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Alcune nozioni sull’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena

di Simone Caselli

aceto balsamico tradizionale di modenaAceto Balsamico Tradizionale di Modena Dop

L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, prodotto nell’area degli antichi domini estensi, costituisce una realtà unica al mondo per molteplici fattori, quali il lunghissimo invecchiamento, le uve tipiche coltivate da secoli nella zona di origine e il metodo di produzione antico ed unico.

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Le Uve

Le uve usate: trebbiano (Modenese, di Spagna), lambrusco (le 3 DOC: Graparossa, di Sorbara, Salamino o Santa Croce) e lancellotta, vengono lasciate surmaturare fino all’ultimo sole autunnale …queste, cariche di profumi e ricche di zuccheri, vengono pigiate dolcemente, in modo soffice, evitando che i vinaccioli, contenuti nell’acino, venendo rotti cedano tannini grezzi. Rimanendo nella tradizione, come si addice a questo nobile prodotto, il metodo migliore di pigiatura sarebbe l’antica pratica a piedi nudi. Come è naturale immaginare questo è possibile e consigliabile solamente nel caso in cui si parli di una produzione famigliare e per modeste quantità di uva. Sicuramente è più indicato utilizzare pigiatrici a rulli distanziati facendo seguire una torchiatura non eccessivamente spinta.

trebbiano aceto vino
Grappolo di Trebbiano

Il Mosto

Il mosto così ottenuto viene successivamente cotto a fuoco diretto e a cielo aperto, fino ad ottenere la concentrazione zuccherina desiderata. La storia ci racconta di come in passato la sorgente di calore fosse alimentata con legna e che il contenitore (caldaia) in cui cuoceva fosse di rame. Oggi alla legna si preferisce il Gas perché garantisce una migliore e più uniforme cottura. Le caldaie hanno le vasche in acciaio inossidabile, più stabile e sicuro per la salute viste le alte temperature raggiunte durante la cottura. La procedura, nonostante questi aggiornamenti, è rimasta la medesima che si è tramandata sino ad oggi, di generazione in generazione, insieme all’amore e alla passione per un qualcosa che non si può definire semplicemente “Barile di Balsamico”, in quanto testimone del passare del tempo e dei sentimenti che ne hanno accompagnato la sua maturazione. Risulta inevitabile sviare nel poetico anche se ci troviamo di fronte a semplici trasformazioni naturali.

La Cottura

La cottura del mosto è sicuramente un’altra fase fondamentale per l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena. Come per la vendemmia e la successiva pigiatura, anche una corretta cottura permetterà al mosto di arrivare al momento dell’invecchiamento senza spiacevoli inconvenienti.

Questa operazione, che deve avvenire prima che si inneschino le fermentazioni, consiste nel portare il liquido (mosto crudo) contenuto nella vasca della caldaia a temperatura prossima all’ebollizione (circa 90°C). La corretta temperatura si potrà verificare sia con l’utilizzo di un termometro (adeguato alle alte temperature) o come si faceva in passato controllando la superficie del liquido che sarà caratterizzata da moti convettivi che generano il tipico “grillare” del mosto. A questo punto è necessario mantenere costante la temperatura (evitando così di trasmettere al mosto il sapore amaro detto di “strino”) e mediante un mestolo schiumare la superficie eliminando le parti solide, impurità riaffiorate.

Il tempo necessario per ottenere un buon mosto cotto va normalmente dalle 10 alle 16 ore consecutive di cottura, al termine delle quali la concentrazione zuccherina sarà intorno ai 28-34° Babo. In questo caso possiamo parlare di mosto mediamente ridotto, adatto per i rincalzi delle batterie in quanto svilupperà, a seguito della fermentazione alcolica, un buon livello di acidità.
Un mosto che, a seguito di cottura, raggiunga una concentrazione zuccherina che va dai 24-26° Babo si definirà poco ridotto e avrà un alto valore di acidità.

Un’ultima considerazione è da farsi per quei mosti che avranno un valore di zuccheri oltre i 34° Babo. Questi sono mosti molto ridotti che potranno essere usati per correggere eventualmente eccessi di acidità, anche se va tenuto presente che stiamo pur sempre parlando di Aceto. Una buona acidità Balsamica è una cosa da auspicarsi.
Va detto che le diverse concentrazioni a cui verrà portato il nostro mosto sono legate a esigenze personali, dettate dalla situazione delle singole batterie, come dal grado zuccherino delle uve raccolte. Sarà l’esperienza del conduttore di acetaia a determinare i tempi più o meno lunghi.
Normalmente il mosto crudo da cui partiremo verrà ridotto tra 1/3 e ½ della sua quantità iniziale.
Lasciato poi raffreddare verrà filtrato ed infine messo a dimora nei barili dell’Acetaia.

