Uno studio sulla partenocarpia del Melo
di Enrico Ruzzene
Questa tesi racconta il ritrovamento di un particolare genotipo di melo con spiccata tendenza alla partenocarpia: una caratteristica che, tramite opportuni programmi di miglioramento genetico, può far ipotizzare in futuro il superamento delle problematiche relative all’impollinazione del melo, vista l’importanza che la pianta riveste nel panorama agricolo mondiale.
La partenocarpia
La partenocarpia è un fenomeno che consiste nella formazione del frutto senza che sia avvenuta la fecondazione del fiore. In senso stretto, quindi, un frutto partenocarpico è privo di semi e la capacità dell’ovario di accrescersi in assenza di semi è un carattere sotto controllo genetico. La partenocarpia può essere l’unico modo di produrre frutta in certe varietà; in altre specie e varietà la partenocarpia è facoltativa e frutti partenocarpici si possono sviluppare quando condizioni ambientali particolari impediscono la fecondazione. Il fenomeno, quindi, dipende dalla biologia della specie e dalle condizioni al momento della fioritura.
Il melo
Il melo rappresenta una delle specie frutticole più importanti per l’Italia e per la UE e, più in generale, per tutto l’emisfero Nord; è poi coltivato anche in Paesi dell’emisfero Sud. La sua grande diffusione è dovuta:
- alla buona adattabilità agli ambienti temperato-freddi, dove è difficile la coltivazione di altre specie;
- al fatto che incontra i gusti di un pubblico numeroso;
- alla contemporaneità di maturazione dei frutti di una stessa cultivar e al buon intervallo di giorni entro cui la raccolta può essere programmata;
- alla lunga conservabilità in condizioni eccellenti dei frutti di alcuni gruppi varietali. La ‘Golden Delicious’ può essere conservata in frigorifero per 6-8 mesi senza problemi e lo stesso vale per la ‘Fuji’.
Biologia del melo e importanza dell’impollinazione per la produzione
La  maggior parte delle cultivar di melo sono diploidi con corredo cromosomico 2n =  34. Le piante di melo presentano gemme  a  legno  e  gemme  miste  (gemme  che  danno  origine  contemporaneamente  ad  un  corimbo  fiorale  e  ad  un  germoglio).  Le  gemme  miste  sono  portate  da  rami  fruttiferi  diversi:  lamburde,  brindilli  e  rami  misti.  I  fiori  sono  riuniti  in  corimbi  di  4-9  fiori,  si  presentano  a  geometria  pentamera,  con  5  sepali,  5  petali,  numerosi  stami,  5  stili,  5  carpelli  ciascuno  dei  quali  differenzia  2  ovuli  (raramente  di  più);  l’induzione  a  fiore  avviene  circa  40  giorni  dopo  la  fioritura  (giugno).  Notevole è il  fabbisogno  in  freddo: nonostante  l’estrema  variabilità  (si  può  andare  da  250  a  1700  ore  al  di  sotto  di  7.2°C),  la  maggior  parte  delle  cultivar  diffuse  nelle  zone  temperato-fredde  necessitano  di  oltre  800  ore  di  freddo. 
Il melo  è  una  pianta  allogama  a  impollinazione  entomofila;  inoltre  le  principali  cultivar  di  melo  sono  autoincompatibili,  con  autoincompatibilità  di  tipo  gametofitico.  Esiste  qualche  eccezione  all’autoincompatibilità  (come la  cv.  giapponese  “Megumi”,  che  lascia  intravedere  la  possibilità  in  futuro  di  ottenere  cultivar  autofertili), ma,  al di là di queste eccezioni, è  necessario  assicurare  la  presenza  di  api  nel  frutteto  al  momento  della  fioritura  e  prevedere  degli  impollinatori (meli  da fiore) oppure,  più  semplicemente,  coltivare  varietà  diverse  nello  stesso  appezzamento.  Bisogna,  tuttavia,  ricordare  che  l’inserimento  di  impollinatori  deve  essere  ben  studiato:  gli  impollinatori  devono  avere  lo  stesso  periodo  di  fioritura  della  cultivar;  il  polline  deve  essere  compatibile;  gli  impollinatori  possono  essere  rappresentati  da  meli  da  fiore  o  da  varietà  commerciali  diverse:  nel  primo  caso  le  piante  dell’impollinatore  vengono  allevate  in  forme  contenute  per  ridurre  l’ingombro  di  piante  improduttive;  nel  secondo  caso  le  piante  vengono  allevate  normalmente  su  file  diverse  da  quelle  dove  è  allevata  la  cultivar  da  impollinare.
