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Salvaguardia del patrimonio arboreo a Firenze

di Paolo degli Antoni

In forza della Delibera di Consiglio n.58 del 21/12/2016, su tutto il territorio comunale di Firenze devono essere salvaguardati gli alberi, piantati o spontanei, aventi circonferenza al colletto, misurata a terra “vuoto per pieno” sopra corteccia, superiore a 30 cm.
Molte aree del territorio fiorentino sono state riconquistate da vegetazione spontanea, nell’attesa della conclusione di contenziosi pluridecennali, di procedimenti fallimentari, della bonifica di terreni contaminati o di favorevole congiuntura di mercato; in questi terreni si è insediata una flora arborea spontanea, in pianura con prevalenza di pioppi bianco e nero, salice bianco e salicone, e si è accresciuta la dotazione arborea delle colture agrarie pregresse, abbandonate, con prevalenza di olmo e acero campestri e di specie/cultivar diverse del genere Prunus. Durante la vigenza del presente piano operativo del Regolamento Urbanistico, molti esemplari della suddetta flora spontanea e post-colturale supereranno i 30 cm di circonferenza al colletto.
Sono esclusi dal campo di applicazione del regolamento gli individui di specie arboree infestanti ed invasive, a titolo esemplificativo Robinia pseudoacacia e Ailanthus altissima, alle quali sarebbe opportuno aggiungere, già dopo una prima ricognizione, Acer negundo e Ligustrum lucidum.
Le superfici derivanti da demolizioni di fabbricati non seguite da edificazione (es. ex FIAT Novoli e Belfiore-Marcello) si presentano come terreni minerali eterogenei, ghiaiosi, sabbiosi e argillosi, dunque in qualche modo somiglianti ad alluvioni fluviali, specialmente se, per effetto di scavi, la falda freatica affiora o si avvicina alla superficie (cfr aree estrattive di pianura abbandonate); si insediano dunque habitat naturali riconducibili al tipo H027 del Repertorio Naturalistico Toscano, con pioppi e salici, che crescono velocemente e prontamente chiudono le chiome in ampi tratti, impedendo così l’insediamento di specie caducifoglie eliofile infestanti; le laurifille riescono invece a insediarsi sotto copertura, ma raro risulta l’autoctono alloro, mentre abbonda l’esotico Ligustrum lucidum.

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Le specie presenti nei vicini giardini e nelle alberature stradali si insediano con qualche esemplare (es. Acer negundo, Nerium oleander, Pinus pinea, Pruns spp.).
Le porzioni dei terreni pianeggianti che rimangono privi di vegetazione arborea sono colonizzate da specie erbacee, ospitano talvolta la biennale Inula viscosa dal profumo resinoso e dai gialli fiori autunnali, e facilmente divengono col tempo canneti.
Quando e dove esigenze di sicurezza impongono la periodica asportazione dello strato più basso della vegetazione, le specie più pollonifere, come l’ailanto, la robinia e l’olmo campestre, si diffondono velocemente in reazione al taglio, e con loro rovi e vitalba. A quel punto la successione vegetazionale è fortemente compromessa.
Nei terreni agricoli abbandonati in attesa di edificazione, i relitti della coltura segnano a lungo la vegetazione, come composizione specifica e come disposizione egli esemplari arborei, tipicamente in filari. Questa vegetazione è particolarmente suggestiva all’inizio della primavera, quando i fruttiferi inselvatichiti fioriscono di bianco e di rosa.

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Qualora e quando riprenderanno i lavori edilizi, per gli interventi su alberi non di proprietà comunale ad essi contestuali, il titolo abilitativo previsto dall’art.12 del regolamento dovrà essere allegato al titolo che legittima l’attività edilizia. Deve essere cioè preventivamente depositata Segnalazione Certificata di Inizio Attività SCIA (clicca qui per conoscere le procedure per l’abbattimento di una pianta privata a Firenze), corredata della documentazione tecnica indicata dalla Direzione Ambiente, inefficace se depositata in assenza dei pareri, nulla osta o atti di assenso comunque denominati, eventualmente necessari per poter eseguire interventi in aree sottoposte a tutela storico-artistica o paesaggistico-ambientale, o su alberi classificati come monumentali ai sensi della vigente normativa.