L’Acetaia

Tipicamente questo locale è il luogo in cui l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena riceve quelle attenzioni, nate da un sentimento di passione e rispettosa ammirazione, che gli permetteranno di maturare ed invecchiare in maniera unica. L’Acetaia è da sempre collocata nel sottotetto di casa, poiché le condizioni ambientali, caratterizzate da una forte escursione termica fra l’estate e l’inverno, creano un perfetto microclima che favorisce la vita e l’evoluzione dei microrganismi (lieviti e acetobatteri) contenuti, prima nel mosto cotto, poi nell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.

In particolare le alte temperature estive consentono ai lieviti e agli aceto batteri di lavorare e attuare le trasformazioni fisico-chimiche. L’inverno, invece, permette la decantazione del prodotto, favorendo la discesa delle parti solide generatesi durante la fase estiva sul fondo del barile creando quel sedimento che anno dopo anno diverrà la “madre” di un ottimo Balsamico Tradizionale.

Importante è altresì creare un’areazione continua, uno scambio di ossigeno, vitale per gli aceto batteri nella fase di biossidazione acetica. Per questo gli abbaini dei sottotetti o le finestre non sono mai chiuse, ma rimangono socchiuse, soprattutto durante le belle giornate di sole. Allo stesso modo il foro nella parte alta del barile (cocchiume) è coperto da una semplice garza mantenuta ferma dal tappo che non andrà a sigillare, ma rimarrà leggermente ruotato in modo, appunto, da favorire lo scambio di ossigeno.

La Batteria

L’insieme dei vaselli, in cui è a riposo il Balsamico Tradizionale, è denominata “BATTERIA”. Questa è formata da almeno cinque botticelle di legni e dimensioni diverse, a scalare. Per ciò che riguarda i legni utilizzati, abbiamo la Rovere, il Castagno, il Frassino, il Gelso, l’Acacia, il Ciliegio e il Ginepro. Per quest’ultimo va detto che il suo utilizzo è molto ponderato in quanto, legno decisamente speziato, dona al Tradizionale sapori e profumi che per essere apprezzati nella loro pienezza richiedono un adeguato invecchiamento. Il consiglio che normalmente viene dato è di tenere il barile di Ginepro fuori dalla batteria. Alimentandolo direttamente, evitando i travasi normali.

Nel comporre una batteria la scelta dell’essenze dei legni è fondamentale, quanto ovviamente la loro qualità (es. assenza di nodi nelle doghe). Generalmente si tende a utilizzare legni più teneri, porosi (Ciliegio, Gelso) per le botti più grandi (Testa della Batteria) poiché favoriscono l’evaporazione attraverso un buon scambio di ossigeno, necessario nel momento delle fermentazioni. Viceversa per le botti più piccole (Coda della Batteria) si usano legni duri (Rovere e Robinia) che con il loro basso coefficiente di evaporazione, bene si adattano alla fase di invecchiamento del prodotto. Infine nella parte centrale della Batteria i legni semi-duri (Castagno, Frassino) si occupano della fase di maturazione.
Bisogna precisare che trattandosi di un prodotto che vive di tradizione e che nel tramandarsi di generazione in generazione, trova la sua magica formula di vita eterna, non si possono definire delle regole rigide e inflessibili. Per questo motivo non è impossibile che nelle antiche acetaie di famiglia, si possano trovare batterie composte da legni in sequenze diverse da quelle appena descritte.
La capacità di ogni batteria va vista analizzando singolarmente i vari barili che la compongono, solitamente il barile di testa, il più grande di dimensione, raggiunge capacità di circa 50 lt mentre il barile di coda, il più piccolo, di 10 lt.

Fino ad ora abbiamo visto il modo per ottenere il nostro mosto cotto, abbiamo accennato al luogo ideale in cui mettere a dimora i barili, descritto quali legni caratterizzino le tre fasi (Fermentazioni-Maturazione-Invecchiamento) che dal mosto cotto ci portano all’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, ora vedremo come è possibile avviare una nuova batteria.

