Con­di­vi­di l'ar­ti­co­lo
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di Laura De Acu­tis


Ori­gi­ne e dif­fu­sio­ne


Il lup­po­lo (Hu­mu­lus lu­pu­lus L.) ve­ge­ta allo stato sel­va­ti­co in tutte le zone a clima tem­pe­ra­to e si ri­tie­ne sia ori­gi­na­rio delle isole bri­tan­ni­che .
L’u­ti­liz­zo delle in­fio­re­scen­ze per l’a­ma­ri­ca­zio­ne della birra ri­sal­go­no a tempi im­me­mo­ra­bi­li. In­fat­ti, già le po­po­la­zio­ni dei Goti sulle al­tu­re del Cau­ca­so uti­liz­za­va­no il lup­po­lo per aro­ma­tiz­za­re la loro birra che ve­ni­va chia­ma­ta “ludi”. L’im­pie­go del lup­po­lo viene però fatto ri­sa­li­re ai mo­na­ci Be­ne­det­ti­ni del mo­na­ste­ro di San Gallo. A par­ti­re dal­l’ot­ta­vo se­co­lo l’uso si dif­fu­se dap­pri­ma in Ba­vie­ra ed in Boe­mia e suc­ces­si­va­men­te nel resto del­l’Eu­ro­pa Cen­tra­le.
L’uso della birra così aro­ma­tiz­za­ta si dif­fu­se in se­gui­to in In­ghil­ter­ra e poi si al­lar­gò anche in Ame­ri­ca e Au­stra­lia.
Fu Gae­ta­no Pa­squi che, verso la metà del­l’800, ini­ziò a col­ti­va­re per la prima volta il lup­po­lo sel­va­ti­co in Ita­lia.
L’im­pre­sa che fece par­la­re di lui in tutta Ita­lia fu l’av­vio di una fab­bri­ca ar­ti­gia­na­le di birra, una delle prime in Ita­lia e si­cu­ra­men­te la prima pro­dot­ta con il lup­po­lo ita­lia­no (in­fat­ti, dato che il costo di que­sta col­tu­ra era di­ven­ta­to ele­va­to, ini­ziò a rac­co­glie­re delle pian­ti­ne che cre­sce­va­no nei pres­si della sua casa, ne stu­diò le pro­prie­tà e ini­ziò a col­ti­var­le. Nel 1847 pro­dus­se la prima birra fatta con lup­po­lo ita­lia­no).
At­tual­men­te la pro­du­zio­ne del lup­po­lo è sta­zio­na­ria, così come il con­su­mo di birra. In Ita­lia l’in­du­stria bir­ra­ria im­por­ta com­ple­ta­men­te il pro­prio fab­bi­so­gno di lup­po­lo, va­lu­ta­bi­le ad oltre 15.000 quin­ta­li l’an­no.


Luppolo spontaneo
Lup­po­lo spon­ta­neo (foto Laura De Acu­tis)


