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Gli standard dell’agricoltura integrata, tra legislazione e opportunità

di Donato Ferrucci, Salvatore Sergi, Edoardo Corbucci

agricoltura integrata logo

Introduzione

L’esercizio dell’agricoltura e la conseguente produzione di beni alimentari rientrano a pieno titolo tra le attività a garanzia della sicurezza degli alimenti. I primi atti legislativi che riconoscono la potenzialità del settore nell’impattare in maniera significativa sulla sicurezza alimentare e, di conseguenza, ne definiscono responsabilità e ne delineano le norme gestionali, sono stati prima il Reg. (CE) 178/2002, seguito a breve termine dal Reg. (CE) 852/2004.
Alla discussione sulla sicurezza alimentare in agricoltura si sono poi affiancati una serie di ulteriori elementi che, seppur in maniera indiretta, sono intervenuti sulla tematica. Si tratta di normative specifiche che, ad oggi ancora in elaborazione, hanno riguardato aspetti quali la sicurezza nei luoghi di lavoro, la gestione dei fitofarmaci, la corretta prassi agronomica e altro ancora.
A corredo degli aspetti legislativi si sono poi inserite delle norme tecniche o regolamentate, comunque volontarie, che con visioni ed obiettivi a volte diversi, sono intervenute nel tentativo di creare dei modelli operativi adatti al sistema produttivo.
Dal punto di vista operativo si delinea la necessità di adottare sistemi colturali impostati secondo i principi dell’agricoltura integrata. Con questo termine si intende, in linea generale, una strategia produttiva basata sui principi di consapevolezza e analisi, garantiti e mantenuti attraverso:

  • preparazione tecnica;
  • costante aggiornamento delle competenze;
  • adeguatezza tecnica degli strumenti;
  • strategie di intervento “integrate”, ovvero che combinano tecniche di prevenzione, monitoraggio e intervento mirato.

L’agricoltura integrata è, di fatto, riconosciuta come l’unica formula produttiva in grado di garantire consumatore ed ambiente. In tal senso l’accezione del termine “integrato” può essere mutuato anche ai concetti di sostenibile e sicuro.
I riferimenti di natura tecnica e legislativa hanno, come spesso accade per il comparto agricolo, origine plurima. A norme tecniche di tipo volontario si affiancano atti regolamentati o cogenti. Nel seguito verranno trattati i principali ambiti tecnico-normativi di riferimento al percorso dell’agricoltura integrata.

Le norme tecniche

La prima norma tecnica emessa per quanto attiene l’agricoltura integrata è stata la UNI 11233:2007, ora aggiornata alla versione del 2009. La norma stabilisce i principi generali per la progettazione e attuazione nelle filiere vegetali dei sistemi di produzione integrata. Questi, sono definiti dalla norma come “sistemi di produzione agricola che privilegiano l’utilizzo delle risorse e dei meccanismi di regolazione naturali in parziale sostituzione delle sostanze chimiche, assicurando una agricoltura sostenibile”. Sono quindi oggetto di attenta valutazione:

– il sistema produttivo nel suo insieme;

– il ruolo centrale degli agroecosistemi;

– un ciclo equilibrato degli elementi nutritivi.

Ne sono elementi essenziali la conservazione ed il miglioramento della fertilità dei suoli e della biodiversità. I metodi biologici, tecnici e chimici sono bilanciati attentamente tenendo conto della protezione dell’ambiente, della convenienza economica e dei requisiti sociali.

La norma è strutturata secondo il seguente schema:

  1. scopo e campo di applicazione
  2. riferimenti normativi
  3. termini e definizioni
  4. elementi di un sistema di produzione integrata
  5. progettazione ed attuazione del sistema di produzione integrata
  6. Appendici specifiche.