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Batteria

Avviamento di una Batteria

Preparazione delle Botticelle

La prima cosa da farsi è preparare le botticelle nuove tramite una prima fase di purificazione (Sgallatura) e la successiva di Acetificazione. In un primo momento, utilizzando acqua bollente e sale da cucina, si andrà a riempire il barile lasciandolo così per diverse ore. Trascorso questo periodo si vuoterà il barile risciacquandolo con un buon aceto di vino bollente in modo da levare residui della prima soluzione. In un secondo momento quando il barile sarà asciutto lo si potrà collocare in Acetaia dove lo si riempirà al colmo con un buon aceto di vino dall’elevata acidità (8-10gradi). In questa fase, che durerà da 6 a 12 mesi, detta di Acetificazione le doghe del barile si imbibiranno di aceto che andrà ulteriormente a “lavare” i tannini grezzi del legno.

Terminate queste operazioni la batteria è pronta per essere avviata e custodire il Balsamico Tradizionale. Non rimane altro da fare che procurarsi il mosto cotto (di cui abbiamo parlato in precedenza), attendere il periodo dell’anno adatto e decidere il metodo di avviamento più idoneo, anche in funzione delle “ricette” che si sono tramandate nel tempo all’interno della famiglia.

Periodo dell’Anno

Il momento migliore è quello che coincide con la fine del riposo invernale dei microrganismi e la conseguente decantazione del prodotto (ovviamente per batterie già avviate). Vale a dire durante il periodo primaverile (primi giorni di marzo). Infatti è in questo periodo che le temperature riprendono ad aumentare riattivando la vita dei microrganismi (lieviti e aceto batteri). Quest’ultimi al di sotto dei 10°C vanno, per così dire in “letargo”, fino a quando la temperatura non si ristabilizzerà sui 15°C portandoli al ”risveglio” che culminerà con un intensa attività microbica nei mesi di Luglio-Agosto con temperature che comunque non dovrebbero salire oltre i 32-35°C, causa un rallentamento della loro attività.

Metodi di avviamento

La fase che andiamo a descrivere è certamente molto importante e come tale racchiude in sé tutte le esperienze di chi, prima di noi, ha custodito, prendendosene cura, il Balsamico Tradizionale. Si potrà per tanto capire quanto, nel limite della tradizione, risulti facile avere delle “ricette” molto personali. Ciò non toglie che si possano individuare delle linee guida per potersi muovere secondo tradizione.

Un primo modo, prevede l’utilizzo di mosto cotto mediamente ridotto (30-32° Babo), con la fermentazione alcolica già avviata e di aceto di mosto di buona qualità, ricco di lieviti e aceto batteri con acidità intorno ai 5-6° acetici. Una volta pronte le botticelle, si procederà immettendo al loro interno 2/3 di mosto cotto e aggiungendo, successivamente, 1/3 di aceto di mosto, portando però il riempimento dei barili a ¾ della loro capacità. Ciò significa che in ogni singolo barile rimarrà una intercapedine di aria, necessaria per la vita degli aceto batteri, che essendo microrganismi aerobici, lavorano in superficie a contatto con l’ossigeno. Viene consigliato di tenere circa un quarto della miscela immessa nei barili, da usarsi l’anno successivo in primavera come rabbocco per tutte le botticelle. In questo modo si arriverà ai tradizionali travasi e rincalzi a partire dal terzo anno; rincalzo che avverrà nel barile di maggiori dimensioni con mosto cotto d’annata.

Un’altra possibilità per l’avviamento consiste nell’avere a disposizione una botte di dimensioni pari a 200-250 Lt. definita “Botte Madre”. Questa consentirà di avere dell’ottimo prodotto già acetificato, che fungerà da innesto (in quanto ricco di microrganismi) per il mosto cotto, necessario per il rincalzo annuale. In questo secondo caso i travasi potranno iniziare dal secondo anno. Mentre da questo punto in poi per il rincalzo della botticella più grande della batteria, si utilizzerà il prodotto contenuto nella “Botte Madre”, che a sua volta sarà rabboccata con il mosto cotto già fermentato.

Un ultimo metodo, tra quelli più conosciuti, è definito come “metodo Vezzelli”. Utilizzando del buon aceto di mosto, si riempiono tutti i barili a 4/5 della loro capacità. Si lascerà passare un anno e alla primavera successiva, utilizzando come rincalzo il mosto cotto, si porteranno i livelli dei singoli barili a ¾ della loro capacità. Questo rincalzo annuale, diretto, verrà ripetuto per quattro anni, dopo i quali si procederà con i normali travasi annuali, di barile in barile, con un rincalzo nel barile di testa (di capacità maggiore) di mosto cotto mediamente ridotto.

