Con­di­vi­di l'ar­ti­co­lo
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di Leo­nar­do Ponti

La con­ti­nua cre­sci­ta della po­po­la­zio­ne mon­dia­le e la na­tu­ra­le aspi­ra­zio­ne dei paesi in via di svi­lup­po a rag­giun­ge­re stan­dard eco­no­mi­ci e di qua­li­tà della vita vi­ci­ni a quel­li dei paesi in­du­stria­liz­za­ti sono le prin­ci­pa­li cause della cre­sci­ta inar­re­sta­bi­le della do­man­da di ener­gia che pro­vo­ca un ine­vi­ta­bi­le au­men­to delle emis­sio­ni di gas serra, prima fra tutte l’a­ni­dri­de car­bo­ni­ca. Sod­di­sfa­re tale do­man­da, man­te­nen­do que­sti gas a li­vel­li non pe­ri­co­lo­si per l’am­bien­te e ri­du­cen­do così il ri­schio di cam­bia­men­ti cli­ma­ti­ci nel medio ter­mi­ne (oltre che, na­tu­ral­men­te, ga­ran­ti­re l’ap­prov­vi­gio­na­men­to ener­ge­ti­co) rap­pre­sen­ta la sfida tec­no­lo­gi­ca del nuovo se­co­lo. A con­fer­ma di quan­to ap­pe­na detto, il par­la­men­to eu­ro­peo, ha ap­pro­va­to nel di­cem­bre del 2008 il pac­chet­to “cli­ma-ener­gia”, me­glio co­no­sciu­to come “stra­te­gia 20-20-20”. At­tual­men­te la quota di ener­gie rin­no­va­bi­li sul con­su­mo to­ta­le di ener­gia in Ita­lia è pari al 5,2%, men­tre la di­ret­ti­va ha fis­sa­to l’o­biet­ti­vo na­zio­na­le a quota 17% as­sie­me ad una ri­du­zio­ne di emis­sio­ni di ani­dri­de car­bo­ni­ca del 13% ri­spet­to ai va­lo­ri del 2005.

• L’U­nio­ne Eu­ro­pea potrà dun­que vin­ce­re que­sta sfida solo con l’au­men­to del­l’ef­fi­cien­za dei si­ste­mi e la con­tem­po­ra­nea ri­du­zio­ne del con­su­mo di idro­car­bu­ri; con l’e­span­sio­ne del­l’im­pie­go di fonti a basso o nullo con­te­nu­to di car­bo­nio quali gas na­tu­ra­le, rin­no­va­bi­li, nu­clea­re; con la se­pa­ra­zio­ne della CO2, pro­dot­ta nella tra­sfor­ma­zio­ne dei com­bu­sti­bi­li fos­si­li e il con­fi­na­men­to della stes­sa; con l’au­men­to, in­fi­ne, del po­ten­zia­le di as­sor­bi­men­to della stes­sa CO2 da parte del­l’e­co­si­ste­ma.

Tutto que­sto sce­na­rio do­vreb­be es­se­re ba­sa­to ideal­men­te, su un vet­to­re ener­ge­ti­co ad im­pat­to am­bien­ta­le, sia glo­ba­le che lo­ca­le, quasi nullo; pro­du­ci­bi­le da più fonti ener­ge­ti­che pri­ma­rie, tra loro in­ter­cam­bia­bi­li e di­spo­ni­bi­li su larga scala, anche in fu­tu­ro; di­stri­bui­bi­le pre­fe­ren­zial­men­te at­tra­ver­so una rete.
L’i­dro­ge­no è un vet­to­re ener­ge­ti­co che può es­se­re pro­dot­to da tutte le fonti ener­ge­ti­che pri­ma­rie. Oggi nel mondo sono pro­dot­ti circa 500 mi­liar­di di Nm3 (Nor­mal Metro Cubo. Unità di mi­su­ra del vo­lu­me usato per i gas in con­di­zio­ni “nor­ma­li”, ossia alla pres­sio­ne at­mo­sfe­ri­ca e alla tem­pe­ra­tu­ra di 0 °C) di H2, cioè circa 45 mi­lio­ni di ton­nel­la­te. Dal mo­men­to che l‘idro­ge­no non è di­spo­ni­bi­le allo stato li­be­ro in na­tu­ra, se non in quan­ti­tà molto ri­dot­ta, è con­si­de­ra­to so­la­men­te un vet­to­re ener­ge­ti­co e deve es­se­re pro­dot­to a par­ti­re da altri com­po­sti con pro­ces­si che ri­chie­do­no ener­gia. Deve quin­di es­se­re chia­ro che par­la­re di eco­no­mia del­l’i­dro­ge­no si­gni­fi­ca co­mun­que af­fron­ta­re non solo le pro­ble­ma­ti­che re­la­ti­ve al­l’in­di­vi­dua­zio­ne del­l’u­ti­liz­zo ot­ti­ma­le del­l’i­dro­ge­no (sia dal punto di vista tec­ni­co che da quel­lo eco­no­mi­co), ma anche della sua pro­du­zio­ne e del­l’im­pat­to am­bien­ta­le con­nes­so a tale at­ti­vi­tà.

