Braga: «Nuova PAC ancora prigioniera di una burocrazia dinosauro. Serve un taglio deciso delle procedure per renderla realmente operativa e una nuova stagione di consulenza innovativa»
Enpaia-GSPA annuncia l’approvazione del nuovo Regolamento di Previdenza e Welfare della Gestione Separata dei Periti Agrari
Napoli, 14 ottobre 2025 – Ripensare il futuro dell’agricoltura italiana, valorizzando competenze, innovazione e ricerca applicata. È la sfida lanciata dal Congresso Nazionale dei Periti Agrari e dei Periti Agrari Laureati, svoltosi a Napoli lo scorso fine settimana, dal titolo “Innovare per creare valore”.
Una due giorni di confronto tecnico-scientifico tra accademia, istituzioni e professioni sull’urgenza di una profonda riforma del sistema universitario per allinearlo alle nuove dinamiche del settore e avvicinare i giovani al mondo agricolo, sulle sfide della transizione ecologica e digitale che stanno ridefinendo il modo di produrre e il ruolo centrale dei professionisti per meglio affrontarle, sulle criticità della nuova Pac e sui vantaggi di un nuovo welfare più efficiente.
Braga: «Senza una riforma del sistema scolastico e universitario il ricambio generazionale sarà impossibile»
«Le iscrizioni alle facoltà di Agraria continuano a diminuire e quattro ragazzi su dieci interrompono gli studi – ha dichiarato Mario Braga, presidente del Collegio Nazionale dei Periti Agrari e dei Periti Agrari Laureati, nel corso della prima tavola rotonda dedicata alla riforma universitaria –. Questo è il segnale più evidente di una crisi culturale prima ancora che formativa. L’agricoltura in Italia viene ancora percepita come attività marginale, più vicina all’immagine del contadino che a quella dell’imprenditore agricolo. È un errore che rischia di compromettere il futuro del settore».
Braga ha ricordato che «meno del 10% delle aziende agricole è gestito da under 40» e che «la riforma del sistema formativo è una priorità non più rinviabile». Da qui l’appello a una revisione profonda del sistema universitario, «capace di raccordare scuola, ricerca e professioni tecniche per formare figure preparate alle nuove sfide della transizione ecologica e digitale».
Il dibattito ha quindi messo in luce la necessità di ricostruire un dialogo tra accademia e mondo del lavoro. Giulio Salerno (Università di Macerata) ha sottolineato la frammentazione del sistema formativo: «L’eccessiva moltiplicazione dei corsi di laurea e la mancanza di un disegno territoriale organico – ha spiegato – hanno indebolito il legame tra università e realtà produttive». Mentre Simone Orlandini (Conferenza nazionale per la didattica universitaria di Agraria) ha osservato che «il lavoro in agricoltura c’è, ma non basta per attrarre i giovani: va valorizzata la dimensione tecnologica e strategica del settore».
Sul fronte della ricerca, Michele Perniola (Aissa) ha evidenziato la necessità di un maggiore trasferimento dei risultati della ricerca: «Negli ultimi trent’anni l’agricoltura è cambiata grazie alla scienza. Oggi serve un approccio agroecologico e più fiducia nelle tecnologie: con l’agricoltura di precisione è possibile ridurre del 50% l’uso di input chimici, ma serve un cambio di mentalità, c’è troppa sfiducia nelle tecnologie e nella genetica». Mentre Armando Zambrano (UNI) ha ricordato che «il mondo delle professioni muove il 14% del PIL», a conferma del ruolo decisivo delle competenze tecniche nello sviluppo del Paese.
Innovazione e competenze, binomio imprescindibile
La seconda tavola rotonda, dedicata all’innovazione, ha messo al centro l’impatto dell’intelligenza artificiale, della digitalizzazione e delle nuove tecnologie applicate al campo.
Per Salvatore Capasso (CNR) la sfida principale è «imparare a gestire i rischi dell’AI e implementarla in campo con competenza». L’intelligenza artificiale, ha spiegato, «può rappresentare un’opportunità straordinaria per i professionisti e per le aziende, ma serve il supporto del sistema finanziario». Da qui l’appello: «Le banche devono finanziare l’innovazione agricola, perché senza capitale non c’è trasformazione reale».
Un concetto ripreso da Teresa Del Giudice (Accademica dei Georgofili): «La sfida è ottenere il meglio dall’AI gestendone l’utilizzo. Serve una nuova visione della formazione. Abbiamo bisogno di persone capaci di usare gli strumenti digitali per aumentare la produttività – ha osservato – ma anche di una formazione che sviluppi un pensiero critico. In agricoltura c’è un forte gap nelle competenze digitali, e questo divario può e deve essere colmato dal professionista».
Nel corso del dibattito, Corrado Costa (CREA-IT) ha illustrato le principali linee di ricerca in corso presso l’Ente di ricerca, dove l’intelligenza artificiale viene già applicata per individuare precocemente le patologie delle colture, ottimizzare l’uso dell’acqua e garantire la tracciabilità dei prodotti agricoli. «L’AI è già realtà – ha sottolineato – a conferma di come la tecnologia sia ormai parte integrante dei processi produttivi».