Interventi in Acetaia: Prelievo – Travaso – Rincalzo

Ogni anno nel periodo successivo alla vendemmia e alla cottura del mosto nelle vecchie acetaie di famiglia giunge il momento dei “Travasi” e “Rincalzi”. In questa fase di vita dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, che si effettua dopo i freddi dell’inverno, avviene un’operazione tanto singolare quanto unica; infatti grazie alle alte temperature estive raggiunte in acetaia l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena si trasforma, sviluppa la caratteristica acidità ed a seguito di una evaporazione, aumenta la sua concentrazione zuccherina diminuendo la sua quantità nel barile. Quindi si rende necessario un ripristino del livello iniziale di Aceto. Per fare ciò il conduttore di acetaia inizierà a travasare il prodotto da un barile all’altro, con molta cura e cautela, partendo con il prelievo dal secondo barile ed immettendo la quantità necessaria nel primo (barile di coda), proseguendo con lo stesso criterio per le restanti botticelle. Al termine dei “Travasi” il barile di testa sarà a sua volta riportato a livello con l’aggiunta (“Rincalzo”) di mosto cotto ottenuto dall’ultima vendemmia o ,nel caso vi sia, contenuto nella “Botte Madre”. L’importanza di questa operazione è basilare perché avvengano nel Balsamico tutte quelle trasformazioni microbiche che lo porteranno ad assumere quelle caratteristiche tipiche di armonia di sapori ed ineguagliabile sinfonia di profumi.

Il periodo più consono per queste operazioni si può stabilire, come lo si è fatto per l’avviamento di una batteria, nei mesi successivi l’inverno, il primo periodo della primavera quando ancora la temperatura non sia risalita oltre i 10°C.

Le Fasi del Tradizionale: Fermentazione – Maturazione – Invecchiamento

A dimora nei barili delle singole batterie, il prodotto vivrà diversi stadi prima di raggiungere l’ambito riconoscimento di “Tradizionale”, ognuno dei quali caratterizzato da particolari circostanze chimico fisiche.

Possiamo parlare di tre fasi di evoluzione, che si collegano ad altrettanti settori nella batteria: i primi due/tre barili (quelli di testa) si legano alla fase di Fermentazione caratterizzata da una ricca presenza di lieviti e acetobatteri, vivi e in forze, capaci appunto di quelle trasformazioni atte a creare la “base” di un ottimo Balsamico Tradizionale. Nella parte centrale avviene la Maturazione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, fase in cui i lieviti e gli aceto batteri, avendo raggiunto ormai una buona maturità lavorativa, secondo un processo di autolisi, rilasciano enzimi. A quest’ultimi possiamo attribuire la funzione di trasformare gli iniziali sapori e profumi tipici del mosto in fermentazione, in quelli caratteristici di un Balsamico Tradizionale. Nell’ultima fase, quella dell’Invecchiamento, quei sapori e profumi appena visti, raggiungeranno un livello di armonia tale da risultare equilibrati e, allo stesso tempo, ricchi in intensità, di una pienezza e persistenza, avvolgenti sia al naso che al palato, lasciando poi la bocca pulita con una piacevole sensazione balsamica, agro-dolce. Quest’ultime trasformazioni avvengono nei barili di coda (i più piccoli) e necessitano di un lungo periodo d’invecchiamento che va da un minimo di 12 anni per l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena INVECCHIATO o AFFINATO e oltre 25 anni per l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena EXTRAVECCHIO. Solo al termine di questo invecchiamento sarà possibile prelevare dalla botticella più piccola (barile di coda) di ogni batteria una quantità massima di circa il 10-15% del contenuto totale di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.

Questo quantitativo viene poi conferito ad un Consorzio di Produttori di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, dove esperti degustatori, così come previsto dal disciplinare di produzione D.O.P., dopo un’analisi organolettica ne attesteranno la qualità e acconsentiranno alla sua commercializzazione.
Quest’ultima fase, della filiera produttiva, prevede che il prodotto venga imbottigliato in una bottiglietta unica e brevettata. Soltanto in questa bottiglietta può trovarsi il vero ed unico Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.

Un ciclo produttivo così curato e rispettoso della tradizione dà origine ad un prodotto finale altrettanto esclusivo e pregiato tale da non poter essere paragonato a nessun altro condimento acetico o aceto che si voglia.

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Acetaia Caselli – Spilamberto (Modena)

Simone Caselli gestisce l’Acetaia Caselli a San Vito di Spilamberto (Modena). Sito web:  www.acetaiacaselli.it