Bo­ta­ni­ca


E’ un’er­ba­cea pe­ren­ne ap­par­te­nen­te alla fa­mi­glia delle Can­na­ba­ceae come la Can­na­bis sa­ti­va. I fusti ram­pi­can­ti rie­sco­no a rag­giun­ge­re una no­te­vo­le al­tez­za (fino a 7-10 m di al­tez­za), ed in ge­ne­re il lup­po­lo viene al­le­va­to con un tu­to­re in modo da fa­vo­ri­re la ca­pa­ci­tà ram­pi­can­te del tral­cio.
L’ap­pa­ra­to ra­di­ca­le esplo­ra il ter­re­no fino ad una pro­fon­di­tà di 3 m e può ri­ma­ne­re vi­ta­le per oltre 25 anni. Solo la parte ra­di­ca­le è pe­ren­ne, men­tre i fusti muo­io­no con l’ar­ri­vo del fred­do e ri­cre­sco­no ogni anno a par­ti­re dalle gemme che si tro­va­no sul ri­zo­ma.
Il lup­po­lo è un’ An­gio­sper­ma dioi­ca, per cui si hanno pian­te ma­schi­li e fem­mi­ni­li. Le pian­te ma­schi­li negli im­pian­ti tro­va­no ra­ra­men­te im­pie­go, le co­mu­ni col­tu­re sono co­sti­tui­te di sole pian­te fem­mi­ni­li mol­ti­pli­ca­te per talea. I fiori fem­mi­ni­li sono riu­ni­ti in in­fio­re­scen­ze dalla ca­rat­te­ri­sti­ca forma di cono, che ven­go­no im­pie­ga­ti nella bir­ri­fi­ca­zio­ne e nella pre­pa­ra­zio­ne di al­cu­ni me­di­ci­na­li.
Negli im­pian­ti di lup­po­lo le pian­te ma­schi­li tro­va­no ra­ra­men­te im­pie­go e solo come im­pol­li­na­to­ri in quan­to la fe­con­da­zio­ne porta ad avere mag­gior nu­me­ro di coni per pian­ta e di mag­gio­ri di­men­sio­ni .
L’im­pol­li­na­zio­ne viene però im­pie­ga­ta solo nelle cul­ti­var fem­mi­ni­li che hanno pro­du­zio­ni scar­se per­ché i coni im­pol­li­na­ti pre­sen­ta­no un nu­me­ro di semi che crea­no pro­ble­mi du­ran­te il pro­ces­so di bir­ri­fi­ca­zio­ne e quin­di in ge­ne­re si tende ad evi­tar­la.
In altri casi le pian­te ma­schi­li ven­go­no im­pie­ga­te nel mi­glio­ra­men­to ge­ne­ti­co per ot­te­ne­re nuovi in­cro­ci.
La parte della pian­ta più ri­cer­ca­ta ed uti­liz­za­ta in am­bi­to cu­li­na­rio, sono i getti pri­ma­ve­ri­li fre­schi, la cui forma ri­cor­da quel­la di un pic­co­lo aspa­ra­go, in­fat­ti a volte ven­go­no er­ro­nea­men­te chia­ma­ti “aspa­ra­gi sel­va­ti­ci”.


Esi­gen­ze pe­do­cli­ma­ti­che


Si trat­ta di una pian­ta che pre­di­li­ge am­bien­ti fred­di, con ter­re­ni fer­ti­li, pro­fon­di e ben la­vo­ra­ti.
Può na­sce­re anche come pian­ta spon­ta­nea vi­ci­no alle rive dei fiumi o lungo le siepi na­tu­ra­li. Trova il suo ha­bi­tat a par­ti­re dalle zone pia­neg­gian­ti di fon­do­val­le fino ad al­ti­tu­di­ni di 1200m s.l.m., a con­di­zio­ne che non siano ec­ces­si­va­men­te umide e ven­to­se.
Alte tem­pe­ra­tu­re e sic­ci­tà por­ta­no ine­vi­ta­bil­men­te alla co­la­tu­ra dei fiori ed alla suc­ces­si­va ca­du­ta dei coni.
Si trat­ta co­mun­que di una pian­ta ru­sti­ca, re­si­sten­te ed adat­ta­bi­le, rie­sce a cre­sce­re anche su ter­re­ni in cui scar­seg­gia­no le ri­sor­se nu­tri­ti­ve tut­ta­via, una buona fer­ti­li­tà, un dre­nag­gio del ter­re­no ed un pH com­pre­so tra 6 e 7.5 rap­pre­sen­ta­no le con­di­zio­ni idea­li per im­pian­ti spe­cia­liz­za­ti.
L’u­ni­ca vera ne­ces­si­tà è un mi­ni­mo di 120 gior­ni li­be­ri da gelo ne­ces­sa­ri per la fio­ri­tu­ra, ed un mi­ni­no di 15 ore di luce di­ret­ta; que­sto si giu­sti­fi­ca per l’e­nor­me quan­ti­tà di bio­mas­sa che rie­sce a pro­dur­re e per la vi­go­ria della pian­ta.