Sul piano istituzionale, Roberto Diacetti (direttore generale Enpaia) ha ribadito che «innovazione e formazione sono gli strumenti chiave per rafforzare la competitività del comparto agricolo e generare valore per il sistema Paese».
A rimarcare questo aspetto, il presidente Mario Braga ha ricordato che «entro il 2026 la costellazione IRIDE permetterà un monitoraggio completo del territorio, rivoluzionando la gestione dell’ambiente e dell’agricoltura. La nostra categoria – ha puntualizzato – sarà pronta ad affrontare questa epocale sfida tecnologica».
Sulle nuove frontiere della sostenibilità, Alessandra Scognamiglio (AIAS) ha indicato nell’agrivoltaico «un grande incubatore di possibilità per il settore agricolo», a patto di costruire «sinergie con le aziende energetiche per superare l’elevato costo degli impianti».
A chiudere il confronto, Giovanni Cattaruzzi (CNPAPAL) ha rilanciato il ruolo del professionista: «Il perito agrario deve diventare sempre più un manager che accompagna l’azienda fino al mercato, costruendo alleanze con la ricerca e la politica».
Nuova PAC meno burocrazia più consulenza
Durante il terzo tavolo dedicato alla riforma della PAC, il presidente del CNPAPAL Mario Braga ha richiamato l’attenzione su «una PAC ancora prigioniera di una burocrazia dinosauro», invocando «un taglio significativo delle procedure per renderla realmente operativa. Oltre a migliorare istruttorie e controlli».
Ad Angelo Frascarelli (Università di Perugia) il compito di illustrare la nuova PAC 2028-2034, che punta a una politica agricola «sì più unitaria e verde, ma con forti incognite». Il bilancio complessivo dell’Unione Europea salirà a 2.000 miliardi di euro, con l’introduzione di un pilastro unico che supererà la storica divisione tra sostegno diretto e sviluppo rurale. Tuttavia, ha avvertito Frascarelli, il comparto agricolo potrebbe subire riduzioni reali fino al 40%.
Il sostegno al reddito sarà più mirato, con degressività obbligatoria oltre i 20.000 euro e un tetto massimo di 100.000 euro per azienda, mentre gli aiuti varieranno tra 130 e 240 euro per ettaro.
L’ipotesi di accorpare i fondi di coesione nella PAC per Claudio Risso (CNEL), è: «Una proposta che rischia di ridurre le certezze del mondo agricolo e creare un modello accentratore. Bisogna riportare la PAC alla sua missione originaria, con premi accessibili e applicabili».
Anche Francesco Vincenzi (ANBI) ha espresso scetticismo per il fondo unico e ha ricordato la necessità di tecnici qualificati nei consorzi di bonifica. «i Consorzi di bonifica – ha detto – sono oggi l’unico soggetto che ha già investito tutte le risorse del PNRR assegnate grazie a quell’autogoverno che ha caratterizzato la storia delle acque per l’agricoltura italiana».
Collaborare per contare di più
Antonio Capone (consigliere CONAF) e Marco Cherubino Orsini (segretario CNPAPAL) hanno concluso i lavori della prima giornata condividendo la necessità di una aggregazione strategica per essere più incisivi ai tavoli apicali. «Noi professionisti dobbiamo lavorare insieme, non singolarmente – ha puntualizzato Orsini – per incidere sui processi decisionali e scrivere norme realmente applicabili».
Enpaia-GSPA: Approvata la riforma del Regolamento di Previdenza e Welfare dei Periti Agrari
Annunciata, durante l’ultima sessione dei lavori, la presentazione del nuovo Regolamento di Previdenza e Welfare della Gestione Separata dei Periti Agrari (GSPA-Enpaia), approvato a luglio e ora all’esame dei Ministeri vigilanti.
«L’obiettivo – ha spiegato Dino Lattarulo, coordinatore GSPA – è semplificare le procedure e costruire un modello previdenziale più vicino alle esigenze dei professionisti. Questa riforma rappresenta un passo decisivo verso una previdenza moderna, efficiente e coesa».
La riforma prevede digitalizzazione completa dei processi, nuovi fondi per solidarietà, formazione e garanzia, tutela per famiglie e giovani praticanti, e un rafforzamento della governance trasparente. Il fondo di solidarietà sale a 1 milione di euro, nasce un fondo formazione da 200.000 euro annui e un fondo di garanzia da 500.000 euro. Per i giovani, iscrizione agevolata a 100 euro e incentivi per l’avvio dell’attività.
Sul fronte finanziario, Enpaia conferma una gestione solida e prudente: funding ratio al 101,45% al 2060 e patrimonio di 225 milioni di euro, investito prevalentemente in strumenti obbligazionari e progetti italiani a sostegno dell’economia reale.
«La Gestione Separata dei Periti Agrari continua a crescere – ha dichiarato Giorgio Piazza, presidente Enpaia –. È un segnale evidente della vitalità del comparto agricolo, che, pur tra le difficoltà, dimostra una forza strutturale e una capacità di adattamento uniche».