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Olio Extra Vergine di Oliva Il caso delle piccole realtà, un tentativo di chiarezza nelle regole di gestione

di Nicolò Passeri, Donato Ferrucci

Introduzione

L’abitudine del ritiro di parte dell’olio di oliva prodotto nella stagione olivicola e destinato all’autoconsumo è pratica abbastanza diffusa nel nostro Paese. Questo fenomeno è proporzionale alla dimensione della produzione. In particolare, le piccole realtà produttive hanno abitudine di trattenere l’olio realizzato a partire dalle proprie olive. In altri termini, il produttore di olive, molisce e trasforma a proprie spese, ottenendo olio che in parte viene conferito alla struttura di molitura, in parte commercializzato ed in parte destinato al proprio fabbisogno.

Negli ultimi anni, vista l’attenzione sempre crescente alla tutela dell’olio d’oliva, sono stati emanati provvedimenti con lo scopo di regimentare e contenere condotte illecite da parte di operatori poco onesti. Questo sforzo normativo ha però colliso con le consuetudini acquisite dal mondo della produzione, in particolar modo nel settore di confine tra produzione imprenditoriale e hobbistica tipica della cultura agricola che contraddistingue il nostro paese. Sono quindi stati toccati temi vicini a quella quota parte di produttori che possiedono alcune piante di olivo dedicate alla produzione di olio da destinare all’autoconsumo.
Si sono quindi costituiti due poli di interesse per l’argomento: uno che riguarda i produttori di olive che ritirano il prodotto trasformato “sfuso” e dall’altra i frantoi che si trovano a fornire il servizio e a gestire le informazioni di fronte alle autorità.
Obiettivo di questo contributo è chiarire le regole che è opportuno osservare per permettere la gestione dell’olio extravergine di oliva destinato ad autoconsumo, relativamente ai piccoli produttori, per quanto attiene gli adempimenti, e provare a dare alcune risposte in merito agli obblighi ed ai limiti che riguardano il tema, anche per quanto attiene i frantoi.

L’autoconsumo, il fascicolo aziendale e i registri

La pratica di trasformazione delle proprie olive presso un frantoio terzo permette un confronto attivo tra produttori e contribuisce al dibattito su una materia difficile e poco diffusa come la normativa sui prodotti agroalimentari. Da questo confronto, proprio per le finalità divergenti degli interessi dei diversi attori (imprenditori agricoli, frantoiani, hobbisti), spesso si creano delle incongruenze tra obblighi, requisiti e deroghe alle norme di processo che regolano i rapporti
Una delle più diffuse riguarda gli obblighi di tutti coloro che non hanno alcun interesse a commercializzare olio di oliva, ma intendono esclusivamente valorizzare le proprie materie prime per un uso personale del trasformato: l’autoconsumo familiare.
Si tratta di tutti quei piccoli produttori che portano le proprie olive presso un frantoio con il solo scopo di ritirare il proprio olio.

La recente evoluzione normativa del settore dell’olio extra vergine di oliva ha definito norme che hanno introdotto l’obbligo della registrazione delle operazioni di trasformazione, imbottigliamento, etichettatura e commercializzazione dell’olio d’oliva su sistemi informatizzati di gestione pubblica, a cui si sono affiancati obblighi di denuncia di titoli di possesso e natura dei terreni delle aziende agricole, in particolare per quanto riguarda le superfici e la tipologia delle coltivazioni.

Queste dinamiche hanno investito agricoltori e strutture di trasformazione che si sono trovate a dover adeguare le consuetudini ed i rapporti di commerciali in funzione delle nuove richieste. La rispondenza agli adempimenti normativi è diventato uno dei criteri di eleggibilità per la partecipazione ad iniziative di finanziamento comunitario (PAC e PSR), rivolte agli imprenditori agricoli.

Queste articolazioni degli adempimenti per le figure coinvolte hanno lasciato aree grigie di interpretazione per coloro che non svolgono, con scopi di lucro, la trasformazione delle olive, ma intendono destinare il prodotto all’autoconsumo familiare.
Mentre, di contro, risultano ben chiari gli obblighi di tutti i produttori ed i trasformatori, che svolgono con finalità commerciali l’attività di raccolta e trasformazione.
Per riprendere le tappe salienti che hanno riguardato gli adempimenti di carattere amministrativo inerenti l’olio di oliva si richiamano di seguito alcuni punti salienti della materia.

