempi im­me­mo­ra­bi­li nella Pe­ni­so­la (come si cer­ca­va di fare in Sar­de­gna); c) di­spo­ni­bi­li­tà da parte dello Stato a farsi ca­ri­co degli oneri fi­nan­zia­ri ne­ces­sa­ri per rag­giun­ge­re l’o­biet­ti­vo del­l’e­ra­di­ca­zio­ne, dato che i fondi UNRRA sa­reb­be­ro stati in­suf­fi­cien­ti; d) la messa al bando di ogni esclu­si­vi­smo dot­tri­na­rio, come quel­lo so­ste­nu­to dagli esper­ti del­l’UNR­RA che in­ten­de­va­no fi­nan­zia­re esclu­si­va­men­te la lotta con­tro la zan­za­ra alata men­tre si do­ve­va­no iden­ti­fi­ca­re anche i por­ta­to­ri del pa­ras­si­ta (Pla­smo­dium fal­ci­pa­rum, P.​vivax, P.​ovale, P.​malariae e P.​knowlesi; si pensa che la forma che af­flig­ge di più l’es­se­re umano il Pla­smo­dium fal­ci­pa­rum, la ma­la­ria ter­za­na, la forma ma­li­gna, sia ori­gi­na­to dallo scim­pan­zé o go­ril­la, è che re­cen­te­men­te, circa 8-10.000 anni fa, si tra­smi­se all’Homo sa­piens) e so­ste­ne­re la­vo­ri di pic­co­la bo­ni­fi­ca.

Caio Mario Co­luz­zi Bar­toc­cio­ni, sco­pre i danni del DDT ca­pen­do che il mi­glio­ra­men­to e l’e­ra­di­ca­zio­ne della Ma­la­ria in Ita­lia av­ven­ne­ro per altre ra­gio­ni
«Le in­fe­zio­ni sono eco­si­ste­mi»: par­ten­do da que­sto pa­ra­dig­ma, il bio­lo­go pa­lu­di­sta ed eco­lo­go sa­ni­ta­rio Bar­toc­cio­ni, com­pre­se che in real­tà, non fu il DDT ad avere la me­glio sulla ma­la­ria, nelle pa­lu­di in­sa­lu­bri e nei cen­tri ru­ra­li ita­lia­ni, spruz­zan­do­lo sia al­l’in­ter­no delle abi­ta­zio­ni che nelle stal­le, poi­ché ef­fet­ti­va­men­te l’a­gen­te ab­bas­sa­va so­la­men­te di un po’ la den­si­tà della forma alata del­l’in­set­to, non agen­do sulle larve, né sulle loro ca­pa­ci­tà in­fet­ti­ve, nel mo­men­to in cui ino­cu­la­va­no l’a­gen­te pla­smo­dio. Lui ar­ri­vò a com­pren­de­re che le bo­ni­fi­che idrau­li­che, la si­ste­ma­zio­ne fon­dia­ria, la ri­du­zio­ne del­l’u­mi­di­tà re­la­ti­va (UR%), il dre­nag­gio dei ter­re­ni erano i veri fat­to­ri che li­mi­ta­va­no il pro­gre­di­re del ciclo bio­lo­g­i­co della ano­fe­la, fa­cen­do­la mo­ri­re e quin­di in­ter­rom­pen­do la pro­gres­sio­ne della ma­la­ria.
Inol­tre, com­pre­se che in am­bien­te sub­sa­ha­ria­no, al con­tra­rio, i fat­to­ri di tra­sfor­ma­zio­ne am­bien­ta­le in­dot­ti dal­l’uo­mo (de­fo­re­sta­zio­ne, ir­ri­ga­zio­ne, de­sa­li­niz­za­zio­ne delle aree co­stie­re), hanno il solo ef­fet­to di mol­ti­pli­ca­re i siti e le op­por­tu­ni­tà ri­pro­dut­ti­ve del vet­to­re, in­cre­men­tan­do la tra­smis­sio­ne pa­ras­si­ta­ria.
Il bio­lo­go ita­lia­no intuì anche nei suoi studi su campo in Al­ba­nia, nelle aree sub-sa­ha­ria­ne ma anche in aree Tro­pi­ca­li come Ve­ne­zue­la, Bo­li­via, Costa Rica e Bor­neo dove passò molti anni, fa­cen­do per­lo­più la­vo­ro da campo, stu­dian­do i cicli bio­lo­g­i­ci delle ano­fe­le, cor­re­lan­do­li con il clima e mi­cro­cli­mi in re­la­zio­ne al­l’e­co­si­ste­ma in cui si tro­va­va, che nel caso del­l’I­ta­lia, il DDT usato se­con­do il “me­to­do ita­lia­no” non uc­ci­de­va le zan­za­re, ma eser­ci­ta­va solo un ef­fet­to ir­ri­tan­te, per cui cau­sa­va la loro fuo­ru­sci­ta dalle abi­ta­zio­ni, dove la tem­pe­ra­tu­ra con­sen­ti­va lo svi­lup­po del pa­ras­si­ta. Nelle re­gio­ni tem­pe­ra­te in­ve­ce, anche in esta­te, la sta­gio­ne prin­ci­pa­le della tra­smis­sio­ne, la tem­pe­ra­tu­ra di notte scen­de nor­mal­men­te sotto i 19-18°C, cioè sotto il mi­ni­mo ter­mi­co ne­ces­sa­rio per­ché il pla­smo­dio rie­sca a svi­lup­par­si nel vet­to­re. In pra­ti­ca le zan­za­re in­fet­te mo­ri­va­no prima di di­ven­ta­re in­fet­tan­ti. L’e­ra­di­ca­zio­ne della Ma­la­ria dal­l’I­ta­lia usan­do il DDT fu pos­si­bi­le quin­di per­ché, dato il con­te­sto cli­ma­ti­co ed eco­lo­gi­co e il mi­glio­ra­men­to degli eco­si­ste­mi agri­co­li, la tra­smis­sio­ne di­pen­de­va solo dalla pre­sen­za dei vet­to­ri nelle abi­ta­zio­ni e la pre­sen­za di una va­ria­zio­ne sta­gio­na­le, ne in­ter­rom­pe­va la tra­smis­sio­ne.

