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di Donato Ferrucci

Introduzione

Per un corretto approccio all’idea di qualità, per quanto attiene agli alimenti, occorre prima definire un prodotto “qualunque” o “standard” che, nel rispetto dei requisiti legislativi, può essere immesso sul mercato. L’alimento, per poter essere commercializzato, in base ai principi della legislazione vigente (General Food Law, Reg. (CE) 178/2002), deve rispondere ad un canone di legalità, declinato secondo due visioni, la sicurezza e la conformità tecnica. Quest’ultima perimetrata da requisiti di identità, processo e comunicazione. A sua volta, la comunicazione dovrà rispondere ai principi di veridicità (rispondenza dei fatti alle informazioni) e lealtà (precisa, comprensibile e libera da elementi decettivi, seppur veritieri).

Con il Reg. (CE) 178/2002 l’alimento è definito in termini funzionali ed il percorso produttivo diventa oggetto di normazione, per disciplina di tutte le fasi coinvolte. Il sistema legislativo alimentare identifica come:

  • Oggetto, l’alimento, bene ad utilità istantanea con potenziale impatto sulla salute del consumatore;
  • Perimetro, tutte le fasi (filiera, processo e materiali a contatto);
  • Gestione, un modello preventivo basato su norme che individuano delle prassi operative e informative a tutela della sicurezza e della corretta comunicazione.

Un alimento quindi, per poter essere immesso sul mercato, dovrà possedere i seguenti requisiti:

  • Sicuro per la salute;
  • Conforme alle norme vigenti, in termini di
    • identità,
    • processo,
    • comunicazione, a sua volta,
      • Veritiera
      • Leale

Rispettata la configurazione cogente dell’alimento, qualsiasi requisito che si aggiunge, apporta di conseguenza “qualità” al prodotto. Qualità diventa quindi addizione di requisiti al canone di base.

Requisiti che potrebbero anche non apparire significativi, ma il cui contenuto non deve essere collegato a un giudizio di valore quanto ad un accoglimento, e riconoscimento, da parte del mercato. È il caso emblematico di tutti i prodotti “senza” che, per assurdo, addizionano requisiti togliendo elementi; o ancora, il caso dei requisiti immateriali, dove evocazioni territoriali trovano riconoscimento da parte del consumatore.

Il fondamento è che il requisito di “qualità” introdotto/addizionato sia caratterizzato dai seguenti elementi:

  • Volontarietà;
  • Assenza di conflitto con le norme cogenti;
  • Sostanziale e oggettivo.

Altra caratterista della qualità è che non è mai “neutrale”. La qualità spinge a delle scelte ed indirizza verso alcuni orientamenti piuttosto che altri, fino a determinare vere e proprie rivoluzioni nel sistema dei consumi e, di conseguenza, delle produzioni.
Il perseguimento della qualità, in generale, può avere una sicura funzione indiretta sul sistema, con effetto trainante dei modelli produttivi, spingendo al costante miglioramento, caratteristica comune dei sistemi qualità. Infatti se da una parte si assiste ad un perfezionamento dei pre-requisiti associati al prodotto alimentare (identità e sicurezza in particolare), dall’altro, diventa necessario un continuo perfezionamento dei requisiti correlati alla qualità.

Aspetti legislativi

Dal punto di vista legislativo non esiste una definizione di qualità. I concetti che più richiamano e assimilano quanto evocato dal termine qualità sono quelli di coerenza e genuinità.
La coerenza con le aspettative, ovvero veridicità e lealtà, sono concetti contemplati e tutelati dal nostro ordinamento giuridico nel codice penale. In particolare, si possono ricordare i seguenti articoli:

– Art. 515 C.P. – Frode nell’esercizio del commercio. “Consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita”. Si configura come una attribuzione di qualità non possedute.

– Art. 516 C.P., per l’immissione in commercio come genuine di sostanze non genuine;

– Art. 517 C.P., vendita di prodotti industriali con segni mendaci. “Vendita di opere dell’ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull’origine, provenienza o qualità dell’opera o del prodotto” (inclusi quelli alimentari);

– 517 bis C.P., disposizione specifica per i prodotti alimentari tutelati da denominazioni comunitarie.

