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Mendel: il genio che scoprì l’omozigosi

di Federico Vinattieri

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A sinistra – L’autore sotto la statua di G.Mendel al Monastero di Brno, in Repubblica Ceca
A destra – Cartellone commemorativo dedicato a Mendel all’ingresso del Monastero di Brno

La storia la scrivono gli uomini; uomini talvolta semplici, talvolta ribelli, uomini fuori dagli schemi, che sentono di dover portare avanti un ideale, una opinione, una loro convinzione, quasi sempre contro l’opinione pubblica, contro tutto ciò che è considerato “normale”, contro tutti insomma… Solitamente si tratta di uomini senza bramosie di potere, uomini che sono inconsapevoli di poter restare nei libri di storia, e che con le loro idee danno vita ad una rivoluzione, un cambiamento irreversibile, uomini che nella stragrande maggioranza dei casi diventano veramente famosi solo dopo la loro morte.
Come diceva Albert Einstein: “Solo quelli che sono abbastanza folli da pensare di poter cambiare il mondo, lo cambiano davvero”.

Questa è la storia di uno di questi uomini, un uomo geniale, un uomo umile all’apparenza, ma che celava in sé anche grandi ambizioni personali. Questo semplice uomo divenne un “gigante”. Parliamo di un personaggio che incomprensibilmente non viene studiato a fondo in ambito scolastico, se non quando si fa menzione di quelle che vennero poi battezzate le sue “leggi”. Si limita a quello tutto ciò che viene normalmente insegnato a scuola sul grande Gregor Johann Mendel.
Inconcepibile. Una delle mille imperfezioni del programma scolastico italiano… si concede spazio allo studio di nozioni o letture tradizionali e non si tramanda alle nuove generazioni l’operato di chi ha veramente plasmato il mondo in cui viviamo oggi.
Apro una piccola parentesi. Comprendo bene che non tutti i giovani siano interessati o portati alla scienza, ma se a scuola forse si limitasse il tempo dedicato agli infiniti e soventi dibattiti dedicati ai soliti “promessi sposi”, ecc… o comunque a letture che sono sì importanti, poiché parte integrante della nostra cultura, ma che annoiano a morte gli studenti, e si concedesse più tempo alla sperimentazione e alle “discipline empiriche”, forse l’interesse aumenterebbe, e allora Mendel non sarebbe più menzionato in un misero paragrafo a pagina 164 del libro scienza, sorvolando gran parte di ciò che ha scoperto per noi, ma avrebbe minimo un intero capitolo dedicato al lavoro che ci ha tramandato. Chiusa la parentesi.

La considerazione che dovremmo avere per questo uomo dovrebbe essere esponenziale. Si tratta di un vero genio, al pari di un Leonardo Da Vinci per l’arte e la tecnologia, o ad un Wolfgang Amadeus Mozart se si parla di musica.
Mendel rappresenta l’inizio di un nuovo mondo, di una nuova era, di una nuova mentalità, che ha portato l’uomo a stare attento non solo a quello che si vede, ma anche a quello che si cela dentro di noi e dentro tutti gli esseri viventi. La “rivoluzione mendeliana”, termine esatto a mio parere per quel che accadde, non ha solo rappresentato l’inizio della Genetica, ma ha anche cambiato per sempre la Botanica, la Medicina, la Biologia, la Zoologia, l’Etologia, e non dimentichiamocelo, ha fatto sì che noi allevatori potessimo arrivare a selezionare con criterio le tantissime razze e varietà odierne che tutti conosciamo.
Prima di Mendel si osservava il PRESENTE, dopo Mendel si iniziò a prendere nota del PASSATO per prevedere il FUTURO. Questo è il concetto chiave. Ditemi voi se questa non è una vera rivoluzione!!

Prima di darvi una “infarinatura” generale e sintetica delle sue scoperte, vediamo di entrare nel personaggio e parliamo un po’ di chi era veramente il nostro G. Johann Mendel.
Pochi sanno la sua vera storia. Viene sempre riportato poche righe riguardo la sua adolescenza e la sua formazione, anche se questa è senza dubbio il prologo per quello che lui avrebbe scoperto successivamente. Al contrario di quanto viene normalmente tramandato, le sue prime esperienze di studi non furono basate sulle piante di piselli, bensì sulle api, avendo lui svolto anche l’attività di apicoltore, mentre era studente al ginnasio di Troppau (attuale Opava), studi che non furono continuativi per motivi di salute. Veniva da una famiglia di contadini che viveva nella cittadina di Heinzendorf, in Moravia, nel pieno dell’Impero asburgico. Durante l’adolescenza lavorò anche come giardiniere, da qui la sua dimestichezza con la coltivazione delle piante.

