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Nicola Daina, giovane imprenditore agricolo, in questi mesi, come molti altri colleghi, ha atteso con grandi aspettative l’emanazione del Decreto  istitutivo della Misura del PNRR “Parco Agrisolare“. Il Decreto è stato pubblicato due settimane fa, ma, purtroppo, ha tradito le finalità del PNRR e quanto promesso nella bozza di dicembre 2021.
Invero, il Decreto ha previsto il disincentivamente limite secondo cui le aziende agricole di produzione primaria possono beneficiare delle risorse del Bando solo se l’impianto è destinato all’autoconsumo (a differenza dell’agroindustria a cui invece è consentita la vendita di energia sul libero mercato).
In una situazione come quella odierna caratterizzata dalla forte crisi di liquidità nel settore agricolo e soprattutto dal forte deficit energetico del nostro Paese prevedere la suddetta limitazione appare controproducente e anacronistico.
Per questo ha subito scritto al Ministro per far sentire la nostra voce di dissenso.
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Signor Ministro,

Sono Nicola Daina, un giovane imprenditore agricolo, Le scrivo, anche per conto di decine di colleghi, per comunicarLe il nostro disappunto circa il contenuto del Decreto emanato sulla Misura del PNRR “Parco Agrisolare”. Mi riferisco, più in particolare, al disincentivante limite previsto all’art. 2, comma 3 del Decreto, secondo cui le aziende agricole di produzione primaria possono beneficiare delle risorse del Bando solo se l’impianto è destinato all’autoconsumo. Riporto il testo del Decreto: “Per le aziende agricole di produzione primaria, gli impianti fotovoltaici sono ammissibili agli aiuti unicamente se l’obiettivo è quello di soddisfare il fabbisogno energetico dell’azienda e se la loro capacità produttiva non supera il consumo medio annuo di energia elettrica dell’azienda agricola, compreso quello familiare.”

A) Più in particolare, tale limitazione mi sembra incomprensibile per quattro ordini di ragioni:

i) Finalità del PNRR, ovverosia: iniezione di liquidità nel settore agricolo,producendo energia green;

ii) Nella bozza del Bando pubblicata il 15 dicembre 2021, l’autoconsumo era tra gli elementi di “priorità delle domande” (cfr. pag. 4 della Bozza), ma non un elemento totalizzante.Nella Bozza, infatti, era consentita la costruzione di impianti destinati anche alla vendita liberadi energia in rete (come avvenuto in passato per i Biogas ai quali, come incentivo, era stata prevista la tariffa fissa 0,28);

iii) Sono mesi, infatti, che il Governo e i Sindacati pubblicizzano questa Misura come “boccata di ossigeno” per le aziende agricole. Anche l’Unione Europa, nelle recentissime osservazioni appena emanate circa il Piano Strategico dell’Italia ha“incoraggiato vivamente l’Italia a trarre pieno vantaggio dalle possibilità degli interventi della Pac, utilizzandoli per aumentare la produzione interna sostenibile e l’uso di energia rinnovabile, compreso il biogas, migliorando nel contempo la resilienza economica delle aziende agricole”;iv) Le dimensioni e i limiti massimi dell’impianto finanziabile pari a 500 Kilowatt per un investimento complessivo di 1 milione di euro, lasciano sicuramente intendere che laMisura era nata con un altro spirito, ovvero consentendo anche la vendita di energia in rete. Mi domando quale sia l’azienda agricola in Italia che costruirebbe un impianto di 500 Kilowatt, investendo centinaia di migliaia di euro, solo per l’autoconsumo?Non dimentichiamoci che le aziende agricole necessitano di impianti da 15-20 kilowatt al massimo. Forse le stalle da latte arrivano a richieste da 30 Kilowatt ma non di più. E’dunque insensato un bando che destina risorse per la costruzione di impianti fino a 500 Kilowatt col limite dell’autoconsumo rivolto ad operatori/aziende che necessitano al massimo di impianti da 15, 20 Kilowatt. E’ come incentivare l’acquisto di una Ferrari col vincolo di utilizzare al massimo 10 litri di benzina all’anno. In sostanza, cosa se ne fa un’azienda agricola di un impianto da 500 Kilowatt (ma anche da 100, 200, 300 o 400 Kilowatt) se non può vendere l’energia prodotta? Prova ne è che tutte le aziende agricole che dal 2008 in avanti hanno fatto gli impianti di Biogas lo hanno fatto per produrre e poi vendere in rete l’energia al prezzo incentivato (non certo per soddisfare il proprio autoconsumo).

B) Non comprendo poi il motivo per cui il limite dell’autoconsumo sia stato imposto solo alle aziende agricole enonanche all’industria agroalimentare (anche essa beneficiaria del Bando “Parco Agrisolare”). Invero, all’art. 2, comma 3 è precisato che unicamente Per le aziende agricole di produzione primaria, gli impianti fotovoltaici sono ammissibili agli aiuti unicamente se l’obiettivo è quello di soddisfare il fabbisogno energetico dell’azienda (..)”. Mi sembra che ci sia una evidente disparità di trattamento: l’industria può costruire l’impianto anche per la vendita in rete (oltre all’autoconsumo), mentre l’azienda agricola no. Per quale motivo? Da cosa è giustificata questa differenziazione?

C) Sono convinto che pochissime aziende agricole parteciperanno al Bando in questione nonostante il nome “Parco Agrisolare” lasci intendere tutt’altro. Chi è disposto a subire i vincoli di un bando pubblico, sottostando a tutti i vincoli pubblici, per fare un impiantino da 10-15 Kilowatt? Tra l’altro la commessa per la realizzazione di un impianto da 15 Kilowatt è molto sconveniente rispetto a quella per la realizzazione di un impianto da 300-400 Kilowatt. Nel primo caso il costo è di almeno 2.000,00 euro a Kilowatt che scende a 700-800 euro nel secondo caso. E’ evidente, inoltre, che perl’azienda agricola che vuole farsi l’impianto fotovoltaico per l’autoconsumo è molto più conveniente aderire alla misura del 110%installando i pannelli sul tetto della casa (cascina in Pianura Padana) presente all’interno dell’azienda agricola. Almeno in questo caso l’impianto sarebbe totalmente gratuito, senza dover aggiungere il 60% di capitale proprio (come previsto invece dalla Misura “Parco Agrisolare“).

In conclusione, mi auspico che questa limitazione venga modificata già in questo bando così consentendo alle aziende agricole di ampliare la propria attività generando nuove “entrate” e così eliminando, come visto, un’evidente disparità di trattamento tra il comparto agricolo e quello agroindustriale.

Cordialmente.

Nicola Daina

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