Con­tra­ria­men­te a quan­to av­vie­ne in­ve­ce nelle aree Tro­pi­ca­li
Nelle re­gio­ni tro­pi­ca­li ove an­co­ra oggi per­si­ste la ma­la­ria, le tem­pe­ra­tu­re sono co­stan­ti gior­no e notte e sem­pre fa­vo­re­vo­li allo svi­lup­po del pa­ras­si­ta, per cui la tra­smis­sio­ne è pe­ren­ne e il DDT non eser­ci­ta­va alcun ef­fet­to di con­trol­lo in quei con­te­sti eco­lo­gi­ci di ri­pro­du­zio­ne del vet­to­re, nei quali pe­ral­tro le at­ti­vi­tà agri­co­le umane non con­tra­sta­no la ma­la­ria, ma la fa­vo­ri­sco­no.

Somministrazione di DDT in casa
Fo­to-4: Som­mi­ni­stra­zio­ne di DDT in una casa ru­ra­le, du­ran­te gli anni ’50 del se­co­lo scor­so.

Caio Mario Co­luz­zi Bar­toc­cio­ni a solo di­ciot­to anni, ap­pe­na iscrit­to a Scien­ze Bio­lo­g­i­che, intuì e pub­bli­co sulla re­si­sten­za da parte dei vet­to­ri ano­fe­li ita­lia­ni al DDT
Im­por­tan­ti sono i suoi con­tri­bu­ti anche sulla ge­ne­ti­ca dei vet­to­ri ma­la­ri­ci, che lo hanno por­ta­to al ri­co­no­sci­men­to del­l’e­si­sten­za di sei spe­cie ge­mel­le del ge­ne­re Ano­phe­les, cia­scu­na in pos­ses­so di di­ver­sa ca­pa­ci­tà di con­tri­bui­re alla dif­fu­sio­ne della ma­lat­tia. Col­le­ga­to a que­sto la­vo­ro è l’i­po­te­si da lui avan­za­ta sul­l’o­ri­gi­ne e dif­fu­sio­ne della forma «fa­ta­le di ma­la­ria, la ter­za­na», do­vu­ta al­l’o­pe­ra di una spe­cie di Ano­phe­les spic­ca­ta­men­te an­tro­po­fi­li­ca che circa 8.000-10.000 anni fa, pro­ba­bil­men­te pas­san­do dallo scim­pan­zé (Pan tro­glo­dy­tes) o, se­con­do ipo­te­si più re­cen­ti dal Go­ril­la (Go­ril­la go­ril­la) al­l’uo­mo, ha dato ini­zio al pro­ces­so che avreb­be por­ta­to al­l’e­span­sio­ne e dif­fu­sio­ne at­tua­le della ma­lat­tia; que­sto, se­con­do il bio­lo­go ita­lia­no, avreb­be coin­ci­so anche con la ca­pa­ci­tà dell’Homo sa­piens di di­ve­ni­re stan­zia­le e con la na­sci­ta del­l’a­gri­col­tu­ra e pa­sto­ri­zia, ov­ve­ro i pro­dro­mi alla na­sci­ta dei vil­lag­gi, città e della ur­ba­niz­za­zio­ne. Nel con­tem­po, fu molto espli­ci­to anche nel de­fi­ni­re come il DDT uti­liz­za­to mas­si­va­men­te ovun­que, anche in Ita­lia, fosse le­si­vo per gli eco­si­ste­mi e le bio­ce­n­o­si, per le pian­te, gli ani­ma­li (flora e fauna) e quin­di anche per l’es­se­re umano e che i suoi ef­fet­ti no­ci­vi, es­sen­do un in­set­ti­ci­da a «ef­fet­to re­si­duo» si sa­reb­be­ro pro­trat­ti negli anni ed en­tra­ti nelle ca­te­ne ali­men­ta­ri e in con­tem­po­ra­nea alla bio­lo­ga ame­ri­ca­na Ra­chel Car­son aveva in­tui­to come esso sa­reb­be stato causa, di molte “Pri­ma­ve­re Si­len­zio­se”.