La partenocarpia nel melo
Anche  il  melo  può  sviluppare  frutti  senza  semi:  questo  non  è  un  fattore  che  influisce  eccessivamente  sulla  qualità  del  frutto  commercializzato  (non  interessa  molto  al  consumatore  la  presenza  o  meno  dei  semi  nelle  mele  che  dovrà  mangiare,  dato  che  il  vero  frutto,  il  torsolo,  non  viene  comunemente  mangiato),  ma,  d’altra  parte,  può  diventare  interessante  per  il  fatto  che  può  ovviare  alla  necessità  di  allevare  piante  impollinatrici,  può  risolvere  problemi  legati  alla  scarsa  attività  degli  insetti  pronubi,  può  far  superare  danni  da  freddo  in  fioritura;  inoltre,  secondo  lo  studio  di  Chan  (1967),  i  meli  (nel  caso  particolare,  la  cultivar  “Spencer  Seedless”) che producono  mele  senza  semi  non  hanno  gli  stessi  problemi  di alternanza di produzione che si possono manifestare in meli che sviluppano  frutti con semi e non sono soggetti ad opportuno diradamento. 
  Frutti partenocarpici possono essere prodotti da piante adulte di diverse varietà quando, a causa di cattive condizioni climatiche in occasione della fioritura o in assenza di impollinatori nelle vicinanza della pianta porta-seme, l’impollinazione è ridotta o impedita del tutto: certamente il fenomeno è legato all’età della pianta e alle condizioni climatiche al momento della fecondazione (Dennis 1967, Soltesz 1996, Pauwels et al 1999, Saito et al 2007), ma è legato soprattutto a fattori genetici che caratterizzano le varietà con maggiore o minore predisposizione allo sviluppo di frutti non impollinati:  varietà come “Megumi”,  “Orin”, “Cox Orange Pippin” e qualche altra hanno una spiccata predisposizione a produrre frutti partenocarpici in assenza di fecondazione  (Pawels et al 1999), anche se di ridotte dimensioni, e sono in grado di mantenerli in pianta fino alla  loro completa maturazione. Varietà di melo, come “Spencer Seedless”, “Wellington Bloomless”, “Rae Ime”, sono invece capaci di sviluppare con regolarità e costanza negli anni frutti partenocarpici. Queste varietà sono dei mutanti naturali, che fenotipicamente presentano fiori apetali: si tratta di un carattere sotto controllo monogenico, recessivo (Tobutt 1994). 
  E’ stata inoltre molto studiata  per il  melo la  partenocarpia  stimolativa:  in  questo  caso,  la  partenocarpia  è  indotta  per  mezzo  di  polline  irradiato  o  ormoni  vegetali (es.  gibberelline in fioritura). Questi trattamenti favoriscono la persistenza di frutti partenocarpici per poche settimane; per prolungarla, a volte fino alla raccolta, è necessario eseguire ulteriori trattamenti a base di auxine e/o citochinine (Watanabe et al 2008).
Descrizione di un genotipo di melo con predisposizione alla partenocarpia
Nell’estate 2009, è stata visitata una cava di pietra piasentina della ditta Julia Marmi di Cividale del Friuli (UD) in località Clastra (UD). L’area della cava, che era in parte non toccata dagli scavi e in parte ripristinata con tecniche di ingegneria naturalistica, includeva piante di castagno, melo, pero, susino e varie essenze boschive, in parte preesistenti all’avvio delle operazioni di scavo e in parte rimesse.

