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La problematica dei nitrati nelle aziende zootecniche: basi teoriche e applicazione della normativa

di Daniele Puliti

La problematica dei nitrati nelle aziende zootecniche è oggi più che mai un argomento di grande importanza, dal punto di vista ambientale, ma anche sociale ed economico. Ma quali sono i problemi che derivano dai nitrati?
L’azoto è distribuito in diverse forme, organiche ed inorganiche, interconvertibili tra loro, nell’ambito di un complesso ciclo, detto “Ciclo dell’azoto”. L’azoto può entrare a far parte di numerose molecole in vari stati di ossidazione: si hanno così cinque forme (nitrico, nitroso, elementare, ammoniacale e amminico) che sono assunte in seguito a cinque trasformazioni:

  • Ammonificazione, che comporta la trasformazione dell’azoto organico in azoto ammoniacale
  • Organicazione, in cui le forme minerali, cioè nitrico e ammoniacale, sono immobilizzate dalle piante e legate a catene carboniose e quindi trasformate in amminoacidi
  • Nitrificazione, ossia l’ossidazione dell’azoto ammoniacale in nitroso (ad opera dei batteri Nitrosomonas) e quindi in nitrico (ad opera dei Nitrobacter)
  • Denitrificazione, che comporta la riduzione dell’azoto nitrico in azoto elementare
  • Azoto fissazione, che consiste nella riduzione, tramite la nitrogenasi, dell’azoto molecolare in azoto ammoniacale

Questo è uno schema generale del ciclo e quindi delle trasformazioni dell’azoto, sia in ambiente ossico che anossico.

Nitrificazione e denitrificazione

Queste trasformazioni hanno un inevitabile effetto sull’atmosfera, sull’acqua, sul terreno e sugli organismi viventi: questo principalmente a causa delle alterazioni causate da fenomeni di origine antropica.

  • NO3- e NO2-, dilavati dal terreno nelle acque, causano una forte crescita delle alghe che producono molto O2 di giorno (fotosintesi) che viene esaurito di notte (respirazione). Quando queste alghe muoiono, i batteri aerobi le degradano e consumano tutto l’ossigeno, causando la morte degli organismi acquatici; si formano così le Dead Ocean Zones (un esempio è il Mare dei Caraibi, nel quale sfocia il Mississippi che porta i fertilizzanti di moltissime piantagioni);
  • N2O nell’atmosfera è attivato da fulmini e aerei, e reagisce con l’ozono (O3);
  • NO provoca piogge acide che distruggono le foreste;
  • N2O, dopo la CO2, è la principale causa dell’effetto serra;
  • N2 prodotto dalla denitrificazione torna nell’atmosfera come gas inerte.

Anche all’interno del processo digestivo di un ruminante l’azoto subisce importanti trasformazioni, che sono riportate sinteticamente in questo schema.

Processo digestivo di un ruminante

Le proteine alimentari e non alimentari sono impiegate dai microrganismi ruminali, che utilizzano la forma ammoniacale per accrescersi. L’ammoniaca in eccesso viene trasportata al fegato attraverso il sangue, dove viene trasformata in urea e successivamente espulsa. Le proteine alimentari sono quindi deaminate dai microrganismi ruminali e trasformate in ammoniaca e in proteine microbiche, utilizzate dall’organismo dell’animale; altre vengono bypassate e raggiungono direttamente l’intestino. Da qui la proteina intestinale viene assorbita e trasformata nel fegato in altri amminoacidi grazie al processo di transaminazione, e saranno utilizzati per costituire i tessuti. Una parte della proteina intestinale viene espulsa attraverso le feci.
I reflui che vengono prodotti in un allevamento zootecnico (quindi feci, urina, materiali vegetali usati come lettimi, resti di alimenti, acque di lavaggio) a causa del loro alto contenuto in azoto hanno sempre rappresentato un problema per l’ambiente. L’agricoltura, infatti, è la principale fonte di inquinamento da nitrati, che non rimanendo a lungo nel terreno, percolano ed inquinano le falde e, successivamente, i mari.
A fronte di questi problemi, la Comunità Europea il 12 dicembre 1991 ha emanato la “Direttiva Nitrati”, con lo scopo di ridurre l’inquinamento delle acque causato dai nitrati di origine agricola. La direttiva mira a ridurre l’inquinamento delle acque causato dai nitrati di origine agricola e a prevenire qualsiasi altro inquinamento di questo tipo.
Ogni Stato Membro ha il dovere di individuare le Zone Vulnerabili da Nitrati di origine agricola (ZVN), ossia quelle zone caratterizzate da acque già inquinate o che hanno alto rischio di diventare tali. In queste zone, per ciascuna azienda o allevamento, il quantitativo di effluente sparso sul terreno ogni anno, compreso quello distribuiti dagli animali stessi, non superi un determinato quantitativo per ettaro, che corrisponde alla quantità di effluente contenente 170 Kg di azoto .
Ogni Stato Membro deve, entro due anni dalla prima designazione delle ZVN, definire e applicare nelle zone vulnerabili appositi Programmi d’Azione che regolamentino l’utilizzazione agronomica degli effluenti d’allevamento e l’impiego dei fertilizzanti minerali e organici contenenti azoto .
Le acque inquinate e quelle che potrebbero essere inquinate sono individuate dagli Sati Membri conformemente ad alcuni criteri, riportati nell’articolo 3 della direttiva.
La Direttiva è stata recepita dalla successiva normativa italiana tramite alcuni decreti:

  • Il Decreto Ministeriale 19/4/99 che adotta il Codice di Buona Pratica Agricola che prevede indicazioni sull’uso dei fertilizzanti;
  • Il decreto legislativo 152 11/5/99 che definisce la disciplina generale per tutelare l’inquinamento delle acque superficiali, marine e sotterranee;
  • Il Decreto Legislativo 152 3/4/06 che costituisce il riferimento in materia di tutela ambientale;
  • Il Decreto Ministeriale 209 7/4/06 che detta gli indirizzi tecnici riguardanti l’intero ciclo di utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento. Inoltre obbliga le regioni a adempiere alla stesura di propri regolamenti

La Toscana ha emanato 3 decreti principali

  • DPGR 32/R, nel quale è stato definito il programma di azione obbligatorio per le zone vulnerabili da nitrati di origine agricola. Le zone vulnerabili in Toscana sono:
    • Area del Lago di Massaciuccoli;
    • Area costiera tra Rosignano Marittimo e Castagneto Carducci;
    • Area costiera tra San Vincenzo e la Fossa Calda;
    • Area costiera della Laguna di Orbetello e del Lago di Burano;
    • Area del Canale Maestro della Chiana.
  • DPGR 46/R, che riguarda l’utilizzazione agronomica degli effluenti da allevamento.
    • L’apporto massimo consentito è di 340 kg di azoto per ettaro per anno;
    • È vietato lo spandimento dei reflui zootecnici dal 1 luglio al 31 agosto;
    • Per l’utilizzazione agronomica degli effluenti è necessario effettuare una comunicazione almeno 30 giorni prima dell’inizio dell’attività di spandimento.
  • DPGR 76/R.

In quest’ultimo vengono divise le aziende in varie fasce, a seconda della produzione di azoto. Sulla base di questo dato, esse devono presentare agli organi competenti una comunicazione più o meno dettagliata con eventualmente allegato il Piano di Utilizzazione Agronomica.

Divisione delle imprese

È stata imposta alle aziende agricole la stesura di relazioni tecniche comprovanti la loro situazione in merito alla produzione di azoto. L’ARAT ha inserito questo argomento all’interno del programma di assistenza tecnica, che comprende la stesura di una scheda di rilevamento dei dati aziendali.
Con questa tesi mi sono inserito nella fase della realizzazione della scheda in questione, in particolare mi sono dedicato alla sua validazione in un’azienda di riferimento.
La scheda è stata realizzata in formato Microsoft Office Excel e ha i seguenti obiettivi:

  • Calcolare la quantità di effluenti prodotti (letame e liquame) e verificare l’idoneità delle strutture di stoccaggio.
  • Calcolare la quantità di azoto prodotto al campo e collocare l’azienda in una fascia di produzione.
  • Compilare la scheda a seconda della comunicazione che la fascia di produzione dell’azienda richiede.
  • Verificare se l’area coltivata è sufficiente per lo spandimento di tutti gli effluenti prodotti.

L’azienda viene analizzata seguendo vari passaggi:

  • Consistenza dell’allevamento;
  • Quantità e caratteristiche degli effluenti prodotti;
  • Tipo di stabulazione e sistema adottato per la rimozione delle deiezioni;
  • Capacità delle strutture di stoccaggio;
  • Produzione di azoto installa, suddiviso in letame e liquame;
  • Produzione di azoto al pascolo;
  • Produzione di azoto totale;
  • Tipo di alimentazione e consumi idrici;
  • Calcolo e verifica dell’area necessaria allo spandimento degli effluenti.

Per concludere, vorrei ricordare che l’agricoltura ha una grande responsabilità sull’ambiente. Fertilizzanti, fitofarmaci ed effluenti di origine zootecnica inquinano i terreni e le acque. In particolare questi ultimi provocano grandi danni sull’ambiente:

  • Eutrofizzazione;
  • Effetto Serra (N2O);
  • Piogge Acide (NO).

Per questo è oggi più che mai necessaria una conduzione più responsabile degli allevamenti, migliorare l’alimentazione al fine di ridurre gli sprechi proteici e anche una legislazione che preservi l’ambiente, ma anche gli agricoltori e gli allevatori che sono i soggetti più colpiti da leggi e restrizioni, che ne limitano la libertà di conduzione della propria azienda e del proprio allevamento.

Questo articolo è l’estratto della tesi di laurea di Daniele Puliti in Scienze Agrarie , Università degli Studi di Firenze, dal titolo: “La problematica dei nitrati nelle aziende zootecniche: basi teoriche e applicazione della normativa”.

Daniele Puliti, diplomato al Liceo Scientifico Ernesto Balducci di Pontassieve, ha conseguito la laurea Triennale in Scienze Agrarie presso l’Università degli Studi di Firenze. E-mail: danipul21@gmail.com

 

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