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di Franco Simoni

L’importanza della origine del cane da pma, troppo spesso trascurata nei canali di informazione che, con superficialità, riassumono tale razza cinofila come semplicemente discendente dal “cane pastoralis” degli antichi romani (verissimo! Ma non basta!!), va approfondita con ogni base e riferimento storico, in quanto è essenziale a capire il cane da Pastore Maremmano-Abruzzese come il prodotto di un processo evolutivo unico e peculiare. Tale importanza si riflette altresì su di un altro aspetto del cane da Pastore Maremmano Abruzzese che tutt’oggi genera campanilistiche polemiche (inutili quanto sterili!): il nome Maremmano-Abruzzese; su di esse entrerò nel merito a tergo del presente articolo solo dopo aver esaminato la Sua storia e filogenesi, sperando fin d’ora che tale approccio porti a maggiore obiettività attenuando quello sterile campanilismo che genera solo confusione e danno alla razza (anticipo solamente l’esattezza dell’attuale denominazione ufficiale ENCI da un punto di vista storico, geografico e filogenetico).

Il cane da Pastore Maremmano-Abruzzese
Il cane da Pastore Maremmano-Abruzzese

Allineati alla dottrina maggioritaria dell’origine della razza del cane da Pastore Maremmano-Abruzzese (vds. Prof. Tschudy, Kraemer e Keller) – fra le non molte che reggono effettivamente ad una critica severa – condivisa dai più autorevoli studiosi di fama, si ritiene che le origini del pastore Maremmano-Abruzzese (come quelle di tutti gli attuali cane da pastore europei ad eccezione del gruppo dei pastori lupo-simili come il pastore tedesco, i belgi, gli olandesi, i collies, i nordici in genere) vadano ricercate in Asia, e precisamente nel grande altopiano del Tibet, ove, da tempi lontanissimi, vive il mastino del Tibet considerato il progenitore dei mastini ovunque sparsi, fra i primi i giganteschi molossi di allevamento assirio.
Altri scrittori di cinologia (Prof. Tschudy- Prof. D.W. Mut) sono d’avviso che la diffusione delle prime forme di cani da pastore, con centro in Asia, sarebbe avvenuta contemporaneamente a quella dei mastini. Il tedesco D.W. Mut mette tutte le razze da pastore in relazione col cane del Tibet , e questo dopo sue constatazioni storico-culturali effettuate in occasione di numerosi viaggi in tutte le parti del mondo: egli trovò i medesimi tipi di pastore a mantello lungo bianco e muso a pelo corto nel Caucaso così come nella Mongolia, oltre quelli notati in Europa. E anche in Siberia, quivi importati dai russi dal Caucaso occidentale.

Ma torniamo alla correlazione tra mastini e cani da pastore.
Abbiamo la provata certezza che il mastino esisteva ai tempi degli Assiri – Babilonesi e questo mastino venne poi portato come oggetto di pregio, dai Fenici in Europa, in tutti i paesi rivieraschi del Mediterraneo ed oltre, su su fino in Bretagna, ove costituì il progenitore dell’attuale imponente mastiff.
Con i mastini, i Fenici portarono in Europa anche i cani da Pastore degli Assiri? Furono forse questi gli antenati dei nostri grandi cani bianchi da pastore? All’epoca del potente Re Sardanapalo (668-626 Avanti Cristo) – afferma lo Tschudy – doveva esistere il mastino assiro nella colonia fenicia di Cartagine e da lì trasportato nella lontana Britannia. Se le sculture assire ci mostrano il mastino e non il cane da pastore dell’Italia centrale, non si deve da ciò dedurre che nell’Assiria sia esistito il mastino ma non il cane da pastore. Se quest’ultimo manca, il motivo deve ricercarsi nel fatto che mentre i mastini erano i cani della famiglia reale e quindi venivano messi in evidenza, i cani da pastore ad essi imparentati, perché tenuti dai contadini e pastori, restavano in seconda linea.
Questa probabilità non sarebbe da escludersi, per quanto, ritengo, sia più accetabile l’altra teoria secondo cui i cani in argomento sarebbero stati introdotti in Italia dalle legioni romane di ritorno dalla conquista delle provincie di mesopotamia e Assiria.
Certo è che nella Roma antica vi erano contemporaneamente dei cani bianchi usati per la pastorizia e degli scuri mastini (i cani da cortile) per le guardie delle case e degli averi.
Ad onore di un’altra teoria minoritaria ma di complemento e di maggior comprensione per la Nostra, del noto cinologo francese Prof. Mèry, va aggiunto che, secondo essa, i nostri cani da pastore, presero la via più breve della Grecia, fin dal primo espandersi di quella civiltà nel nostro Meridione. In Grecia esiste infatti un cane da pastore locale, molto antico (la razza non è, oggi, evidentemente ben definita – possiamo affermare – se si considera che fino a poco più di venti anni fa essa era riconosciuta dalla Cinologia Ufficiale sotto il nome di “Cane da pastore greco “ o, meglio “ellikonos pimenikos di
manto bianco e con spiccate analogie con il nostro Maremmano-Abruzzese. Oggi questo cane non figura più nelle classificazioni ufficiali delle razze riconosciute).
Ma, soggiungiamo, che non è da dimenticare neppure che gli albanesi posseggono da gran tempo un cane simile al bianco Kuvasz ungherese e l’Albania così vicino a noi non è!
Per lo più i cani da pastore in generale hanno seguito le migrazioni dei popoli. Ma questo può essere dato per scontato per il pastore bergamasco, mentre non si capirebbe la localizzazione del Maremmano-Abruzzese se avesse seguito la stessa strada: lo trova dalla Toscana, all’Umbria ed all’Abruzzo in giù, fino al tavoliere delle Puglie e non si seppe mai dell’esistenza di un cane bianco dal pelo lungo e liscio, nel settentrione!
Secondo alcuni autori ancora, dall’Asia questi cani da pastore si sarebbero diffusi nei Balcani e paesi limitrofi a seguito delle invasioni dei popoli asiatici. Sta di fatto che oggi in Ungheria troviamo un grande cane da pastore di mantello bianco, quasi del tutto simile al nostro Maremmano-Abruzzese: il Kuvasz. E un cane assai simile si trova da tempi lontani in Polonia: il pastore di Tatra. Altrettanto dicasi per il cecoslovacco Tchouvatch.
Tali ultime teorie sono facilmente superabili dalla constatazione che il Maremmano-Abruzzese già mille anni prima lo si trovava ove è tuttora. Ce lo dice il Columella del suo “De Re Rustica” scritto nel primo secolo dopo cristo. Anche Marco Terenzio Varrone che visse nella stessa epoca (116-27 a.C.) parla di un grosso cane dal bianco manto. Il “canis pastoralis” di Varrone è grande, tutto bianco, con naso e labbra neri, occhi scuri e dotato di un aspetto complessivo leonino con il dovere di proteggere il bestiame dalle incursioni delle fiere.

