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di Fran­ce­sco Sil­let­ta

Oca Cignoide e Oca selvatica
Oca Ci­gnoi­de e Oca sel­va­ti­ca

L’oca viene ap­prez­za­ta ormai da tempi re­mo­ti; il suo ad­do­me­sti­ca­men­to si perde nella notte dei tempi e, nel­l’ar­te, nella let­te­ra­tu­ra, nella sto­ria, le sono stati ri­ser­va­ti gran­di onori.
I ge­ne­ri di oche in­te­res­sa­ti alla do­me­sti­ca­zio­ne sono Anser (Oca sel­va­ti­ca Anser anser in Me­so­po­ta­mia e in Egit­to) e Cy­gnop­sis (Oca ci­gnoi­de Cy­gnop­sis cy­gnoi­des, nel­l’A­sia orien­ta­le).
Le prime trac­ce sull’ ad­do­me­sti­ca­men­to di que­sto me­ra­vi­glio­so pal­mi­pe­de ri­sal­go­no al Neo­li­ti­co, dal sesto al quin­to mil­len­nio prima della no­stra era. Le prime prove ri­guar­dan­ti la sto­ria del­l’o­ca do­me­sti­ca, pro­ven­go­no da scavi ese­gui­ti in campi fu­ne­ra­ri ce­co­slo­vac­chi dove ossa di oche (si­ste­ma­te nelle tombe a ti­to­lo di nu­tri­men­to dei de­fun­ti), mo­stra­no già una de­for­ma­zio­ne delle su­per­fi­ci ar­ti­co­la­ri. La causa di que­sta de­for­ma­zio­ne è con­se­gui­ta dall’ ad­do­me­sti­ca­men­to che portò que­sti ani­ma­li al­l’au­men­to del peso cor­po­reo che in­fluì ap­pun­to sulla strut­tu­ra delle ossa del piede.
Trac­ce della no­to­rie­tà del­l’o­ca ci pro­ven­go­no anche dalle tombe e dai mo­nu­men­ti egizi, che a quan­to pare, fu­ro­no ve­ne­ra­te in quel­l’an­ti­ca re­li­gio­ne. Omero parla del­l’o­ca nei suoi canti e Plu­tar­co non fu da meno nel­l’e­lo­gio che ne fece; Pli­nio in­ve­ce ci ram­men­ta l’im­por­tan­za che le oche eb­be­ro nella fa­mi­ge­ra­ta vi­cen­da del Cam­pi­do­glio as­se­ren­do in­fat­ti che “l’oca vi­gi­la anche quan­do i cani dor­mo­no”.
Sotto l’Im­pe­ro Ro­ma­no ci sono di­ver­se te­sti­mo­nian­ze del­l’al­le­va­men­to di oche e così anche nelle altre ci­vil­tà du­ran­te e dopo la ca­du­ta del­l’Im­pe­ro. Carlo Magno fa­vo­rì lo svi­lup­po del­l’a­vi­col­tu­ra e l’al­le­va­men­to di que­sti uc­cel­li.
In In­ghil­ter­ra l’ar­ro­sto d’ oca è il piat­to d’ob­bli­go il gior­no di San Mi­che­le. Sem­bra che la Re­gi­na Eli­sa­bet­ta stes­se man­gian­do l’ar­ro­sto d’oca il l2 ot­to­bre del 1588, quan­do le venne an­nun­zia­ta la scon­fit­ta del­l’in­vin­ci­bi­le ar­ma­ta di Fi­lip­po II di Spa­gna.
Sotto Luigi XVI venne pre­pa­ra­to per la prima volta il fa­mo­so patè di fe­ga­to gras­so coi tar­tu­fi. Nel XIX se­co­lo la Rus­sia e la Cina pri­meg­gia­va­no sul­l’e­spor­ta­zio­ne di piu­mi­no d’oca e nella Cina è tut­to­ra di rito of­fri­re l’oca ai nuovi sposi come sim­bo­lo di fe­li­ci­tà co­niu­ga­le. In Boe­mia si man­gia l’oca a San Mar­ti­no e se ne trae l’o­ro­sco­po per l’in­ver­no che verrà: se le ossa sono bian­che, in­ver­no breve e mite, se sono scure, piog­gia, neve e fred­do.
In Sviz­ze­ra è ri­no­ma­tis­si­mo l’ar­ro­sto d’oca ri­pie­no di fette di mele re­net­te. Nella no­stra Ro­ma­gna, come nelle Mar­che e nel­l’Um­bria, si man­gia tra­di­zio­nal­men­te l’oca ad Ognis­san­ti; in Lom­bar­dia si gusta l’oca nei gior­ni di San Sil­ve­stro e di San Siro. L’o­ri­gi­ne della no­stra oca do­me­sti­ca de­ri­va dal­l’o­ca sel­va­ti­ca (che in la­ti­no si­gni­fi­ca ap­pun­to “oca”) o oca ci­ne­ri­na. Ma non è dif­fi­ci­le che anche altre spe­cie pos­sa­no es­se­re state ca­po­sti­pi­ti del­l’o­ca co­mu­ne, a se­con­da delle re­gio­ni. L’oca co­mu­ne si è man­te­nu­ta pres­so­ché si­mi­le nel piu­mag­gio alla sua ca­po­sti­pi­te sel­va­ti­ca, ma l’in­ter­ven­to del­l’uo­mo ha fatto si che si svi­lup­pas­se­ro di­ver­si­tà di mole e di piu­mag­gio; è assai dif­fu­sa l’oca dalla li­vrea com­ple­ta­men­te bian­ca men­tre vi sono anche quel­le pez­za­te. E pro­prio a causa del­l’a­zio­ne del­l’uo­mo, si sono via via ve­nu­te a crea­re degli esem­pla­ri con ca­rat­te­ri­sti­che sta­bi­li: le razze.