L’i­dro­ge­no, oltre che dalle fonti fos­si­li le cui tec­no­lo­gie sono ormai ma­tu­re ed am­pia­men­te uti­liz­za­te, può es­se­re pro­dot­to da fonti rin­no­va­bi­li quali Acqua, Bio­mas­se, Sole e Vento.
L’i­dro­ge­no pro­dot­to dal­l’ac­qua è ot­te­nu­to at­tra­ver­so la scis­sio­ne della mo­le­co­la di que­sta nei suoi com­po­nen­ti at­tra­ver­so di­ver­si pro­ces­si. Tra que­sti, l’e­let­tro­li­si è l’u­ni­co di ri­le­van­za pra­ti­ca, oggi e pos­si­bil­men­te anche do­ma­ni. L’e­let­tro­li­si, nella sua forma con­ven­zio­na­le, è usata da oltre 80 anni per pro­dur­re idro­ge­no per il mer­ca­to. Si trat­ta di un pro­ces­so ca­rat­te­riz­za­to da tra­sfor­ma­zio­ni chi­mi­che gra­zie al­l’ap­por­to di ener­gia elet­tri­ca, me­dian­te il quale si ot­tie­ne con­ver­sio­ne del­l’e­ner­gia elet­tri­ca in ener­gia chi­mi­ca. In una so­lu­zio­ne ac­quo­sa, in cui si trova un elet­tro­li­ta (acido, base, o sale ad ele­va­to pro­dot­to io­ni­co di dis­so­cia­zio­ne), si ha il pas­sag­gio di cor­ren­te elet­tri­ca che li­be­ra idro­ge­no al ca­to­do ed os­si­ge­no al­l’a­no­do a spese, quin­di, esclu­si­va­men­te delle mo­le­co­le di acqua. Que­sto me­to­do non com­por­ta al­cu­na emis­sio­ne di os­si­di di car­bo­nio nel luogo di pro­du­zio­ne, allo stes­so tempo però ri­sul­ta avere dei costi molto su­pe­rio­ri ad altri me­to­di. Sup­po­nen­do che sia di­spo­ni­bi­le una quan­ti­tà di ener­gia elet­tri­ca “pu­li­ta” in grado di ali­men­ta­re il pro­ces­so di elet­tro­li­si e con­si­de­ran­do il fatto che le gran­di di­ste­se ocea­ni­che altro non sono che enor­mi ri­ser­ve di idro­ge­no, si può ipo­tiz­za­re che, tra­mi­te que­sto tipo di pro­ces­so, sa­reb­be pos­si­bi­le estrar­re tutto l’i­dro­ge­no ne­ces­sa­rio a sod­di­sfa­re in modo pu­li­to le esi­gen­ze ener­ge­ti­che del­l’u­ma­ni­tà: ogni kg di acqua pura con­tie­ne 111 g di idro­ge­no che, una volta bru­cia­to, po­treb­be pro­dur­re 3200 chi­lo­ca­lo­rie di ener­gia ter­mi­ca. (D. Chia­ra­mon­ti).

