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La certificazione dell’acquacoltura Biologica e il Reg. (UE) 2018/848. I requisiti generali

di Donato Ferrucci

Acquacoltura

L’acquacoltura è definita all’articolo 4, paragrafo 1, punto 25), del Reg. (UE) n. 1380/2013 come “l’allevamento o la coltura di organismi acquatici che comporta l’impiego di tecniche finalizzate ad aumentare, al di là delle capacità naturali dell’ambiente, la resa degli organismi in questione; questi ultimi rimangono di proprietà di una persona fisica o giuridica durante tutta la fase di allevamento o di coltura, compresa la raccolta”.La certificazione dei prodotti biologici introduce nel campo di applicazione l’acquacoltura a seguito del Reg. (CE) 834/2007, mantenendo la finalità ambientale e di tutela del benessere degli animali. Il recente Reg. (UE) 2018/848, conferma tendenza e settore senza particolari innovazioni, se non legate ad alcuni elementi di natura strettamente tecnica; anche se in alcuni passaggi ha rischiato di compromettere la permanenza di alcune realtà.

Gli attuali riferimenti normativi che interessano il sistema di produzione acquicola con metodo biologico sono:

  • Regolamento (UE) 2018/848;
  • Regolamento di esecuzione (UE) 2020/464;
  • Regolamento di esecuzione (UE) 2021/1165;
  • Decreto Ministeriale 229771 del 20/05/2022. Art. 6 (Pubblicato su GU, Serie Generale, n. 151 del 30/06/2022)

Tale settore risponde agli obiettivi e principi generali dettati rispettivamente dall’art. 4 e 5 del Reg. (UE) 2018/848, in particolare per i primi:

  • contribuire a tutelare ambiente e il clima,
  • contribuire a un alto livello di biodiversità,
  • contribuire efficacemente a un ambiente non tossico,
  • promuovere le filiere corte e la produzione locale.

Per quanto riguarda i principi, occorre ricordare che i sistemi di produzione con metodo biologico si basano sulla valutazione del rischio e, se del caso, si avvalgono di misure precauzionali e di misure preventive, finalizzate alla garanzia della conformità le prime e al raggiungimento degli obiettivi le seconde.
Per quanto attiene invece i principi specifici, applicabili alle attività agricole e dell’acquacoltura, troviamo all’art. 6 che i sistemi di produzione sono basati su alcuni aspetti:

  • ridurre al minimo l’impiego di risorse non rinnovabili e di fattori di produzione di origine esterna;
  • riciclare i rifiuti e i sottoprodotti di origine vegetale e animale come fattori di produzione per le colture e l’allevamento;
  • mantenere nel tempo la salute dell’ambiente acquatico e la qualità degli ecosistemi acquatici e terrestri circostanti;
  • somministrare agli organismi acquatici mangime proveniente dallo sfruttamento sostenibile della pesca a norma del regolamento (UE) n. 1380/2013 o mangime biologico composto di ingredienti agricoli provenienti dalla produzione biologica, inclusa l’acquacoltura biologica, e di sostanze naturali non agricole

Un primo elemento innovativo lo si trova all’art. 9 del Reg. (UE) 2018/848 dove, contrariamente a quanto atteso per le altre produzioni e, senza il parere dell’Autorità di Controllo, un’azienda può essere suddivisa in unità di produzione biologica e non biologica dove, per quanto riguarda le alghe e gli animali di acquacoltura, possono essere interessate le stesse specie, purché ci sia una chiara ed effettiva separazione tra i siti o le unità di produzione. Deroga molto importante rispetto a quanto previsto per le produzioni vegetale ed animali, dove tale condizione è legata a requisiti più stringenti. La garanzia richiesta è però sottoposta ad una stretta e dettagliata tracciabilità delle operazioni e delle produzioni. Infatti, sempre l’articolo 9 impone che, in tal caso, gli operatori:

  1. a) tengano i prodotti utilizzati per le unità di produzione biologica e in conversione separati da quelli usati per le unità di produzione non biologica;
  2. b) tengano separati i prodotti ottenuti dalle unità di produzione biologica, in conversione e non biologica;
  3. c) provvedano a che siano tenute adeguate registrazioni per mostrare l’effettiva separazione delle unità di produzione e dei prodotti.

Tale concessione è di certo mirata a stimolare l’avvicinamento al sistema vista la scarsa rappresentanza di operatori, alcune decine contro gli attuali circa 85.000 iscritti all’Albo dei produttori biologici.
Un ulteriore richiamo specifico si ritrova nell’art. 32, relativo alle indicazioni obbligatorie, dove il termine «Agricoltura» può, ove opportuno, essere sostituito da «Acquacoltura».
Le norme di produzione trovano poi specifico dettaglio nella Parte III, Allegato II del Reg. (UE) 2018/848. Quest è distinta nei seguenti paragrafi:

  1. Requisiti di carattere generale;
  2. Requisiti per le alghe;
  3. Requisiti per gli animali di acquacoltura;
    3.1. Requisiti di carattere generale,
    3.2. Norme dettagliate per i molluschi.