Il Regolamento (CE) 299/2013 dal 1° gennaio 2014, ha introdotto l’obbligo del Registro di commercializzazione, in particolare:

  • Articolo 7 bis

“Le persone e i gruppi di persone fisiche o giuridiche che detengono, ai fini dell’esercizio della loro professione o a fini commerciali, olio d’oliva ed olio di sansa, dalla fase dell’estrazione al frantoio fino all’imbottigliamento incluso, hanno l’obbligo di tenere registri di entrata e di uscita per ogni categoria di questi olii”

A questo regolamento è seguito il Decreto n. 16059 del 23 dicembre 2013, che ha chiarito la necessità per gli olivicoltori di costituire un fascicolo aziendale (DM 8077 del 11.11.2009 e DM 16059 del 23.12.2013 Articolo 16 comma 3 bis della legge n.9 del 14.01.2013) con funzionalità anagrafica.

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Modifiche al decreto ministeriale 10 novembre 2009 «Disposizioni nazionali relative alle norme di commercializzazione dell’olio d’oliva» ….. Omissis

  1. Gli olivicoltori devono costituire e/o aggiornare il fascicolo aziendale. Tale obbligo deve essere assolto prima della commercializzazione delle olive e/o prima della molitura delle olive.

Nell’ambito di questo primo quadro normativo è stato fissato un limite per permettere ai piccoli produttori di olio destinato all’autoconsumo di essere esentati dall’obbligo di costituzione del fascicolo aziendale. In particolare al comma 3 dell’Art. 8 del Decreto n. 16059 del 23 dicembre 2013, si legge:

“Non sono tenuti all’obbligo di costituire e/o aggiornare il fascicolo aziendale gli olivicoltori che possiedono oliveti che producono olio destinato esclusivamente all’autoconsumo e la cui produzione non supera 200 kg di olio per campagna di commercializzazione (dal 1° luglio al 30 giugno dell’anno successivo).”

Si apprende quindi che il limite superiore per il ritiro di olio sfuso, senza obbligo di costituzione del fascicolo aziendale è 200 kg. Questo limite è stato modificato nel 2016, in seguito alla Legge n. 154 del 28 luglio 2016, “Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare, nonché sanzioni in materia di pesca illegale”, in cui viene dato seguito ad una modifica sostanziale sul limite superiore:

All’articolo 16 della legge 14 gennaio 2013, n. 9, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. Non sono tenuti all’obbligo di costituire o aggiornare il fascicolo aziendale i produttori di cui al comma 1 che producono olio destinato esclusivamente all’autoconsumo la cui produzione non supera 350 kg di olio per campagna di commercializzazione».

Questa perimetrazione del contesto, però non chiarisce gli obblighi degli operatori, sia per frantoi che per produttori che intendono ritirare olio sfuso destinato esclusivamente all’autoconsumo.
È possibile, riflettere su alcune considerazioni, circa le possibili esenzioni:

  1. L’obbligo di tenuta dei registri nasce quando si commercializza a qualunque titolo l’olio di oliva sfuso o quando si riceve confezionato ma privo di etichetta (Reg. (CE) 299/2013);
  2. L’obbligo del Fascicolo aziendale nasce se si supera il limite di 350 kg di olio per campagna olearia (Legge 28 luglio 2016).

In altre parole, per tutti gli attori della filiera coinvolti, nei casi in esame, gli adempimenti sono ridotti ed i limiti discriminanti abbastanza chiari: i frantoi hanno la facoltà di molire e restituire ai produttori l’olio prodotto senza limiti, anche sfuso. È altresì cura del frantoio dover restituire l’olio con adeguata specifica documentale in merito lo stato del prodotto (sfuso/confezionato/etichettato) oltre che l’identificazione merceologica (Extravergine di Oliva, DOP, Biologico, ecc.). Infatti, il frantoio, oltre a restituire l’olio sfuso in contenitori di terzi; potrebbe anche restituirlo confezionato e non etichettato. Su questo punto è il Ministero stesso che fa chiarezza attraverso le FAQ (Frequently Asked Questions) del 28.02.14:

In base alla vigente normativa, è possibile che l’olivicoltore ritiri in confezioni non etichettate il proprio olio preconfezionato da terzi, dato che nella fattispecie in esame la restituzione del prodotto non è configurabile quale «commercio al dettaglio».

