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Viti a piede franco e viti pre-fillossera

Zone di interesse Nazionali e Internazionali

di Gennaro Pisciotta

La fillossera fece la sua apparizione in Europa nella seconda metà dell’Ottocento, originario del Nord America, attualmente è diffuso in tutti i paesi viticoli del mondo; provocando in breve tempo gravi danni alle radici e la conseguente morte della pianta attaccata, con l’eccezione di alcuni vitigni americani.

vite diffusione europa vitis vinifera
Diffusione dell’infestazione (fonte www.ilvinoconadri.com)

La Fillossera attualmente è classificata come Daktulosphaira vitifoliae (Fitch, 1856)) appartenente alla famiglia dei Phylloxeridae (Rhynchota Homoptera, superfamiglia Aphidoidea). E’ un insetto  parassita  delle specie del genere Vitis, che attacca le radici delle specie europee (Vitis vinifera) e l’apparato aereo di quelle americane (Vitis rupestris, V. berlandieri e V. riparia).

Come tutti gli afidi, la fillossera ha una biologia complessa dovuta all’alternanza tra una generazione anfigonica (N.d.R. riproduzione sessuale) e un numero indefinito di generazioni partenogenetiche (non hanno bisogno del maschio) che si sviluppano su differenti apparati della vite. Il ciclo fondamentale della fillossera è monoico, ma molto spesso è trasformato in ciclo monoico per assenza della fase anfigonica. Alle differenti fasi del ciclo sono associate forme differenti che denotano il polimorfismo (N.d.R. esistono contemporaneamente diversi fenotipi nella stessa popolazione) funzionale tipico degli afidi. Il suo ciclo biologico è riportato nella figura sottostante:

fillossera vite ciclo
Schema del ciclo della fillossera (fonte www.wikipedia.it)

Legenda: UI: uovo d’inverno (anfigonico); U: uovo partenogenetico; N: neanide; F: fondatrice (gallecola); Ngal-g: neogallecola gallecola; Ngal-r: neogallecola radicicola; Nrad-r: neoradicicola radicicola; Nf: ninfa; Nfp: ninfa pedogenetica; N-iem: neanide iemale; S: sessupara; Anf-f: anfigonico femmina; Anf-m: anfigonico maschio. LF: parte del ciclo svolto sulle foglie; RT: parte del ciclo svolto sulle radici. Olo: olociclo monoico eterotropo; Para: paraciclo e anolociclo.

Danni

I danni provocati dalla fillossera sui vitigni americani produce numerose galle (vedi foto) sulle foglie e di rado sui viticci e sui tralci erbacei, mentre sulla vite europea i tessuti fogliari reagiscono alle punture dell’afide, mentre quelle operate sulle radici provocano nodosità all’estremità delle piccole radici e di tuberosità su quelle di maggiore diametro, che degenerano in cancri e con il disfacimento dei tessuti con perdita di radici e deperimento delle viti con la loro morte. Sulle viti americane le radici sono poco attaccate o resistenti per la ridotta sensibilità dei tessuti radicali alle punture e per una rapidità di cicatrizzare le strutture.

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Galle prodotte da Fillossera (www.7inra.fr)                     Generazione radicicola (www.teatronaturale.it)

La vite a piede franco cosa vuole dire? È una vite che non è mai stata innestata su radici americane, in seguito alla piaga della Fillossera vastatrix alla fine del XIX secolo. Questa terribile “peste” si abbatte con violenza in ogni vigneto distruggendo praticamente l’apparato radicale della vite. Tutto il vigneto europeo, mondiale è stato contagiato da questo piccolo parassita, finché non si trovò il rimedio che consiste di innestare la Vitis vinifera su barbatella americana, infatti le Americhe sono il luogo dove la Phylloxera partì per la sua crociata anti vigne e nel corso dei secoli la Vitis selvatica americana ha imparato a difendersi da questo insetto. La Phylloxera è originaria del Nord America. In Europa quando l’insetto distrusse praticamente tutti i vigneti, ci si rese conto che c’erano delle piccole zone delimitate dove la Phylloxera non riusciva ad attaccare l’apparato radicale: queste zone erano spesso con suoli sabbiosi oppure naturalmente isolati. Spesso si sente dire che il vino prodotto dalle vigne pre-fillossera era nettamente migliore; agli anziani affiorano i loro ricordi nei quali affermano che i loro padri raccontavano “delle virtù del vino di allora era molto meglio! I vini hanno perduto una parte della loro identità infatti i  porta  innesti operano come un filtro tra il suolo e l’uva.

