Terapia forestale sull’Appennino e in città
di Paolo Degli Antoni
Il 29 aprile 2025 si è concluso con un convegno a Pontassieve il progetto FOR.SA, cofinanziato dall’Unione Europea, dalla Repubblica Italiana e dalla Regione Toscana con bando Leader 19.2 del PSR 2014/2022 e condotta da un nutrito partenariato pubblico-privato.
Il progetto consegna al territorio dell’Unione dei Comuni Valdarno e Valdisieve quattro diversi percorsi per provare l’esperienza della terapia forestale e del bagno di foresta, accompagnati/e o in autonomia, predisposti e attrezzati in base ai requisiti richiesti dal CREA per l’inserimento in una rete certificata, distinguendo tra percorsi nelle grandi foreste e altri in foreste (peri)urbane.
Le foreste pistoiesi
Faggeta e torrente Maresca nella Foresta del Teso (PT)
La ricerca si sostanzia in Italia con la pubblicazione di due volumi a cura di Francesco Meneguzzo e Federica Zabini, CNR e CAI: Terapia forestale 1 e Terapia forestale 2, frutto di sperimentazioni condotte in siti e condizioni diverse, molto significativa la Stazione forestale Podere Pian dei Termini (PT), situata in un vasto territorio quasi interamente boscato, tranne le brugiere e le praterie appenniniche sommitali, ove pure giungono con la brezza i monoterpeni prodotti dalla sottostante foresta, con presenza di habitat naturali anche pregiati inclusi nella rete ecologica Natura 2000- Il paesaggio locale si è molto trasformato nel tempo dall’aspetto ritratto dai pittori macchiaioli che vi soggionarono a seguito di estesi rimboschimenti artificiali, prima, e di rinaturalizzazione spontanea poi. Le ricerche condotte nella Foresta del Teso, patrimonio regionale, hanno consentito di individuare i tratti salienti di un percorso idoneo alla terapia forestale:
– minimo sforzo fisico (distanze e dislivelli modesti);
– massimo relax (disimpegno cognitivo dall’attenzione a dove si mettono i piedi);
– sicurezza e comfort (percorsi non accidentati, assenza di insetti ematofagi);
– concentrazione di monoterpeni benefici, massima per alcune specie (es. fagacee);
– naturalità percepita.
L’ultimo aspetto, quello percettivo, pare essere molto importante, ma la tempo stesso scivoloso, prestandosi a suggestioni pregiudiziali. Sia parte del percorso al Pian dei Termini sia un paio di quelli nella Montagna fiorentina si svolgono in soprassuoli composti da specie esotiche, risultando letteralmente artificiali, ma questo aspetto spesso non viene riconosciuto, prevalendo invece l’attenzione sulla spaziosità e la luminosità dell’ambiente attraversato, anche in parziale contraddizione con gli aspetti sostanziali della terapia, maggiormente presenti in una buia e folta lecceta richiamante la selva oscura dantesca rispetto a una rada e vetusta douglasieta.
Terapia forestale in rimboschimento artificiale nel percorso Moscia – Reggello (FI). Fonte FOR.SA
I risultati clinici delle sessioni vengono misurati con questionari standardizzati somministrati ai partecipanti e mostrano una correlazione generalmente positiva. Tuttavia i risultati variano considerevolmente in base al confort climatico durante la terapia (freddo e caldo riducono gli effetti benefici), allo stato vegetativo della foresta (l’emissione di monoterpeni è massima in particolari orari e stagioni) e alla conduzione da parte di un terapeuta; quest’ultimo fattore lascia capire come il fattore suggestivo sia decisivo, peraltro dimostrato anche con esperimenti di filmati sostitutivi dell’esperienza reale quando questa era vietata durante la pandemia; l’elemento frattale della visione pare essere decisivo. Anche gli aspetti relazionali della sessione di terapia forestale, svolta in silenzio, concentrandosi sui sensi, sollevati dall’aggravio comunicativo proprio della vita convenzionale, risultano decisivi, specialmente se opportunamente guidati da psicoterapeuti specializzati in mindfulness o altre simili discipline.
I percorsi certificati di terapia forestale tornano utili anche alle persone diffidenti nei confronti delle esperienze guidate, consentendo l’immersione autonoma nella foresta, beneficiando dei monoterpeni e dell’ambiente rassicurante, focalizzandosi sulla scoperta e sull’apprezzamento della biodiversità, considerato che detti percorsi molto spesso sono inclusi in aree d’elevato interesse naturalistico. Ai neofiti può convenire approfittare, almeno le prime volte, di guide ambientali che mostrino gli aspetti salienti del paesaggio, della flora e della fauna locali.
