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di Fe­de­ri­co Vi­nat­tie­ri

Maschio di Volpoca
Ma­schio di Vol­po­ca – foto di ©Ni­co­la Cof­fa­ro

Se, come me, siete ap­pas­sio­na­ti di or­ni­to­lo­gia, non po­te­te non co­no­sce­re que­sto splen­di­do uc­cel­lo ac­qua­ti­co.
Sto par­lan­do della Vol­po­ca (Ta­dor­na ta­dor­na, Lin­naeus 1758).
Si trat­ta di una spe­cie ap­par­te­nen­te al­l’Or­di­ne An­se­ri­for­mes, alla Fa­mi­glia Ana­ti­dae, al Ge­ne­re Tar­dor­na. Fa parte della co­sid­det­ta tribù dei Ta­dor­ni­ni, una ti­po­lo­gia par­ti­co­la­re di ana­tre, tutti uc­cel­li di media mole, in grado di nu­trir­si sia sulla ter­ra­fer­ma sia in acqua, tutti con una sin­go­la­re po­stu­ra se­mi-eret­ta.
Chia­ma­ta anche “Brand­gans” in te­de­sco, “Ta­dor­ne de Belon” in fran­ce­se, “Com­mon Shel­duck” in in­gle­se, “Tarro Blan­co” in spa­gno­lo e “Ber­geend” in olan­de­se… que­sto uc­cel­lo pre­sen­ta una lun­ghez­za di circa 56-67 cm ed una aper­tu­ra alare di circa 100-125 cm.
Un ana­ti­de di di­men­sio­ni medie in­som­ma, ma dalla cor­po­ra­tu­ra piut­to­sto ro­bu­sta. La sua mole in­fat­ti è molto più vi­ci­na a quel­la di un’O­ca ri­spet­to a quel­la di un’A­na­tra, la sua con­for­ma­zio­ne ri­cor­da molto l’Oca sel­va­ti­ca, pur aven­do co­lo­ri ben dif­fe­ren­ti.
Io la con­si­de­ro una delle spe­cie in­con­fon­di­bi­li, poi­ché pre­sen­ta una li­vrea che non ha egua­li nel gran­de uni­ver­so degli “Aves“. Non ci si può con­fon­de­re, la si iden­ti­fi­ca a colpo d’oc­chio, anche da lon­ta­no.
La li­vrea del ma­schio adul­to ha ine­qui­vo­ca­bi­li ele­men­ti pe­cu­lia­ri, che lo con­trad­di­stin­guo­no da ogni altro ac­qua­ti­co. La sua testa e la parte alta del collo sono verdi molto scuro, che a prima vista può ap­pa­ri­re quasi nero; il becco rosso con una pro­tu­be­ran­za sulla fron­te. La parte in­fe­rio­re del collo è to­tal­men­te bian­ca, come anche una buona parte del­l’ad­do­me, dei fian­chi e del ven­tre. Que­sti ul­ti­mi sono at­tra­ver­sa­ti nella parte in­fe­rio­re da una lunga banda mar­ro­ne scuro che parte dal sot­to­co­da e si con­giun­ge al petto mar­ro­ne aran­cio. Il dorso è mar­ro­ne e bian­co e le ali, anche nella parte in­fe­rio­re, sono bian­che, con una ampia banda ter­mi­na­le nera che giun­ge fin sul corpo. Le zampe sono rosa. I ma­schi hanno un “ber­noc­co­lo” pro­mi­nen­te, color rosso ac­ce­so, alla base del becco, ben evi­den­te so­prat­tut­to nella sta­gio­ne degli amori. Il co­lo­re del becco tende a sbia­di­re con l’ar­ri­vo del­l’au­tun­no.
Le fem­mi­ne sono si­mi­li ai ma­schi, ma hanno la banda ven­tra­le mar­ro­ne pres­so­ché ine­si­sten­te, o co­mun­que molto più ri­dot­ta, man­ca­no del ri­gon­fia­men­to sulla fron­te e hanno del bian­co sof­fu­so su guan­ce e fron­te.
En­tram­bi i sessi dun­que hanno testa e collo ne­ro-ver­di, che con­tra­sta­no net­ta­men­te con le altre parti del corpo, pre­va­len­te­men­te bian­che.
Du­ran­te la fase di muta, vi è una com­ple­ta per­di­ta delle penne di coda e ali (* penne re­mi­gan­ti e ti­mo­nie­re), che im­pe­di­sce alla Vol­po­ca di pren­de­re il volo fin­ché il piu­mag­gio non si sarà del tutto ri­for­ma­to; in que­sta fase que­sto uc­cel­lo è molto vul­ne­ra­bi­le a gli at­tac­chi dei pre­da­to­ri, come le Volpi ad esem­pio, anche se la Vol­po­ca si sa di­fen­de­re molto bene, es­sen­do abi­tua­ta a tro­var­si fac­cia a fac­cia con certe ti­po­lo­gie di mam­mi­fe­ri.
La li­vrea gio­va­ni­le in­ve­ce pre­sen­ta la fac­cia e la gola bian­ca­stre, senza la banda ca­sta­na; i gio­va­ni sono di un gri­gio spen­to nelle parti su­pe­rio­ri e hanno anche il becco roseo e le zampe gri­gie.
Il di­mor­fi­smo in que­sta spe­cie è ben evi­den­te, in quan­to i ma­schi si di­stin­guo­no per le di­men­sio­ni mag­gio­ri, oltre che per la pro­tu­be­ran­za sul becco, men­tre le fem­mi­ne hanno una mac­chia bian­ca tra il becco e gli occhi e pre­sen­ta­no un piu­mag­gio dai toni più tenui e meno con­tra­stan­ti, con la fa­scia scura del ven­tre che quasi non si nota.
Pro­prio per que­sti co­lo­ri sgar­gian­ti e ben evi­den­ti anche a di­stan­za, le Vol­po­che non hanno gran­di ca­pa­ci­tà di mi­me­ti­smo.

