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I prodotti biologici: le regole di comunicazione nella nuova lettura del Reg. (UE) 2018/848

di Donato Ferrucci e Daniele Pisanello

Logo biologico

Introduzione
Il biologico è un metodo di produzione riconosciuto con garanzia di conformità ufficiale. L’impianto normativo è fondato sul Reg. (UE) 2018/848 che, in azione congiunta con atti delegati e di esecuzione, detta le regole di sistema. Il metodo, in conseguenza dei requisiti applicabili, diventa quindi sistema e, può essere classificato:

  • a struttura complessa, con molti requisiti a diverso livello (processo, struttura, comunicazione, relazione);
  • di tipo regolamentato, basato su norme legislative (UE e nazionali) che incorporano anche norme tecniche;
  • di filiera, in quanto i requisiti nascono nella fase di produzione primaria e poi trasferiti mediante una catena di custodia lungo tutto il percorso dell’alimento;
  • di prodotto, dato che la dichiarazione di conformità è riferita a quest’ultimo;
  • con dichiarazione di parte terza, che è una attestazione ufficiale;
  • basato su principi autorizzativi dettati dalle norme di regolazione;
  • rivolto al raggiungimento degli obbiettivi di protezione ambientale e tutela del consumatore-acquirente.

La complessità della struttura normativa si espleta quindi sia sul piano orizzontale (numerosità dei requisiti) sia verticale (multidimensionalità di requisiti). Infatti, l’insieme dei requisiti trova espressione in:

  • regole di processo (come si produce),
  • regole di composizione (cosa si può utilizzare in un alimento biologico),
  • regole di relazione (tra quali operatori il prodotto può transare prima di raggiungere l’utilizzatore finale),
  • regole di comunicazione (espresse da menzioni e segno correlato).

Il presente articolo si sofferma sull’approfondimento delle nuove regole di comunicazione del prodotto biologico applicabili dal 1° gennaio 2022, le quali, seppur nel solco del precedente regime (Reg. (CE) n. 834/2007), propone alcune novità su cui vale la pena spendere qualche riflessione.

Le regole di comunicazione e processo
La comunicazione del termine “biologico” e del segno correlato (“logo”) può essere effettuata solo se il prodotto ha rispettato le modalità di coltivazione, allevamento, trasformazione e commercializzazione, lungo tutto il processo produttivo fino al consumatore finale.
È una certificazione che riguarda l’intera filiera, con attenzione alla sostenibilità ambientale e con indicazione di origine delle materie prime. È infatti obbligo, per i prodotti biologici, di riportare l’indicazione dell’origine della materia prima impiegata, intesa come luogo di coltivazione: come si vedrà più avanti, nel precedente regime Reg. (CE) n. 834/07), tale informazione obbligatoria specifica era declinabile solo mediante la combinazione delle indicazioni UE/non UE o, nel caso di materie prime nazionali, solo a livello di singolo Stato.
Mancando il rispetto delle condizioni tecniche di processo, l’utilizzo del termine o del logo non è consentito, pena l’applicazione della sanzione amministrativa ai sensi del Decreto legislativo n. 20/2018 (articolo 10), salvo che il fatto costituisca reato, oltre ad altre conseguenze, qualora l’operatore sia iscritto al sistema di controllo e certificazione.
Si considera che un alimento rechi un esplicito riferimento al metodo di produzione biologico quando nell’etichettatura, nella pubblicità o nei documenti commerciali, il prodotto e/o i suoi ingredienti sono descritti con termini che suggeriscono all’acquirente che questi sono stati ottenuti in conformità alle norme di produzione biologica. In particolare il termine “biologico”, in qualsiasi lingua tradotto, nonché i rispettivi derivati e abbreviazioni, quali “bio” e “eco”, possono essere utilizzati, nell’etichettatura e nella pubblicità dei soli prodotti che soddisfano le prescrizioni legislative vigenti per la produzione biologica (art. 30).
I termini appena elencati, ed in eguale misura altri, che possono indurre in errore il consumatore, non vanno utilizzati in alcun luogo e in nessuna lingua, nell’etichettatura, nella pubblicità e nei documenti commerciali di prodotti che non rispettano tali requisiti legislativi.