Im­pie­go nella bir­ri­fi­ca­zio­ne


Il lup­po­lo è un in­gre­dien­te quan­ti­ta­ti­va­men­te mi­no­re della birra, ma ha un im­pat­to sul pro­fi­lo or­ga­no­let­ti­co as­so­lu­ta­men­te fon­da­men­ta­le.
Il va­lo­re eco­no­mi­co di que­sta pian­te de­ri­va prin­ci­pal­men­te dalla sua ap­pli­ca­zio­ne nella pro­du­zio­ne della birra. Seb­be­ne l’im­por­tan­za del lup­po­lo nella birra è no­te­vo­le, le prin­ci­pa­li ca­rat­te­ri­sti­che che que­sta pian­ta tra­smet­te sono l’a­ma­ro e l’a­ro­ma.
Il pro­dot­to utile del lup­po­lo è rap­pre­sen­ta­to dai coni o stro­bi­li i quali sono più o meno ric­chi di lu­po­li­na e tro­va­no quin­di im­pie­go come ma­te­ria­le aro­ma­tiz­zan­te nella pro­du­zio­ne della birra.
I com­po­sti con­te­nu­ti nei coni e che quin­di mag­gior­men­te in­te­res­sa­no nel­l’in­du­stria della birra, sono gli oli ete­rei, i prin­ci­pi amari e le re­si­ne.
I primi sono con­cen­tra­ti so­prat­tut­to nelle lu­po­li­na e sono so­stan­ze vo­la­ti­li da cui di­pen­de l’a­ro­ma del lup­po­lo.
I prin­ci­pi amari sono so­stan­ze in­so­lu­bi­li in acqua, pos­sie­do­no pro­prie­tà an­ti­set­ti­che e ad essi viene at­tri­bui­to il sa­po­re amaro del lup­po­lo.
Le re­si­ne si tro­va­no nel lup­po­lo sotto varie forme: re­si­ne molli e re­si­ne dure. Gli α-aci­di o re­si­ne alfa, sono i com­po­nen­ti prin­ci­pa­li delle re­si­ne molli e con­ten­go­no co-umo­lo­ne.
A se­con­da del con­te­nu­to di que­sta so­stan­za, le cul­ti­var si sud­di­vi­do­no in aro­ma­ti­che, se la per­cen­tua­le di que­sto com­po­sto è in­fe­rio­re al 30%, ed in amare, se è su­pe­rio­re al 30%. La re­si­na molle α, oltre ad au­men­ta­re il po­te­re ama­ri­can­te, pos­sie­de anche pro­prie­tà an­ti­set­ti­che e per­met­te di ge­ne­ra­re la schiu­ma della birra.
Il lup­po­lo, oltre a con­fe­ri­re l’a­ro­ma e l’a­ma­ro, ha anche pro­prie­tà an­ti­bat­te­ri­che, che eser­ci­ta­no un’in­fluen­za po­si­ti­va sulla con­ser­va­bi­li­tà del pro­dot­to fi­ni­to, men­tre i tan­ni­ni in esso con­te­nu­ti, agi­sco­no sulla ca­pa­ci­tà di coa­gu­la­re le pro­tei­ne in so­spen­sio­ne e au­men­ta­no la lim­pi­dez­za del pro­dot­to (in al­cu­ni tipi di birra, pro­prio per que­sto mo­ti­vo, si tende ad in­cre­men­ta­re il con­te­nu­to di lup­po­lo in modo da al­lun­gar­ne la con­ser­va­zio­ne na­tu­ra­le e la lim­pi­dez­za senza la ne­ces­si­tà di ri­cor­re­re alla pa­sto­riz­za­zio­ne ed alla fil­tra­zio­ne).
Que­sta pian­ta è anche ca­rat­te­riz­za­ta dal­l’ac­cu­mu­lo di fla­vo­noi­di, tra i quali 8-pre­nil­na­rin­ge­ni­na (im­por­tan­te fi­toe­stro­ge­no) e xan­tu­mo­lo (so­stan­za con at­ti­vi­tà che­mio pre­ven­ti­va con­tro il can­cro).


Coni di Luppolo
Coni di Lup­po­lo (foto Laura De Acu­tis)