La resistenza della vite alla fillossera è legata a:

  • Resistenza intrinseca:
    • vario grado di ricettività delle radici per l’insetto, in relazione al sapore dei loro succhi;
    • vario grado di resistenza dei tessuti agli agenti.
  • Resistenza estrinseca:
    • legate a condizioni e natura del terreno;
    • vi sono terreni quasi del tutto refrattari alla filossera, quali i sabbiosi (sabbie antifillosseriche), nei quali l’afide non può diffondersi per motivi svariati, fra cui le lesioni che i granellini di sabbia possono causare ai delicati tessuti delle neonate, ma soprattutto per l’impossibilità di spostarsi nei terreni sabbiosi e perciò di estendere le

Terreni antifillosserici con vite franco di piede o vigneti pre-fillossera

Questi terreni si trovano in Italia in diverse aree dove ci sono particolari caratteristiche: terreni vulcanici abbastanza acidi, suoli sabbiosi, vigneti in altitudine, sopra i 1200 mt (Valle d’Aosta ed Etna, tanto per citare i primi che mi vengono in mente) in quanto il freddo uccide la fillossera. Ricordiamo in Valle d’Aosta il Priè Blanc, il Carignano del Sulcis in Sardegna, l’Alicante sull’Etna, Casavecchia e Piedirosso in Campania, il Rossese Bianco in Liguria, ecco un piccolo elenco dei vini che ho assaggiato e che lasciano un ricordo molto vivo della loro profondezza di aromi sempre legati al terroir ed in modo molto fine.
In Francia della questione a piede franco ne fanno addirittura una menzione sull’etichetta è il caso delle Vieilles Vignes Francaises della Bollinger, Broux un piccolo Clos, cioè un vigneto circondato da muretti, è stato piantato secondo le norme dell’epoca pre fillossera: con una densità di impianto di 19000 ceppi per ettaro contro gli odierni 10000.
Nel 2003 il clos ha fatto nascere la sua prima cuvée, pochi grappoli per pianta, acini molto piccoli; Ludovic Guillot afferma: per il suo primo millesimo siamo rimasti sorpresi dall’equilibrio e dalle qualità aromatiche. Anche Philippe Charlopin, dell’omonima azienda situata a Gevrey Chambertin a Marsannay, nel nord della Cote des Nuits, ha sperimentato la vigna a piede franco.
Ebbene ecco cosa racconta: Le vigne sviluppano molte più radici che vanno in profondità e fanno degli acini e grappoli molto piccoli. Si ottiene un migliore equilibrio dell’uva. Basta masticare un acino prima delle vendemmie, per capire la differenza. Anche il Domaine Leflaive sta effettuando una sperimentazione con lo Chardonnay. Ma allora perché non reimpiantare i nostri vigneti con queste viti pre fillossera?

L’impianto di una vigna non innestata potrebbe riuscire, soprattutto nei primi anni di vita, ma potrebbe anche fare aumentare la popolazione di fillossera. Se il vigneto rimane isolato, va bene ma se i vari vigneti di questo tipo si moltiplicano c’è il serio rischio dell’aumento dell’afide con seri danni per tutti i vigneti.
Ricordiamoci del caso della California quando hanno dovuto impiantare nuovamente molti vigneti perché le barbatelle non erano abbastanza resistenti. A distanza di secoli dalla sua prima apparizione, il problema Phylloxera non ha ancora una soluzione.
Per continuare nella nostra carrellata dei terreni resistenti alla fillossera e, terminiamo, parliamo della coltivazione della vite in Sud America furono i conquistatori spagnoli, prima in Cile nel 1548 e poi in Argentina nel 1551.
Tra il 1600 e il 1700 lo sviluppo della coltivazione di viti fu rapido, tanto che la vallata di Maipo venne descritta come “Un vasto giardino, dove si coltivano tanti tipi di cereali, verdura, frutta e una gran quantità di vigne che danno ottimi vini”.