La composizione dei prodotti biologici (Allegato II, Parte IV, punto 2.2)
Gli alimenti biologici, in base alla normativa vigente dal 1° gennaio 2022, sono riconducibili a due categorie (Art. 30 Reg. (UE) 2018/848):

  1. Alimenti con almeno il 95% di ingredienti biologici: in questo caso almeno il 95% in peso degli ingredienti di origine agricola deve essere biologico, mentre quelli non biologici devono essere previsti nella lista positiva (Allegato V, Parte B del Reg. (UE) 2021/1165). Questa ultima sarà applicabile solo al 1° Gennaio 2024 e, fino a quella data, le sostanze non biologiche ammesse sono quelle ricomprese nell’allegato IX del Reg. (CE) 889/2008).
  2. Alimenti con ingredienti biologici: qui si distinguono due casi (Allegato II Parte IV Reg. (UE) 2018/848):
    1. alcuni degli ingredienti di origine agricola sono biologici;
    2. l’ingrediente principale non è biologico ma proviene dalla caccia o dalla pesca di animali selvatici; in tal caso, tutti gli altri ingredienti di origine agricola devono essere biologici (Allegato II Parte IV Reg. (UE) 2018/848).

Requisiti comuni alle predette due categorie di alimenti, sono:

  • prevalenza nei prodotti degli ingredienti di origine agricola (Allegato II Parte IV Reg. (UE) 2018/848);
  • divieto della presenza nel prodotto dello stesso ingrediente biologico e non biologico (Allegato II Parte IV Reg. (UE) 2018/848);
  • presenza di ingredienti di origine non agricola limitata a quelli autorizzati come prima indicati.

Per quanto attiene gli ingredienti non agricoli, possono essere utilizzati solo:

  • Additivi e coadiuvanti tecnologici elencati e nelle condizioni d’uso specificate in allegato V, Sezione A1 del Reg. (UE) 2021/1165;
  • Ausiliari di fabbricazione elencati e nelle condizioni d’uso specificate in allegato V, Sezione A2 del Reg. (UE) 2021/1165.

A questi si aggiungono (Allegato II Parte IV, punto 2.2, Reg. (UE) 2018/848):

  • preparazioni a base di microrganismi ed enzimi;
  • Aromi, solo se etichettati come sostanze aromatizzanti naturali o preparazioni aromatiche naturali;
  • acqua;
  • sale (biologico e non), con cloruro di sodio o di potassio come componente di base ed abitualmente utilizzato nella trasformazione degli alimenti;
  • minerali, oligoelementi, vitamine, amminoacidi e altri micronutrienti (solo a specifiche condizioni).

L’etichetta (artt. 30, 32, 33 e All. IV, V – Reg. (UE) 2018/848)
L’etichetta di un prodotto biologico deve contenere riferimenti specifici al metodo che si aggiungono alle menzioni generali previste dalla normativa generale sull’etichettatura dei prodotti alimentari. Gli elementi specifici sono rappresentati da:

  • il riferimento al metodo associato alla denominazione commerciale ed ai singoli ingredienti;
  • il logo comunitario;
  • l’origine delle materie prime, intesa come luogo di coltivazione;
  • i riferimenti al sistema di controllo, il codice Organismo;
  • l’identificazione del responsabile del prodotto (nome e indirizzo dell’operatore e, se diverso da questo, del proprietario o venditore del prodotto).

Nella definizione normativa l’etichetta si differenzia in base alle caratteristiche della composizione del prodotto e dell’origine delle materie prime. Ne consegue che termini e logo associati trovano diversa locazione ed incisività.
Per l’etichettatura dei prodotti biologici è possibile distinguere, in coerenza con la composizione prima menzionata, due casistiche principali: gli alimenti biologici con almeno il 95 % di ingredienti biologici, di seguito definiti per semplicità alimenti biologici; e quelli con solo alcuni ingredienti biologici, definiti alimenti con ingredienti biologici.
Alimenti biologici. In questo caso, il termine biologico può comparire accanto alla denominazione commerciale del prodotto ed in corrispondenza della lista degli ingredienti. Tutti gli ingredienti devono riportare la specifica del metodo.
L’utilizzo del logo comunitario, è obbligatorio per tutti gli alimenti biologici preconfezionati prodotti all’interno dell’Unione Europea.

È facoltativo per i prodotti importati da paesi terzi, mentre non può essere usato nei seguenti casi:

  • prodotti che non rientrano nel campo di applicazione della legislazione EU sul biologico (come prodotti della caccia e pesca di animali selvatici, cosmetici, tessili, ecc.)
  • che contengono meno del 95% di ingredienti biologici;
  • che sono in conversione al biologico.

I riferimenti al sistema di controllo, rappresentati dal codice dell’organismo, sono collocati nello stesso campo visivo del logo e vanno sempre indicati (Art. 3 – Condizioni per l’uso di determinate indicazioni, Reg. (UE) 2021/279).
L’indicazione del luogo di coltivazione delle materie prime è vincolata ai casi di obbligatorietà di utilizzo del logo.
Codice dell’Organismo di controllo e luogo di coltivazione non devono figurare con colore, dimensioni e tipo di caratteri che ne diano maggiore risalto rispetto alla denominazione di vendita del prodotto medesimo. Inoltre, vanno apposte in un punto evidente, in modo da essere facilmente visibili, e sono chiaramente leggibili e indelebili.
Anche il luogo di coltivazione è da posizionare nello stesso campo visivo del logo ed immediatamente al di sotto dei riferimenti al sistema di controllo (Art. 3 – Condizioni per l’uso di determinate indicazioni, Reg. (UE) 2021/279).