Si­tua­zio­ne ita­lia­na


In Ita­lia la col­ti­va­zio­ne di lup­po­lo non è mai riu­sci­ta a su­pe­ra­re la fase pio­ne­ri­sti­ca, no­no­stan­te vi sia, a dif­fe­ren­za di altri paesi dove viene col­ti­va­to da se­co­li, il mi­glior com­pro­mes­so per quan­to con­cer­ne clima e fer­ti­li­tà, basti pen­sa­re che nelle no­stre val­la­te e nei no­stri bo­schi cre­sce ri­go­glio­so il lup­po­lo sel­va­ti­co e non è pre­sen­te alcun tipo di im­pe­di­men­to alla col­ti­va­zio­ne.
Non sono man­ca­te in pas­sa­to espe­rien­ze di col­ti­va­zio­ne in Ro­ma­gna, in Um­bria, in Alto Adige, in Friu­li ed in Ve­ne­to, le quali, so­prat­tut­to que­ste ul­ti­me, ado­pe­ra­va­no so­prat­tut­to va­rie­tà pro­dot­te lo­cal­men­te (seb­be­ne il ger­mo­pla­sma sia stato si­cu­ra­men­te im­por­ta­to).
No­no­stan­te ciò, la col­tu­ra in Ita­lia non ha mai preso piede, pro­ba­bil­men­te per lo scar­so con­su­mo di que­sta be­van­da, so­prat­tut­to se pa­ra­go­na­to al Nord Eu­ro­pa e la man­can­za di ade­gua­te strut­tu­re di tra­sfor­ma­zio­ne che sono ne­ces­sa­rie per una stan­dar­diz­za­zio­ne delle ma­te­ria prima.
Altri fat­to­ri da te­ne­re in con­si­de­ra­zio­ne sono la man­can­za di una con­so­li­da­ta tra­di­zio­ne col­tu­ra­le, che però, gra­zie alla li­be­ra­liz­za­zio­ne dell’ho­me­brewing, negli ul­ti­mi anni sta ri­na­scen­do. (Il ter­mi­ne ho­me­brewing so­li­ta­men­te si ri­fe­ri­sce al­l’ar­te di pro­dur­re la birra in casa e so­li­ta­men­te si fa ri­cor­so ad ap­po­si­ti kit re­pe­ri­bi­li in com­mer­cio, che con­ten­go­no tutta l’at­trez­za­tu­ra ne­ces­sa­ria. A que­sta oc­cor­re so­la­men­te ag­giun­ge­re i ma­te­ria­li gli in­gre­dien­ti prin­ci­pa­li, quali malto, lup­po­lo, zuc­che­ro e acqua.)
Manca per cui tutta la fi­lie­ra, dai for­ni­to­ri dei ma­te­ria­li per la co­stru­zio­ne del­l’im­pian­to, dai mac­chi­na­ri, ai con­sor­zi per il con­fe­ri­men­to della pro­du­zio­ne e quin­di, co­lo­ro che in­ten­da­no col­ti­va­re lup­po­lo in Ita­lia, de­vo­no ar­ran­giar­si e la­vo­ra­re molto ma­nual­men­te.
Un aspet­to estre­ma­men­te im­por­tan­te da pren­de­re in con­si­de­ra­zio­ne, è che il lup­po­lo pre­sen­ta un’am­pia va­ria­bi­li­tà ge­ne­ti­ca; basti pen­sa­re che, nel solo ter­ri­to­rio ita­lia­no, esi­sto­no in­nu­me­re­vo­li eco­ti­pi che non sono mai stati iden­ti­fi­ca­ti e che po­treb­be­ro pre­sen­ta­re ca­rat­te­ri­sti­che uni­che e di pre­gio, re­qui­si­ti estre­ma­men­te im­por­tan­te nel­l’ot­ti­ca di una ti­piz­za­zio­ne del pro­dot­to.
Per que­sto mo­ti­vo ri­sul­ta fon­da­men­ta­le riu­sci­re a se­le­zio­na­re e tu­te­la­re ge­no­ti­pi lo­ca­li, quin­di pian­te che pre­sen­ti­no ca­rat­te­ri­sti­che ge­ne­ti­che adat­te ad un de­ter­mi­na­to am­bien­te.
Es­sen­do inol­tre un col­tu­ra la cui pro­du­zio­ne resta in­fluen­za­ta in modo mar­ca­to dalle con­di­zio­ni agro am­bien­ta­li e che, come il malto, cam­bia le pro­prie ca­rat­te­ri­sti­che in base al luogo d’o­ri­gi­ne, si po­treb­be va­lu­ta­re l’i­po­te­si di sfrut­ta­re que­ste ca­rat­te­ri­sti­che per pro­dur­re birre ben dif­fe­ren­zia­te nei di­ver­si ter­ri­to­ri in cui viene pro­dot­to.