Per quan­to ri­guar­da le bio­mas­se, que­st’ul­ti­me sono con­si­de­ra­te, sia dal punto di vista eco­no­mi­co che della di­spo­ni­bi­li­tà di tec­no­lo­gie, tra le fonti rin­no­va­bi­li più vi­ci­ne ed ido­nee alla pro­du­zio­ne so­ste­ni­bi­le di idro­ge­no. In­nan­zi­tut­to è im­por­tan­te chia­ri­re che, at­tual­men­te, non si hanno dati di pro­get­ti di di­mo­stra­zio­ne ef­fet­ti­va­men­te com­ple­ta­ti o co­mun­que con un nu­me­ro di ore di fun­zio­na­men­to che ci per­met­ta­no di trar­re con­clu­sio­ni di lungo pe­rio­do. E’ certo però che, le at­ti­vi­tà di ri­cer­ca sia nel­l’U­nio­ne Eu­ro­pea che negli Stati Uniti e Giap­po­ne, si stia­no ra­pi­da­men­te mol­ti­pli­can­do e le ri­sor­se de­sti­na­te a tale scopo siano sem­pre più con­si­sten­ti.Va sot­to­li­nea­to inol­tre che, a causa del­l’e­le­va­to con­te­nu­to in os­si­ge­no (40% circa), il con­te­nu­to di idro­ge­no nella ri­sor­sa (bio­mas­sa) ini­zia­le sia mo­de­sto (in­tor­no al 6%) come anche il suo con­te­nu­to ener­ge­ti­co.

No­no­stan­te que­sto però l’ef­fi­cien­za di con­ver­sio­ne ener­ge­ti­ca è piut­to­sto ele­va­ta (fino al 56% per steam- re­for­ming di oli di pi­ro­li­si). Si di­stin­guo­no due gran­di clas­si di pro­ces­si di con­ver­sio­ne della bio­mas­sa in idro­ge­no:

• con­ver­sio­ne di tipo bio­lo­g­i­co;
• con­ver­sio­ne di tipo ter­mo­chi­mi­co.

Al primo grup­po fanno parte pro­ces­si quali la di­ge­stio­ne anae­ro­bi­ca, la fer­men­ta­zio­ne ed i pro­ces­si me­ta­bo­li­ci (come i pro­ces­si fo­to­bio­lo­gi­ci); per quan­to ri­guar­da la via ter­mo­chi­mi­ca ci sono prin­ci­pal­men­te i pro­ces­si di gas­si­fi­ca­zio­ne e pi­ro­li­si. (D. Chia­ra­mon­ti).
La Gas­si­fi­ca­zio­ne della bio­mas­sa, se­gui­ta da un pro­ces­so di pu­li­zia del gas ot­te­nu­to, è ad oggi il si­ste­ma più stu­dia­to per la pro­du­zio­ne di idro­ge­no da que­sta ri­sor­sa. Per gas­si­fi­ca­zio­ne si in­ten­de l’os­si­da­zio­ne in­com­ple­ta di una so­stan­za in am­bien­te ad ele­va­ta tem­pe­ra­tu­ra (800÷1000 °C) per la pro­du­zio­ne di un gas com­bu­sti­bi­le detto syn­gas o gas di ga­so­ge­no, ossia una mi­sce­la di CO,CO2, CH4, H2 e vapor d’ acqua. Il “syn­gas” ot­te­nu­to viene prima sot­to­po­sto ad una fase di pu­li­zia (gas-clea­ning), poi per au­men­ta­re la quan­ti­tà di idro­ge­no ot­te­ni­bi­le, si ef­fet­tua un “re­for­ming”, rea­zio­ne a caldo degli idro­car­bu­ri (CH4) con va­po­re, in modo da os­si­da­re il car­bo­nio e li­be­ra­re idro­ge­no dalla mo­le­co­la.

Gassificatori
Ti­po­lo­gie di gas­si­fi­ca­to­ri

La bio­mas­sa uti­liz­za­ta in que­sto tipo di pro­ces­so è di tipo li­gno­cel­lu­lo­si­ca e com­pren­de tutte le spe­cie ve­ge­ta­li, er­ba­cee ed ar­bo­ree, la cui strut­tu­ra è co­sti­tui­ta da li­gni­na e da cel­lu­lo­sa, car­boi­dra­ti pre­sen­ti come ca­te­ne po­li­me­ri­che ad ele­va­ta lun­ghez­za. In base alla loro pro­ve­nien­za le bio­mas­se li­gno­cel­lu­lo­si­che si dif­fe­ren­zia­no in:

• sot­to­pro­dot­ti agri­co­li, agroin­du­stria­li e fo­re­sta­li re­cu­pe­ra­ti per scopo ener­ge­ti­co;
• pian­ta­gio­ni di bio­mas­se de­di­ca­te alla pro­du­zio­ne ener­ge­ti­ca.