Un’altra testimonianza importante è quella del capitano John Byron che nel 1758 naufragò con la sua nave sulle coste del Cile: “Le fattorie e le tenute sono molto pittoresche e coltivano soprattutto olivi e viti. La mia opinione è che i vini del Cile sono buoni quanto quelli di Madeira. Si producono vini in quantità così grande, che i prezzi sono molto bassi”. Due dichiarazioni che testimoniano quanto, già all’inizio, fosse importante per il Sud America questo tipo di coltura.
Dopo la liberazione dalla Spagna, si importarono talee da Bordeaux e, grazie al fatto che queste vennero importate prima che la fillossera infettasse i vitigni europei, il Cile è uno dei pochi paesi al mondo che rimase illeso dalla terribile afide. Ancora oggi le viti sono impiantate su piede franco (si chiamano così le viti che non hanno un innesto americano), grazie anche alla posizione geografica e al clima: protetta dalle Ande a est, dal deserto caldissimo e sabbioso a nord (la sabbia blocca la diffusione dell’afide), dall’Antartide a sud e dall’oceano Pacifico a ovest.

La differenza tra una vite a piede franco e una innestata è sicuramente la longevità (della prima), di conseguenza una qualità migliore e una maggiore concentrazione di profumi nelle uve.
A causa della situazione politica, il Cile per tanti anni è stato isolato dagli altri paesi. Questa situazione ha portato ad una chiusura e quindi ad una stagnazione delle tecniche di coltivazione, che rimasero quindi obsolete. La svolta si ebbe negli anni ’90 quando la situazione politica cambiò e i vignaioli cileni iniziarono ad osservare il resto del mondo e, soprattutto, a farsi aiutare da enologi esperti. Per un bel po’ di tempo vennero utilizzate entrambe le tecniche: fermentazione e invecchiamento, come da tradizione, in tini di legno di faggio cileno (che davano vini con una leggera ossidazione) per il mercato interno e fermentazione in tini d’acciaio con il controllo computerizzato della temperatura (che davano vini fruttati e dal sapore più “moderno”) per il mercato d’esportazione.
Alla fine, com’era normale che succedesse, i viticoltori cileni decisero di abbandonare le tecniche tradizionali e di cedere alla modernità: nel nord America e in Europa arrivano ora vini fruttati e soprattutto a buon prezzo, tanto che ormai il Cile è diventato uno dei produttori di vino più importanti del mondo.

Anche l’Argentina ha una buona tradizione enologica, grazie soprattutto ai Gesuiti che nel ‘500 fondarono delle missioni ai piedi delle Ande, comprendendo subito che la zona era perfetta per la viticoltura. Il problema dell’irrigazione, vista l’aridità del terreno, venne risolto con la costruzione di laghi artificiali e di canali di irrigazione: i pionieri furono così in grado di produrre vino per coprire il fabbisogno della popolazione.
Come il Cile, anche l’Argentina ha col tempo accolto nuove tecniche non solo di coltivazione, ma anche di irrigazione, che le hanno permesso di raggiungere le altre grandi nazioni produttrici di vino.
Un altro elemento in comune con il Cile è l’assenza della fillossera. Infatti anche qui i vitigni sono a piede franco, grazie alla posizione relativamente isolata in cui si trova e soprattutto grazie ai terreni sabbiosi che, come abbiamo già detto, bloccano la diffusione dell’afide.

Siti consultati:

  • wikipedia.it
  • teatronaturale.it
  • ilvinoconadri.com
  • htttps//vinieterroir.co

Bibliografia:

  • Dalmasso, Eynard – Viticoltura Moderna – Hoepli Editore Milano
  • Pollini, Ponti-Laffi – Insetti dannosi alle piante da frutto – Edizioni L’Informatore Agrario

Gennaro Pisciotta, laureato in Scienze e Tecnologie agrarie all’Università G. Marconi – Facoltà di Scienze e Tecnologie Applicate di Roma, è Agrotecnico ed Enologo libero professionista e docente presso l’ISIS Falcone” di Pozzuoli (Napoli). Curriculum vitae >>>