Una sentenza della Corte di Cassazione (n. 222 del 10/02/2004, Corte di Cassazione Penale – Sez. III) ha riconosciuto al concetto di genuinità, altro termine che richiama l’idea di qualità, una duplice valenza: sostanziale, come definita dall’art. 516 c.p., ma anche formale, sulla base di disposizioni normative ritenute essenziali a qualificare un determinato tipo di prodotto alimentare. Si è quindi arrivati a ritenere genuino un prodotto in termini sia di componenti (sostanza) che per ulteriori caratteristiche qualificanti, quali ad esempio le tipologie di lavorazioni (forma).

Il canone giuridico della qualità dei prodotti agroalimentari ha mosso i primi passi dal Libro Verde sulla qualità dei prodotti agricoli (norme di prodotto, requisiti di produzione e sistemi di qualità. Bruxelles, 15.10.2008), ed è stato successivamente elaborato secondo schemi sempre più sofisticati. Nel Libro Verde si sono affermate due declinazioni del concetto di qualità: per correlazione con l’origine o con il metodo di produzione. A seguire, si è evidenziata la possibilità di valorizzare dei componenti stessi del prodotto, per addizione, nel caso di elementi valorizzanti (Vitamine, antiossidanti, Polifenoli, e nutraceutici in genere); o per sottrazione, nel caso di componenti ritenute negative in un determinato contesto di mercato (OGM, Olio di palma, grassi idrogenati, ecc.).

Quindi, il concetto di qualità, seppur ad oggi non definito in termini giuridici diretti, trova perimetrazione attraverso una definizione “indiretta”, associata a prodotti di “qualità superiore”, ovvero che offrono al consumatore qualcosa di più dei requisiti minimi, sia in termini di caratteristiche speciali come il sapore, l’origine, ecc., sia riguardo al metodo di produzione. Risulta pertanto fissato un livello basilare di qualità, che deriva dalle caratteristiche cardine del prodotto alimentare: sicurezza e conformità alle ulteriori disposizioni legislative.

Applicando quindi una sorta di equazione giuridica, ne consegue che qualsiasi requisito superi tale livello, nel rispetto dei principi fondanti, è da ritenersi qualità rispetto al prodotto a cui riferisce. Qualità che diventa quindi un concetto poliedrico e multidimensionale ma che non può, per definizione, andare a compromettere i requisiti di “sicurezza legale” prima elencati.

Aspetti tecnici: definizione di qualità

In termini tecnici, la qualità è definita come “grado in cui un insieme di caratteristiche intrinseche soddisfa i requisiti” (UNI EN ISO 9000:2015). La caratteristica è intesa come l’elemento distintivo, il requisito come “aspettativa” del mercato per quella caratteristica (ad esempio, se l’acidità di un olio extravergine di oliva è la caratteristica, il suo valore entro determinati limiti rappresenta il requisito).
Ne consegue che la qualità di un prodotto, nella declinazione tecnica del concetto, non è un giudizio di valore ma la conformità ad uno standard, che supera i requisiti di base (qualità generica, “mercantile”), mediante norme di natura tecnica a specifica dei parametri di riferimento.

I parametri della qualità possono essere distinti in tangibili, a determinare la qualità materiale (es. presenza di nutrienti, acidità, contenuto in zuccheri, ecc.), verificabile mediante prove analitiche sui prodotti; e intangibili, che identificano la qualità immateriale (es. origine, valori etici), garantita solo attraverso controlli e sistemi di gestione.
Quindi, la corretta attribuzione di qualità ad un prodotto implica addizionare al prodotto requisiti o valori associati a questi, mantenendo come riferimento il livello cogente.