Terapia forestale e paesaggio
La terapia forestale presuppone precisi requisiti paesaggistici: estese foreste di specie buone emettitrici di monoterpeni, inquinamento atmosferico scarso o nullo (dunque distanza da insediamenti emettitori), assenza di infrastrutture rumorose, distanza da allevamenti attrattori di insetti ematofagi. La montagna pistoiese, quella fiorentina e il Casentino si prestano particolarmente, anche per la distanza non eccessiva dalle città di residenza di gran parte dei fruitori. Elementi puntuali e lineari del paesaggio arricchiscono l’esperienza: fonti (ce ne sono di acqua minerale nella Foresta del Teso – PT), corsi d’acqua, purché coerenti con l’assetto ambientale complessivo. Anche l’apertura della visuale su panorami attraenti e grandiosi contribuisce all’efficacia terapeutica. In autunno e in inverno-inizio primavera le condizioni vegetative e di confort climatico idonee alla pratica sono limitate alla sempreverde macchia-foresta mediterranea. Oltre alla già sperimentata area nell’Empolese-Valdelsa, potrebbe valorizzarsi, per esempio, la Valle del Chioma (LI), che ha aperture panoramiche sul mare costellato d’isole, notevole biodiversità (es. cinque specie diverse di quercia), geodiversità (ofioliti) e un torrente con buona qualità biologica delle acque.
Terapia forestale in città?
Difficilmente nelle città e nei relativi dintorni ricorrono i requisiti necessari per l’allestimento di un percorso di terapia forestale, per quanto a requisiti ridotti. Le principali limitazioni sono date da:
– insufficiente superficie boschiva continua;
– composizione floristica inadatta all’adeguata produzione di monoterpeni;
– inquinamento atmosferico proveniente dalle aree circostanti, che vanifica parzialmente i benefici dell’aria di bosco; inoltre il biossido d’azoto, tipico indicatore del traffico motorizzato, reagisce negativamente coi monoterpeni e interferisce con la genesi dell’ozono;
– eccessiva frequentazione da parte del pubblico generico, che impedisce la rarefatta esperienza terapeutica;
– fonti di rumore all’interno o in prossimità;
– aspetto pesaggistico innaturale.
Per quanto riguarda l’inquinamento, le città devono intensificare gli sforzi per migliorare la qualità dell’aria, soprattutto riducendo il traffico basato su motori termici. Per quanto riguarda i rumori, spesso questi provengono da infrastrutture vicine (strade di grande comunicazione, aeroporti), ma anche da iniziative di intrattenimento troppo spesso localizzate proprio nelle aree verdi.
Circa il paesaggio in senso percettivo, i giardini formali, all’italiana, sono intenzionalmente artificiali, pieni di elementi puntuali e lineari architettonici e scultorei. Quelli all’inglese possono includere aree (semi)naturali relitte, ma troppo spesso sono concepiti come sequenze di meraviglie fenologiche (fioriture, colorazione del fogliame) e botaniche esotiche, capaci di distrarre dalla rarefatta focalizzazione centrata sul corpo, richiesta dalla sessione terapeutica. La progettazione di nuove aree verdi finalizzate a pratiche salutistiche dovrebbe evitare occasioni di stupore estetico e concentrarsi invece sulle funzioni microclimatiche e biochimiche della copertura vegetale, privilegiando specie poco appariscenti, ma produttrici dei monoterpeni più benefici.
Nel caso di Firenze, l’unico parco esistente già idoneo a percorsi salutisti è la porzione occidentale delle Cascine; il realizzando Parco Florentia, se opportunamente progettato, potrebbe divenire idoneo. La forestazione urbana prevista dal Piano strutturale vigente, prossima all’aeroporto, non offrirebbe invece apprezzabili opportunità. Il Piano del Verde del Comune di Firenze al paragrafo 4.8.2. fornisce indicazioni su come realizzare nuove aree verdi da destinare alla terapia forestale e ne individua la localizzazione più appropriata in prossimità dei presidi sanitari, peraltro in ideale continuità storica col coniferamento della collina di Careggi, eseguito proprio in quest’ottica circa un secolo fa, impiegando soprattutto conifere idonee a rendere balsamica l’aria, specialmente presso il sanatorio antitubercolare.
Piantagione artificiale di conifere sulle colline di Careggi
Più fortunate sono le città costiere di Viareggio, Pisa, Livorno e Grosseto, con aree forestali di pregio naturalistico a breve distanza dai rispettivi centri abitati.
Paolo Degli Antoni: Laurea in Scienze Forestali, conseguita presso la facoltà di Agraria dell’Università di Firenze. Abilitazione all’esercizio della professione di Agronomo-Forestale. Già funzionario C.F.S. e collaboratore della Regione Toscana, è socio corrispondente dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali, scrive contributi scientifici di ecologia del paesaggio, biodiversità, storia, arte e antropologia del bosco. Suo oggetto privilegiato di ricerca è la rinaturalizzazione.