In questo articolo sono trattati i requisiti di carattere generale, mentre quelli relativi alle Alghe e Molluschi e quelli relativi agli animali di acquacoltura saranno oggetto di successivi contributi.

Requisiti di carattere generale
E’ previsto che le attività si svolgano in luoghi non esposti alla contaminazione da sostanze o prodotti non autorizzati per l’uso nella produzione biologica o da inquinanti che comprometterebbero il carattere biologico dei prodotti.
Inoltre, le unità di produzione biologica e quelle di produzione non biologica devono essere separate adeguatamente e, laddove possibile, nel rispetto delle distanze di separazione minima fissate dagli Stati membri. La separazione è determinata dalla situazione naturale, da impianti di distribuzione dell’acqua distinti, dalle distanze, dall’andamento delle maree e dall’ubicazione a monte e a valle.
La produzione di alghe e di animali di acquacoltura non è considerata biologica qualora abbia luogo in luoghi o zone designati dalle autorità degli Stati membri come inadatti a tali attività.

Il DM 229771/2022 circa la separazione introduce alcuni elementi di dettaglio. Se le condizioni non garantiscono un’adeguata separazione tra le unità di produzione biologica e non biologica, deve essere rispettata, ove possibile, una distanza minima di 1.000 metri:

  • tra il punto di prelievo idrico dell’unità biologica e il punto di scarico dell’unità non biologica nel caso di impianti a terra,
  • di un miglio marino tra le unità nel caso di ambiente marino,
  • Nel caso della molluschicoltura, se le condizioni esistenti non garantiscono un’adeguata separazione tra le unità di produzione biologica e non biologica, ove possibile si applica una distanza minima tra unità biologiche e non biologiche di 150 metri.

Tutto ciò fatte salve eventuali norme più restrittive emanate dalle Regioni territorialmente competenti sulla base di criteri oggettivi e non discriminanti.
Tra i requisiti di carattere generale trova invece maggiore specifica l’assetto della documentazione che rende evidente la corretta gestione del sistema produttivo e del rispetto dei requisiti.
Infatti, se l’operatore produce più di 20 tonnellate di prodotti di acquacoltura all’anno è richiesta una valutazione ambientale (VA), intesa ad accertare le condizioni dell’unità di produzione e dell’ambiente circostante e i probabili effetti del suo esercizio. Il contenuto della valutazione ambientale si basa sull’allegato IV della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio che si sviluppa nei seguenti 8 punti:

  1. Descrizione del progetto, comprese in particolare:
    a) una descrizione delle caratteristiche fisiche dell’insieme del progetto e delle esigenze di utilizzazione del suolo durante le fasi di costruzione e di funzionamento;
    b) una descrizione delle principali caratteristiche dei processi produttivi, con l’indicazione per esempio della natura e delle quantità dei materiali impiegati;
    c) una valutazione del tipo e della quantità dei residui e delle emissioni previsti (inquinamento dell’acqua, dell’aria e del suolo, rumore, vibrazione, luce, calore, radiazione ecc.), risultanti dall’attività del progetto proposto.
  2. Una descrizione sommaria delle principali alternative prese in esame dal committente, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell’impatto ambientale.
  3. Una descrizione delle componenti dell’ambiente potenzialmente soggette a un impatto importante del progetto proposto, con particolare riferimento alla popolazione, alla fauna e alla flora, al suolo, all’acqua, all’aria, ai fattori climatici, ai beni materiali, compreso il patrimonio architettonico e archeologico, al paesaggio e all’interazione tra questi vari fattori.
  4. Una descrizione dei probabili effetti rilevanti del progetto proposto sull’ambiente:
    a) all’esistenza del progetto;
    b) dovuti all’utilizzazione delle risorse naturali;
    c) dovuti all’emissione di inquinanti, alla creazione di sostanze nocive e allo smaltimento dei rifiuti.
  5. La descrizione dei metodi di previsione utilizzati per valutare gli effetti sull’ambiente di cui al punto 4;
  6. Una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e se possibile compensare rilevanti effetti negativi del progetto sull’ambiente;
  7. Un riassunto non tecnico delle informazioni trasmesse sulla base dei punti da 1 a 6.
  8. Un sommario delle eventuali difficoltà (lacune tecniche o mancanza di conoscenze) incontrate dal committente nella raccolta dei dati richiesti.