La prima ca­te­go­ria com­pren­de il le­gna­me pro­ve­nien­te dalla ce­dua­zio­ne, ov­ve­ro dal ta­glio del pa­tri­mo­nio bo­schi­vo, che deve es­se­re rac­col­to, tra­spor­ta­to e trat­ta­to se­con­do una suc­ces­sio­ne di ope­ra­zio­ni che viene sta­bi­li­ta in fun­zio­ne della pro­dut­ti­vi­tà e dei costi. Per que­sto tipo di le­gna­me, la resa di so­stan­za secca si at­te­sta at­tor­no alle 2-4 t/ha/anno.
Fa parte della so­li­ta ca­te­go­ria ma­te­ria­le pro­ve­nien­te dal re­cu­pe­ro delle at­ti­vi­tà fo­re­sta­li (ma­nu­ten­zio­ne pro­gram­ma­ta del bosco, sfol­li, di­ra­da­men­ti, con­ver­sio­ni, ecc.) come cor­tec­ce, rami, fo­glia­me e tron­chi di di­men­sio­ni dif­for­mi da quel­le ri­chie­ste; e ma­te­ria­le re­si­duo delle se­ghe­rie e mo­bi­li­fi­ci, dove la bio­mas­sa di scar­to am­mon­ta al 30% di ogni m3 di legna trat­ta­to.
Per quan­to ri­guar­da la bio­mas­sa pro­ve­nien­te da pian­ta­gio­ni de­di­ca­te, ci sono le SRF (Short Ro­ta­tion Fo­re­stry), col­tu­re ar­bo­ree par­ti­co­lar­men­te ido­nee alla pro­du­zio­ne ener­ge­ti­ca poi­ché hanno:

• alta den­si­tà di pian­ta­gio­ne;
• ele­va­ta pro­dut­ti­vi­tà (sino a 15 t/ha/anno di s.s.);
• ce­dua­zio­ne anche ogni 3-4 anni.
• Tra le spe­cie di in­te­res­se ener­ge­ti­co at­tual­men­te im­pie­ga­te in Ita­lia si ri­cor­da l’Eu­ca­lip­to, il Piop­po, il Sa­li­ce e la Ro­bi­nia.

La quasi to­ta­li­tà delle spe­cie er­ba­cee in­ve­ce ri­ca­de nella clas­se C4, ca­rat­te­riz­za­ta da ele­va­ta ef­fi­cien­za fo­to­sin­te­ti­ca. Que­ste col­tu­re pre­sen­ta­no delle rese molto ele­va­te (fino a 35 t/ha/anno), come anche la loro ca­pa­ci­tà di adat­tar­si a ter­re­ni proi­bi­ti­vi per altre spe­cie. A que­ste fanno parte col­tu­re an­nua­li o po­lian­nua­li come sorgo da fibra ed il kenaf, e pe­ren­ni come il mi­scan­to, la canna co­mu­ne e il cardo. In­fi­ne sono con­si­de­ra­ti bio­mas­sa anche tutti quei re­si­dui delle po­ta­tu­re e delle rac­col­te dei sot­to­pro­dot­ti della la­vo­ra­zio­ne di al­cu­ne spe­cie ad uso ali­men­ta­re: gusci di man­dor­le, stoc­co e tu­to­lo di mais, lolla di riso, ecc..