At­tua­le di­stri­bu­zio­ne geo­gra­fi­ca della Ma­la­ria
Alla fine della se­con­da guer­ra mon­dia­le la ma­la­ria in­te­res­sa­va tutta l’Eu­ro­pa, ad ec­ce­zio­ne dei paesi Scan­di­na­vi, l’A­fri­ca, l’A­sia e la set­ten­trio­na­le del­l’Au­stra­lia. Era inol­tre dif­fu­sa nel con­ti­nen­te Ame­ri­ca­no al­l’in­cir­ca tra il 40° pa­ral­le­lo Nord ed il 20° Sud.
At­tual­men­te essa per­ma­ne in buona parte del con­ti­nen­te Sud-Ame­ri­ca­no, in Afri­ca, lungo le coste del­l’A­ra­bia, nei paesi del­l’A­sia sud oc­ci­den­ta­le (Iran -Per­sia-, Pa­ki­stan, etc.) nella Cina su­do­rien­ta­le, in In­do­ci­na e In­do­ne­sia.
Si sta ri­du­cen­do in Ame­ri­ca cen­tra­le (Me­soa­me­ri­ca) e in India.
L’e­ra­di­ca­zio­ne della ma­la­ria nelle zone cal­do-umi­de è dif­fi­ci­le per l’an­da­men­to non sta­gio­na­le, ma con­ti­nuo del­l’in­fe­zio­ne du­ran­te il corso del­l’an­no.

Diffusione della Malaria nel mondo
Fi­gu­ra-3: Re­gio­ni del globo dove non c’è più ma­la­ria o non è mai esi­sti­ta (in bian­co), Re­gio­ni a ri­schio li­mi­ta­to (in gri­gio) e Re­gio­ni dove la ma­la­ria è più pre­sen­te (in aran­cio­ne).

Bi­blio­gra­fia

  • Land­sca­pes of Di­sea­se- Ma­la­ria in mo­dern Gree­ce, Ka­te­ri­na Gar­di­kas, 2018
  • UNRRA is now car­ry­ing out an in­ten­si­ve an­ti-ma­la­ria cam­pai­gn in Gree­ce by means of DDT spray­ing pla­nes.
  • In­ter­fé­ren­ces po­li­ti­ques et mé­di­ca­les : le rôle de l’UNR­RA à la lutte an­ti­pa­lu­di­que en Grèce, 2018
  • Ma­la­ria, DDT e Di­sin­for­ma­zio­ne, Al­ber­to Gui­dor­zi, 2017

Giu­lia­no Rus­si­ni è lau­rea­to in Scien­ze Bio­lo­g­i­che in­di­riz­zo Bo­ta­ni­ca ap­pli­ca­ta, per­fe­zio­na­men­to in bo­ta­ni­ca am­bien­ta­le e Fi­to­pa­to­lo­gia, igie­ne e eco­lo­gia ur­ba­na. Cur­ri­cu­lum vitae >>>

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