Indipendentemente dalle dimensioni produttive e per tutti gli operatori, va invece prodotto un elaborato di natura tecnica denominato Piano di gestione sostenibile (PGS) per l’acquacoltura e il raccolto di alghe. Il documento può essere proporzionato all’unità di produzione, è aggiornato annualmente e descrive in linea di massima gli effetti ambientali delle attività svolte, il monitoraggio ambientale che sarà condotto, enumera le misure che saranno prese per limitare gli effetti negativi sull’ambiente acquatico e terrestre circostante, indica il rilascio di nutrienti nell’ambiente per ciclo di produzione o all’anno. Nel piano è previsto siano registrate la manutenzione e la riparazione dell’attrezzatura tecnica.
In tale documento vanno registrate anche le misure difensive e preventive prese contro i predatori ai sensi della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. Tale atto prevede come scopo all’Art. 2 di contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali. Attenzione viene data alle uccisioni e metodi di cattura.

Altro elaborato tecnico previsto dalla norma (Allegato II Parte III P. 3.1.4.1) è il Piano di gestione della salute degli animali (PGSA), riportante:

  • Prassi in materia di biosicurezza e di profilassi
  • Convenzione scritta di consulenza sanitaria, proporzionata all’unità di produzione, stipulata con servizi veterinari specializzati negli animali di acquacoltura. Visite minime annue previste: una/anno (una/due anni per i molluschi bivalvi)

Il DM 229771 del 20/05/2022 all’Allegato VI specifica in dettaglio il contenuto del PGS e prevede la descrizione almeno delle seguenti informazioni:

  1. Piano di monitoraggio ambientale, con l’indicazione del tipo di indagini previste, in particolare,
    1. sulla qualità dell’acqua
    2. sul rilascio di nutrienti,
    3. delle relative modalità di esecuzione e periodicità,
    4. degli effetti ambientali delle attività svolte,
    5. delle misure atte a limitare gli impatti;
    6. Include la definizione della debita distanza a cui rigettare, se del caso, gli organismi incrostanti rimossi
  2.  protocolli relativi alle diverse fasi del ciclo produttivo;
  3.  capacità produttiva dell’impianto;
  4.  stima dei prelievi annuali di biomassa selvatica (dove applicabile);
  5. dati sul rilascio di nutrienti per ciclo produttivo o anno (dove applicabile));
  6.  misure idonee a consentire la rigenerazione delle alghe marine;
  7.  sistema di policoltura (dove applicabile));
  8.  modalità di registrazione delle attività di manutenzione e riparazione dell’attrezzatura tecnica;
  9.  misure adottate per la riduzione dei rifiuti;
  10. procedure di gestione della documentazione;
  11.  vuoto sanitario dell’impianto (dove applicabile))
  12.  Relazione che dimostra l’impatto ambientale minimo (in caso di allevamento molluschi)
  13.  misure difensive e preventive prese contro i predatori ai sensi della direttiva 92/43/CEE e della normativa nazionale.

Lo stesso decreto inoltre, all’art. 6, specifica la necessità di mantenere:

  • Registro di produzione
  • Registro interventi veterinari

Il primo, combinando con ulteriori registrazioni da mantenere, dovrà riportare i seguenti dati:

  • Risultati del monitoraggio delle condizioni di benessere degli animali;
  • Valori di ossigeno (in % di saturazione);
  • Temperatura, Ph (rilevati con frequenza almeno settimanale);
  • livelli dei nutrienti e della salinità (rilevati stagionalmente e/o in presenza di segni di sofferenza o mortalità degli animali);
  • Attività svolte sull’impianto;
  • Requisiti di trasporto,
    • Tipologia di vasche, Temperatura, concentrazione in O2,
    • Pulizia, disinfezione e risciacquo,
    • Densità;
  • Misure di contenimento dello stress;
  • Inserimento di animali;
  • Raccolte (quantitativi);

L’insieme dei requisiti di carattere generale si concentra in effetti sul sistema di qualità e le modalità di gestione atte a garantire la conformità del prodotto. Il tutto trova formalizzazione nei documenti rappresentati da:

  • Valutazione Ambientale (per produzioni oltre le 20 ton.);
  • Piano di Gestione Ambientale;
  • Piano di Gestione della Saluta degli Animali;
  • Registri operativi.

Donato Ferrucci (Torino 1964), Docente sistemi qualità e certificazione dei prodotti alimentari ITS Agroalimentare Roma/Viterbo. Agronomo, pubblicista, e Master in Diritto Alimentare. Responsabile Bioagricert srl per l’area Lazio/Abruzzo/Umbria/Marche. Per info: Google “Donato Ferrucci Agronomo”.