Un altro me­to­do che si trova al cen­tro di studi ed at­ti­vi­tà di la­bo­ra­to­rio sia in USA che in Eu­ro­pa e in Giap­po­ne, ri­guar­da la pro­du­zio­ne di idro­ge­no da olio di pi­ro­li­si da bio­mas­sa: si trat­ta di un pro­ces­so ter­mo-chi­mi­co di de­com­po­si­zio­ne del ma­te­ria­le or­ga­ni­co in as­sen­za di un agen­te os­si­dan­te, ge­ne­ral­men­te os­si­ge­no. Que­sto av­vie­ne tra­mi­te l’ap­por­to di ca­lo­re a tem­pe­ra­tu­re tra 400 e 800 °C, che pro­vo­ca una di­stil­la­zio­ne e car­bo­niz­za­zio­ne della bio­mas­sa. Una volta che il bio-olio di pi­ro­li­si è stato ot­te­nu­to, at­tra­ver­so la so­li­ta rea­zio­ne di re­for­ming pos­so­no es­se­re rag­giun­te pro­du­zio­ni di idro­ge­no che si at­te­sta­no al­l’80% in vo­lu­me (L.​Conti).
Le bio­mas­se olea­gi­no­se pos­so­no co­sti­tui­re il sup­por­to di base per un pro­ces­so di pro­du­zio­ne di idro­ge­no a par­ti­re dal­l’o­lio da esse estrat­to tra­mi­te ma­ci­na­zio­ne in fini fibre dei semi o dei frut­ti (chia­ma­ti im­pro­pria­men­te semi), suc­ces­si­vo ri­scal­da­men­to e spre­mi­tu­ra mec­ca­ni­ca o trat­ta­men­to con sol­ven­te. Tra le spe­cie di bio­mas­se at­tual­men­te im­pie­ga­te, sia allo sta­dio spe­ri­men­ta­le che com­mer­cia­le, si an­no­ve­ra­no: Colza, Gi­ra­so­le, Lino, Palma, Soia, Ri­ci­no, Noce di Cocco, Gusci di noc­cio­li­ne, Cardo ed Olive. Anche in que­sto caso, l’o­lio ve­ge­ta­le, pre­sen­tan­do un basso grado di os­si­ge­na­zio­ne, va in­con­tro a pro­ces­si di “re­for­ming” da cui si ot­tie­ne l’i­dro­ge­no. Uti­liz­zan­do olio di gi­ra­so­le è stato pos­si­bi­le ot­te­ne­re rese in idro­ge­no tra il 72% e 87%.

Altro set­to­re assai pro­met­ten­te è quel­lo del­l’e­ta­no­lo ot­te­nu­to per fer­men­ta­zio­ne di sub­stra­to sac­ca­ri­fe­ro pro­ve­nien­te da col­tu­re ami­da­cee (grano, mais, orzo, tri­ti­ca­le, sorgo da gra­nel­la, pa­ta­ta, riso) e sac­ca­ri­fe­re (bar­ba­bie­to­le da zuc­che­ro e canna da zuc­che­ro). Anche in que­sto caso, il ma­te­ria­le di par­ten­za (eta­no­lo) su­bi­rà tra­sfor­ma­zio­ni e con­ver­sio­ni (re­for­ming) ge­ne­ran­do idro­ge­no.
Una delle tec­no­lo­gie di pro­du­zio­ne di idro­ge­no che si trova an­co­ra ai pri­mis­si­mi stadi della ri­cer­ca è ba­sa­ta sui me­to­di di con­ver­sio­ne en­zi­ma­ti­ca del glu­co­sio e di altri zuc­che­ri. Se­con­do nu­me­ro­si studi del­l’U­ni­ver­si­tà del Wi­scon­sin, glu­co­sio in par­ti­co­la­re, ma anche xi­lo­sio, lat­to­sio e sac­ca­ro­sio pos­so­no es­se­re con­ver­ti­ti in idro­ge­no gra­zie al­l’a­zio­ne di due bat­te­ri iper­ter­mo­fi­li: il Ther­mo­pla­sma Aci­do­phi­lum ed il Py­ro­coc­cus Fu­rio­sus, che pro­du­co­no degli en­zi­mi de­com­po­si­to­ri in grado di con­ver­ti­re gli zuc­che­ri rag­giun­gen­do un’ef­fi­cien­za del 50%. Anche l’E­sche­ri­chia coli, il co­mu­ne co­sti­tuen­te della no­stra flora bat­te­ri­ca in­te­sti­na­le, è con­si­de­ra­to un can­di­da­to pro­met­ten­te: gra­zie alla sua ca­pa­ci­tà di far an­da­re in de­com­po­si­zio­ne la ma­te­ria or­ga­ni­ca, è stato ali­men­ta­to con i più co­mu­ni ri­fiu­ti or­ga­ni­ci della cu­ci­na per pro­dur­re idro­ge­no. Si è visto che ba­ste­reb­be una for­ni­tu­ra di soli 50 gram­mi di zuc­che­ro per te­ne­re ac­ce­sa una lam­pa­di­na da 40 watt per un tempo leg­ger­men­te in­fe­rio­re alle 8 ore.