Volpoca mentre estende le ali
Vol­po­ca men­tre esten­de le ali, in com­pa­gnia di due Ai­ro­ni – foto ©Ni­co­la Cof­fa­ro

Ma per­ché viene co­mu­ne­men­te chia­ma­ta “Vol­po­ca”?

Que­sto nome de­ri­va da un suo ca­rat­te­ri­sti­co com­por­ta­men­to du­ran­te la fase ri­pro­dut­ti­va.
Que­sto uc­cel­lo in­fat­ti ha la stra­nis­si­ma abi­tu­di­ne di ri­pro­dur­si uti­liz­zan­do le pro­fon­de ca­vi­tà del ter­re­no sca­va­te da Volpi, Tassi, Co­ni­gli sel­va­ti­ci, Istri­ci e altri mam­mi­fe­ri. La ni­di­fi­ca­zio­ne av­vie­ne dun­que di­ret­tam­ne­te nel ter­re­no. Da qui il nome “Oca Volpe“, che ac­cor­pa­to è di­ve­nu­to poi “Vol­po­ca“.
Scel­to il sito per la ni­di­fi­ca­zio­ne, la cop­pia entra in pos­ses­so del suo ter­ri­to­rio che di­fen­de dagli in­tru­si. Una volta de­po­ste le uova, in nu­me­ro da sette ad ad­di­rit­tu­ra quat­tor­di­ci, la fem­mi­na cova per circa 26-31 gior­ni; le uova de­po­ste, so­li­ta­men­te a par­ti­re dalla prima metà di apri­le, sono ovali e di color crema. Dopo la na­sci­ta, i pul­ci­ni re­sta­no nel nido non più di 60 gior­ni. Per que­sto mo­ti­vo i pul­ci­ni de­vo­no im­pa­ra­re in fret­ta a nu­trir­si da soli…. Già a poche ore dalla na­sci­ta, la madre li porta sul­l’ac­qua per ren­der­li al più pre­sto abili nel nuoto e nella ri­cer­ca del cibo.

Di cosa si nutre una Vol­po­ca?

L’a­li­men­ta­zio­ne di que­sta spe­cie è dav­ve­ro varia. Prin­ci­pal­men­te se­men­ti, erbe bac­che e alghe, ma non di­sde­gna­no anche cibo di ori­gi­ne ani­ma­le come pic­co­li pesci, mol­lu­schi, chioc­cio­le, in­set­ti, vermi, cro­sta­cei, larve e altri pic­co­li or­ga­ni­smi. Una spe­cie on­ni­vo­ra dun­que, nel vero senso della pa­ro­la. La Vol­po­ca uti­liz­za il suo becco come una sorta di fil­tro per trat­te­ne­re il cibo nel­l’ac­qua bassa.

Dove si trova in na­tu­ra que­sta spe­cie?