Inoltre, prevede la definizione degli elementi del sistema e le modalità di progettazione ed attuazione dello stesso. Gli elementi costitutivi devono essere formalizzati in un disciplinare tecnico e sono identificati nei seguenti aspetti:

  • Vocazionalità pedoclimatica
  • Scelta della varietà e dei portinnesti
  • Mantenimento dell’agroecosistema naturale
  • Sistemazione e preparazione del suolo
  • Semina, trapianto, impianto
  • Avvicendamento colturale
  • Gestione del suolo e controllo delle malerbe
  • Gestione degli alberi da frutto
  • Fertilizzazione
  • Irrigazione
  • Protezione delle colture
  • Distribuzione degli agrofarmaci
  • Raccolta
  • Protezione post-raccolta

L’analisi degli elementi applicabili, con il supporto delle appendici per i casi specifici, risponde ai principi di consapevolezza ed analisi citati in premessa e getta le basi per la gestione e l’attuazione del sistema. Degli elementi in elenco la protezione delle colture e la distribuzione degli agrofarmaci sono il vero punto nodale dell’intero sistema.
La parte inerente la gestione interessa gli aspetti da documentare. Si tratta quindi di formalizzare:

  • i prodotti interessati;
  • le organizzazioni coinvolte;
  • il Disciplinare Tecnico di Produzione Integrata;
  • la documentazione che descrive le modalità di gestione dei prodotti (registrazioni in generale ma con attenzione alle evidenze circa la tracciabilità degli interventi fitoiatrici)

Per l’attuazione del sistema, si arriva invece a definire gli aspetti inerenti la pianificazione, gli approvvigionamenti, la gestione delle non conformità, le azioni preventive e correttive, il controllo del processo, la formazione, le verifiche interne ed il riesame. Si evidenzia quindi un accostamento ai principi di gestione sistemi qualità secondo lo standard della ISO 9001. Quello che però sembra naturale come approccio, rappresenta una vera e propria rivoluzione culturale. Nella stessa norma si definiscono aspetti di natura agronomica che dovranno indirizzare le scelte tecniche, nel contempo si richiede l’applicazione dei principi di un sistema di gestione qualità. E’ di sicuro uno dei primi tentativi di delineare un sistema gestionale mirato al settore agricolo ma anche abbastanza articolato da consentire vero e proprio balzo evolutivo, dato dall’incontro dell’esercizio agricolo con il sistema gestione qualità. Esperienze già di sicuro effettuate da diverse aziende del settore ma che, per la prima volta, convivono nel medesimo atto.

Un altro standard è rappresentato dal GlobalGap®, di natura privatistica, è applicato prevalentemente alle produzioni ortofrutticole (anche se sempre più spesso applicato alle produzioni zootecniche e dei mangimi). Risponde alle aspettative del mercato in merito a salvaguardia dell’ambiente, alla salute e welfare dei lavoratori e, nel contempo, impone attenzione e garanzia per la sicurezza della catena alimentare. Lo standard è una norma che ha come campo di applicazione il settore primario e coinvolge l’intero processo di produzione riferito al prodotto certificato. Dal momento in cui la pianta è messa a dimora fino alla sua preparazione per la vendita tal quale (sono escluse cioè le trasformazioni del prodotto – quarta gamma conserve, ecc.).  Non si interessa quindi degli aspetti inerenti le possibili fasi di successiva trasformazione, che lascia per competenza ad altri sistemi di garanzia come gli standard IFS, BRC o la norma ISO 22000).
L’attenzione prevalente è posta sulla coltivazione, fase spesso trascurata ma di grande delicatezza per le successive caratteristiche dei prodotti alimentari, sia per quanto attiene la qualità che la sicurezza dei medesimi.
L’obiettivo primo dello standard è quello di fornire alimenti sicuri mediante evidenza dell’adozione, in continuo, di “Buone Pratiche Agricole” nell’intera catena produttiva. E’ strumento per i rapporti intra-aziendali (business to business), quindi non direttamente visibile al consumatore finale.
In particolare, per quanto attiene i prodotti agricoli destinati al consumo fresco, questi stanno guadagnando una sempre maggiore diffusione grazie ai sistemi logistici. La potenziale commercializzazione su lunghe distanze e per periodi prolungati comporta la necessità di garanzie riconosciute a livello globale. In quest’ottica lo standar GlobalGap® si pone come strumento di qualificazione del prodotto a livello internazionale, permettendo ai diversi soggetti coinvolti nel settore distributivo, di ottenere garanzie standardizzate circa il prodotto realizzato ed il processo adottato.
Obiettivo principale dello standard è l’immissione in commercio di un prodotto sicuro, ovvero in grado di non arrecare danno alla salute del consumatore.