Come ab­bia­mo già ana­liz­za­to in pre­ce­den­za, uno dei pro­dot­ti di par­ten­za più uti­liz­za­ti per ot­te­ne­re idro­ge­no, è si­cu­ra­men­te il me­ta­no, che oltre ad estrar­lo come gas na­tu­ra­le, è pos­si­bi­le pro­dur­lo:

• Fer­men­ta­zio­ne della fra­zio­ne or­ga­ni­ca dei ri­fiu­ti so­li­di ur­ba­ni ad opera di mi­cror­ga­ni­smi anae­ro­bi in di­sca­ri­che con­trol­la­te;
• Di­ge­stio­ne anae­ro­bi­ca della so­stan­za or­ga­ni­ca con­te­nu­ta nei li­qua­mi bo­vi­ni e suini.

E’ im­por­tan­te ci­ta­re anche l’e­si­sten­za di pro­get­ti ed at­ti­vi­tà di ri­cer­ca che mi­ra­no ad in­te­gra­re di­ver­se fonti di ener­gia rin­no­va­bi­le con la pro­du­zio­ne di idro­ge­no. Re­cen­te­men­te, l’U­ni­ver­si­tà di Ox­ford as­sie­me al Di­par­ti­men­to di in­ge­gne­ria chi­mi­ca di To­ron­to, hanno pro­po­sto la rea­liz­za­zio­ne di un im­pian­to dove si pro­du­ce idro­ge­no at­tra­ver­so un pro­ces­so di “re­for­ming” del gli­ce­ro­lo, dove il ca­lo­re ne­ces­sa­rio alla rea­zio­ne è for­ni­to da una mi­sce­la di sali fusi pre­ce­den­te­men­te ri­scal­da­ti at­tra­ver­so ener­gia so­la­re ter­mi­ca. E’ stato scel­to il gli­ce­ro­lo, poi­ché, oltre a pos­se­de­re un im­por­tan­te po­ten­zia­le di ap­pli­ca­zio­ne come ma­te­ria prima per com­bu­sti­bi­li, pro­dot­ti chi­mi­ci e po­li­me­ri, co­sti­tui­sce, in quan­ti­tà con­si­de­re­vo­li, un sot­to­pro­dot­to nella pro­du­zio­ne di bio­die­sel da col­tu­re olea­gi­no­se e rap­pre­sen­ta circa il 10% in peso di ma­te­rie gras­se ani­ma­li e ve­ge­ta­li. Con que­sto pro­ces­so si rie­sce ad avere un’ef­fi­cien­za di con­ver­sio­ne fino al 90% (P.​Azadi).

Una volta pro­dot­to, l’i­dro­ge­no, per poter es­se­re uti­liz­za­to age­vol­men­te, deve es­se­re op­por­tu­na­men­te tra­spor­ta­to o im­ma­gaz­zi­na­to in varie forme. Que­sta ope­ra­zio­ne ri­sul­ta molto de­li­ca­ta e rap­pre­sen­ta, at­tual­men­te, uno dei pro­ble­mi più im­por­tan­ti che de­vo­no es­se­re ri­sol­ti af­fin­ché vi sia una tran­si­zio­ne ad un’e­co­no­mia ba­sa­ta sul­l’i­dro­ge­no.
At­tual­men­te, lo stru­men­to prin­ci­pa­le il cui svi­lup­po con­di­zio­ne­rà pe­san­te­men­te la reale af­fer­ma­zio­ne del­l’i­dro­ge­no come vet­to­re ener­ge­ti­co pu­li­to è rap­pre­sen­ta­to dalla “Fuel Cell”.

