Con­di­vi­di l'ar­ti­co­lo
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di C. Mau­ri­zio Scot­ti

L’im­pat­to am­bien­ta­le in agri­col­tu­ra è un tema che si af­fron­ta ra­ra­men­te e quan­do lo si porta al cen­tro di una di­scus­sio­ne lo si di­pa­na in ter­mi­ni mi­ni­ma­li. Il leit-mo­tiv del con­cet­to de­ri­va dal­l’an­ti­co as­sio­ma “agri­col­to­re= pre­si­dio del ter­ri­to­rio”, una forma di pre­sup­po­sto che al­lon­ta­na dalla mente ogni con­te­sto “in­na­tu­ra­le” tra ciò che è il mondo agri­co­lo e l’am­bien­te che lo con­tie­ne. Ma non è pro­prio così.

Di­men­ti­can­do quel­lo che in­ter­cor­re a li­vel­lo mon­dia­le nel con­te­sto del­l’a­gri­col­tu­ra di pian­ta­gio­ne (caffè, canna da zuc­che­ro, co­to­ne, ma anche oleo­se a tutto tondo, com­pre­so l’o­li­vo), che ha un im­pat­to am­bien­ta­le in­cre­di­bil­men­te ne­ga­ti­vo per l’e­co­si­ste­ma (pro­gres­si­va ari­di­tà dei ter­re­ni); di­men­ti­can­do le vaste aree a mo­no­cul­tu­ra con­ti­nua­ti­va (senza ro­ta­zio­ne del se­mi­na­to) del Nord Ame­ri­ca (mais, ara­chi­di, gi­ra­so­li) e del­l’E­stre­mo Orien­te (riso), che esi­go­no im­men­se quan­ti­tà d’ac­qua e/o uso spa­smo­di­co di fer­ti­liz­zan­ti azo­ta­ti di sin­te­si su enor­mi su­per­fi­ci, con in­nal­za­men­to ter­mi­co dei sub­stra­ti e cre­sci­ta della sa­li­fi­ca­zio­ne; di­men­ti­can­do tutto quel­lo che c’è da di­men­ti­ca­re senza di­men­ti­ca­re mai, man­te­nia­mo­ci su un con­te­sto quan­to meno eu­ro­peo se non pret­ta­men­te na­zio­na­le.

L’im­pat­to am­bien­ta­le del­l’a­gri­col­tu­ra è so­ven­te cal­mie­ra­to dalla men­ta­li­tà e dal con­cet­to pro­dut­ti­vo del con­dut­to­re re­spon­sa­bi­le. Ormai la dif­fu­sio­ne ca­pil­la­re della pro­prie­tà ter­rie­ra e del­l’a­zien­da agri­co­la è quasi un ri­cor­do, anche in Pia­nu­ra Pa­da­na – dove per altro esi­ste an­co­ra un mar­gi­ne di ru­ra­li­tà le­ga­ta al la­vo­ro della terra – , poi­ché l’e­vo­lu­zio­ne della mec­ca­niz­za­zio­ne e le esi­gen­ze pro­dut­ti­ve hanno di fatto smem­bra­to in­te­ri set­to­ri, dalla zoo­tec­nia alle fo­rag­gie­re, con con­se­guen­te ac­cre­sci­men­to di­men­sio­na­le delle azien­de agri­co­le re­si­dua­li, al netto degli ab­ban­do­ni e della per­di­ta di suolo col­ti­va­bi­le le­ga­ta a in­fra­strut­tu­re e nuova ur­ba­niz­za­zio­ne.

Que­sto ha por­ta­to anche a di­spor­re al me­glio la red­di­ti­vi­tà del la­vo­ro agri­co­lo, con pas­sag­gi re­pen­ti­ni da cicli pro­dut­ti­vi azien­da­li pra­ti­ca­men­te chiu­si e cicli aper­ti su tutta la va­sti­tà eco­no­mi­ca. Ad esem­pio, dallo span­di­men­to dei ni­tra­ti (con re­la­ti­ve pro­ble­ma­ti­che am­bien­ta­li da non tra­scu­ra­re) si è pas­sa­ti alla pro­du­zio­ne di bio­me­t­a­no o dalle co­per­tu­re a la­te­ri­zio a quel­le a pan­nel­li fo­to­vol­tai­ci per la pro­du­zio­ne di ener­gia elet­tri­ca. Non solo, anche le ce­ne­ri e i bio­cu­bi de­ri­va­ti dal trat­ta­men­to dei ri­fiu­ti or­ga­ni­ci ur­ba­ni sono di­ven­ta­ti coa­diu­van­ti in col­tu­ra, pur non fa­cen­do parte di uno “scar­to azien­da­le”.

