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La fauna sel­va­ti­ca, in Ita­lia, gode di un re­gi­me di pro­te­zio­ne nato nel 1990, quan­do per al­cu­ne spe­cie che vi­ve­va­no al li­mi­te di campi col­ti­va­ti, c’era il ri­schio di esten­sio­ne o di ec­ces­si­va ra­re­fa­zio­ne, come ad esem­pio per gli un­gu­la­ti.
Que­sti esem­pla­ri, così come altri, erano pre­sen­ti solo in de­ter­mi­na­te zone del no­stro Paese e in un nu­me­ro esi­guo: la loro pre­sen­za, crea­va quin­di si dei danni al­l’a­gri­col­tu­ra, ma que­sto ve­ni­va con­si­de­ra­to dagli ad­det­ti ai la­vo­ri come un ri­schio cal­co­la­to. Lad­do­ve però i danni erano esi­gui e sem­pre più fre­quen­ti, gli esem­pla­ri di fauna sel­va­ti­ca ve­ni­va­no cat­tu­ra­ti e spo­stai in altre zone, an­dan­do così a ri­po­po­la­re quel­le parti in cui la fauna era piut­to­sto ca­ren­te.
È suc­ces­so così per i cervi e i cin­ghia­li ad esem­pio. Tut­ta­via col pas­sa­re degli anni, e con l’as­sen­za di pre­da­to­ri e della cac­cia, so­prat­tut­to nel corso del loc­k­do­wn quan­do molti ani­ma­li hanno ri­pre­so pos­ses­so dei loro spazi na­tu­ra­li, si sono ve­nu­ti a crea­re dei nuovi ha­bi­tat che hanno fa­vo­ri­to la pro­li­fe­ra­zio­ne di di­ver­se spe­cie, so­prat­tut­to per quan­to ri­guar­da gli un­gu­la­ti.
Pur­trop­po i danni pro­vo­ca­ti oggi dalla fauna sel­va­ti­ca non sono più so­ste­ni­bi­li, è così per non soc­com­be­re alla crisi eco­no­mi­ca e al­l’in­va­sio­ne di al­cu­ne spe­cie, gli agri­col­to­ri hanno scel­to di adot­ta­re di­ver­se mi­su­re di di­fe­sa.
Me­to­di di pro­te­zio­ne per campi e be­stia­me
Uno dei me­to­di di pro­te­zio­ne si­cu­ra­men­te più uti­liz­za­to dagli ad­det­ti ai la­vo­ri per la tu­te­la delle pro­prie terre, è quel­lo del re­cin­to elet­tri­co: si trat­ta di una re­cin­zio­ne elet­tro­ni­ca con la fun­zio­ne di iso­la­re ed edu­ca­re sia il pro­prio be­stia­me, che gli ani­ma­li che stan­no al di fuori di esso.
Un re­cin­to elet­tri­co si com­po­ne di di­ver­si ele­men­ti, come cavi e fili elet­tri­fi­ca­ti, elet­tri­fi­ca­to­re che co­sti­tui­sce il cuore della strut­tu­ra dato che ge­ne­ra le varie ca­ri­che, iso­la­to­re, can­cel­let­ti e ma­ni­glie, fet­tuc­cia elet­tri­ca, ed altri di­spo­si­ti­vi.
Ma come fun­zio­na?
In pra­ti­ca l’e­let­tri­fi­ca­to­re ge­ne­ra degli im­pul­si elet­tri­ci lungo i fili della re­cin­zio­ne. Quan­do un ani­ma­le, che si trova fuori o den­tro il re­cin­to, tocca uno dei fili, va a chiu­de­re que­sto cir­cui­to, fun­zio­nan­do come una sorta di in­ter­rut­to­re. Ciò si­gni­fi­ca che l’im­pul­so at­tra­ver­sa l’a­ni­ma­le, e poi at­tra­ver­sa il ter­re­no, con­ver­te verso il si­ste­ma di messa a terra e torna al­l’e­let­tri­fi­ca­to­re. L’a­ni­ma­le ri­ce­ve così una scos­sa che non gli è le­ta­le, ma gli causa solo do­lo­re.
Que­sto funge da una fun­zio­ne pe­da­go­gi­ca: l’a­ni­ma­le com­pren­de che toc­can­do i fili, ri­ce­ve una scos­sa do­lo­ro­sa, e per­tan­to è por­ta­to a non ri­pe­te­re più la stes­sa azio­ne.
La rea­liz­za­zio­ne e l’uso di un re­cin­to elet­tri­co, è re­go­la­to da al­cu­ne nor­ma­ti­ve che pos­so­no va­ria­re in base al Co­mu­ne e Re­gio­ne di ap­par­te­nen­za: è sem­pre bene quin­di in­for­mar­si con le re­la­ti­ve au­to­ri­tà prima di pro­ce­de­re al­l’in­stal­la­zio­ne.
Per avere un’i­dea in me­ri­to alla cor­ret­ta rea­liz­za­zio­ne e col­lo­ca­zio­ne di una re­cin­zio­ne elet­tro­ni­ca, è pos­si­bi­le con­sul­ta­re l’e­men­da­men­to A12 della nor­ma­ti­va Eu­ro­pea (CEI 60335-2-76:2005 UNE-EN 60335-2-76:2005/A12:2011) che for­ni­sce e re­go­la le in­di­ca­zio­ni sulle ca­rat­te­ri­sti­che tec­ni­che.
Nel caso in cui si vo­glia es­se­re gui­da­ti e con­si­glia­ti da mani esper­te, la Gemi Elet­tro­ni­ca rea­liz­za, dal 1983 ad oggi, re­cin­ti elet­tro­ni­ci, fa­ci­li e ve­lo­ci da in­stal­la­re, ma so­prat­tut­to du­re­vo­li nel tempo.

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