Alimenti con ingredienti biologici
Il termine biologico può essere riportato solo in corrispondenza degli ingredienti. Nel caso invece di ingrediente principale non bio ma proveniente dalla caccia o dalla pesca di animali selvatici, il termine biologico può essere riportato in corrispondenza degli ingredienti e nello stesso campo visivo della denominazione di vendita del prodotto. Non è ammessa la possibilità di utilizzo del logo comunitario e del riferimento all’origine.
Per gli ingredienti è invece prevista l’indicazione di quali sono quelli biologici ed il loro peso percentuale sul totale degli ingredienti di origine agricola (art. 30).

L’indicazione di origine (Art. 32); alcune riflessioni e importanti novità
Nel caso i prodotti riportino i riferimenti al metodo di produzione, oltre alle citate menzioni, ovvero segno e codice Organismo di Certificazione, vi è l’obbligo di indicazione di origine delle materie prime agricole, declinata attraverso le seguenti configurazioni:

  • Agricoltura UE: nel caso di materie prime prodotte in ambito UE;
  • Agricoltura non UE: nel caso di materie prime prodotte in paesi terzi;
  • Agricoltura UE/non UE: nel caso di materie prime prodotte in parte nella UE ed in parte in paesi terzi.

Il termine «Agricoltura» può, ove opportuno, essere sostituito da «Acquacoltura». Inoltre, il nuovo regolamento UE n. 2018/848 introduce una novità su cui è il caso di riflettere, si prevede che i termini «UE» e «non UE» possono essere sostituiti o integrati:

  • dal nome di un paese (es. Italia), come già previsto dal precedente Regolamento o,
  • dal nome di un paese e di una regione, se tutte le materie prime agricole di cui il prodotto è composto sono state coltivate in quel paese e, se del caso, in quella regione (Art. 32, par. 2, Reg. UE 2018/848);

In entrambi i casi ora richiamati, ai fini della regola di etichettatura sull’origine delle materie prime, permane la regola della tolleranza per piccoli quantitativi di ingredienti, in termini di peso (non superiori al 5 % della quantità totale), che abbiano origine diversa da quella del restante 95% (Art. 32, par. 2, Reg. UE 2018/848).
Infine, nel rispetto dei principi di leale comunicazione previsti dalla normativa generale, è ribadito come i termini riferiti all’origine non possano essere presentati con colore, dimensioni e tipo di caratteri che le diano maggiore risalto rispetto alla denominazione del prodotto. Inoltre, le indicazioni devono essere apposte in un punto evidente, in modo da essere facilmente visibili, e sono chiaramente leggibili e indelebili.
A parere di chi scrive, è proprio l’innovazione legata all’indicazione di origine, declinabile oggi anche sul piano regionale, ad aprire scenari degni di nota ed attenzione per gli operatori coinvolti.
L’inserimento della possibilità di una indicazione di origine che interessa un’area sempre meno “vasta”, la regione, se da una parte offre opportunità del tutto nuove per la comunicazione, dall’altra, trattandosi di uno strumento abbastanza sofisticato, esige una maggiore attenzione sul controllo del rischio di distorsione comunicativa.
Non dobbiamo dimenticare il contesto normativo, di elevata complessità, dove atti orizzontali e verticali, di sistema e di prodotto, si intersecano intorno al bene oggetto di tutela rappresentato dall’interesse del consumatore, altro elemento di approccio non scontato.
È possibile quindi ipotizzare una indicazione di origine espressa da paese e regione (p.e. Agricoltura Italia/Marche), qualora almeno il 95% del prodotto sia originato in quel contesto territoriale. In questa situazione si possono creare due criticità: il potenziale conflitto con le norme generali e specifiche; la correttezza del messaggio sul piano generale.
Per quanto attiene la coerenza con le norme applicabili, viene in considerazione il canone di relazione tra la normativa biologica e la restante legislazione alimentare (art. 1 del Reg. (UE) 2018/848), secondo il quale la prima (normativa bio) non pregiudica le (prevalenti) normative sull’informazione dei prodotti alimentari (Reg. UE n. 1169/2011 e atti correlati). Da questo punto di vista, un esempio applicativo interessante potrebbe essere quello dell’etichettatura di un Olio Extravergine di Oliva che, per normativa di prodotto, vieta l’indicazione di origine ad aree che non siano lo stato membro (fatte salve le eccezioni concesse alle denominazioni di origine). Pertanto, in questo caso, l’indicazione regionale delle materie prime agricole, pur ammessa in via generale per tutti i prodotti alimentari biologici, mal si concilierebbe con la normativa verticale di prodotto sull’olio extravergine di oliva.
La seconda criticità (la chiarezza informativa) è legata a profili ancor più sfuggenti che interessano il consumatore e la sua capacità di percezione di alcuni tecnicismi normativi. Potendo ricorrere alla menzione “Agricoltura Italia/Regione”, quando almeno il 95% delle materie prime provenga dalla indicata regione, si apre lo scenario ad una serie di domande sia sul rispetto del requisito cogente sia sul piano dell’eventuale comunicazione commerciale ulteriore che può realizzarsi in connessione col primo.
Proprio con riferimento agli obblighi di informazione sull’origine, è noto che la Commissione nella sua Comunicazione sul regolamento della Commissione n. 2018/775 relativo alla indicazione dell’ingrediente primario, aveva stabilito che per gli alimenti biologici gli obblighi di conformità previsti da questo regolamento si ritengono assunti automaticamente dalle informazioni previste sull’origine della materia prima (sollevando così l’operatore bio dalla complessa aderenza a quel regolamento quando in etichetta vi fosse un riferimento territoriale significativo).
Si aprono quindi prospettive interessanti sul piano comunicativo con possibilità di azioni volte alla creazione di marchi collettivi, privati o meno, volti alla caratterizzazione regionale, o il ricorso ad altre forme di comunicazione sul “100% regione”.
Siamo ad una prima lettura della norma, ancora preliminare e che richiederà un riscontro da parte dell’Autorità competente. In attesa di questi chiarimenti si vuole però richiamare l’attenzione sulla componente comunicativa (regole di comunicazione), che oltre le altre dimensioni regolatorie ipotizzate (processo, relazione e struttura) appare, a parere di chi scrive, quella più delicata, in quanto letta e percepita dal consumatore, oltre ogni iconografia tecnica. Sarà compito degli operatori misurare e bilanciare il messaggio in modo chiaro e corretto verso il consumatore, evitando di “investirlo” con claim altisonanti ma di scarsa comprensibilità e conseguente disaffezione.
Si riporta un esempio etichetta che, per il prodotto considerato, potrebbe rappresentare una ipotesi di comunicazione legata all’ambito territoriale di coltivazione delle materie prime. Appare evidente la forza comunicativa delle menzioni riportate, specialmente per le piccole realtà artigianali e familiari che possono trovare una forte valorizzazione delle produzioni qualora correlate all’ambito territoriale.