Oca Italiana o Romagnola
Oca Ita­lia­na o Ro­ma­gno­la

L’al­le­va­men­to del­l’o­ca è molto dif­fu­so in tutto il mondo e par­ti­co­lar­men­te in Eu­ro­pa; paesi quali la Fran­cia, la Ger­ma­nia, l’In­ghil­ter­ra, la Rus­sia, tutti gli stati del nord Eu­ro­pa e l’I­ta­lia set­ten­trio­na­le, al­le­va­no in gran nu­me­ro que­sti stu­pen­di pal­mi­pe­di. Ed in di­ver­si stati e re­gio­ni di ap­par­te­nen­za è stata av­via­ta una me­ti­co­lo­sa se­le­zio­ne per poter de­fi­ni­re le varie razze as­sog­get­ta­te ad uno stan­dard che ne de­scri­ve gli aspet­ti so­ma­ti­ci ben fis­sa­ti. Que­ste razze pren­do­no so­li­ta­men­te il nome del Paese dove fu­ro­no ini­zial­men­te se­le­zio­na­te; pare che in tutto il Mondo vi siano più di 100 razze sud­di­vi­se in base alla loro mole che va dalla ta­glia pic­co­la, alla media e a quel­la gi­gan­te. Il peso di ta­lu­ni esem­pla­ri va dai 4/5 kg per le razze leg­ge­re fino a rag­giun­ge­re i 14/16 kg per quel­le pe­san­ti. Le razze più note sono: l’oca di Roma (ro­ma­gno­la o ita­lia­na, come vuole lo stan­dard uf­fi­cia­le), che com­pren­de anche la va­rie­tà col ciuf­fo crea­ta in Ame­ri­ca; l’oca ci­gnoi­de o della Gui­nea; l’oca di She­tland; l’oca di Nor­man­dia; l’oca di Poi­tou… Tutte razze ap­par­te­nen­ti alla ca­te­go­ria di pic­co­la ta­glia. Poi vi sono quel­le di media ta­glia che sono: l’oca Pil­grim; l’oca di Po­me­ra­nia; l’oca di Tou­rai­ne; l’oca d’Al­sa­zia; la Se­ba­sto­po­li (col ca­rat­te­ri­sti­co piu­mag­gio ar­ric­cia­to). In fine vi sono le razze gi­gan­ti: la fa­mi­ge­ra­ta oca di To­lo­sa, di cui esi­sto­no due tipi – quel­la in­du­stria­le con ba­vet­ta e quel­la agri­co­la senza ba­vet­ta; l’oca di Emb­den; l’oca Afri­ca­na (de­ri­van­te dal­l’o­ca della Gui­nea ma di gros­sa mole e prov­vi­sta di ba­vet­ta); l’oca di Bour­bon­nais.
Ogni razza è de­sti­na­ta ad un pro­du­zio­ne ben di­stin­ta; vi sono quel­le da carne e da fe­ga­to (Bour­bon­nais, Emb­den,To­lo­sa, oca di Po­me­ra­nia; oca di Tou­rai­ne; Gri­gia delle Lande). Quel­le da carne con poco gras­so (oca d’ Al­sa­zia, la gri­gia Pa­do­va­na, l’oca di Nor­man­dia). In­fi­ne quel­le da pelle e da piume (la bian­ca di Poi­tou e la Ro­ma­na). Ma ta­lu­ne razze si pre­sta­no co­mun­que per di­ver­si fini; so­li­ta­men­te tutte le razze con piu­mag­gio bian­co ven­go­no sfrut­ta­te per il piu­mi­no, visto che sul mer­ca­to la piuma bian­ca è assai ri­chie­sta e pre­zio­sa, men­tre quel­la bruna viene scar­ta­ta a prio­ri. E al­cu­ne dalla li­vrea bian­ca, come le gros­se oche di Emb­den, ven­go­no uti­liz­za­te per le piume, il fe­ga­to gras­so e la carne, che è pre­li­ba­ta!