La sua ori­gi­ne zoo­geo­gra­fi­ca è eu­ro­cen­troa­sia­ti­co-me­di­ter­ra­nea.
Le Vol­po­che si tro­va­no ab­ba­stan­za fa­cil­men­te nelle aree pa­lu­do­se, ma vi­vo­no anche nelle zone co­stie­re fan­go­se o sab­bio­se ed estua­ri; pos­so­no fre­quen­ta­re anche aree in­ter­ne che co­steg­gia­no sa­li­ne o laghi sal­ma­stri.
Es­sen­do uc­cel­li mi­gra­to­ri, nella sta­gio­ne fred­da si riu­ni­sco­no in stor­mi pa­rec­chio nu­me­ro­si, che pos­so­no rag­giun­ge­re al­cu­ne cen­ti­na­ia di esem­pla­ri, per par­ti­re verso ter­ri­to­ri più caldi.
La sua di­stri­bu­zio­ne in Eu­ro­pa è sud­di­vi­sa in al­cu­ne po­po­la­zio­ni, due zone in par­ti­co­la­re sono state re­gi­stra­te come area­li abi­tua­li di que­sta spe­cie. Una zona è iden­ti­fi­ca­bi­le nel gran­de ter­ri­to­rio che com­pren­de l’Eu­ro­pa del nord-ove­st, quin­di dal Mar Bal­ti­co fino alle coste del­l’O­cea­no Atlan­ti­co; l’al­tra zona è iden­ti­fi­ca­bi­le nel­l’e­st Eu­ro­pa, quin­di dalla Tur­chia fino a tutta l’A­sia Mi­no­re. La prima po­po­la­zio­ne è rap­pre­sen­ta­ta da stor­mi che mi­gra­no abi­tual­men­te verso sud, la se­con­da è molto più se­den­ta­ria.
Le mi­gra­zio­ni della po­po­la­zio­ne del nord Eu­ro­pa, giun­go­no fino alla parte del Me­di­ter­ra­neo del sud-est, fino al­l’E­git­to.
Al di fuori del­l’Eu­ro­pa, que­sta spe­cie la si può tro­va­re in Asia, nello spe­ci­fi­co in Cina, Giap­po­ne e in al­cu­ne zone di laghi della Si­be­ria, ma anche in Nord-Afri­ca, come ab­bia­mo già ac­cen­na­to.
Ana­liz­zan­do le zone dove è pre­sen­te si ca­pi­sce dun­que che la spe­cie pre­di­li­ge le aree con clima mite se­mi-ari­do e ma­rit­ti­mo, ed evita zone bo­rea­li e sub ar­ti­che.
Nel no­stro Paese non è poi così nu­me­ro­sa la po­po­la­zio­ne di Vol­po­che, anche se negli ul­ti­mi anni ha su­bi­to un in­cre­men­to no­te­vo­le. La po­po­la­zio­ne ni­di­fi­can­te ita­lia­na nel­l’ul­ti­mo ven­ten­nio è sen­si­bil­men­te au­men­ta­ta, pas­san­do da circa 10-20 cop­pie negli anni 1983-1990, a 99-129 cop­pie nel 2000. Da ul­ti­me stime, la po­po­la­zio­ne ni­di­fi­can­te ita­lia­na di Vol­po­che si ag­gi­ra in­tor­no alle 200 cop­pie, le quali sono pre­va­len­te­men­te di­stri­bui­te nelle zone umide del­l’Al­to Adria­ti­co. La po­po­la­zio­ne “sver­nan­te” in­ve­ce, è sti­ma­ta in­tor­no ai sei­mi­la esem­pla­ri, an­ch’es­si a stor­mi pre­va­len­te­men­te di­stri­bui­ti su tutte le coste adria­ti­che, fino in Pu­glia, nel Gar­ga­no, dove è stata cen­si­ta una po­po­la­zio­ne molto nu­me­ro­sa. Anche sulle coste tir­re­ni­che si tro­va­no, ma in mi­no­re nu­me­ro.
Nelle zone ter­ri­to­ria­li in­ter­ne sono meno co­mu­ni, ma ca­pi­ta di av­vi­sta­re in­di­vi­dui pre­sen­ti nelle vi­ci­nan­ze di laghi o zone co­mun­que pa­lu­stri. In To­sca­na, Emi­lia Ro­ma­gna, Pie­mon­te, Ve­ne­to, Friu­li Ve­ne­zia Giu­lia, Sar­de­gna, gli av­vi­sta­men­ti più dif­fu­si. Un tempo in Sar­de­gna la Vol­po­ca si po­te­va tro­va­re in gran nu­me­ro, spes­so ni­di­fi­can­te (*Fi­glio­li, 1890), men­tre ai gior­ni no­stri ni­di­fi­ca spo­ra­di­ca­men­te ed in cop­pie iso­la­te.
Non è de­fi­ni­bi­le una spe­cie a ri­schio, ma at­tual­men­te è clas­si­fi­ca­ta come “si­cu­ra”, aven­te stato di con­ser­va­zio­ne fa­vo­re­vo­le a li­vel­lo con­ti­nen­ta­le. C’è però chi la con­si­de­ra una spe­cie mi­nac­cia­ta a li­vel­lo re­gio­na­le, vul­ne­ra­bi­le a li­vel­lo na­zio­na­le (*grado di pro­te­zio­ne: Con­ven­zio­ne di Berna – legge 503/1981, al­le­ga­to II, L.R. 23/98). I fat­to­ri di mi­nac­cia, ahimè, sono sem­pre gli stes­si, ossia: brac­co­nag­gio, al­te­ra­zio­ne degli ha­bi­tat, rac­col­ta di uova e pul­ci­ni… e a tutto ciò ci si è messo nel mezzo anche una pro­ba­bi­le com­pe­ti­zio­ne tro­fi­ca di­ret­ta con il Fe­ni­cot­te­ro (*Phoe­ni­cop­te­rus, Lin­naeus 1758), sem­pre più pre­sen­te nel sud del no­stro Paese.
In al­cu­ni Paesi, come ad esem­pio in Sviz­ze­ra, la Vol­po­ca è stata clas­si­fi­ca­ta con lo sta­tus di “spe­cie vul­ne­ra­bi­le”, quin­di in­se­ri­ta nella “lista rossa” delle spe­cie a ri­schio.
Si trat­ta co­mun­que pur sem­pre di una spe­cie pro­tet­ta della fauna au­toc­to­na, la cui de­ten­zio­ne è di­sci­pli­na­ta dalla Pro­vin­cia di ap­par­te­nen­za (*de­te­ner­la senza au­to­riz­za­zio­ne e senza cer­ti­fi­ca­to di ori­gi­ne com­por­ta un’am­men­da pe­na­le, e pre­ci­sa­men­te, se­con­do l’art. 30 c. 1 lett. b della L.157/92).