Schema funzionamento della Fuel Cell
Sche­ma di fun­zio­na­men­to della “Fuel Cell”

La cella a com­bu­sti­bi­le è un di­spo­si­ti­vo elet­tro­chi­mi­co che con­ver­te di­ret­ta­men­te l’e­ner­gia di un com­bu­sti­bi­le in elet­tri­ci­tà e ca­lo­re senza pas­sa­re at­tra­ver­so cicli ter­mi­ci e quin­di senza ri­sen­ti­re delle li­mi­ta­zio­ni im­po­ste a que­sti ul­ti­mi dalla ter­mo­di­na­mi­ca. In so­stan­za fun­zio­na in modo ana­lo­go ad una bat­te­ria; a dif­fe­ren­za di que­st’ ul­ti­ma, tut­ta­via, con­su­ma so­stan­ze pro­ve­nien­ti dal­l’e­ster­no ed è quin­di in grado di fun­zio­na­re senza in­ter­ru­zio­ni, fin­ché al si­ste­ma viene for­ni­to com­bu­sti­bi­le ed os­si­dan­te. Da un punto di vista ge­ne­ra­le, la trat­ta­zio­ne rea­liz­za­ta, ci per­met­te di af­fer­ma­re che per tro­va­re una so­lu­zio­ne ai vari pro­ble­mi le­ga­ti ad un set­to­re così com­ples­so come quel­lo del­l’e­ner­gia, non può es­ser­ci una stra­da uni­vo­ca, bensì oc­cor­re in­tra­pren­der­ne nu­me­ro­se: prima fra tutte, la ri­cer­ca e lo svi­lup­po di nuove tec­no­lo­gie; un’at­ten­ta ra­zio­na­liz­za­zio­ne dei con­su­mi ed un ovvio in­cre­men­to del­l’u­ti­liz­zo delle fonti rin­no­va­bi­li. In que­sto sce­na­rio, il set­to­re del­l’a­gri­col­tu­ra oc­cu­pa un posto di as­so­lu­ta ri­le­van­za.

Que­sto set­to­re è in grado di con­tri­bui­re al rag­giun­gi­men­to degli obiet­ti­vi na­zio­na­li del Pac­chet­to ener­gia e Clima 20-20-20 in ter­mi­ni di:

• pro­du­zio­ne di ener­gia rin­no­va­bi­le, for­nen­do gran parte della ma­te­ria prima per pro­dur­la;
• mi­glio­ra­men­to del­l’ef­fi­cien­za ener­ge­ti­ca del si­ste­ma agro-ali­men­ta­re e dei pro­ces­si agri­co­li;
• ri­du­zio­ne della CO2 emes­sa.

Sin­te­si della Tesi di lau­rea trien­na­le “Bioi­dr­o­ge­no: stato del­l’ar­te sulla pro­du­zio­ne da fonti rin­no­va­bi­li”.
Re­la­to­re: Dott. En­ri­co Pal­chet­ti, ri­cer­ca­to­re pres­so il Di­par­ti­men­to di Scien­ze Pro­du­zio­ni Agroa­li­men­ta­ri e del­l’Am­bien­te della Scuo­la di Agra­ria del­l’U­ni­ver­si­tà degli Studi di Fi­ren­ze.

Leo­nar­do Ponti, lau­rea­to in Scien­ze Agra­rie pres­so l’ Uni­ver­si­tà degli Studi di Fi­ren­ze, è at­tual­men­te iscrit­to alla lau­rea ma­gi­stra­le in Pro­get­ta­zio­ne e ge­stio­ne degli eco­si­ste­mi agro-ter­ri­to­ria­li, fo­re­sta­li e del pae­sag­gio. E-mail: leo­nar­do­pon­ti@​hotmail.​it

 

Clima bene comune

Clima Bene Co­mu­ne
Luca Mer­cal­li, Ales­san­dra Goria – Bruno Mon­da­do­ri Edi­to­re

Luca Mer­cal­li pre­sie­de la So­cie­tà Me­teo­ro­lo­gi­ca Ita­lia­na, di­ri­ge la ri­vi­sta Nim­bus e si oc­cu­pa di ri­cer­ca sulla sto­ria del clima…
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