Oca di Tolosa di tipo industriale
Oca di To­lo­sa di tipo in­du­stria­le

A dif­fe­ren­za delle ana­tre e an­co­ra di più dei gal­li­na­cei, le oche non pre­sen­ta­no alcun di­mor­fi­smo ses­sua­le (le ca­rat­te­ri­sti­che so­ma­ti­che per­ti­nen­ti il sesso dell’ ani­ma­le), per cui è assai com­pli­ca­to di­stin­gue­re il ma­schio dalla fem­mi­na. So­li­ta­men­te nelle oche il ma­schio è più gran­de e la sua voce più acuta, ri­spet­to alla fem­mi­na… Ma esi­sto­no delle razze che pos­seg­go­no un mar­ca­to di­mor­fi­smo ses­sua­le che ri­sie­de nel co­lo­re del piu­mag­gio. Que­sti esem­pla­ri ven­go­no de­fi­ni­ti razze au­to­ses­sa­te. Il piu­mag­gio del ma­schio è to­tal­men­te bian­co, men­tre quel­lo della fem­mi­na è pez­za­to. Ap­par­ten­go­no a que­sta ca­te­go­ria le oche Pil­grim, l’oca di Nor­man­dia e l’oca di She­tland.
In Ita­lia oltre alla fa­mo­sa ro­ma­gno­la, ab­bia­mo la gri­gia Pa­do­va­na e la pez­za­ta Ve­ne­ta, sulle quali sem­bra che fi­nal­men­te si stia ope­ran­do per de­fi­ni­re uno stan­dard. Men­tre si è estin­ta l’oca Pia­cen­ti­na che ras­so­mi­glia­va pa­rec­chio alla ro­ma­gno­la, tran­ne che per le di­men­sio­ni in­fe­rio­ri. La vera pecca degli avi­col­to­ri ita­lia­ni è stata quel­la di non es­ser­si mai pre­oc­cu­pa­ti di cu­ra­re la se­le­zio­ne di que­sti esem­pla­ri (cosa che in altri Stati è stata fatta). In­fat­ti oggi è assai raro im­bat­ter­si in una ro­ma­gno­la pura; un gran­de pec­ca­to se pen­sia­mo che in Ame­ri­ca l’oca di Roma è se­le­zio­na­ta me­ti­co­lo­sa­men­te tanto d’ aver crea­to un al­ter­na­ti­va col ciuf­fo. Tra l’al­tro la ri­no­man­za della no­stra can­di­da ro­ma­gno­la, ha ri­scos­so plau­so e am­mi­ra­zio­ne in tutto il mondo per via della sua alta pro­du­zio­ne di uova (110/115 uova l’an­no). Un nu­me­ro assai ele­va­to se si pensa che altre razze ne pro­du­co­no al mas­si­mo una cin­quan­ti­na l’an­no. L’oca di Ro­ma­gna o ro­ma­gno­la, è me­glio co­no­sciu­ta in tutto il mondo col nome di oca di Roma, ap­pel­la­ti­vo che le fu af­fi­bia­to dagli avi­col­to­ri spa­gno­li di Bar­cel­lo­na, quan­do la no­stra razza venne pre­sen­ta­ta in quel­la città ad una espo­si­zio­ne mon­dia­le nel mag­gio del 1924. In quel­l’oc­ca­sio­ne i vi­si­ta­to­ri si do­man­da­ro­no se la ro­ma­gno­la ap­par­te­nes­se alla razza che salvò il Cam­pi­do­glio dalle trup­pe gal­li­che di Bren­no nel lon­ta­no 382 a.C. La que­stio­ne pro­ba­bil­men­te non sarà mai chia­ri­ta per­ché Lu­cre­zio so­stie­ne che quel­le oche erano bian­che, men­tre Vir­gi­lio le de­fi­nì ar­gen­ta­te. Ma con lo scor­re­re dei se­co­li il piu­mag­gio po­treb­be aver su­bi­to va­ria­zio­ni… Certo è che le oche ro­ma­gno­le pos­sie­do­no una voce assai acuta e stri­du­la, di­ver­sa­men­te dal tono bor­bot­tan­te delle To­lo­sa, per esem­pio… Co­mun­que sia, le no­stre can­di­de oche ro­ma­gno­le sono si­cu­ra­men­te tra le razze più an­ti­che al mondo… Inol­tre il loro piu­mi­no è tra i più ap­prez­za­ti e la loro carne è ot­ti­ma!