Que­sti esem­pi ser­vo­no ad in­ten­de­re che nel­l’a­gri­col­tu­ra mo­der­na di­ven­ta sem­pre più in­di­spen­sa­bi­le una cul­tu­ra im­por­tan­te, che spes­so non esi­ste.

Così come negli anni Set­tan­ta del se­co­lo scor­so, solo il 22% degli agri­col­to­ri mu­ni­ti di trat­tri­ci agri­co­le e di mac­chi­na­ri adat­ti al la­vo­ro dei campi, con pos­si­bi­li­tà di tran­si­to su stra­de ur­ba­ne, non di­spo­ne­va di pa­ten­te alla con­du­zio­ne di vei­co­li, oggi gran parte di co­lo­ro che pra­ti­ca­no a tempo pieno la con­du­zio­ne di un’a­zien­da agri­co­la non ha un ba­ga­glio cul­tu­ra­le suf­fi­cien­te. Ora è più che mai ne­ces­sa­rio che l’a­gri­col­to­re abbia so­li­de basi di esti­mo, eco­no­mia, di bio­chi­mi­ca e agro­no­mia e, so­prat­tut­to, che abbia la con­vin­zio­ne di agire in un si­ste­ma com­ples­so che non è solo col­tu­ra agri­co­la ma am­bien­te di­na­mi­co e co­stan­te­men­te bi­so­gno­so di “cure”.

La ca­sci­na o la mas­se­ria che era­va­mo abi­tua­ti a ve­de­re nei de­cen­ni scor­si ora è un am­bien­te for­te­men­te mec­ca­niz­za­to, so­ven­te al­ta­men­te spe­cia­liz­za­to, con serie pro­ble­ma­ti­che di ef­fi­cien­za, con­te­ni­men­to e smal­ti­men­to. Anche quan­do si fa ri­fe­ri­men­to alla vi­ti­vi­ni­col­tu­ra, alla frut­ti­col­tu­ra e al bio­lo­g­i­co, oc­cor­re tener pre­sen­ti i lati am­bien­ta­li­sti­ci in cui que­sto tipo di azien­de sono im­mes­se. So­ven­te si parte dal con­cet­to di tu­te­la del pro­dot­to e di bel­lez­za pae­sag­gi­sti­ca quasi che il pae­sag­gio stes­so non possa es­se­re altro che quel­lo in mo­stra, ma non sem­pre è così.

Nel Tren­ti­no Oc­ci­den­ta­le (Val di Non e Val di Sole) la col­tu­ra della mela ha sop­pian­ta­to di fatto la pa­sto­ri­zia brada e l’al­le­va­men­to ovi­no-ca­pri­no, con mag­gio­ri ne­ces­si­tà ir­ri­gue e co­per­tu­re sin­te­ti­che an­ti­gran­di­ne che gra­da­ta­men­te stan­no in­fluen­zan­do anche il clima, com­pre­sa la te­nu­ta dei ghiac­ciai di con­fi­ne con la Lom­bar­dia. Inol­tre si è avuto un for­tis­si­mo in­cre­men­to nella po­po­la­zio­ne li­be­ra di ime­not­te­ri, non sem­pre e non tutti fa­vo­re­vo­li.

Nella Si­ci­lia Orien­ta­le (Piana di Ca­ta­nia, Pa­chi­no), la più che de­cu­pli­ca­ta ri­chie­sta di mer­ca­to di po­mo­do­ri e di altre or­ti­co­le, ha da un lato ri­dot­to la pre­sen­za di aran­ce­ti spon­ta­nei e col­ti­va­ti (che pure hanno avuto una sto­ria ali­men­ta­re piut­to­sto re­cen­te) e dal­l’al­tro au­men­ta­to vi­sto­sa­men­te la pre­sen­za di serre per col­tu­re “tutto l’an­no”, con un im­pat­to am­bien­ta­le che non può certo dirsi di poco conto.

Ma è in tutta Ita­lia (ed Eu­ro­pa) che l’a­gri­col­tu­ra ha mo­di­fi­ca­to l’am­bien­te; cosa che non si­gni­fi­ca per forza de­tur­par­lo come è av­ve­nu­to per altre at­ti­vi­tà an­tro­pi­che. Ciò non to­glie, co­mun­que, che l’at­ten­zio­ne deve es­se­re prio­ri­ta­ria anche nel set­to­re che “dà da man­gia­re a uo­mi­ni e ani­ma­li”, che è a di­ret­to con­tat­to con la na­tu­ra e che da que­sta trae linfa vi­ta­le.

E per es­se­re più at­ten­ti oc­cor­re es­se­re sen­si­bi­li e me­glio pre­pa­ra­ti.

Meleti in Val di Non
Me­le­ti in Val di Non (foto www.​visititaly.​it)

Au­to­re: C. Mau­ri­zio Scot­ti
25/09/2017

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