Questo principio fondante, di sicurezza, è sostenuto da quattro pilastri:

1)         la legittimità del sistema produttivo,

2)         la competenza,

3)         la salvaguardia dei lavoratori,

4)         la tutela dell’ambiente.

Tali concetti, basilari per il sistema, hanno un ordine gerarchico.
Il contesto deve, innanzitutto, essere legittimato ad operare, il che si traduce nel rispetto dei requisiti cogenti applicabili. La sicurezza del prodotto è poi garantita attraverso evidenza della professionalità gestionale riferita alla coltura, mediante competenza della direzione e di coloro che eseguono le diverse operazioni.
In particolare, la difesa delle colture e le garanzie igieniche sono le tematiche da analizzare con la massima attenzione. Diventa quindi essenziale la preparazione delle professionalità coinvolte in tutto ciò che attiene gli aspetti fitosanitari e la manipolazione dei prodotti.
In una seconda fase si considerano tutti gli aspetti inerenti la sicurezza dei lavoratori, quali adeguate protezioni in relazione ai compiti svolti, adeguato addestramento, predisposizione di sistemi di allarme in caso di incidente, ecc.
L’ultima componente considerata è quella ambientale, seppur in maniera piuttosto lieve si guarda a tematiche quali la salvaguardia delle risorse naturali ai fini della diversità e per la preservazione di queste.

Lo standard prevede una certificazione di parte terza, emessa da un Organismo di Controllo riconosciuto. Presenta come campo di applicazione la fase primaria, lasciando le aziende di trasformazione e commercializzazione ad altri schemi di garanzia. Inoltre, ne è concessa la comunicazione solo nelle transazioni tra operatori della filiera e non al consumatore finale.
E’ evidente come lo schema vuole garantire sicurezza lungo la filiera configurandosi come uno strumento per addetti ai lavori, che non intende sovrapporsi a marchi privati e si pone quindi l’obiettivo di una garanzia senza evocazioni, puramente “tecnica”.
Le due modalità principali di certificazione sono definite Opzione 1 e Opzione 2. La prima interessa i singoli produttori, mentre la seconda si rivolge a gruppi di questi, per i quali deve essere individuato l’operatore responsabile a cui spetta il compito di organizzare un sistema qualità finalizzato ad accertare e garantire che tutti i produttori aderenti applichino le regole definite e rispondano ai requisiti applicabili dello standard.
Sono previste verifiche con cadenza annuale eseguite in autocontrollo, alle quali si affiancano quelle condotte da parte dell’Organismo di Certificazione sia in forma annunciata, che non annunciata, cioè con audit effettuati presso il produttore con un preavviso di sole 48 ore.
Il sistema è modulare, basato su blocchi di requisiti di tipo gerarchico, da rispettare al fine dell’ottenimento della certificazione. Lo schema maggiormente adottato a livello nazionale è quello relativo ai prodotti ortofrutticoli, il quale prevede tre blocchi di requisiti, più un quarto di base e di carattere gestionale. Per il caso dei prodotti ortofrutticoli i blocchi possono essere così riassunti:

  • Legittimità del sistema, è il prerequisito di base. Può accedere alla certificazione solo un’azienda a norma dal punto di vista legislativo. Deve quindi essere garantito il rispetto di tutti gli elementi cogenti a cui l’azienda agricola è tenuta in quanto soggetto giuridico. In questa fase si rilevano aspetti quali le autorizzazioni o comunicazioni alle autorità competenti, il rispetto delle norme igieniche o di sicurezza sul lavoro, il rispetto del welfare, ecc.
  • Modulo Base per tutte le attività agricole, compete a tutte le tipologie di aziende e comprende requisiti di tipo generale che riguardano la formazione e la sicurezza dei lavoratori, l’identificazione dei siti agricoli, la rintracciabilità dei prodotti, la gestione dei rifiuti, la gestione dei reclami.
  • Modulo Base per tutte le colture, riguarda tutti gli aspetti tecnici inerenti la scelta dei mezzi tecnici, concimi e fitofarmaci; le strutture di deposito; i sistemi di irrigazione e la qualità delle acque; l’adozione di tecniche di difesa integrata, basate non solo sull’intervento diretto con mezzi chimici ma anche su sistemi di monitoraggio e prevenzione.
  • Modulo Specifico per frutta e ortaggi, a questo livello si entra nel dettaglio per quanto concerne le garanzie igieniche dei prodotti, la fase di raccolta, l’eventuale fase di confezionamento e manipolazione.

La rispondenza positiva a tutti i moduli appena elencati comporta la conformità dell’azienda. I singoli requisiti nell’ambito dei diversi moduli sono a loro volta classificati come:

  • Maggiori che, durante l’audit da parte dell’organismo di certificazione, devono risultare conformi al 100 % di quelli effettivamente applicabili alla realtà produttiva aziendale; il mancato rispetto anche di uno solo di questi requisiti determina la non conformità del sistema e l’insuccesso dell’audit di certificazione; i requisiti maggiori sono in tutto 90 punti di controllo.
  • Minori, per i quali è ammessa una tolleranza (cd inadempienze); è cioè richiesto, durante l’audit da parte dell’organismo di certificazione, un grado di conformità ai requisiti minori applicabili di almeno il 95 %; si tratta, in tutto, di 114 punti di controllo.
  • Raccomandazioni, il cui rispetto è ritenuto facoltativo da parte dell’azienda. I requisiti classificati come raccomandazioni sono in tutto 15.

Tutti i punti esprimono l’attenzione ad uno specifico aspetto produttivo ritenuto critico e sono elencati e classificati in una lista di riscontro (check-list).
Lo standard consente quindi, per una specifica azienda, di quantificare lo scostamento dalla conformità attesa e la conseguente possibilità, in termini tecnici, di adeguamento del sistema aziendale, inteso come numero e tipologia di requisiti che devono essere gestiti.

Le norme legislative

L’agricoltura integrata, a partire dal 1992 ha trovato fondamento normativo nel Reg. (CE) 2078. Questo, attraverso un sistema di finanziamenti, incoraggiava le aziende a pratiche agronomiche a minor impatto ambientale e avvicinava i produttori alla cultura dei sistemi di gestione integrata. Introdotto il concetto e definite le modalità operative attraverso i disciplinari di produzione integrata emanati a livello regionale, il sistema agricolo nazionale si è così confrontato con un nuovo strumento gestionale.
L’attenzione del legislatore a produzioni a contenuto impatto ambientale è stata più volte ribadita fino ad arrivare allo stato attuale. Due atti legislativi comunitari segnano importanti cambiamenti di indirizzo:

  1. La direttiva 128/2009 sull’uso sostenibile degli agrofarmaci (integrata dalla 127/2009 inerente la gestione delle irroratrici);
  2. Il Reg. (CE) 1974/2006 che, con l’articolo 22, dispone l’introduzione di Sistemi di Qualità Nazionale.

Il primo ha determinato, l’emanazione del DL 150/2012, che concerne la definizione di un quadro normativo per l’utilizzo sostenibile dei pesticidi. Sono previsti una serie di interventi dettagliati nel Piano di Azione Nazionale (di seguito PAN) finalizzati a promuovere l’applicazione della difesa integrata (componente del processo di Produzione integrata).

Il secondo porta alla istituzione del Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata (di seguito SQNPI), mediante la Legge n. 4 del 2011 (art. 2), anche se alcuni comitati e gruppi tecnici sono stati introdotti con DM 2722/2008.
Entrambe le linee legislative avranno un forte impatto sul futuro dell’agricoltura integrata.