A quanto sopra indicato è associata una comunicazione corretta (veritiera e leale), dichiarazione di conformità ad uno standard conseguito mediante un insieme regole che prevedono requisiti (sostanza) e modalità operative (forma).
Uno degli elementi basilari è che qualità è sempre una scelta basata su un principio di volontarietà. Ciò che è obbligatorio come risultato produttivo è la cosiddetta qualità “mercantile”, livello minimo perché il prodotto, possa essere immesso sul mercato.

Aspetti tecnici: costituzione della qualità

Definito quindi in che cosa consiste la qualità: aggiungere in via volontaria, nel rispetto delle regole, requisiti misurabili e concreti (“accessori”) al prodotto.

Possiamo ora riflettere su come questa è costituita. Si parla quindi di sistema qualità, insieme di requisiti e modalità organizzative che concorrono al raggiungimento di determinati obiettivi.  Nell’essenza si possono identificare due elementi costitutivi il sistema qualità: struttura e funzione.

La struttura può essere di tipo:

  • Semplice, quando è prevista la gestione di un solo requisito e l’obiettivo del sistema è definito da uno specifico valore assunto da questo (es. i prodotti “ricchi di …”, “a ridotto contenuto…”, “senza…”). In questo caso il requisito è comunicato direttamente;
  • Complessa, quando, di fronte ad un obiettivo piuttosto sofisticato (es. a valenza ambientale, organizzativa, o sociale), i requisiti coinvolti sono molteplici. In questo caso la comunicazione della qualità è delegata ad un segno che riassume l’intero sistema, in termini di obiettivi e requisiti, non potendo questi essere enumerati nel loro insieme in un semplice strumento comunicativo che è rappresentato dall’etichetta del prodotto alimentare.

La funzione del sistema qualità ne specifica le motivazioni e l’organizzazione al fine del raggiungimento e mantenimento degli obiettivi che lo caratterizzano. In sostanza la funzione è codificata mediante un insieme di regole che ne specificano obiettivi, campo di applicazione (oggetto), modalità dichiarative (chi ha l’autorità o competenza a rilasciare dichiarazioni di conformità e secondo quali specifiche) e modelli di gestione dei requisiti.

Aspetti tecnici: classificazione dei sistemi di qualità

I sistemi qualità, sulla base delle indicazioni sopra riportate, possono trovare una classificazione fondata sugli elementi funzionali.

In base alle regole si avrà:

  • Sistemi di tipo regolamentato, basati su norme legislative;
  • Sistemi di tipo normato, definiti da norme di natura strettamente tecnica;
  • Sistemi di tipo misto, che prevedono una regolazione basate su entrambe le fonti.

In base agli obiettivi:

  • a valenza ambientale;
  • a valenza etica;
  • a valenza organizzativa;
  • a valenza religiosa;
  • a valenza tecnica;
  • a valenza salutistica.

Come è ovvio gli obiettivi possono aumentare e diversificarsi nel corso del tempo, in funzione delle esigenze sociali contingenti. In alcuni momenti possono prevalere gli interessi etici, in altri quelli di natura edonistica e salutistica, in altri ancora quelli a carattere ambientale. In ogni caso gli obiettivi dei sistemi qualità esprimono pienamente la situazione socio-economica contingente di una determinata area geografica

In base al campo di applicazione:

  • di prodotto;
  • di processo;
  • di organizzazione
  • misti

In base alle modalità dichiarative:

  • di parte prima, dove la dichiarazione è resa da chi applica il sistema (autodichiarazione);
  • di parte seconda. La dichiarazione è resa da un gruppo di cui fa parte anche il produttore (associazione, consorzio, ecc.) o da un soggetto coinvolto nella produzione (es. cliente);
  • di parte terza, dichiarazione rilasciata da un soggetto professionale, abilitato al rilascio di dichiarazioni di conformità, il cui coinvolgimento nel sistema è solo per le competenze correlate allo svolgimento dell’attività dichiarativa;

Fino a questo livello le dichiarazioni si svolgono in un contesto di natura prettamente privatistica. Le seguenti coinvolgono anche aspetti di natura pubblicistica, essendo correlate a segni di qualità legale la cui conformità può essere dichiarata da soggetti pubblici o su delega di funzione a privati, sempre però rilasciata dai primi.