Ma ve­nia­mo all’ aspet­to fol­klo­ri­sti­co che gra­vi­ta in­tor­no a que­sto pal­mi­pe­de tanto ido­la­tra­to quan­to vi­li­pe­so. Nel tempo a que­sto vo­la­ti­le così ri­no­ma­to e con la sua aura an­ti­ca, non gli fu­ro­no tri­bu­ta­ti solo gli elogi e gli ap­prez­za­men­ti di scul­to­ri, poeti e di chef, ma anche cre­den­ze po­po­la­ri che la de­fi­ni­sco­no scioc­ca tra le scioc­che! Pare che que­sto detto de­ri­vi dal forte schia­maz­zo che ai più sem­bra in­sen­sa­to! Ma quei più evi­den­te­men­te hanno di­men­ti­ca­to la vi­cen­da del Cam­pi­do­glio e la pro­ver­bia­le at­ti­tu­di­ne alla guar­dia che ne è de­ri­va­ta. In ve­ri­tà a smen­ti­re que­sta cre­den­za, ci sono di­ver­se te­sti­mo­nian­ze di chi ha al­le­va­to le oche… Mar­zia­le dice che fra tutti gli ani­ma­li che po­po­la­no la corte del con­ta­di­no essa è forse la più sa­ga­ce e la più evi­den­te. Plu­tar­co narra della scal­trez­za con la quale le oche sfug­gi­ro­no agli at­tac­chi nu­me­ro­si delle aqui­le sui monti Tauri. Lud­wig Bu­chler rac­con­ta le gesta di un’o­ca che aveva uno spic­ca­to senso mi­li­ta­re da mon­ta­re re­go­lar­men­te di sen­ti­nel­la e da gri­da­re i di­ver­si se­gna­li pres­so il reg­gi­men­to nel quale si era “ar­ruo­la­ta”. Mè­nault ri­cor­da il caso di un oca che sa­pe­va gui­da­re e pre­ser­va­re dai pe­ri­co­li una po­ve­ra vec­chia cieca. Men­tre il dott. Frank­lin scri­ve che un’o­ca in­ten­ta nella cova da 15 gior­ni, sentì ap­pros­si­mar­si la fine e la­sciò il nido alla ri­cer­ca di un’al­tra oca che la so­sti­tuis­se nella cova… La nuova oca seguì la mo­ri­bon­da sino al nido e vi si ada­giò per con­ti­nua­re la cova fino alla schiu­sa e alla suc­ces­si­va cura dei pic­co­li nati; men­tre la po­ve­ra oca vec­chia mo­ri­va.
In Ro­ma­gna si dice che quan­do venne spar­so nel Mondo il sale del giu­di­zio, tra parti fu­ro­no as­sor­bi­te dalle oche, il resto venne as­si­mi­la­to dagli uo­mi­ni!
L’oca è un ani­ma­le ca­pa­ce di af­fet­to e com­pren­sio­ne. Non è raro in­fat­ti che un oca si af­fe­zio­ni tal­men­te al suo pa­dro­ne da se­guir­lo ovun­que (cosa che ho ve­ri­fi­ca­to anche io), pro­te­stan­do con star­naz­zi vi­go­ro­si quan­do viene la­scia­ta sola… Ri­co­no­sce la voce del suo pa­dro­ne, la fi­gu­ra, e al suo ap­pa­ri­re lo sa­lu­ta con acuti al­le­gri e chias­so­si! In molte re­gio­ni della Ger­ma­nia, e nel resto del­l’Eu­ro­pa cen­tra­le, ogni mat­ti­na grup­pi nu­me­ro­si di oche esco­no senza al­cu­na guida e vanno ad ag­gre­gar­si di­sci­pli­na­ta­men­te al gros­so bran­co che verrà a co­sti­tuir­si, gui­da­to poi da un cu­sto­de… Alla sera, fi­ni­to il pa­sco­lo, cia­scun grup­po sulla stra­da del ri­tor­no, si stac­ca da sè e rien­tra dal le­git­ti­mo pro­prie­ta­rio.