Norme cogenti (Piano di Azione Nazionale, PAN)

Il PAN, è indirizzato alla gestione degli agrofarmaci, e presenta una serie di scadenze attuative che arrivano fino al 2016. La più importante e vicina è rappresentata dal 1° Gennaio 2014, data che rende la difesa integrata obbligatoria per tutti gli operatori agricoli. Il PAN ha come obbiettivo la riduzione dei rischi ed impatti conseguenti all’utilizzo dei fitofarmaci. L’obiettivo viene perseguito mediante:

  1. promozione della difesa integrata;
  2. formazione degli operatori, dei rivenditori e dei consulenti;
  3. miglioramento delle attrezzature per la distribuzione.

La norma pone quindi l’aspetto più critico della produzione integrata, la difesa, al centro dell’attenzione e lo rende obbligatorio per tutti gli operatori.

Le modalità ed i principi della difesa integrata nell’interpretazione della norma sono definiti nell’allegato III del DM 150/2012. I principi sono:

  1.   prevenzione attraverso metodologie di natura tecnico-agronomica (rotazioni, densità di semina/impianto, consociazioni, scelta varietale, concimazione ed altro ancora fino alle misure di igiene delle strutture e apparecchiature);
  2. monitoraggio degli organismi nocivi mediane osservazioni, sistemi di allerta, previsione e diagnosi precoce scientificamente validi, consulenti qualificati professionalmente e bollettini di assistenza tecnica;
  3. definizione di interventi sulla base di valori soglia scientificamente attendibili (elementi da considerare, ove possibile, prima del trattamento);
  4. privilegio di metodi biologici sostenibili, mezzi fisici e altri metodi non chimici se consentono un adeguato controllo degli organismi nocivi;
  5. utilizzo di prodotti fitosanitari selettivi e con minimi effetti sulla salute umana, gli organismi non bersaglio e l’ambiente.
  6. riduzione dei quantitativi di prodotti utilizzati mediante diminuzione dei dosaggi, delle frequenze di intervento o a seguito di trattamenti localizzati;
  7. rotazione dei prodotti al fine di non indurre resistenze nei patogeni;
  8. verifica del grado di successo delle strategie di difesa applicate.

Si ritiene infine opportuno ricordare che il DM 150/2012 detta anche le nuove modalità di tenuta dei registri degli interventi fitoiatrici (art. 16, vigente al momento attuale) e definisce il sistema sanzionatorio per le eventuali inadempienze (art. 24, a titolo di esempio si cita la relativa sanzione da 500 a 1500 euro in caso di inadempienza nella tenuta delle registrazioni).
Le Linee guida nazionali di difesa integrata sono state prodotte dal GDI (Gruppo Difesa Integrata del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali), con ultima revisione del 10/04/2013 e rappresentano l’elemento tecnico di riferimento per gli operatori.

Norme volontarie regolamentate (Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata)

Il SQNPI può essere incluso tra i sistemi di valorizzazione di tipo regolamentato, ovvero con adesione volontaria ma con norma legislativa a definizione tecnica.
Il sistema nasce allo scopo di fornire uno strumento di valorizzazione per le produzioni nazionali che adottano modelli produttivi a basso impatto ambientale, a cui viene concesso un segno distintivo (logo). I riferimenti tecnici di base sono le linee guida nazionali di coltivazione difesa integrata, e comporta l’obbligo di certificazione da parte di un Organismo di Controllo di parte terza, principali differenze rispetto al cogente.
Lo standard offre la possibilità di avvalersi di un marchio collettivo associato ai prodotti, comunicato dal produttore e garantito da soggetti di diritto privato e pubblico, i primi addetti ai controlli, i secondi alla vigilanza. Si tratta quindi di un sistema di certificazione del tutto analogo a quelli già adottati per le produzioni biologiche o a Denominazione di Origine.