Le sue geniali scoperte sono certamente una conseguenza della sua innata predisposizione alla scienza, ma anche una conseguenza della sua preparazione, e questo il giovane Johann lo doveva soprattutto a gli aiuti finanziari della sorella Theresia, una delle sue due sorelle, la quale lo aiutò sempre durante gli studi. Grazie appunto alla sorella riuscì nel 1840 ad entrare nell’Istituto filosofico di Olmütz (attuale Olomouc). Le sue discipline predilette erano la botanica, la matematica e anche la meteorologia. Nell’anno 1843 iniziò il suo percorso all’interno dell’Abbazia di San Tommaso, nella grande città di Brno. Divenne uno degli adepti dell’Abate Cyrill Napp. Al contrario di quanto si possa pensare, nel Monastero non era mal visto colui che voleva studiare la scienza, anzì, questa pratica era considerata un impegno accademico concreto e quindi anche una singolare forma di orazione. Mendel quindi ebbe il tempo di cimentarsi in studi delle materie che più preferiva. Raggiunse la laurea in due materie: in matematica e in biologia. Il giorno 06 agosto del 1847 prese i voti e fu ordinato sacerdote. Dal 1849 insegnò alla scuola media della cittadina di Znoimo. Dopo molti tentativi finalmente riuscì a superare l’esame per ottenere il titolo di professore, e nell’anno 1851 iniziò il suo percorso in ambito universitario come assistente di fisica.
Quando un incontro può cambiarti l’esistenza e ti può portare su strade a te ignote e fino a quel momento impercorribili per svariate barriere… questo accadde a G. Mendel nel 1853, quando, quasi per caso, incontrò il fisiologo e paleontologo austriaco Franzi Urger e anche il fisico e matematico tedesco Andreas von Ettingshausen, i quali gli cambiarono totalmente la visione della vita. Entrambi questi personaggi erano considerati dei luminari e dei grandi scienziati, ma la storia si sà è paradossale, perché quei due personaggi mai avrebbero pensato che quello spavaldo assistente di fisica, apparentemente normale, come tanti altri, li avrebbe messi nell’ombra per ciò che avrebbe scoperto negli anni successivi.
Non mi resta che pensare ironicamente: forse se avessero saputo chi sarebbe diventato quel giovane, divenuto poi uno dei più importanti geni di tutti i tempi, non avrebbero concesso tanto generosamente le loro conoscenze? Gli scienziati, è noto a tutti, sono talvolta gelosi del loro sapere, e questo è uno svantaggio per tutti.

Ma torniamo al nostro Gregor che acquisì da Urger le tecniche avanzate sulla pratica dell’impollinazione artificiale e da Von Ettingshausen i fondamenti della teoria combinatoria.
Nel mese di luglio del 1853 il nostro Mendel, cresciuto e oramai uomo, dopo parecchi anni trascorsi nella grande città di Vienna, fece ritorno a Brno da professore di scienza. Ed è qui che Mendel divenne MENDEL.
Dedicò gran parte della sua vita alle sperimentazioni sulla genetica naturale. La ricerca divenne la sua ragione di vita e anche la sua principale attività lì al Monastero. Pubblicò vari articoli, testi, dedicati al clima, e all’orticoltura. Quasi per caso arrivò alle prime concrete scoperte sulla ereditarietà.
Bisogna pensare che negli anni in cui Mendel scrisse, quelle che poi vennero definite “leggi” della genetica, non si conosceva ancora la struttura cellulare, non si conosceva il DNA, non si conosceva come venivano tramandate le caratteristiche alle generazioni future. Il “meccanismo dell’ereditarietà”, questa in sostanza è la materia su cui si è concentrato il genio di Mendel.
Durante i suoi studi ben 28.000 piante di piselli furono analizzate. La sua modalità di studio era semplicissima: si basò esclusivamente sull’osservazione di ciò che succedeva di fronte ai suoi occhi. Semplice e chiaro calcolo statistico-matematico della probabilità. L’ibridazione è stata la chiave per i suoi studi. Fece tesoro di ciò che aveva appreso sull’impollinazione, attuò questa pratica e ne valutava i prodotti; impegnò diversi anni ad elaborare i dati che aveva raccolto nei suoi scritti, fino ad arrivare a redigere le basi della genetica. Scoprì l’esistenza dell’allele, dell’omozigosi, nozioni che oggi diamo per scontate, ma che erano concetti assolutamente occulti per quei tempi. Vi rendete conto? L’omozigosi! Scoperta in un’era in cui lo scetticismo scientifico era all’ordine del giorno. L’omozigosi è il fondamento per tutti noi allevatori, conoscenza che ci ha permesso di creare tantissime razze, di fissare mutazioni, di debellare patologie, di arrivare al raggiungimento di obiettivi selettivi che senza questo concetto sarebbero stati inarrivabili.