Bi­blio­gra­fia
– Al­le­va­men­to del­l’O­ca –  Fer­ruc­cio Frau-San­na – Ramo Edi­to­ria­le degli Agri­col­to­ri – 1940.
– Al­le­va­men­to del­l’O­ca – To­schi An­ge­lo – Uni­ver­sa­le Eda­gri­co­le – 1971.
– Fa­gia­ni, Tac­chi­ni, Fa­rao­ne, Pa­vo­ni, Ana­tre, Oche, Cigni. Razze ed al­le­va­men­to – Teo­do­ro Pa­scal – Con­cet­to Bat­tia­to di Fran­ce­sco Bat­tia­to – 1908.

Breve au­to­bio­gra­fia del­l’Au­to­re
Ho 36 anni  e vivo a To­ri­no; tra qual­che mese mi tra­sfe­ri­rò in un ri­den­te pae­set­to sulle col­li­ne Chi­vas­se­si che si chia­ma Ver­rua Sa­vo­ia, una lo­ca­li­tà amena con un pae­sag­gio im­mer­so in un’ar­ca­dia adat­to per chi nutre la pas­sio­ne per l’a­gri­col­tu­ra e l’a­vi­col­tu­ra. Fin da bam­bi­no ho sem­pre ado­ra­to la Na­tu­ra, gli ani­ma­li e quan­do al­l’e­tà di 10 anni mi sono im­bat­tu­to per la prima volta in un grup­pet­to di oche, ne sono ri­ma­sto fol­go­ra­to! Il loro aspet­to, l’a­ran­cio­ne del becco in netto con­tra­sto col can­do­re del piu­mag­gio; il loro por­ta­men­to fiero e l’ar­di­to ca­rat­te­re… Un amore a prima vista!! Dopo quel­l’in­con­tro ho al­le­va­to le mie prime oche e col tempo ho ap­pro­fon­di­to l’ar­go­men­to… Pos­se­de­vo un giar­di­no adia­cen­te un ru­scel­lo dove le mie splen­di­de ami­che dalle zampe pal­ma­te ado­ra­va­no sguaz­za­re.. Ero to­tal­men­te as­se­dia­to da oche co­mu­ni; ci­gnoi­di bian­che e brune; oche di To­lo­sa; oche ro­ma­gno­le; una cop­pia di ca­na­de­si e in­fi­ne una cop­pia di oche dalla testa stria­ta. Inol­tre pos­se­de­vo tutta una serie di ana­tre di varie razze. Ma erano le oche che nu­tri­va­no il mio tra­spor­to più au­ten­ti­co!
Ho fatto schiu­de­re di­ver­se volte le uova d’oca in in­cu­ba­tri­ce (se­guen­do l’e­spe­rien­za di Kon­rad Lo­renz con l’oca Mar­ti­na, dal suo libro “L’a­nel­lo del re Sa­lo­mo­ne”), e a causa del fe­no­me­no del­l’im­prin­ting, tutti i pa­pe­ri nati in in­cu­ba­tri­ce, si le­ga­ro­no a me a tal punto da se­guir­mi ovun­que e da di­fen­der­mi dagli altri ani­ma­li! E stata un espe­rien­za me­ra­vi­glio­sa che sug­ge­ri­sco a chiun­que vo­glia in­stau­ra­re un rap­por­to stret­to con i pro­pri amici pen­nu­ti. L’im­prin­ting non è le­ga­to solo alle oche, ma anche tutti gli altri vo­la­ti­li sono sog­get­ti a que­sto fe­no­me­no na­tu­ra­le. At­tual­men­te non ne al­le­vo più, ma il mio tra­slo­co in col­li­na è pro­prio fi­na­liz­za­to allo scopo di ri­pren­de­re ad al­le­va­re e a ral­le­gra­re nuo­va­men­te le mie gior­na­te in com­pa­gnia delle mie ado­ra­te oche.

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