Il numero di operatori aderenti è in costanze crescita, come evidenziato dai dati disponibili sul sito istituzionale www.reterurale.it, che presenta nel 2017 un corpo di 10.174 aziende e oltre 149.000 ettari coinvolti.
Il sistema prevede l’adesione attraverso il portale del sito appena citato, la scelta di un Organismo di Controllo (OdC) autorizzato, ed il rispetto dei vincoli imposti dai disciplinari regionali in termini di gestione e difesa delle colture. La conformità al sistema è valutata in sede di verifica da parte dell’OdC che rilascia, in base agli scopi di presentazione delle domande, i seguenti esiti di conformità:

  • Conformità Agro-Climatica-Ambientale (ACA);
  • Autorizzazione all’utilizzo del Marchio;
  • Idoneità Agro-Climatica-Ambientale e autorizzazione all’utilizzo del marchio.

Rientrano nel campo di applicazione solo le produzioni vegetali e solamente le colture per le quali, nei disciplinari regionali, sono definite le modalità di produzione.
Il sistema interessa tutte le attività di produzione primaria, ma anche, per i prodotti ricadenti nel campo di applicazione, le attività di condizionamento, trasformazione e distribuzione (solo nel caso di prodotti sfusi).

E’ inoltre possibile l’adesione sia come azienda singola che come gruppo di produttori (Operatori Associati, OA). Nel primo caso si avranno verifiche di parte terza condotte dall’OdC per ogni singolo operatore, nel secondo caso è l’organizzazione dei produttori (capofila) che effettua delle attività in autocontrollo sui singoli (controllo del 100% degli operatori aderenti). A seguire, l’OdC effettuerà una verifica sull’organizzazione, valutandone la capacità a gestire il sistema in autocontrollo, e delle verifiche su un campione rappresentativo delle aziende coinvolte (campione pari alla radice quadrata del totale delle aziende che partecipano al progetto).

Per quanto attiene i controlli sulle aziende, questi sono strutturati secondo una linea guida in formato check-list che prevede un elenco di requisiti oggetto di valutazione:

  • VALUTAZIONE COMPLESSIVA FASE DI COLTIVAZIONE
    • Registrazioni
  • TEMPISTICA DI ADESIONE
  • VARIAZIONI REQUISITI IDONEITA’
  • IMPEGNI per l’applicazione della disciplina di Produzione integrata
    • Difesa e controllo delle infestanti
    • Scelta dell’ambiente di coltivazione e vocazionalità
    • Mantenimento dell’agroecosistema naturale
    • Scelta varietale e materiale di moltiplicazione
    • Sistemazione e preparazione del suolo all’impianto e alla semina
    • Avvicendamento colturale
    • Semina, trapianto, impianto
    • Gestione del suolo e pratiche agronomiche per il controllo delle infestanti
    • Fertilizzazione
    • Irrigazione
    • Altri metodi di produzione e aspetti particolari
    • Raccolta
      • Verifica Qualitativa
    • Post-Raccolta
    • Rintracciabilità
    • Marchio

Per le verifiche presso l’operatore associato, considerata la necessità di implementazione di un sistema di autocontrollo, si renderà necessario da parte dell’Organizzazione formalizzare le seguenti procedure documentate:

  • Piano delle verifiche analitiche;
  • Piano delle verifiche ispettive interne (autocontrollo);
  • Modulistica di registrazione NC;
  • Modulistica utilizzata per le verifiche ispettive interne (VII) e per i prelievi dei campioni;
  • Procedura di gestione delle non conformità in base ai punteggi previsti dal SQNPI per quanto attiene l’Unità Elementare di Coltivazione ed eventuali Lotto non conformi;
  • Procedura di identificazione e rintracciabilità dei prodotti a marchio.

E’ appena stata pubblicata la nuova “PROCEDURA DI ADESIONE, GESTIONE E CONTROLLO NELL’AMBITO DEL SQNPI/2019”, Rev. 05 del 04/12/2018 e le “LINEE GUIDA NAZIONALI PER LA REDAZIONE DEI PIANI DI CONTROLLO REGIONALI SQNPI – Adesione gestione controllo – 2018 Allegato 1 _rev. 04 del 23.11.2018.