Ma facciamo ora una gran balzo in avanti, per venire all’epoca recente, quando cioè il “maremmano” (così lo si definiva semplicemente allora) si affacciò al movimento cinofilo con l’iscrizione di quattro soggetti nel 1898 nei libri delle Origini Italiano del K.C.I. (Kennel Club Italiano, il nome d’allora dell’attuale E.N.C.I. Ente Nazionale della Cinofilia Italiana), per sparire, o quasi, per molti anni successivi. Il numero “consistente” di 17 soggetti si ha nel 1940!
Il primo standard venne compilato nel gennaio 1924 ad opera del dott. Luigi Groppi e del Prof. Giuseppe Solaro.
La denominazione del cane da pma gli fu attribuita dall’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana nell’anno 1958, quando il comitato Tecnico dell’Ente, facendo proprie le indicazione che il valente prof. Solaro aveva espresso insieme ad altri tecnici del Circolo del Cane da Pastore Maremmano Abruzzese, pubblicò anche lo standard ufficiale, tutt’ora esistente, valido e unico punto di riferimento. Lo stesso Ente curò l’istituzione del libro Origini Italiano, provvedendo quindi al suo aggiornamento.
Questa doppia denominazione sorse dal rilevamento dell’esistenza di una popolazione canina, discretamente uniforme nella sua costituzione morfologica e funzionale, al seguito di greggi che stagionalmente transumavano dai monti dell’Appennino, alle pianure rivierasche ed in particolare dall’Abruzzo alle Maremme.
Ci fu subito un disaccordo su questo nome composto, che tutt’ora alimenta polemiche, specie da parte di chi improvvisandosi allevatore, senza avere l’esperienza e gli studi necessari a livello zootecnico, medico e filogenetico su tale razza, deturpando la stessa, crede di poterne dibattere senza titolo alcuno.
Tali diatribe sono altresì alimentate dalla solita poca obiettività delle persone che le provocano senza approfondire sulle origini della razza (Vds. attenzione particolare al paragrafo “Le Origini”) e sulla sua filogenesi, condizionate da un irriducibile e sterile campanilismo.
Taluni perciò vorrebbero che la razza venisse chiamata soltanto “da pastore abruzzese”; altri soltanto “da pastore maremmano”. Tutti vorrebbero quindi legare ad essa il nome della loro Regione, come se nel suo territorio la stessa avesse avuto i natali.
Noi riteniamo che, ove si volesse tener conto delle diffusioni attuali, si deve ammettere che, da rilevamenti effettuati di recente, risulta che durante l’estate il maggior numero di cani si trovano in Abruzzo, mentre durante l’inverno ne sono abbondantemente popolate le Maremme, la campagna romana, il Tavoliere delle Puglie, sebbene la riforma fondiaria abbia operato in queste zone una notevole riduzione dei terreni da pascolo.
Riteniamo quindi giusta questa doppia denominazione dal punto di vista geografico, filogenetico e storico come appena descritto.

Franco Simoni, laureato in Medicina Veterinaria con pieni voti presso l’Università degli studi di Perugia, diventa Capitano Veterinario del Ruolo Sanitario alla Scuola per Ufficiali Veterinari dell’Esercito di Pinerolo.
Successivamente Medico Veterinario civile ed Insegnante di Zootecnia presso l’Istituto Tecnico Agrario di Todi si dedica dal 1950, con l’Allevamento Jacopone da Todi, alla selezione della razza del cane da Pastore Maremmano Abruzzese di cui è autore di innumerevoli saggi e pubblicazioni su numerose riviste cinofile e libri, come da ultimo ha curato la stesura della sezione ad essa dedicata sul libro “I Pastori Italiani” De Vecchi Editore. E-mail: info@pastorimaremmanijacoponedatodi.com

 

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