  • di parte quarta, simile alla precedente, interessa i segni di qualità legale e prevede una delega di funzione, per gli aspetti di certificazione, da parte dell’autorità pubblica ad un soggetto privato. Come per la precedente esiste una relazione economica tra produzione e soggetto dichiarante ma è limitata alle competenze per il servizio relativo alla certificazione. E’ il caso dei prodotti biologici o a Denominazione di Origine.
  • Di parte quinta, dichiarazione resa da un soggetto pubblico che non ha nessun contatto con chi richiede la dichiarazione. In esempio le Denominazioni di Origine nel caso di gestione da parte delle camere di Commercio, le dichiarazioni di conformità rilasciata dalle autorità sanitarie (es. idoneità alla lavorazione di prodotti di origine animale) oppure da centri di ricerca (es. caratteristiche di alimenti o acque).

Aspetti tecnici: la gestione dei sistemi di qualità

I modelli di gestione dei requisiti sono invece definiti da metodi, regole e strumenti. I metodi sono linee guida o atti legislativi che definiscono la metodologia con cui applicare il sistema. Le regole, spesso rappresentate da procedure, esprimono l’adattamento del metodo alla realtà operative dell’azienda. Gli strumenti sono i supporti deputati alle registrazioni.

Quindi, i principi su cui deve fondarsi la gestione dei sistemi qualità dei prodotti agroalimentari, per rendere questi credibili ed affidabili, possono essere così sintetizzati:

  • all’operatore compete la responsabilità di realizzare la qualità in conformità ai requisiti previsti e di rispettare le procedure di produzione e verifica (sistema di autocontrollo);
  • è sempre l’operatore che deve dare evidenza oggettiva del rispetto dei requisiti previsti mediante uno schema documentale basato su registrazioni sistematiche (sistema di evidenza);
  • i requisiti oggetto di controllo e verifica devono essere sempre espressi in termini misurabili e verificabili;
  • un eventuale soggetto “terzo” può apportare ulteriori garanzie mediante verifica della capacità dell’operatore a rispettare, in continuo, quanto proposto o promesso (certificazione di parte terza);
  • la vigilanza sugli operatori e sul sistema di certificazione è compito delle istituzioni pubbliche coinvolte nella tutela del bene rappresentato dall’interesse del consumatore.

Conclusioni

La qualità addiziona requisiti a quanto previsto dalla norma cogente e prevede delle nuove, sofisticate e originali configurazioni produttive. L’aggiunta dei requisiti deve però rispettare l’assunto che questi non dovranno mai compromettere la sicurezza del prodotto.

Una esemplificazione grafica:

definizione qualità agroalimentare

Le possibilità in concreto:

qualità agroalimentare

La qualità, se considerata oltre la definizione giuridica e riflettendo in un quadro di mercato, assume ulteriori e diverse accezioni. Nella visione del mercato, qualità è intesa come grado di eccellenza o di superiorità posseduto dal prodotto offerto da una data impresa e può riguardare sia attributi fisici che intangibili.

In particolare, la qualità può trovare ulteriore distinzione come “Qualità Erogata”, data da elementi oggettivi e misurabili, ovvero caratteristiche materiali e servizi forniti dall’azienda. A questa si contrappone una “Qualità Attesa”, basata su aspettative legate ad esperienze precedenti da parte del consumatore, quindi immateriale e soggettiva. La combinazione della qualità erogata e attesa genera la “Qualità Percepita”, quella che il consumatore assume dalle varie componenti del prodotto e che esprime la base sulla quale si forma il gradimento verso di questo e, in ultima analisi, il giudizio di valore. Ma questo è un aspetto che compete il marketing, strumento di comunicazione della qualità.

Donato Ferrucci, Dottore agronomo libero professionista, riveste attualmente l’incarico di Responsabile di Bioagricert Lazio e di Cultore della materia presso la cattedra di Gestione e Comunicazione d’Impresa” – Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università degli Studi della Tuscia. E-mail: donatoferrucci@alice.it

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