I progettisti dovranno dunque effettuare un rilievo completo della vegetazione arborea e arbustiva e proporre la compensazione degli esemplari abbattuti, anche con valenza sostitutiva degli stessi, prioritariamente nella stessa area d’intervento e possono prevedere, previi concreti esami di fattibilità e specifici accordi fra le parti, anche soluzioni che travalichino i confini di proprietà, interessando lo stesso suolo pubblico. Cosa non facile, dato che la pianificazione urbanistica vigente lascia ben poco spazio agli alberi, che dovranno in ogni caso essere piantati in piena terra (dunque non in fioriere o giardini pensili) nel rispetto delle distanze dai confini stabilite dal Codice Civile (salvo diverso accordo tra le proprietà confinanti), dal D.Lgs. 285/1992, dal DPR 495/1992, dal DPR 753/1980 e dai regolamenti comunali.

Il regolamento non aiuta i progettisti nella scelta delle specie da utilizzare per compensare gli alberi abbattuti, limitandosi all’art.11 c.3 a considerare adeguati gli interventi asseverati da tecnico professionista di settore, finalizzati alla permanenza, allo sviluppo e alla qualità del patrimonio arboreo. Sarebbe invece importante che la sostituzione degli esemplari avvenisse anche secondo una precisa significazione, naturalistica o culturale, secondo i casi, per evitare il perpetuarsi di quel giardinaggio intensivo caldeggiato dai vivaisti nel loro cataloghi sin dagli anni’70 e produttore di un verde ornamentale nelle nostre città spiacevolmente eterogeneo.

Nella città ottocentesca potrà proseguire, senza esagerare, quel gusto per l’esotico caratteristico della cultura romantica e tipico della coppia Poggi-Manetti, evitando tuttavia le più innovative ed eccentriche cultivar orticole, e le specie ancora non introdotte all’epoca (es. Parrotia persica), da confinare nelle collezioni botaniche scientificamente allestite.
Nella città recente, quella dal secondo dopoguerra a oggi, soprattutto nell’edificato a isolato aperto, sono invece consigliati criteri naturalistici, a sottolineare l’inedito impatto ambientale di simili espansioni urbane e il conseguente bisogno di lasciar penetrare in queste la vegetazione potenziale attesa nella piana, ispirata all’habitat H065 del Repertorio Naturalistico Toscano. Ben vengano allora nell’umida piana piantagioni di farnia, carpino, frassino meridionale, olmi resistenti alla grafiosi, ontano nero dove l’acqua ristagna, purché non di cultivar fastigiate, espediente troppo spesso adottato per consentire la contabilizzazione degli esemplari piantati trascurando la superficie coperta, vero indicatore della capacità di depurazione dell’aria e di mitigazione climatica.
Similmente, in collina si raccomandano roverella, leccio, sughera sui suoli adatti, acero campestre e orniello, specie che si ritrovano nella flora spontanea della città metropolitana, oltre alle cultivar nostrali di fruttiferi, meglio se di quelle tutelate dalla banca del germoplasma.
Sarebbe assai gradito se l’Ordine dei dottori agronomi e forestali pubblicasse linee guida in questo senso.

 

Paolo Degli Antoni: Laurea in Scienze Forestali, conseguita presso la facoltà di Agraria dell’Università di Firenze. Abilitazione all’esercizio della professione di Agronomo-Forestale. Già funzionario C.F.S. e collaboratore della Regione Toscana, è socio corrispondente dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali, scrive contributi scientifici di ecologia del paesaggio, biodiversità, storia, arte e antropologia del bosco. Suo oggetto privilegiato di ricerca è la rinaturalizzazione spontanea dei terreni abbandonati, in campagna e in città.