Ma è bene fare un piccolo ripasso di questa condizione genetica, che è forse la più grande scoperta di Mendel, e io personalmente toglierei il “forse”.
L’omozigosi non è altro che l’esatto opposto dell’eterozigosi, ossia è la condizione in cui ognuno dei due o più alleli dello stesso gene, presenti in ciascun cromosoma omologo, codificano in maniera identica.
Spiegato così sembra incomprensibile, ma è un concetto facile da capire. Se si frammenta il DNA, si assiste alla suddivisione dei cromosomi, ogni specie possiede ne un numero ben definito. Ogni cromosoma è formato da geni. Ogni gene è inserito in una precisa posizione del cromosoma, detta “locus”. Ogni coppia di geni presenta identica sequenza nucleotidica, in cui può comparire due varianti di un medesimo carattere, queste forme di uno stesso gene si chiamano “alleli”. Se i due alleli sono identici, l’organismo è “omozigote” per quel carattere, se sono differenti invece è detto “eterozigote”. Un aumento dell’omozigosi è dato dall’aumento della consanguineità. Queste ultime righe sono la chiave per applicare la selezione in un qualunque allevamento zootecnico.

Quando Mendel decise di esporre ciò che aveva scoperto ad alcuni accademici, biologi, chimici, botanici, e anche a medici, questi rimasero increduli e non riuscivano a comprendere il suo lavoro. Vi furono ben due conferenze, i giorni 8 febbraio e 8 marzo dell’anno 1865, dove G.Mendel condivise le sue tre “leggi” con vari scienziati, ma non trovando soddisfacente tale colloquio, decise di pubblicare un testo, dal titolo “Esperimenti su ibridi di piantine”, con una tiratura molto bassa, che poi, astutamente, inviò a tutti gli scienziati europei più noti. Fu contattato dal Professor Karl Wilhelm von Nägeli, botanico di Monaco, il quale fu colpito da quelle incredibili scoperte scientifiche e con il quale iniziò un rapporto duraturo, soprattutto per corrispondenza.

Venne poi investito del titolo di “Abate”, ed è qui che iniziò un vero calvario per questo scienziato. Il Governo austriaco impose delle tasse gravose per i monasteri, che misero a dura prova anche questo Abate appena nominato, il quale perse gran parte dei suoi risparmi e anche molti dei suoi fidati amici, che non compresero questo suo schierarsi contro il governo che aveva emanato queste leggi, a suo parere ingiuste.

In molti testi vengono descritti gli ultimi anni di vita di Mendel come anni felici, trascorsi ad aiutare i propri nipoti, che con i suoi continui aiuti in denaro, riuscirono anche a prendersi una laurea in medicina, ma questo apparente periodo felice non è del tutto veritiero, poiché in Mendel, nonostante il suo apparente entusiasmo di vita e umorismo, vi è sempre stata una vena malinconica e nostalgica, dovuta anche all’amarezza di non essere arrivato dove avrebbe voluto, ossia all’immortalità professionale per ciò che era riuscito a scoprire con i suoi studi, cosa che avvenne poi solo dopo la sua morte.
Nella sua vita in fondo sono stati più i fallimenti dei successi, e forse neanche lui stesso riuscì a comprendere l’importanza “stratosferica” di quanto aveva capito, nella semplicità di una piccola coltivazione di piantine.
Gregor Johann Mendel morì per una forte infiammazione renale il giorno 6 gennaio dell’anno 1884, la sua tomba è tutt’oggi visibile nel cimitero della città di Brno.

Questo mio modestissimo omaggio ad un personaggio storico, che tutti dovremo ringraziare e considerare di più, vuole anche lanciare un messaggio a tutti gli insegnanti di scienza, i quali sembrano essere sempre restii ad assumersi l’impegno di concedere alla figura di Gregor Mendel un posto tra i grandi della storia dell’umanità, tramandando solo la figura del frate che studiando degli ortaggi ha scritto tre leggi genetiche, invece di trasmettere la memoria di un uomo fautore di un’impresa di rilevanza scientifica assoluta, che ha plasmato gran parte delle discipline che oggi studiamo.

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Gregor Johann Mendel (fonte immagine: biografieonline.it)

Federico Vinattieri è un appassionato allevatore cinofilo, ornitofilo e avicoltore (titolare Allevamento di Fossombrone – www.difossombrone.ithttp://lupi.difossombrone.ithttp://ornitologia.difossombrone.it). Curriculum vitae >>>