Etichetta BIO Pasta di Grano Duro

  • Denominazione di vendita;
  • Ingredienti, l’acqua aggiunta ha valenza di ingrediente, ed allergeni presenti (utilizzo di un carattere diverso, es. sottolineatura, grassetto);
  • Quantità;
  • Termine minimo di conservazione, che rimanda ad una stampigliatura sulla confezione;
  • Ragione sociale del produttore, marchi commerciali;
  • Sede dello stabilimento di produzione o confezionamento;
  • Modalità di utilizzo e conservazione;
  • Lotto;
  • Indicazione ecologica;
  • Denominazione commerciale, formato della pasta;
  • Logo comunitario. L’utilizzo determina l’obbligatorietà a riportare il codice dell’Organismo di Controllo nel medesimo campo visivo ed il riferimento all’origine delle materie (vera innovazione comunicativa del nuovo sistema regolatorio);
  • Logo dell’Organismo di controllo (facoltativo);
  • Riferimenti all’Organismo di controllo, al codice operatore (menzione prevista
  • dalla precedente normativa nazionale ed attualmente in attesa di conferma);
  • Indicazione nutrizionale;
  • Indicazione del Paese di coltivazione del grano e molitura.

Naturalmente rimane una ipotesi da confermare in un contesto condiviso che vede Autorità competente, Organismi di controllo e operatori coinvolti nella definizione dello schema che maggiormente rispetta i principi fissati dalle norme sul biologico e, più in generale, sulla leale informazione dovuta ed attesa dal consumatore.

Donato Ferrucci (Torino 1964), Docente sistemi qualità e certificazione dei prodotti alimentari ITS Agroalimentare Roma/Viterbo. Agronomo, pubblicista, e Master in Diritto Alimentare. Responsabile Bioagricert srl per l’area Lazio/Abruzzo/Umbria/Marche. Per info: Google “Donato Ferrucci Agronomo”.

Daniele Pisanello è avvocato consulente in Diritto Alimentare, fondatore e managing Partner di Lex Alimentaria Studio Legale Associato (Pisa e Firenze), www.lexalimentaria.eu; Regulatory Expert per primaria società di consulenza regolatoria statunitense. E-mail: pisanello@lexalimentaria.eu