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Assessori schierati, ma non è più una questione politica

di C. Maurizio Scotti.

latte prezzo quotazione crisi

Non c’è più una vera ragione di esistere, almeno dal punto di vista agro economico: la filiera del latte rischia di rompersi dal suo stesso inizio, la produzione. Infatti, produrre un litro di latte in Italia arriva a costare in molti casi anche 40 centesimi di euro, ma agli allevatori viene pagato solo 29: questo è un trend che porta dritto al fallimento (delle stelle ma non solo). Tanto più assurdo in questa fase dove, in tutta Europa, la domanda di latte è salita vertiginosamente, soprattutto per la notevole richiesta di Grana padano e Parmigiano Reggiano, ma anche di mozzarella. Inoltre si raggiunge il paradosso con il latte fuori dagli accordi contrattuali, quello che gli addetti ai lavori chiamano “spot”, che viene scambiato a un prezzo di quasi 10 centesimi più alto, soprattutto in Germania e Austria. Una situazione insostenibile che ha spinto la Cia-Agricoltori Italiani a una vibrante protesta che ha già trovato l’appoggio degli assessori all’Agricoltura di Piemonte e Lombardia, Giorgio Ferrero e Gianni Fava, politici bipartisan, che da tempo hanno intrapreso “unioni di intenti”, pur avendo bagagli ideologici differenti, anche perchè sono ormai sotto pressione da parte degli stessi produttori.

Un grido d’allarme partito proprio da una stalla alle porte di Torino, scelta come “simbolo” perché si tratta di un’azienda all’avanguardia in Italia che ha sempre investito nella qualità. Qui si sono dati appuntamento gli allevatori per far sentire le proprie ragioni e riportare subito sotto i riflettori la questione “prezzo del latte”.

La bagarre è aperta e il presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino, già bolla come “inaccettabile” la proposta di contratto che Lactalis (che vuol dire Galbani e non solo) ha avanzato alle organizzazioni professionali agricole in Lombardia: 32 centesimi al litro a settembre e ottobre, 33 centesimi a novembre e 34 centesimi a dicembre. “Siamo al di sotto dei costi attuali di produzione – ha spiegato Scanavino – ma le organizzazioni lombarde si sono riservate di valutarla assieme ai propri associati e di dare una risposta. Sono preoccupato anche perché, in genere, l’accordo che si chiude in Lombardia viene mutuato alle altre Regioni. Di questo passo, da gennaio rischiano la chiusura altre centinaia di stalle“. Ma non è solo questo processo a gettare benzina sul fuoco: il latte vaccino è una materia prima di vitale importanza anche nell’alimentazione neonatale ed il suo “disvalore” potrebbe portare a conseguenze catastrofiche anche sul piano umanitario negli stessi Paesi Occidentali.

03/10/2016.

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