Paesaggio della cava di  pietra piasentina in località Clastra (UD). Si può osservare il paesaggio in  parte naturale e in parte ripristinato dopo l’estrazione (Autore: Prof.  Raffaele Testolin)
Nel corso della visita è stata osservata una pianta di melo con frutti particolarmente allungati. La pianta era presente in esemplare unico ed aveva attorno alcune piante di melo di notevoli dimensioni, probabilmente preesistenti allo sfruttamento della cava. Una parte dei frutti dell’albero si presentavano con una tipica forma allungata, più larga verso l’estremità del peduncolo e più rastremata verso l’estremità distale; altri frutti si presentavano con forma quasi cilindrica, molto allungati, a sezione trasversale pressoché regolare lungo tutta la lunghezza del frutto. Le due tipologie di frutto sono visibili in figura.

I frutti alla raccolta. Si notano le due tipologie di frutto: cilindrica con  sezione trasversale pressoché regolare lungo tutto il frutto; conica con  diametro trasversale maggiore verso il peduncolo e più rastremato verso la  parte distale. (Autore: Prof. Raffaele Testolin)
La presenza di frutti privi di semi è stata osservata in proporzioni simili nelle due tipologie di frutto e ciò fa escludere qualsiasi relazione tra la forma del frutto e l’assenza di semi. La percentuale elevata di frutti senza semi (ca. il 16 % del campione analizzato) con pesi medi dei frutti senza semi pressocchè identico a quello dei frutti con semi fa pensare che il genotipo oggetto di studio abbia effettivamente una predisposizione genetica alla produzione di frutti partenocarpici. Altro aspetto fornito dall’analisi dei dati riguarda la posizione dei semi e la loro relazione con la forma del frutto. I frutti di forma cilindrica presentavano prevalentemente semi nella parte distale delle logge ovariche, mentre i frutti di forma conica presentavano semi prevalentemente nella parte delle logge ovariche più prossima al peduncolo del frutto: ciò fa pensare a un’influenza della posizione dei semi sulla forma dei frutti (vedasi tabella).
Tabella: frequenza di frutti senza semi e con semi, questi ultimi distinti in funzione della posizione dei semi stessi nelle logge ovariche (% di frutti rispetto al n. totale per quella determinata forma)

Frutti di forma cilindrica  interi e in sezione trasversale per mostrare la dislocazione dei semi nelle  logge ovariche. I frutti in sezione della prima fila mostrano la parte basale  del frutto, quelli della seconda mostrano la parte distale. (Autore: Prof.  Raffaele Testolin)
Future indagini
L’indagine condotta finora ha avuto un carattere del tutto preliminare. Alcuni approfondimenti necessari per comprendere meglio il genotipo descritto possono riguardare:
- l’analisi di identità genetica (fingerprinting) di materiale prelevato da varie parti della pianta per verificare l’uniformità genetica della stessa. Il confronto successivo con basi di dati di profili molecolari di cultivar di melo potrebbe permettere di controllare possibili sinonimie con altre accessioni. Tra i vari tipi descritti in letteratura e per i quali esistono a volte vere e proprie schede pomologiche c’è, ad esempio, la mela ‘Musa’ o ‘Musona’, detta così per la forma allungata e rastremata verso l’apice, la ‘Codel’ di forma allungata con l’apice ricurvo, il ‘Pom (o Pum) salam’, ugualmente di forma conica molto allungata al punto da determinarne il nome colorito.