Il primo documento perfeziona la tempistica di adesione al sistema e rifinisce alcuni aspetti tecnici. Il secondo dettaglia alcuni requisiti oggetto di verifica. Nello specifico, si precisa che l’adesione è effettuata utilizzando il sistema informativo nazionale di produzione integrata e i termini di adesione sono stabiliti come segue:

  • prima adesione al SQNPI: 15 maggio;
  • adesione anni successivi – rinnovo: 28 febbraio;
  • adesione in relazione ai bandi regionali che si avvalgono della conformità ACA: termine stabilito dal bando o, in mancanza, quello stabilito dalla presente norma.

Il termine di adesione viene documentato da:

  • data di rilascio del protocollo della domanda da parte del Sistema Informativo (SI);
  • data di invio della domanda semplificata;
  • data di adesione al SQNPI per le domande di conformità ACA limitatamente al primo anno.

Per i controlli di parte terza, in relazione alla tempistica di adesione, i termini per la presa in carico da parte degli OdC e di chiusura certificazione sono stabiliti come di seguito.

  • presa in carico OdC dalla notifica aziendale: entro 60 giorni;
  • data ultima per effettuare prima visita o visita annuale e caricamento esito controllo certificazione o conformità ACA sul SI: 30 ottobre;
  • data stabilita dalla regione per le conformità ACA con termine di adesione successivo a quello della presente norma.

Infine, a seguito di eventuali incoerenze riscontrate sull’attività dell’OdC, per quanto attiene aspetti inerenti la conformità alla norma vigente (taratura, controllo funzionale, utilizzo di sostanze attive non ammesse, ecc.) l’Organismo tecnico scientifico istituito con D.M. 4890 dell’8 maggio 2014, può decidere l’eventuale revoca del provvedimento emesso dall’OdC con la rimozione dello stesso dal SI e apposita segnalazione all’ente accreditante l’OdC.

Il SQNPI è uno standard di ultima generazione, con ancora alcuni aspetti da sviluppare, in particolare;

  • Estensione del campo di applicazione, oggi legato alle colture presenti nei disciplinari regionali;
  • La questione dei prodotti trasformati di tipo multi-ingrediente, non ancora oggetto di riflessione tecnica.

Di contro evidenzia diversi aspetti interessati ed anche innovativi per uno standard che comunque rimane:

  • a valenza pubblica;
  • caratterizzazione ambientale;
  • con segno identificativo di livello nazionale.

Inoltre, consente e prevede:

  • una configurazione tecnica di tipo “locale”, essendo i disciplinari formulati a livello regionale fermo restando il riconoscimento a livello nazionale del segno. E’ di certo il primo esercizio di avvicinamento alle criticità tecniche specifiche dei territori, senza però abbandonare la valenza nazionale;
  • adesione di gruppo, con notevoli possibili risparmi sul costo di certificazione. Il modello è basato su una delega di secondo livello, all’operatore stesso, per quanto attiene il controllo, lasciando all’OdC la verifica di stabilità del sistema, ma solo su un campione di aziende.

Conclusioni

I sistemi oggetto di riflessione del presente contributo offrono una opportunità di valorizzazione delle produzioni agricole e vanno interpretati in tal senso piuttosto che ulteriori vincoli. Il vantaggio della norma tecnica consiste in un approccio mirato al miglioramento organizzativo, senza entrare nel merito dei dettagli tecnici. Di grande interesse è il nuovo sistema nazionale che unisce la valenza pubblicistica e il carattere nazionale ad un modello produttivo già da tempo consolidato nel panorama agricolo del nostro paese.

Donato Ferrucci, Salvatore Sergi, Edoardo Corbucci.

Donato Ferrucci, Dottore agronomo libero professionista, riveste attualmente l’incarico di Responsabile di Bioagricert Lazio e di Cultore della materia presso la cattedra di Gestione e Comunicazione d’Impresa” – Facoltà di Scienze della Comunicazione, Università degli Studi della Tuscia. E-mail: donatoferrucci@alice.it