La Vol­po­ca può dun­que es­se­re al­le­va­ta in cat­ti­vi­tà?

La ri­spo­sta è sì. Vi sono di­ver­si esem­pi di al­le­va­men­to di Vol­po­che, anche qui in Ita­lia.
Per de­te­ner­le basta farne do­man­da e la Pro­vin­cia ri­la­scia un per­mes­so, un re­gi­stro ed un co­di­ce. Gli ani­ma­li ac­qui­sta­ti ov­via­men­te de­vo­no es­se­re nati in cat­ti­vi­tà, mu­ni­ti di anel­lo ina­mo­vi­bi­le ed ac­com­pa­gna­ti dal fo­glio di ces­sio­ne. Ge­ne­ral­men­te viene con­se­gna­to un re­gi­stro nel quale de­vo­no es­se­re re­gi­stra­te na­sci­te, de­ces­si e ces­sio­ni. I nuovi nati de­vo­no es­se­re ri­por­ta­ti sul re­gi­stro e ina­nel­la­ti, con anel­li pro­pri nel caso si sia iscrit­ti ad as­so­cia­zio­ni come la A.I.F.A.O. (*As­so­cia­zio­ne Ama­to­ri Ita­lia­ni Fa­gia­ni e Ac­qua­ti­ci Or­na­men­ta­li), op­pu­re con una sigla che viene as­se­gna­ta dalla pro­vin­cia stes­sa.
Ov­via­men­te si dovrà tener conto dei suoi istin­ti e dei suoi in­na­ti com­por­ta­men­ti, per­tan­to sa­pen­do che la spe­cie ni­di­fi­ca in ca­vi­tà nel ter­re­no, si dovrà met­te­re a sua di­spo­si­zio­ne delle aree che le pos­sa­no per­met­te­re di espri­mer­si in tutto il suo re­per­to­rio com­por­ta­men­ta­le. Si dovrà quin­di pre­di­spor­re un nido “a cas­set­ta”, se­pol­to per metà nella terra. Può es­se­re suf­fi­cien­te una sem­pli­ce sca­to­la di di­men­sio­ni su­pe­rio­ri a 35 cm di lun­ghez­za, 35 di lar­ghez­za e 35 di al­tez­za, at­trez­za­ta con un tubo di PVC di 15 cm di dia­me­tro e lungo circa 30 cm, po­si­zio­na­to nella parte fron­ta­le come usci­ta. La scel­ta di sep­pel­li­re o meno il nido non pre­giu­di­ca trop­po il com­por­ta­men­to delle ana­tre: i nidi pos­so­no quin­di es­se­re solo ap­pog­gia­ti a terra, op­pu­re com­ple­ta­men­te se­pol­ti, con solo il tubo che esce dalla terra. Oc­cor­re­rà però pre­sta­re molta at­ten­zio­ne alla pos­si­bi­li­tà che il nido si possa inon­da­re, so­prat­tut­to se viene in­ter­ra­to sotto il li­vel­lo del suolo. In caso di piog­gia, può ra­pi­da­men­te riem­pir­si d’ac­qua e cau­sa­re l’af­fo­ga­men­to della co­va­ta. Anche solo pro­teg­ge­re l’in­gres­so del nido con un pic­co­lo muro di sab­bia e ghia­ia può es­se­re un espe­dien­te suf­fi­cien­te per fer­ma­re il flus­so di acqua. Se non c’è pos­si­bi­li­tà di avere un pic­co­lo la­ghet­to per le ana­tre, è suf­fi­cien­te una pic­co­la vasca dove pos­sa­no im­mer­ge­re la testa. Non aven­do con­dot­ti la­cri­ma­li, uti­liz­za­no que­st’ac­qua per inu­mi­di­re e pu­li­re gli occhi. È di fon­da­men­ta­le im­por­tan­za che l’ac­qua a di­spo­si­zio­ne sia sem­pre ab­ba­stan­za pu­li­ta.
Per prov­ve­de­re ad una cor­ret­ta ali­men­ta­zio­ne in cat­ti­vi­tà, da­to­si che la Vol­po­ca, come ab­bia­mo detto, varia molto la sua dieta, si dovrà prov­ve­de­re alla som­mi­ni­stra­zio­ne di sva­ria­ti ali­men­ti o co­mun­que man­gi­mi ben bi­lan­cia­ti, in modo da sod­di­sfa­re il fab­bi­so­gno pro­tei­co/vi­ta­mi­ni­co gior­na­lie­ro.