- l’analisi del livello di ploidia della pianta, che può essere eseguita facilmente mediante citometria in flusso. Il melo è geneticamente diploide (2n = 34), pur derivando da una antica poliploidizzazione (Velasco etal 2010), ma esistono numerose accessioni triploidi ed alcune a livello di ploidia superiore (Way et al 1990);
- germinabilità del polline;
- prove di impollinazione controllata con reciproci. In altre parole, il polline della pianta oggetto di studio viene impiegato per impollinare varietà diploidi note e polline di varietà diploidi viene impiegato per impollinare i fiori isolati della pianta oggetto di studio. In questo tipo di prove viene sempre inclusa l’autofecondazione con polline dello stesso genotipo.
Possibili applicazioni per il breeding
La predisposizione  di  questo  genotipo  a  produrre  frutti  senza  semi  è una  caratteristica  che  può  essere  utilizzata  nei  programmi  di  miglioramento  genetico,  per  garantire  produzioni  interessanti  anche  negli  anni  in  cui  problemi  legati  all’impollinazione  (mancata  disponibilità  di  polline  di  varietà  diverse,  ritorni  di  freddo,  scarso  volo  di  pronubi  ecc.)  potrebbero  minacciare  la  produzione  del  meleto. E’ possibile ipotizzare, in prospettiva, la produzione di mele completamente partenocarpiche, coltivabili in appezzamenti monovarietali senza utilizzo di varietà impollinatrici.
Un secondo aspetto di pregio ugualmente interessante è la forma  del  frutto  allungata,  che è  certamente  una  caratteristica  di  pregio  delle  mele,  tanto  che  abitualmente  si  usa  trattare  con  fitoregolatori  (es.  Promalin)  le  varietà  di  mele  più  tondeggianti  per  indurle  ad  assumere  una  forma  più  allungata.  Da  questo  punto  di  vista  la  caratteristica  genetica  di  questo  genotipo  di  produrre  frutti  molto  allungati  può  essere  utilizzata anch’essa  nei  programmi  di breeding. 
Bibliografia
Chan B G  Cain J C (1967) The effect of seed formation on subsequent flowering in apple.  Proceedings of the American Society for Horticultural Science: 63-68, 91 
  Dennis GD (1967) Apple Fruit-Set: Evidence for a Specific Role of Seeds. Science 156 (3771): 71-73 
  Pauwels E Esseyn R Keulemans J (1999) Parthenocarpy and apple breeding.  Acta horticulturae 484: 55-59 
  Saito A Fukasawa-Akada T Igarashi M Sato T Suzuki M (2007) Self-compatibility of 3 apple cultivars and identification of S-allele genotypes in their self-pollinated progenies. Hort Res  6: 27–32 
  Soltesz M (1996) Fertility of some current apple varieties.  Kerteszeti Tudomany  28(3-4): 32-34
  Tobutt KR (1994) Combining apetalous parthenocarpy with columnar growth  habit in apple. Euphytica 77: 51-54 
  Velasco R (2010) The genome of the domesticated apple (Malus x domestica Borkh.). Nature genetics 42: 833–839
  Watanabe M Segawa H Murakami M Sagawa S  Komori S (2008) Effects of Plant Growth Regulators on Fruit Set and Fruit Shape of pasrthenocarpic apple Fruits. Jap. Soc. Hort. Sci. (77): 350, 355-356 
Way RD Aldwinkle HS Lamb RC Rejman A Sansavini S Shen T Watkins R  Westwood MN Yoshida Y (1990) Apple (Malus): 1 62.  In Moore JN and Ballin¬gton Jr JR (eds). Genetic resources of temperate fruit  and nut crops. Vol. I, I.S.H.S., Wageningen, Holland
Sintesi della Tesi di laurea Triennale in Scienze  agrarie di Enrico Ruzzene
  Relatore: Prof. Raffaele Testolin
  Università degli Studi di Udine – Facoltà di Agraria
Enrico Ruzzene, laureato in Scienze agrarie presso l’Università degli Studi di Udine, ha conseguito la laurea magistrale in Scienze e Tecnologie Agrarie, discutendo la tesi dal titolo “Influenza di tecniche agronomiche sulle infestazioni di fitofagi della Vite”. Curriculum vitae >>>
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