In Ger­ma­nia si cerca da se­co­li di ot­te­ne­re il SAAZ senza suc­ces­so, no­no­stan­te de­ri­vi dallo stes­so ge­no­ti­po e tra i quali c’è un abis­so or­ga­no­let­ti­co, così come c’è dif­fe­ren­za tra un Pils di Mo­ra­via ed un Pils di Boe­mia.
Que­sto aspet­to dei ca­rat­te­ri or­ga­no­let­ti­ci dei ge­no­ti­pi in­fluen­za­ti dalle con­di­zio­ni agro am­bien­ta­li, può es­se­re la leva per in­cre­men­ta­re la pro­du­zio­ne di birra la cui ti­pi­ci­tà è stret­ta­men­te col­le­ga­ta al ter­ri­to­rio d’o­ri­gi­ne.
Nella zona del Ca­sen­ti­no, a Nord di Arez­zo ed in pro­vin­cia della stes­sa, sono state in­di­vi­dua­te, lungo i bordi di corsi d’ac­qua e ai mar­gi­ni dei bo­schi, nu­me­ro­se pian­te di lup­po­lo spon­ta­neo, nei quali am­bien­ti da sem­pre la col­tu­ra al­li­gna nei mi­cro­cli­mi più adat­ti.
Un esem­pio di pro­get­to di ri­cer­ca po­treb­be pre­ve­de­re la rac­col­ta di ge­no­ti­pi pre­sen­ti sul ter­ri­to­rio, de­fi­ni­ti anche “eco­ti­pi lo­ca­li” o “spe­cie au­toc­to­ne” pro­prio per­ché si sono adat­ta­ti con il tempo in que­gli stes­si am­bien­ti, ef­fet­tuan­do suc­ces­si­va­men­te delle prove di mi­glio­ra­men­to ge­ne­ti­co volte ad in­di­vi­dua­re i cam­pio­ni mi­glio­ri (ad esem­pio verrà va­lu­ta­ta la ca­pa­ci­tà ri­zo­ge­na e la per­cen­tua­le di ri­zo­ge­ne­si) ve­ri­fi­can­do la ger­mi­na­bi­li­tà del seme.
Si do­vreb­be suc­ces­si­va­men­te ef­fet­tua­re uno scree­ning (un pro­gram­ma di mi­glio­ra­men­to ge­ne­ti­co) di ge­no­ti­pi au­toc­to­ni allo scopo di va­lu­ta­re e, quin­di, in­di­vi­dua­re i cloni do­ta­ti di una pro­dut­ti­vi­tà più ele­va­ta e di un con­te­nu­to in α-aci­di mag­gio­re ri­spet­to a quel­li im­por­ta­ti (da que­ste so­stan­ze di­pen­do­no le pro­prie­tà che con­fe­ri­sco­no l’a­ma­ro; cul­ti­var, an­na­ta di pro­du­zio­ne e fat­to­ri pe­do­cli­ma­ti­ci pos­so­no far va­ria­re no­te­vol­men­te la con­cen­tra­zio­ne di tali so­stan­ze, per cui è ne­ces­sa­rio ve­ri­fi­ca­re di volta in volta le ca­rat­te­ri­sti­che della ma­te­ria prima di­spo­ni­bi­le).
Data la cre­scen­te ri­cer­ca da parte dei con­su­ma­to­ri di pro­dot­ti ti­pi­ci e le­ga­ti al ter­ri­to­rio la sfida è quin­di quel­la di crea­re una fi­lie­ra pro­dut­ti­va del tutto ita­lia­na (orzo, malto e lup­po­lo) ri­du­cen­do ol­tre­mo­do il costo di ac­qui­sto del lup­po­lo di pro­ve­nien­za este­ra.


Luppolo spontaneo nell'Italia centrale
Lup­po­lo spon­ta­neo nel­l’I­ta­lia cen­tra­le (foto Laura De Acu­tis)


Laura De Acu­tis, lau­rea trien­na­le in Vi­ti­col­tu­ra ed eno­lo­gia pres­so l’U­ni­ver­si­tà degli Studi di Te­ra­mo, è lau­rean­da in “Scien­ze e tec­no­lo­gie agra­rie”, lau­rea ma­gi­stra­le, cur­ri­cu­lum “Me­di­ci­na delle pian­te” – Uni­ver­si­tà degli Studi di Fi­ren­ze. Cur­ri­cu­lum vitae >>>


 






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