Quan­t’è l’a­spet­ta­ti­va di vita di una Vol­po­ca?

Tra tutti gli esem­pla­ri mo­ni­to­ra­ti, vi sono stati esem­pi di sog­get­ti vis­su­ti in na­tu­ra circa 13-15 anni. Il re­cord ri­le­va­to è stato rag­giun­to da un esem­pla­re ma­schio vis­su­to 18 anni e 11 mesi. Ovvio che in cat­ti­vi­tà, con una ge­stio­ne at­ten­ta, con il giu­sto am­bien­te, con una ali­men­ta­zio­ne cor­ret­ta e co­stan­te, e senza nes­sun pre­da­to­re in ag­gua­to, vi­vo­no più a lungo.
La Vol­po­ca è un ani­ma­le straor­di­na­rio sotto ogni aspet­to, sia per la sua este­ti­ca, sia sul piano eto­lo­gi­co. Una vera mi­nie­ra di sor­pre­se per tutti gli ap­pas­sio­na­ti di or­ni­to­lo­gia e del bird­wat­ching.
Una ec­ce­zio­na­le spe­cie che dob­bia­mo im­pa­ra­re a co­no­sce­re, os­ser­va­re, ri­spet­ta­re e tu­te­la­re.

Gruppo famiglia di Volpoca
Bel di­se­gno che raf­fi­gu­ra un grup­po fa­mi­glia di Vol­po­ca (fonte: de­vian­tart.com)

Bi­blio­gra­fia:
– Lars Svens­son, 2015, “Guida degli Uc­cel­li d’Eu­ro­pa, Nord Afri­ca e vi­ci­no orien­te“, Ricca edi­to­re
– Ca­sa­le F., 2015, “Atlan­te degli Uc­cel­li del Parco Lom­bar­do della Valle del Ti­ci­no
– Ber­ter Bruun, 1975, “Uc­cel­li d’Eu­ro­pa”, Mon­da­do­ri edi­to­re

Fe­de­ri­co Vi­nat­tie­ri, lau­rea­to in Scien­ze Zoo­tec­ni­che, al­le­va­to­re, giu­di­ce, scrit­to­re, ti­to­la­re Al­le­va­men­to di Fos­som­bro­ne www.​dif​osso​mbro​ne.​ithttp://​lupi.​dif​osso​mbro​ne.​ithttp://​ornitologia.​dif​osso​mbro​ne.​it). Cur­ri­cu­lum vitae >>>

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