Infatti, il Reg. (UE) n. 29/2012, all’art. 1, nel definire il campo di applicazione del precitato regolamento, precisa che lo stesso stabilisce le norme di commercializzazione specifiche per il commercio al dettaglio degli oli di oliva e degli oli di sansa di oliva, complementari a quelle previste dalla direttiva 2000/13/CE relativa all’etichettatura dei prodotti alimentari. A tal fine, deve intendersi per «commercio al dettaglio» la vendita al consumatore finale ed alle collettività (es. ristoranti, mense, ospedali, etc.). […]

Infine, si precisa che l’olivicoltore che procede alla sola etichettatura dei recipienti preconfezionati da terzi è obbligato alla tenuta del registro. Infatti, per rientrare nel caso di esenzione previsto dall’art. 5, comma 2, 3° capoverso, del DM 23 dicembre 2013 è necessario che le confezioni ritirate dal contoterzista siano provviste del dispositivo di etichettatura.

Se ne deduce che, benché il frantoio non abbia responsabilità dirette sull’eventuale etichettatura dell’olio effettuata dall’olivicoltore, potrebbe essere un comportamento ragionevole la verifica dell’adempimento della tenuta di registro o il consiglio verso l’utente (l’olivicoltore) che intenda commercializzare olio confezionato e non etichettato, ritirato in frantoio.

Dal lato del produttore invece il quadro non lascia interpretazioni: il superamento del limite di 350 kg di olio destinato all’autoproduzione comporta per l’olivicoltore il solo adempimento della costituzione ed aggiornamento del Fascicolo Aziendale, in cui deve essere chiarita la natura delle coltivazioni, il titolo di possesso e l’identificazione catastale. L’eventuale controllo condotto dalle autorità competenti chiamerà il produttore a giustificare l’autoconsumo familiare per dimostrare la “dimensione familiare” di consumo e l’assenza della commercializzazione, che invece prevedrebbe l’obbligo del registro. Fatta questa precisazione è chiaro che chi intende ritirare olio sfuso oltre ai 350 kg da destinare all’autoconsumo non ha obbligo di tenuta di registro.

Conclusioni

Non si evidenziano aspetti normativi che definiscono una quantità massima di olio ammissibile al ritiro come sfuso destinato all’autoconsumo; è però evidente che, qualora si sostenessero autoconsumi elevati, l’autorità competente sarebbe chiamata a chiedere evidenza dei fatti, ed il produttore dovrebbe dare dimostrazione che le quantità in autoconsumo sono state utilizzate in ambito familiare, senza commercializzazione verso terzi.

L’esenzione alla tenuta del registro riguarda:

  • la detenzione di olio destinato esclusivamente all’autoconsumo,
  • la vendita di olive da olio prodotte nei propri oliveti aziendali,
  • la commercializzazione in via esclusiva di olio confezionato ed etichettato da terzi.

Questa ultima possibilità è quella generalmente utilizzata dai piccoli produttori che intendono vendere il proprio olio e che in linea generale, si avvalgono della professionalità artigiana del frantoio, per integrare il prodotto con servizi in filiera e quindi operare una valorizzazione delle proprie produzioni.

In conclusione, è necessario ribadire che gli obblighi relativi ai produttori nascono solo se si intende procedere alla commercializzazione dell’olio sfuso, con la precisazione che per tutti i produttori che vogliano avvalersi dell’autoconsumo dell’olio prodotto dalle proprie olive, gli adempimenti riguardano solo la tenuta del Fascicolo Aziendale presso un centro di Assistenza Agricola, e solo nel caso si superi la quota di 350 kg. Fatta salva la dimostrazione, qualora richiesto dalle autorità di vigilanza, che non vi sia stata commercializzazione.

Donato Ferrucci, Dottore agronomo libero professionista, riveste attualmente l’incarico di Responsabile di Bioagricert Lazio e di Cultore della materia presso la cattedra di Gestione e Comunicazione d’Impresa” – Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università degli Studi della Tuscia. E-mail: donatoferrucci@alice.it

Nicolò Passeri, Dottore Agronomo, libero professionista. Dottore di ricerca in “Economia e Territorio” presso l’Università degli Studi della Tuscia. Consulente per la certificazione prodotti biologici e analisi tecnico economiche dei processi produttivi. Collabora con l’Università degli Studi della Tuscia a progetti di ricerca su studi relativi alla valutazione della sostenibilità ambientale dei processi produttivi agricoli.